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P ANCIERA 1981; L AFFI 1981 75 C ALDERINI 1930.

MOBILTA' ORIZZONTALE AD AQUILEIA

74 P ANCIERA 1981; L AFFI 1981 75 C ALDERINI 1930.

in servizio e ottenne sepoltura nella città.77 Stessa sorte per L. Valerio L. f. della tribù Aniense, il quale proveniva da Vercelli e aveva militato nella legio XX78. A questa componente maggioritaria vanno aggiunti ancora soldati originari della Gallia Narbonense, della Spagna, del Norico e qualche raro caso di Orientali, la cui presenza andrà ad aumentare nelle file dell'esercito a partire dal II secolo d.C.. Così, sempre attingendo all'elenco del Panciera, scopriamo la carriera militare di L. Rutilio L. f. della tribù Sergia, proveniente da Italica nella Hispania Baetica, il quale militò nella X Gemina e morì a cinquant'anni dopo aver prestato servizio per ben ventisei anni79. Proseguendo la rassegna del Pavan, l'autore dà rilievo

alla presenza di un'altra categoria di figure militari, molto attestata ad Aquileia, e cioè quella delle coorti pretorie, la cui presenza nella città è strettamente collegata a quella dell'imperatore. Si tratta di un corpo militare a cui Augusto attribuisce il compito di unità di scorta delle autorità. La città concesse una zona particolare del terreno pubblico, l'area S. Stefano, per un cimitero a loro riservato, a riprova del fatto che la loro presenza fu molto cospicua. Con l'eccezione di tre militari di origine meridionale, uno di Suessa Aurunca80 e due di Napoli81, le nove coorti pretorie attestate dai documenti aquileiesi erano formate da italici provenienti dal centro-nord Italia, come si evince dalla ricostruzione delle coorti stesse operata dal Durry82, cui era concesso un soldo doppio di quello dei legionari83. A questo proposito, si può citare il bell'esempio fornito dall'iscrizione CIL V, 925 di M. Munatio figlio di Marco, della tribù Scaptia, la cui sepoltura è curata dal fratello Q. Munatio, il quale tiene a far sapere che il caro defunto era Etruscus, Florentinus e aveva militato nella settima coorte pretoria84. Anche le coorti urbane sono ben attestate ad Aquileia e colpisce, all'interno del gruppo delle testimonianze riferite a questa categoria, quella appartenente a un veterano dell'ottava coorte urbaniciana, originario di Claudia Savaria, città della Pannonia Superiore fondata dall'imperatore Claudio, ascrivibile alla fine del I secolo d. C., che dimostra come a quest'epoca le file delle coorti urbane, tradizionalmente di origine italica, si stessero arricchendo di elementi stranieri romanizzati85. Il 77 CIL V, 911. 78 CIL V, 939. 79 CIL V, 932. 80 CIL V, 912. 81 CIL V, 901; CIL V, 976. 82 DURRY 1938 83 DURRY 1938. 84 CIL V, 925. 85 CIL V, 943.

Pavan, inoltre, illustra con questo esempio il concetto da lui stesso denominato “romanizzazione di ritorno”, cioè di quel fenomeno dovuto all'affluire di un romanesimo formatosi nelle province che entrava in Italia attraverso tutti quegli elementi provinciali che si spostavano dalla loro sede originaria per raggiungere i centri di lunga tradizione romana.

Pavan rintraccia anche interessanti riflessi sociali dovuti all'insediamento nel territorio aquileiese di elementi appartenenti alle unità ausiliarie, ali e coorti, composte per lo più da peregrini originari delle diverse province, anche meno romanizzate: così troviamo il ricordo di un eques imaginifer, arruolato nella cohors I Pannoniorum, che si trovava ad Aquileia durante le vicende del 69 d. C., di chiara origine illirica, a giudicare dall'onomastica del figlio che ne cura la sepoltura86.

Anche il porto di Aquileia, oltre ad essere un approdo commerciale, ha avuto funzioni militari: a questo ambito appartengono numerose iscrizioni di personale delle unità navali, ufficiali e semplici gregari che spesso fanno riferimento a loro familiari, accertando in Aquileia una presenza sociale e culturale variegata e stratificata all'interno del contesto cittadino, inclusiva anche di elementi di origine servile o di estrazione assai bassa, spesso non romana, come confermerebbe l'onomastica grecizzante ed illirica di molte testimonianze come, ad esempio, la traccia lasciata dal trierarchus Cleo(n) Lucce[ius] che pose una stele per il fratello defunto Didymus Lucc[eius] che fu centurione87.

