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P REPARAZIONE DELL ’ IMPASTO

Nel documento MATERIALI CERAMICI TRADIZIONALI (pagine 28-38)

P ROCESSO DI PRODUZIONE DI MCT

4.2 P REPARAZIONE DELL ’ IMPASTO

Per la produzione industriale di un manufatto di una certa affidabilità, non è possibile usare le materie prime tal quali, per cui è necessario, mediante ricetta, preparare un impasto ad hoc ottenuto non solo purificando le materie prime ma anche aggiungendo opportune quantità di altri elementi in modo da ottimizzare le proprietà del prodotto finale e da ridurre al minimo lo scarto della partita di produzione. Le fasi di questo primo processo sono:

Riduzione granulometrica delle materie prime (macinazione) Nota sulla macinazione

Al fine di aumentare l’efficienza dei mulini di macinazione, talvolta si è soliti precedere tale operazione con una frantumazione in frantoio.

Mulini e frantoi sono scelti in funzione del tipo di materiale da macinare ad esempio le masse bianche usate per porcellane e terraglie vengono lavorate in mulini rivestiti con piastre di porcellana o pietre di silice o con corpi macinati dello stesso materiale, in modo da evitare l’inquinamento del ferro metallico.

La polvere ottenuta viene poi vagliata in modo da eliminare le frazioni a granulometria elevata.

Purificazione delle argille: allontanamento delle impurezze e delle fasi più grossolane. In genere tale fase, detta lavaggio, viene eseguita preparando sospensioni acquose le quali

113 vengono lasciate sedimentare, in modo da separare per via del diverso peso frazioni a diversa densità.

Miscelazione delle materie prime: fase presente solo per gli impasti di II categoria, le miscele sono studiate a seguito di una caratterizzazione termica reologica e mineralogica di tutti i componenti. Le proporzioni sono ottenute a seguito di studi sperimentali, come ad esempio la prova di Norton.

Si vuole però specificare che la miscelazione può avvenire o a umido, ottenendo quindi una barbottina che poi può o essere usata direttamente oppure regolata, oppure a secco. La miscelazione a secco è usata molto nei MCS in cui è necessario introdurre additivi e altri liquidi, ad esempio acetone, che poi evaporano per volatilità. Nei MCT la miscelazione a secco si fa solo se il manufatto deve essere formato per pressatura a secco, come ad esempio le piastrelle; questo rende inutile l’istallazione di forni per l’allontanamento d’acqua riducendo la spesa energetica e di conseguenza i costi.

Diagramma 4.2

Omogeneizzazione delle materie prime: tale fase avviene contemporaneamente alla miscelazione; è infatti necessario che la concentrazione sia la stessa in ogni volume infinitesimo dell’impasto, in questo modo non esistono gradienti di concentrazione interni

Regolazione del contenuto d’acqua: tutte le fasi precedenti avvengono in eccesso d’acqua il quale deve essere regolato in relazione al metodo di formatura; ossia se si lavora per colaggio è necessario diluire ancora la soluzione aumentando il contenuto di acqua, se invece si vuole lavorare per deformazione plastica è necessario ridurre tale eccesso in modo da rendere l’impasto lavorabile.

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4.3 F ORMATURA

La formatura comprende il complesso di operazioni che consentono di modellare gli impasti ceramici. Le tecniche di formatura dipendono dalla quantità di acqua residua nell’impasto, per cui:

 Stato secco (<5% di acqua):

● Pressatura unidirezionale

● Pressatura isostatica: sforzo applicato in modo omogeneo.

 Stato umido (15-20%):

● Tornitura

● Calibratura

● Estrusione

● Stampaggio

 Stato fluido (30-40%):

● Colaggio

Diagramma 4.3

Analizziamo nel dettaglio le diverse tecniche di formatura.

