• Non ci sono risultati.

O problema da casa portuguesa, Inquerito sobre a arquitectura popular portuguesa: la teorizzazione della “Terza via”.

2.3 Regionalismo e ruralità.

2.3.2 O problema da casa portuguesa, Inquerito sobre a arquitectura popular portuguesa: la teorizzazione della “Terza via”.

Dopo la Seconda guerra mondiale, a cui il Portogallo non ha partecipato, il paese verte in una condizione di isolamento rispetto al resto d’Europa. Difficilmente le spinte di rinnovamento sia della società che della cultura architettonica moderna raggiungono il Portogallo se non attraverso alcune riviste. In questa situazione di chiusura verso gli altri paesi, ad opera del regime di Salazar, si sviluppa un dibattito interno sull’identità dell’architettura nazionale. L’interesse del regime è quello di promuovere un linguaggio architettonico legato alla tradizione, di tipo classico, che incarnasse lo stile portoghese. A fianco di questa concezione tradizionale dell’architettura, le nuove generazioni di architetti promuovono le istanze del Movimento Moderno attraverso l’ICAT di Lisbona, che a partire dal 1947 pubblica la rivista “Arquitectura”, dove trovano spazio i nuovi progetti costruiti nel paese e anche alcuni progetti esteri di rilievo. Anche l’ODAM a Porto promuove l’architettura moderna organizzando mostre ed eventi.

Nel dibattito su quale sia lo stile dell’architettura portoghese, si inserisce Távora pubblicando nel 1945 sul settimanale monarchico “Aleo” un saggio intitolato “O problema da casa portuguesa”, poi ampliato in una seconda versione nel 1947 su “Cadernos de Arquitectura”.

In questo saggio egli definisce quella che considera “un’architettura da archeologi e niente affatto una architettura da architetti”50 prendendo le distanze dai promotori dello stile tradizionalista

promosso dal regime, stile che trae dal passato solo un linguaggio da ripetere indistintamente in ogni opera:

“[...] la storia ha un valore nella misura in cui può risolvere i problemi del presente, nella misura in cui diventa un ausilio e non un’ossessione. L’architettura non può e non deve sottomettersi ai motivi, a dettagli più o meno curiosi, a bizantinismi archeologici.” 51

Diverso è l’interesse che Távora ha per le architetture popolari portoghesi. Un interesse che mira a conoscerne il vero significato, le ragioni che sono il fondamento della forma, la vera essenza dell’architettura della tradizione del paese. La volontà è di capire la “logica dominante” di questi edifici, unica vera costante che si possa riproporre all’interno del progetto contemporaneo.

“Sin dal principio, le forme architettoniche, nel loro senso autentico, sono il risultato delle condizioni

50 A. Esposito, G. Leoni, Fernando Távora. Opera completa, Electa, Milano 2005, cit. p.291. Testo originario: F. Távora, O problema da casa portuguesa, in «Cadernos de Arquitectura», 1, 1947.

imposte al materiale a seconda della funzione che esso deve svolgere, ma sono anche il prodotto dello spirito di colui che lavora il materiale stesso. Ne deriva che in tutta la buona architettura esiste una logica dominante, una profonda ragione in tutte le sue parti, una intima e costante forza che unifica e prende dentro di sé tutte le forme, facendo di ogni edificio un corpo vivo, un organismo con una propria anima e un proprio linguaggio.” 52

Questo saggio, assieme a quello pubblicato da Francisco Keil do Amaral sulla rivista “Arquitectura”

intitolato “Una iniciativa necessária”53 , stimolano il dibattito tra gli architetti portoghesi che,

riuniti nel primo “Congresso Nacional dos Arquitectos” del 1948, esplicitano la necessità di un aggiornamento delle forme architettoniche. A seguito del primo congresso Keil do Amaral viene nominato presidente del Sindacato Nazionale degli Architetti e promuove un’indagine sull’architettura popolare portoghese. La necessità di questa indagine dà la spinta alla partenza, nel 1955, dell’Inquerito sobre a arquitectura popular portuguesa. Il regime salazarista vede erroneamente in tale iniziativa un’opportunità per un’ulteriore conferma delle istanze promosse dai sostenitori dell’ “architettura da archeologi” e sceglie di finanziare il progetto. La ricerca prevedeva la catalogazione del patrimonio architettonico anonimo e spontaneo su tutto il territorio nazionale, con due finalità: contrastare l’architettura proposta dal regime come stile della casa portoghese e riflettere sui principi dell’architettura moderna e sui suoi principi razionalisti e funzionalisti.