Ovviamente il fenomeno della mobilità è attestato anche nella direzione opposta a quella finora considerata: non mancano, infatti, casi di Aquileiesi che hanno percorso parte della loro carriera politico-militare al di fuori della città d'origine. Il Panciera, sempre prendendo spunto dalle liste redatte dal Calderini, si limita a citare alcuni casi di Aquileiesi fuoriusciti dalla propria città che hanno esercitato le loro attività nella parte occidentale del crescente impero.

A questo proposito, le attestazioni che cita sono trentasette, di cui ben ventisette provengono da Roma, una da Fondi, una da Asti, una da Belluno, una da Bogliunus, quattro da Cividale, una da Pola e una da Trieste. La quasi totalità delle iscrizioni provenienti dalla capitale ricordano uomini che militarono in diverse coorti pretorie e urbiciane, in qualche caso con particolari mansioni quale l'esempio fornito da T. Flavio Pudens, T.f., della tribù Velina, che fu arruolato nel

86 A.É. 1926, 110. 87 A.É. 1972, 198.

152 d.C., venne congedato nel 172 d.C. e ricopriva la funzione di victimarius88, o ancora quello da P. Elio P.f. Potentinus, della tribù Velina, arruolato nel 175 d.C. e congedato con il grado di tubicen89.

Interessante si rivela il tentativo del Panciera di indagare più approfonditamente il fenomeno di afflusso di giovani aquileiesi verso la capitale, scaturito dall'analisi delle testimonianze lì ritrovate, per comprendere meglio cosa rappresentasse questo tipo di emigrazione e quanto pesasse o cosa comportasse per la città della X Regio. Di fatto, troviamo arruolati nella capitale come pretoriani un giovane nel 119 d.C., due nel 138 d.C, due nel 143 d.C., addirittura tre nell'anno 144, e successivamente un uomo per gli anni 147, 152, 154, 173, 175 e 183 d.C..

Procedendo nell'analisi, lo studioso illustra le due posizioni principali in cui si dividono gli studiosi: la prima è rappresentata dal Rostovzev, che sosteneva che il servizio nel pretorio fosse una carriera militare destinata ai ceti più abbienti delle città municipali ed considerata un mezzo di avanzamento sociale grazie al quale il militare, una volta terminato il servizio e rientrato nella città d'origine, si vedeva conferire onori e incarichi pubblici. A questa corrente di studiosi, si contrappone invece chi segue le teorie di Durry, secondo il quale il servizio del pretorio richiamasse i nullatenenti di tutte le città, per cui il servizio stesso non rappresentava altro che una fuga dalla miseria. Panciera, cercando di verificare la veridicità di una o dell'altra posizione, procede nell'analisi considerando due elementi: innanzi tutto, la famiglia di provenienza dei militari aquileiesi impiegati come pretoriani a Roma, e successivamente quanti di questi abbiano fatto ritorno nella città d'origine.

Per quanto riguarda le famiglie di provenienza dei pretoriani aquileiesi ricordati a Roma, di ventidue militari possediamo quattro nomina altrimenti ignoti, e cioè Caedius, Nevidius, Picatius e Trebonius; altri due sono seconde attestazioni, Dossonius e Brutius; altri sei, Acilius, Aelius, Caecina, Cornelius, Statilius e Teius, non sono cognomi di famiglie rilevanti nel panorama aquileiese; infine, gli ultimi otto, Annius, Flavius, Iulius, Marius, Petronius, Valerius e Vibius, sono nomi troppo comuni per stabilire un rapporto preciso all'interno delle famiglie della città friulana. Con quest'analisi, il Panciera si pronuncia a favore della seconda corrente di pensiero che discute il tema del reclutamento, asserendo che

88 CIL VI, 32522. 89 CIL VI, 32638.

i pretoriani aquileiesi non pare appartenessero a famiglie importanti e che per la città questo genere di emigrazione non era un investimento produttivo, poiché che solo pochi rientrarono nella città di origine a fine servizio, dato che si conosce solamente un unico caso di veterano pretoriano stabilitosi ad Aquileia, quello di Sallustius Corinthianus90, caso su cui non si può fare troppo affidamento a causa della probabile origine straniera e inutile ai fini del discorso dato che egli non ricoprì cariche al suo rientro.

