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3.2 Parco Municipale della Quinta da Conceição 1956-1960.

3.2.2 Padiglione del Tennis.

C A - B C - D D B A E F E - F 0 10 20 50m QUINTA DA CONCEICAO C A - B C - D D B A E F E - F 0 10 20 50m QUINTA DA CONCEICAO

Villa d’Este a Tivoli sezioni annotate da Távora in Mancini G., Villa Adriana e Villa d’Este, 1956.

Quinta da Conceição, Sezione longitudinale sul padiglione del tennis e l’asse dei campi da gioco.

percorribile nella sua interezza, ma solo in parte. Lo scopo è quello di esaltare l’architettura posta nel punto più alto, ma allo stesso tempo far sì che il visitatore debba percorrere il giardino non solo con un percorso lineare ma attraversando diversi spazi. In questo modo il passaggio tra le quote differenti del dislivello avviene in maniera graduale e in punti cardine del giardino, che si identificano nell’incontro tra l’asse principale e due sistemi ad esso perpendicolari, le vasche d’acqua che terminano nella fontana del Nettuno e il percorso delle cento fontane con al culmine la corte e la fontana dell’Ovato. Távora annota anche le sezioni di questi due assi trasversali, concentrandosi poi su due dettagli inerenti la corte dell’Ovato e il camminamento delle cento fontane. Siza nel dialogo avuto durante il viaggio studio del febbraio del 2016 testimonia l’importanza che Távora dava ai giardini italiani e riferendosi alla Quinta dice:

“[…] Ma Távora era mediterraneo, per cui se vedete l’intervento alla Quinta si nota bene il peso che aveva la sua cultura di uomo del sud, perciò si riferiva piuttosto al giardino italiano, anzi so- prattutto al giardino italiano e di tutto il mediterraneo in genere. Ha fatto molti viaggi, molti dise- gni, e una parte strettamente dedicata ai giardini appunto. In modo che, quando tornava, (ricordo ancora le grandi discussioni a cui ho assistito), modificava tutto il progetto.” 11

La situazione che si presenta nella Quinta è similare. La pendenza del terreno e la sua complessità richiedono un controllo da parte del progetto che deve essere rispettoso della situazione esistente. Già gli interventi di controllo del territorio risalenti alla fase in cui la Quinta era un convento e a quella in cui era una azienda agricola, erano finalizzati a addolcire il terreno rendendolo più piano, ma senza una reale composizione di fondo. L’intervento di Távora, partendo dai muri di contenimento e dagli spazi già presenti nel parco, vuole sistematizzare la composizione lavorando sulle singole porzioni, studiando in dettaglio le proporzioni e il controllo di tutti gli spazi, legandoli tra loro attraverso dei percorsi ora più diretti, come il viale, ora graduali, come il percorso in sommità, che facciano scoprire attraverso una promenade architecturale12 tutti i

punti del giardino.

In questo senso la definizione di un asse visivo principale, quello dei campi da tennis e del Padiglione, parallelo a quello percorribile del viale, serve all’architetto per mettere ordine nella composizione generale. Così dal progetto presentato nel 1957 al Municipio si passa alla situazione attuale, variando principalmente l’ingresso sul lato sud-est dal percorso carrabile inferiore, anche a causa della mancata costruzione del museo. Si rafforza quindi l’asse visivo

11 Tratto dal Dialogo con Álvaro Siza durante il viaggio di ricerca “Revisitar Fernando Távora” a cui ho partecipato nel febbraio 2016, riportato nell’Appendice III.

12 Definizione data da Le Corbusier al percorso all’interno di Villa Savoye che permetteva all’individuo di percepire l’architettura da punti di vista via via differenti.

Fotografia di viaggio, Quinta da Conceição di F. Távora, febbraio 2016. Asse dei campi da tennis e padiglione dall’ingresso inferiore.

Fotografia di viaggio, Quinta da Conceição di F. Távora, febbraio 2016. Padiglione del tennis.

dei campi da tennis partendo dal cancello d’ingresso inferiore, inserendo una nuova fontana composta di tre differenti vasche quadrate di dimensioni maggiori man mano che salgono per la pendenza. Il percorso centrale va poi ad allargarsi come in Villa d’Este, girando attorno alla nuova fontana fino a raggiungere il viale di connessione con la parte alta.

La necessità di segnare visivamente l’asse dei campi da tennis impone il posizionamento di un elemento di chiusura della prospettiva, il Padiglione, che diventa anche il punto di arrivo del percorso alto.

