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3.2

di Olbia, 2014). Il PRG-Mossa venne così ri- gettato20 e in assenza di uno strumento di regolazione presero piede

pratiche di uso

del suolo distorte

i cui esiti negativi sono visibili tuttora: in un clima di paura dato dal possibile blocco edilizio, i proprietari terrieri infatti iniziarono a presentare in gran nu- mero piani di lottizzazione, spesso costitu- iti da una semplicissima planimetria cata- stale sulla quale venivano tracciate al più le vie che andavano a costituire gli isolati. L’Amministrazione, il cui apporto all’interno di tale processo era rappresentato spesso dalle sole indicazioni rispetto alla larghezza del nuovo tracciato viario, portava avanti l’i- ter di approvazione delle nuove aree in tem- pi brevissimi, in alcuni casi anche di un solo giorno (Comune di Olbia, 2014).

Figura 22 - A sinistra, Piano di lottizzazione zona Santa Mariedda. A destra, Piano di lottizzazione Playa Pittulongu. Fonte: Comune di Olbia, Assetto insediativo. Relazione sulla pianificazione generale del Comune di Olbia, 2014

Significativo è anche quello che possiamo indicare come la

fine dell’impianto storico

che fino a questo momento si era conser- vato come manifestazione tangibile della storia antica della città e che ora risulta in- globato dall’espansione.

La crescita urbana che si è in grado di rileva- re è anche l’esito del fenomeno del turismo smeraldino di cui nel paragrafo 3: gli im- prenditori esteri, interessati prima alle aree sul litorale e poi a quelle site qualche chilo- metro verso l’interno, acquistarono i terreni dai locali che, inconsapevoli del loro effetti- vo valore, sceglievano di spostarsi nei centri dell’area, in particolare Olbia, attirati dalla centralità che stava sempre più assumendo all’interno di una nuova economia di stam- po internazionale (Battino S., 2008). La cit- tà quindi risentiva di tale influenza, in primo luogo per gli introiti determinati dall’arrivo dei turisti che ad Olbia trovavano il punto di accesso al territorio grazie alla presenza del porto e dell’aeroporto; in secondo luogo per i flussi migratori provenienti dalle altre Questa tendenza può essere facilmente

letta come l’assenza di una visione del ter- ritorio come elemento da salvaguardare, substrato fragile che, se soggetto a ecces- siva pressione, rischia una compromissione difficilmente irreversibile.

Nel rilevamento effettuato dall’Istituto Geo- grafico Militare del 1958 (stralcio del foglio 182 IV NO IGM, scala 1:25.000; Fig. 23) è visibile la nuova configurazione pseudo-ra- diale che inizia ad assumere la città: nasco- no nuovi quartieri, gli attuali Gregorio, San- ta Mariedda, Tilibbas e le zone Ospedale e Bandinu, costruiti senza alcuna coerenza e disegno che ne definisse le forme, né cal- coli sul dimensionamento delle opere di urbanizzazione primaria. Venivano coinvolti anche terreni poco adatti all’edificazione, compresi quelli a ridosso dei corsi d’acqua che subivano un frazionamento in lotti com- presi tra i 400 m2 e i 600 m2, gli stessi che durante gli eventi alluvionali del 1979 e del 2013 sono stati interessati da importanti ti- ranti idrici (Comune di Olbia, 2014).

Figura 23 – Stralcio del foglio 182 IV NO IGM del 1958, scala 1:25.000

delle aree costiere, dove molteplici furono le opere di urbanizzazione.

Il

1977

rappresenta l’anno dell’approvazio- ne del

primo Piano di Fabbricazione

(PdF)21 con D.R. 411/u del 23/06/197722. Con l’approvazione dello Strumento, il Comu- ne dovette individuare le zone omogenee: zone A, centro storico-artistico o di parti- colare pregio ambientale; zone B, comple- tamento residenziale; zone C, espansione residenziale; zone D, industrie, artigianato e commercio. Il disegno che andò a configu- rarsi previde l’inserimento tra le zone B di tutte quelle aree nate da lottizzazioni prive di collaudo, di urbanizzazioni e in modo di- sordinato, mentre le zone C vennero indivi- duate intorno alle precedenti. Risulta degno di nota il fatto che le uniche aree conven- zionate23 della città al 1980 quali zona San Nicola, via Veronese, zona Tannaule e zona Maria Rocca, furono interessate da allaga- menti durante l’evento del 2013.

Tra il 1980-1983 e il 1983-1987 venne- ro realizzate due varianti al PdF causando esiti particolarmente significativi per il tes- suto olbiese e per le sue future possibilità espansionistiche. Nel primo periodo infat- ti, l’adeguamento al D.P.G.R. 1/08/1977, n. 9743-271, il cosiddetto Decreto Soddu, poi sostituito con il D.A. 22/12/1983, n. 2266/U, conosciuto come Decreto Floris, dovette prevedere l’individuazione delle aree dell’isola, determinati dalla possibilità

di guadagno legata sì al turismo, ma anche e soprattutto al settore dell’edilizia (Ruju S., 2016).

Interessanti in tal senso sono i dati relativi all’epoca di costruzione degli edifici resi- denziali forniti nel 2° Rapporto sullo stato dell’ambiente del Comune di Olbia (2015): prendendo come anno di riferimento quello del censimento 2001, è possibile osservare come il 68% delle residenze olbiesi siano state realizzate in concomitanza con la na- scita della Costa Smeralda e quindi a par- tire dagli anni Sessanta; dal 2001 al 2015 si registra poi un ulteriore incremento del 22%. (Fig. 24)

Tra il 1959 e il 1967, anno della L. 6/08/1967, n. 765, la cosiddetta Legge Ponte, l’espansione olbiese era stata con- dotta per scelte essenzialmente private dettate dalla capacità economica dei sin- goli, che portarono all’espansione lungo la SS 125 e la SS 127 con la nascita di altri quartieri quali Baratta, San Nicola, Criscu- la, anche in questo caso privi di opere di ur- banizzazione; prima della L. 765/1967 in- fatti, non erano previsti atti di collaudo che andassero a stabilire i tempi e le modalità dell’opera di urbanizzazione (Comune di Ol- bia, 2014). La legge però, se da una parte andava a limitare l’espansione urbana nelle aree agricole, dall’altra favorì l’edificazione

Figura 24 – Numero delle residenze e rispettiva epoca di costruzione. Fonte: 2° Rapporto sullo stato dell’ambiente del

co-edilizia. Sanzioni amministrative e pena- li e della L.R. 11/10/1985, n. 23, Norme in materia di controllo dell’attività urbani- stico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abu- sive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative, dovette struttu- rarsi tenendo conto del nuovo strumento, il Piano di Risanamento urbanistico24. A parti- re da questo, la Regione individuò

16 Piani

di Risanamento

25, corrispondenti a 16 zone