“Ciò che davvero ci interessa è investigare, in ogni regione, i modi in cui gli abitanti sono riusciti a risolvere i diversi problemi che il clima, i materiali, l’economia e le condizioni di vita della zona hanno imposto agli edifici.” 54

Si formano quindi otto gruppi di lavoro, sparsi per tutto il territorio portoghese, che compiono una catalogazione delle forme di abitare tradizionali, attraverso fotografie, rilievi e commenti sulle diverse tipologie. Távora guida il gruppo che si occupa della regione del Minho, sfruttando l’occasione per indagare sugli spazi, le forme, le tecniche costruttive e le ragioni compositive dell’architettura popolare. Rispetto alla ricerca portata avanti da Pagano e Daniel circa venti anni prima in Italia, conosciuta dagli architetti portoghesi, qui l’organizzazione è molto più accurata e diffusa sul territorio, tanto che poi si arriverà a produrre una ricerca molto approfondita sulle diverse tipologie abitative a porre le basi per lo sviluppo di un’architettura

52 A. Esposito G. Leoni, Fernando Távora opera completa, Electa, Milano 2005, cit. p.291. Testo originario: F. Távora, O problema da casa portuguesa, in «Cadernos de Arquitectura», 1, 1947

53 Francisco Keil do Amaral, “Una iniciativa necessária”, in «Arquitectura», n°14, 1947 54 Ibid.

saldamente ancorata alla tradizione.

Questa ricerca è per Távora un’opportunità per conoscere e riflettere sul tema dell’abitazione e sulle forme dell’architettura della tradizione.

Arquitectura popular em Portugal è il titolo con cui un estratto di quella ricerca viene pubblicato nel 1961 in due volumi dall’Associazione degli architetti portoghesi. A questo testo è riconosciuto ancora oggi un ruolo teorico fondamentale nella formazione dell’architettura moderna portoghese.

“La casa popolare, debitamente studiata, ci fornirà grandi lezioni, poiché quella è la più funzionale e la meno fantasiosa, è in sintesi, quella più vicina alle nuove intenzioni.” 55

Il tentativo, portato avanti da Távora, di mettere in risalto le qualità intrinseche dell’architettura rurale diventa la base per i successivi sviluppi dell’architettura in Portogallo. L’esperienza vissuta con la ricerca dei caratteri tipici dell’architettura portoghese, a cui segue la pubblicazione di cui sopra, e la volontà di sperimentarsi nell’attività professionale portano Távora a definire la “Terza via”, un metodo di approccio al progetto che accosta i fondamenti del Movimento Moderno alle condizioni socio-economiche del paese, un metodo, cioè, capace di cogliere le ragioni compositive dell’architettura tradizionale portoghese, distaccandosi dalla semplice ripetizione di uno stile classico, e di progettare in modo coerente alle necessità della società del tempo. L’attenzione al contesto e alla sua storia, oltre che alla situazione socio-economica, e la necessità di radicare il progetto nella tradizione del paese, trovano un sicuro riferimento nelle esperienze italiane di quegli anni, di cui sopra abbiamo parlato, che Távora fa proprie durante i viaggi in Italia, gli incontri con gli italiani durante i CIAM e le conferenze a cui partecipa.