Un altro nucleo di testimonianze di presenze aquileiesi a Roma, segnalato dal Panciera, proviene, indirettamente, dal ritrovamento nel villaggio croato di Negoslavd, sul Danubio, nella Pannonia Inferior, di un diploma militare rilasciato il 17 giugno del 65 d.C. al soldato breuco Liccaius Liccai filius, che militò nella VII cohors Breucorum91. Egli, dopo venticinque anni di servizio in Germania, ottenne il congedo e rientrò nel suo paese d'origine con il diploma che attestava il conseguimento della cittadinanza romana per sé e per i posteri, nonché il riconoscimento della sua unione con una donna, sia che fosse già avvenuto, sia che potesse accadere in seguito al congedo. Risulta molto interessante l'analisi di questo documento poiché il diploma ci permette di evincere dati importanti: la prassi prevedeva che l'autenticità del documento venisse convalidata tramite l'apposizione della firma da parte di un certo numero di testimoni, i signatores. Come sappiamo, al testo del diploma posseduto dal veterano corrispondeva quello inciso con la constitutio imperiale su tavola bronzea esposta sul Campidoglio, e il compito dei testimoni era quello di controllare l'identicità del testo e dunque garantire l'autenticità del documento rilasciato. In conseguenza a questo controllo, essi apponevano le loro firme sul diploma.

Scorrendo l'elenco dei sette signatores, che sono Caius Marcius Nobilis Emonensis, Sextus Teius Niceros Aquileiensis, Caius Caecina Herma Aquileiensis, Titus Picatus Carpus Aquieliensis, Lucius Hostilius Blaesius Emonensis, Marcus Tribonius Hyginius Aquileiensis e Lucius Annius Potens Aquileiensis, veniamo ad apprendere che cinque di essi erano aquileiesi, e gli altri due erano originari di Emona, nell'odierna Slovenia. A questo proposito, le provenienze non devono stupire: fino agli anni 73/74 d.C., anni della riforma vespasiana, era norma comune scegliere dei testimoni che fossero cittadini

90 CIL V, 933.

romani e provenissero dalla stessa provincia del congedato, ma nel caso in cui questo non fosse stato possibile, la scelta ricadeva su cittadini che appartenessero alle regioni adiacenti. Nel nostro caso, il veterano originario della Pannonia ebbe come testimoni dunque cinque cittadini della X Regio.

Da questo documento dunque apprendiamo che, nel 65 d.C., si trovavano a Roma cinque cittadini aquileiesi e, secondo la teoria maggiormente ammessa, essi probabilmente erano militari e, per quanto esposto poco sopra, si potrebbe pensare che fossero pretoriani o urbiciani, anche se nel diploma non ci sono informazioni a questo riguardo.

Inoltre, grazie a questo documento veniamo a conoscere i nomi di cinque aquileiesi, di cui due portano un gentilizio mai attestato in precedenza nella città, cioè Picatus e Trebonius. Infine, il documento ci fornisce un’altra importante informazione: esso precisa che la VII Cohors Breucorum era comandata da un membro dell'ordine equestre di nome C. Numisius C. f. Vel(ina) Maximus, che ricopriva il grado di praefectus cohortis. Anche in questo caso, l'onomastica ci fornisce due spunti che potrebbero riportare, seppure non in modo certo, alla città friulana: la Velina era la tribù a cui era iscritta Aquileia; inoltre, la gens Numisia è altrimenti attestata nel centro. Se effettivamente questo personaggio provenisse da Aquileia, fatto che rimane ipotetico, potremmo conoscere il nome di un altro cavaliere di origine aquileiese che va ad aggiungersi alla lista di più famosi uomini che ricoprirono incarichi militari e politici aquileiesi e che lasciarono la loro impronta nella storia dell'impero romano. Infatti, da Aquileia riceviamo non solo le carriere militari di umili soldati che militarono nelle coorti e legioni ma anche le luminose carriere di qualche illustre uomo politico di origine equestre e senatoria. Riguardo a questo argomento, il Laffi ricostruisce dettagliatamente le carriere politiche di alcuni personaggi aquileiesi che ricoprirono cariche particolarmente prestigiose nel settore occidentale dell'impero92. Partendo

dall'analisi degli appartenenti al ceto equestre che percorsero tutto il cursus honorum, il primo di cui conosciamo le gesta è C. Minucius C. f. Vel(ina) Italus, il quale ebbe un cursus honorum di successo, ricoprendo alcune delle più alte cariche politiche a cui si potesse ambire ed è noto per essere ricordato da diverse testimonianze, epigrafiche e papirologiche, di cui Pflaum si è interessato93. Partendo dalla prefettura della cohortis V Gallorum equitatae all'incirca nel 70

92 LAFFI 1981.