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4.3.1 F

ORMATURA A MANO

È il metodo più antico e non necessità di eccessive spiegazioni, in generale l’impasto acquista una forma poiché cede sotto l’azione di forze compiute dal formatore. Il problema è la produzione di pezzi cavi, come ad esempio vasi o piatti, per questi si è diffusa a livello artigianale la tecnica del colombino: all’argilla è data forma di cilindro, il quale viene chiuso formando un anello, anelli di diametro diverso vengono sovrapposti e poi manualmente saldati in modo da ottenere pezzi cavi.

Figura 4.1

4.3.2 F

ORMATURA AL TORNIO

Una tavola rotante favorisce la formazione di forme cave e simmetriche. La rotazione della tavola è oggigiorno ottenuta per mezzo di motori elettrici ma anticamente era manuale. La facilità di formazione tende a crescere all’aumentare della velocità di rotazione.

Figura 4.2

4.3.3 C

ALIBRATURA

È una tecnica diffusa anche a livello industriale, si utilizza un doppio stampo e un tornio. La parte a contatto col tornio è il negativo del manufatto, l’eccesso che si forma viene allontanato mediante una spatola di forma positiva rispetto al manufatto.

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Figura 4.3

4.3.4 S

TAMPAGGIO

L’impasto umido è posto tra due stampi che riproducono in negativo il manufatto, su tali stampi viene esercitata una forza che si trasmette in serie all’impasto, il quale fluisce riempiendo tutte le cavità dello stampo.

Figura 4.4

4.3.5 E

STRUSIONE

Si comprime una massa plastica attraverso una maschera che impartisce forma all’impasto. In genere è un processo usato per la produzione dei laterizi, la massa plastica viene estrusa in continuo e regolando la velocità di oscillazione di una lama si determina la lunghezza del laterizio. Variando la maschera è possibile ottenere sia laterizi pieni che forati.

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Figura 4.5

4.3.6 P

RESSATURA A SECCO UNIDIREZIONALE

È concettualmente simili allo stampaggio, solo che viene usata per la formatura di polveri asciutte.

Il problema principale è l’estrazione del monolite.

Figura 4.6

Nota sulla pressatura:

Tale tecnica è particolarmente adatta per la formatura di pezzi di forma semplice con superfici orizzontali molto estese (piastrelle, mattoni pieni) per i quali è richiesta un’elevata compattezza al

118 fine di ottenere la massima resistenza a compressione dopo la cottura.

La macchina utilizzata è una pressa o statica o dinamica, quest’ultime sono anche dette magli.

4.3.7 P

RESSATURA ISOSTATICA

L’impasto è preformato in modo da essere nella sua forma definitiva, questo viene immerso in un bagno di olio sul quale si applica una pressione; la pressione è trasmessa all’olio che genera degli sforzi isostatici sull’oggetto. Tale tecnica prevede la totale assenza di gradienti di velocità interni al manufatto. In genere viene usata per gli MCS.

Figura 4.7

4.3.8 C

OLAGGIO

Si usa solo per argille in fase fluida (barbottina), la quale viene colata in stampi in gesso assemblabili mediante un sistema di avvitatura e bullonaggi. Lo stampo presenta una cavità che riproduce in negativo il manufatto che si vuole ottenere; per cui è necessario regolare la viscosità della barbottina in dipendenza dalla complessità della forma dell’oggetto.

Lo stampo viene riempito e lasciato stagionare, durante tale tempo il gesso poroso e igroscopico assorbe acqua dalla barbottina, per cui all’interfaccia si deposita uno strato di argilla plastica, di spessore proporzionale al tempo di stagionatura. Ottenuto lo spessore ottimale (questa fase ci permette di capire che è una delle tecniche di formatura delle porcellane) l’eccesso di barbottina viene allontanato dallo stampo , in genere, mediante una rotazione; questo può essere osservato in alcuni manufatti che nella parte inferiore (superficie d’appoggio) presentano dei fori, derivanti da una voluta discontinuità nello stampo poiché per ottenere un pezzo cavo è necessario avere uno sfogo. Eliminata la barbottina in eccesso bisogna attendere che il pezzo sia asciutto e solo allora si apre lo stampo e si estrae il pezzo il quale potrà procedere per le successive fasi.

