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N OTE Legata esclusivamente al sacrificio, non a questo epiteto, è interessante la seguente frase-

EPITETI DELLE CICLAD

D. N OTE Legata esclusivamente al sacrificio, non a questo epiteto, è interessante la seguente frase-

ologia che ho trovato e delineato in queste note. In ambito italico, nelle leggi sacre umbre delle Tavole Iguvine (TI) la radice IE *h2el- è connessa con il sacrificio, in particolare nel rituale iniziale di accen-

sione del fuoco e in quello conclusivo:

TI 3.12; 4.29-31

erak pir persklu uřetu […] esuku | esunu uřetu, tapistenu habetu, pune | frehtu ha- betu.

Strada facendo alimenterà il fuoco con la preghiera. […] in questo rituale alimenterà (la fiamma), terrà un recipiente, terrà il pune [vino?] caldo.

La forma umbr. uřetu deriva da IE *h2el- ‘nutrire’, si tratta di una 3ª persona singolare dell’impera-

tivo futuro, come lat. (ad)olētō: IE *h2ol-éi̯e- (causativo) ‘alimentare, far crescere’ > lat. (ad)oleō

Cf. Beekes EDG 1.54. Una paretimologia interna del greco potrebbe legare l’ED Ἀναλῷος con ἀνᾱ́λωµα 3

‘spreco, distruzione’ (Aeschl. Suppl. 476) e con il tema di ἀνᾱλόω / ἀνᾱλίσκω ‘distruggere’. La parola ἀνᾱ́λωµα è attestata nelle Cicladi per lo più in questa sua variante koine, ma si attesta la forma ion. ἀνήλωµα, cf. Knitl 1938:78. Tuttavia, bisogna credere che dal nom.-acc. ἀνᾱ́λω-µα sia stato creato Ἀναλῷος (-ωϊο-) e non ci sono paralleli. Cf. Mayrhofer EWAia 1.70. 4 Cf. Rau 2011:7 s. 5

f47

4. Ἀναλῷος

‘*alimentare (fiamma)’ da cui ‘(far) bruciare’ e umbr. *uře- ‘alimentare (fuoco)’; entrambi i termini sono specializzati nell’ambito italico per il sacrificio e il cibo degli dèi . 6

Appare forzosa l’interpretazione di Weiss di umbr. uřetu come ‘accendere (TI 3.12), infiammare (TI 4.30)’, condizionata forse dalla posizione all’interno del rituale rispettivamente all’inizio e al ter- mine; nonché strano che un verbo così specifico e raro (potrebbe essere considerato un hapax per la sua presenza esclusiva in due momenti del medesimo rituale) abbia significati differenti. Infatti, il momentativo ‘accendere’ non si adatta all’avverbio perlativo di luogo umbr. erak “eā” e l’uso assoluto di ‘infiammare’ non dà un senso preciso al rituale.

L’interpretazione ‘etimologica’ che propongo sulla base di IE *h2el- ‘nutrire’ ha il vantaggio di

mantenere lo stesso significato nelle due attestazioni, di cui la seconda sottointenderebbe il comple- nento oggetto umbr. pir ‘fuoco’ perché verbo specializzato. Inoltre, la mia proposta evidenzia l’eleme- nto fraseologico [NUTRIRE - FUOCO] presente in ambito italico e antico indiano. Infatti, in latino è

ampiamente attestata l’espressione ignem, flammam / flammas alere perfettamente conservata nell’ital- iano alimentare il fuoco, la fiamma / le fiamme anche con valore metaforico, fraseologicamente con- nessa con umbr. pir uřetu “ignem (ad)olētō”:

Cic. nat. deor. 2.40; 3.37

‘ergo’ inquit [scil. Cleanthes Stoicus], ‘cum sol igneus sit Oceanique alatur umoribus’ (quia nullus ignis sine pastu aliquo possit permanere) ‘necesse est aut ei similis sit igni quem adhibemus ad usum atque uictum, aut ei qui corporibus amantium contien- tur’. […] quid enim, non eisdem uobis placet omnem ignem pastus indigere nec per-

manere ullo modo posse nisi alatur, ali solem lunam reliqua astra aquis, alia dulcis alia

marinis? […] ignem autem interiturum esse nisi alatur; non esse igitur natura ignem sempiternum.

[scil. Cleante stoico] disse: «Dal momento che il sole è fatto di fuoco ed è alimentato dalle acque dell’Oceano (poiché nessun fuoco può durare se non con un alimento), neces- sariamente è simile o al fuoco, di cui ci serviamo per il bisogno e il cibo, o alla sostanza che è contenuta nei corpi degli esseri viventi». […] Che cosa, dunque? non va bene a voi che ogni fuoco necessiti un alimento, né perduri in alcun modo se non venga alimen-

tato, che anche il sole, la luna e gli altri astri sono alimentati dalle acque, alcuni da quelle

dolci, altri da quelle salate? […] Il fuoco è destinato a estinguersi se non è alimentato, non è eterno per natura.