“La modernità si manifesta nella qualità, nella appropriatezza delle relazioni tra l’opera e la vita. Essendo differenti le condizioni saranno diverse le soluzioni, ma la natura delle relazioni deve essere comune. Le grandi opere di architettura e di urbanistica sono sempre state moderne nella misura in cui traducevano esattamente, cioè secondo una relazione perfetta, le condizioni al loro intorno. C’è una grande varietà comune a tutte queste opere: la loro “modernità”. Gli aspetti formali secondo cui si manifestano, sono una conseguenza diretta della varietà di ambienti e delle condizioni di ogni ordine, ma sono proprio i diversi aspetti formali, nella loro diversità, che permettono la deduzione di quella costante che si chiama modernità.” 56

La “Terza via” non indica uno stile o un linguaggio con cui fare architettura, ma un metodo

55 A. Esposito, G. Leoni, Fernando Távora. Opera completa, Electa, Milano 2005, cit. p.291. Testo originario: F. Távora, O problema da casa portuguesa, in «Cadernos de Arquitectura», 1, 1947.

Fernando Távora con Salazar, presentazione dell’Inquerito, 1961

Estratto della pubblicazione, schemi tipologici riassuntivi.

da seguire che sappia tener conto del luogo in cui si inserisce il progetto, dei limiti derivanti dall’ambiente socio economico e delle condizioni che si presentano di volta in volta in ogni progetto. Le condizioni astratte e atemporali delle architetture tradizionali vengono fatte proprie e utilizzate per costruire edifici “moderni”, non per linguaggio, ma perché capaci di rispondere alle esigenze attuali del committente.

CAPITOLO 3

Il progetto del Mercato Municipale di Vila da Feira è affidato a Távora nel 1953 dalla Municipalità della città stessa. L’intenzione del Comune è quella di far fronte allo sviluppo della cittadina potenziando l’asse viario di Rua dos Descobrimentos, limitrofa al centro e sviluppata sulla retta che collega visivamente il fulcro del paese al Castello di Santa Maria da Feira. Il lotto proposto per il progetto si trovava sul lato sinistro della strada, uno spazio maggiormente pianeggiante e libero da abitazioni private. La scelta progettuale di Távora prende in esame un lotto prospicente, spazio libero ricavato tra diverse case per abitazione a due piani già esistenti. La posizione del terreno va a definire il limite del costruito ad ovest ponendosi sul declivio che si apre alla campagna e ai campi coltivati ed è caratterizzato dalla presenza di un dislivello che impone uno studio delle quote e un adattamento del progetto alla morfologia presente.

L’inizio degli anni ’50, come già sottolineato nei capitoli precedenti, rappresenta per Távora un momento di particolare ricerca sia all’interno del panorama portoghese sia rispetto al panorama estero.

Nel ’51, infatti, con la partecipazione al suo primo CIAM ad Hoddesdon, ha l’occasione di mettersi a confronto con quelli che considera i “maestri” dell’architettura moderna e con le tematiche da essi portate avanti. Per Távora però i CIAM di questi anni rappresentano anche l’inizio di un cambiamento nella visione dell’architettura moderna, poiché in lui si fa strada l’idea che i progetti non possano prescindere dal rapporto con il luogo in cui sorgeranno e con le persone che ne fruiranno; per Távora, quindi, è necessario cambiare prospettiva. Si capisce quindi come il tema del CIAM del ’51, “Il cuore della città”, segni positivamente Távora, che coglie appieno la necessità di mettere nuovamente al centro l’uomo e non sottoporlo al funzionalismo e alla tirannia della macchina.

L’anno successivo partecipa alla prima scuola estiva del CIAM a Venezia, occasione per tornare in Italia e confrontarsi con diversi professionisti che in quel periodo gravitano attorno alla scuola veneziana, toccando con mano i risultati della ricerche che questi portano avanti, oltre alle tradizioni e ai luoghi propri di una città come Venezia. In questa occasione incontra anche Le Corbusier, che tiene una conferenza durante la scuola estiva.

I cambiamenti in atto all’interno dei CIAM si manifestano anche nel 1953 ad Aix-en-Provence, congresso a cui Távora partecipa col gruppo portoghese. Nello stesso anno inizia il progetto