119 Con tale tecnica si possono ottenere anche prodotti pieni in genere usati come preforma per altri processi.

Figura 4.8

Nota sul colaggio

Il colaggio è uno dei metodi più utilizzati per la produzione di manufatti ceramici; nonostante la sua bassa produttività e lo scarso controllo dimensionale, questo processo necessita di apparecchiature di basso costo.

L’oggetto estratto dallo stampo è ancora plastico e può quindi essere lavorato alle macchine utensili per migliorare l’accuratezza dimensionale e dotare il manufatto di alcune caratteristiche di forma.

Le tecniche di formatura sono ottimali per l’ottenimento di particolari prodotti, ad esempio le tegole essendo curve sono complesse da ottenere mediante estrusione per cui si preferisce utilizzare lo stampaggio; i sanitari hanno forme complesse e sono ottenuti sempre da argille magre, per cui si ottengono solamente mediante il colaggio.

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Tabella 4.1

4.4 E SSICCAZIONE

L’essiccazione è un punto cruciale nel processo di produzione di un ceramico, e per questo deve essere condotto in modo ottimale. Durante l’essiccazione si cerca di abbassare il contenuto d’acqua dell’impasto, qualunque sia stata la tecnica di formatura, a valori inferiori al 2-3%, solo in qualche caso si possono accettare valori del 5%.

Lo scopo dell’essiccazione è duplice:

 deve rendere l’oggetto crudo sufficientemente manipolabile per le successive operazioni di vetrinatura, decorazione, trasporto, infornata ecc..

 deve evitare che l’evaporazione dell’acqua d’impasto si verifichi nel forno di cottura limitando la contrazione volumetrica o, al limite, evitando la disintegrazione dell’oggetto a causa delle sovrappressioni.

E’ un’operazione molto delicata perché le contrazioni volumetriche devono avvenire uniformemente in tutta la massa così da evitare la formazione di difetti quali fessurazioni, screpolature, distacchi ecc.. . Condizione necessaria affinché tale trasformazione avvenga in modo controllato è avere velocità di evaporazione di acqua dall’oggetto paragonabile a quella di diffusione dell’acqua nel manufatto.

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Figura 4.9

Se invece la velocità di diffusione fosse inferiore a quella di evaporazione solo la superficie si asciugherebbe creando gradienti di concentrazione all’interno del corpo. Inoltre il cuore umido non si contrae come le superfici, per cui le parti superficiali si contraggono per effetto dell’essiccazione mentre le parti interne rimangono umide e dilatate. Il sistema presenta una deformazione superficiale vincolata dal cuore, che causa l’insorgere di uno stato tensionale a compressione contro l’interno e di trazione sulle superfici. Gli stati tensionali di trazione portano alla formazione di crepe superficiali.

Figura 4.5

L’essiccazione viene eseguita in maniera controllata ponendo gli oggetti in ambienti aperti, ventilati ma riparati dal sole e/o da altre fonti di calore. In tali capannoni viene eseguito un regolare controllo sull’umidità dei pezzi, in genere percuotendo l’oggetto e ascoltando il rumore che esso produce. Più sofisticati sono invece gli essiccatori, macchinari che controllano temperatura e umidità dell’ambiente; l’umidità elevata (dell’ambiente non del pezzo) rallenta l’evaporazione e le altre temperature accelerano la diffusione.

122 Nota sugli essiccatori:

Nelle grosse produzioni industriali di manufatti che per economia di esercizio non potrebbero essere essiccati staticamente, si è soliti utilizzare essiccatori a tunnel. Questi sono costituiti da un lungo tunnel in muratura, termicamente isolato, percorso da binari sui quali scorrono vagoncini carichi di materiale da essiccare. Controcorrente, o da bocche laterali, è inviato un flusso d’aria calda. Temperatura e umidità variano gradualmente lungo il tunnel.

Un’essiccazione mal condotta produce danni irreparabili nel corpo ceramico, tali danni sono esaltati in fase di cottura e possono portare anche alla rottura catastrofica del pezzo.

Nel documento MATERIALI CERAMICI TRADIZIONALI (pagine 28-38)

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