Lo stesso sintagma è usato in contesti rituali, in particolare il rito di partenza di Enea dalla Troade alla volta di Tiro all’inizio dell’Eneide e in un rito propiziatorio che le ninfe marine officiano in onore del padre Oceano nelle Georgiche:

Verg. Aen. 1.703-704

quinquaginta intus famulae, quibus ordine longam cura penum struere et flammis adolere penatis.

Dentro (ci sono) cinquanta ancelle, cui ordinarono di disporre la lunga mensa con cura e

di alimentare i Penati con il fuoco.

Verg. georg. 378-379

Cf. LIV2 2633a e Prosdocimi 1989:159. Per l’interpretazione linguistica e storicoreligiosa dei rituali con 6

umbr. uřetu, cf. Weiss 2010:100 ss.; 425 ss.

4. Ἀναλῷος

pars epulis onerant mensas et plena reponunt pocula, Panchaeis adolescunt ignibus arae.

Alcune appesantiscono le mense con i cibi e posano coppe ricolme, ardono di fiamme di

Panchea [= incensi] gli altari.

L’espressione flammas alere è usata anche in latino in senso metaforico per ‘rinvigorire la passione’ nei rapporti amorosi, es. nella storia di Apollo e Giacinto, prima che per errore il dio uccida il giovane con il disco:

Ou. met. 10.171-173

inmemor ipse [scil. Phoebus] sui non retia ferre recusat, non tenuisse canes, non per iuga montis iniqui

ire comes, longaque alit adsuetudine flammas.

Dimenticandosi egli di sé stesso, [scil. Febo] non rifiutava di portare le reti, né di tenere i cani o di andare compagno per i gioghi di impervio monte e alimenta la fiamma (del-

l’amore) con la lunga compagnia.

In antico indiano IE *h2el- non è molto rappresentata. Al di là di scr. anala- ‘fuoco’ (cf. hom.

ἄναλτος ‘insaziabile’), nel R̥gveda la radice è attestata nella parola ‘delfino’: ved. śisumā́ra- (*śi(m̆̇)śum-Hāla-) e śiśū́la- (*śiśu-Hla-, hapax, R̥V 10.78.6) letteralmente ‘che nutre i (suoi) cuccioli’, in cui si testimonia la conoscenza del delfino come mammifero . Inoltre, IE *h7 2el- sembra usata a

definire i bastonici di legno, frizionando i quali viene acceso il fuoco sacro, chiamati in vedico aráṇi-, sempre al duale perché considerati i genitori di Agni, in quanto ‘quelli che danno nutrimento (al fuoco)’. Da IE *h2el- ‘nutrire’ + suff. nomina agentis o actionis PIIr. *-áni- deriva PIIr. Hal-áni- >

ved. aráṇi- (f.), cf. ved. cakṣáṇi- ‘chiaritore, osservatore, spettatore’ ⟵ cakṣ ‘apparire, essere visi- bile, vedere’ (IE *k̯ u̯eḱ(s)-) : 8

R̥V 3.29.1-2; 11 [ad Agni]

ástīdám adhimánthanam, ásti prajánanaṃ kr̥tám | etā́ṃ viśpátnīm ā́ bharāgním, manthāma pūrváthā || 1 ||

aráṇyor níhito jātávedā, gárbha iva súdhito garbhíṇīṣu |

divé-diva ī́ḍyo jāgr̥vádbhir, havíṣmadbhir manuṣyèbhir agníḥ || 2 || […]

tánūnápād ucyate gárbha āsuró, nárāśáṃso bhavati yád vijā́yate | mātaríśvā yád ámimīta mātári, vā́tasya sárgo abhavat sárīmaṇi || 11 ||

1. C’è qui la frizione per accendere il fuoco, c’è l’azione generativa [= aráṇi- superiore]. Prendi qui questa signora della casa [= aráṇi- inferiore]. Ecco, friziamo Agni come in antico.

2. Come nelle gravide il bimbo è posto in mezzo con l’utero, così l’Onnisciente è posto

in mezzo ai due bastoncini, Agni giorno dopo giorno dev’essere venerato da coloro che

sono svegli, i figli di Manu che portano offerte. […]

11. L’Autogenerato è invocato Prole del dio [= aráṇi- superiore], diviene il Desiderio degli uomini quando nasce e il Cresciuto nella madre quando prende forma nella madre [= aráṇi- inferiore], diviene allora il Figlio del vento al suo passaggio.

Cf. Mayrhofer EWAia 2.641; 642. 7

Per il suff. PIIr. *-ānī- (~ *-áni-) dei femminili, cf. Rau 2007. In generale, cf. Stüber 2000:150 ss., Wacker

8 -

nagel-Debrunner AiGr 2/2.207, nonché Nagy 1990:156, pace Mayrhofer EWAia 1.108.

4. Ἀστός

Ἀστός

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