Il Padiglione del tennis progettato sulla sommità diventa sintesi delle ricerche compositive portate avanti per il museo e in particolare rappresenta l’evoluzione delle sezioni di dettaglio rappresentate precedentemente e leggibili all’interno degli schizzi iniziali. L’utilizzo sapiente dei materiali tradizionali, uniti a quelli moderni come il cemento armato, fa sì che il Padiglione

diventi sintesi del processo progettuale di Távora, legato indissolubilmente agli insegnamenti delle architetture classiche ma profondamente attratto dal moderno, fino ad arrivare a uno scontro, una commistione, una sintesi.

“Il peso della cultura popolare inteso dai materiali locali, l’accettazione della consistenza di ciascun materiale o l’utilizzo di soluzioni costruttive tradizionali, saranno inseriti in una sintassi moderna, quasi neoplastica o giapponese nei dettagli e per certi versi propria del contemporaneo Le Corbu- sier.” 13

L’accostamento del progetto del Padiglione all’architettura giapponese è ripreso in molte pubblicazioni inerenti questo progetto. Questo non è da escludere completamente, vista la profonda sete di conoscenza di Távora, che potrebbe aver studiato anche in precedenza architetture giapponesi, che però vedrà dal vivo solo durante il viaggio del 1960, quando il

Padiglione sarà già terminato nella sua struttura. Non è da escludere che ci siano stati alcuni dettagli sviluppati al rientro del viaggio, come il corrimano e la gronda, anche se erano già presenti nel disegno esecutivo dell’anno precedente. Ad ogni modo il legame con l’architettura tradizionale vista nei viaggi in Italia, risulta invece molto chiaro nella corrispondenza degli schemi in sezione disegnati nelle visite a Villa Adriana e riproposti nel progetto del museo poi non realizzato, fino a definire la sezione finale del Padiglione.

Távora, disegno nel libro: Villa Adriana e Villa d’Este, conservato in FIMS, Teatro Marittimo,1956.

Távora, disegno nel libro: Villa Adriana e Villa d’Este, conservato in FIMS, Corte dell’Ovato e Cento fonta- ne,1956.

Lo studio del progetto parte come detto dalla definizione del viale principale, che subisce diverse modifiche nelle varie fasi del progetto. La versione finale è molto simile a quella ipotizzata nel progetto del ’57, ad esclusione dell’accesso nella parte inferiore.

La volontà di dilatare il viale in punti precisi del suo percorso rimane invariata e porta alla realizzazione della corte rossa d’ingresso, vera porta del parco, della corte della cappella, di quella d’ingresso ai campi da tennis e, come punto terminale, di quella della fonte.

Analizzando la composizione della corte d’ingresso si possono trovare diverse analogie sia con gli edifici visitati durante il viaggio in Italia del ’56 sia con le prime ipotesi riguardanti il progetto del museo inserite nello schizzo 1. In particolare Távora appunta due spazi precisi, riconducibili alle basi compositive del nuovo ingresso della Quinta, nel libro su Villa d’Este e Villa Adriana14 acquistato durante il viaggio.

Il primo schizzo presente è quello riguardante il Teatro Marittimo di Villa Adriana, che l’architetto riproduce in una delle pagine bianche del libro, attraverso un disegno prospettico e una pianta con alcune annotazioni. Ben visibile è l’alto muro perimetrale che delimita il cilindro del

Teatro. Távora appunta anche alcune parole riguardanti la composizione dello spazio, e una considerazione:

“Muro alto, mondo, acqua, individuo. Isola d’isolamento di Adriano? Se non è vero è ben trovato.”15

La sensazione d’isolamento dal mondo esterno rimane impressa a Távora, così come l’intimità dello spazio separato visivamente da tutto l’intorno e comunicante con gli ambienti circostanti solamente attraverso una porta. La proporzione della superficie in pianta in rapporto all’altezza del muro non è claustrofobica ma accogliente e protettiva.

Nello stesso libro Távora disegna due dettagli riguardanti Villa D’este, che visita nello stesso giorno. Rimane impressionato dalla soluzione studiata per raccordare i salti di livello all’interno del giardino attraverso un muro a gradoni che funge anche da fontana. La parete, chiamata delle cento fontane, impressiona l’architetto per l’ingegno e la quantità esorbitante di acqua. Annota, infatti, sia il prospetto sia la sezione delle fonti. Le cento fontane segnano anche uno

14 Mancini G., Villa Adriana e Villa d’Este, Libreria dello stato, Roma 1953.

15 Appunti di Távora, nota scritta a mano a fianco dello schizzo sul libro: Mancini G., Villa Adriana e Villa d’Este, Libreria dello stato, Roma 1953.