Nelle ultime due decadi sono stati effettuati studi prospettici che hanno cercato di individuare le migliori strategie adiuvanti alla chirurgia per il trattamento del carcinoma dell‟endometrio; questi studi hanno permesso di identificare le classi di rischio in relazione ai reperti anatomo-patologici.
Fino al 2007 l‟irradiazione pelvica a fasci esterni è stata il trattamento adiuvante più
comunemente utilizzato nel cancro dell'endometrio e nei casi di pazienti a rischio elevato (infiltrazione oltre il 50% del miometrio e con elevato grado di differenziazione) ha permesso di ottenere una diminuzione dell‟incidenza di recidiva locale anche se non è emerso con chiarezza un vantaggio netto nella sopravvivenza globale.
Nel tumore endometrioide le pazienti a basso rischio possono essere sottoposte ad esclusivo follow-up ed eventualmente trattate alla comparsa di recidiva (75), mentre le pazienti a rischio intermedio in cui la radioterapia esterna pelvica non impatta significativamente sulla sopravvivenza, ma solo sul controllo locoregionale (43-44), possono beneficiare di un trattamento brachiterapico esclusivo evitando le sequele iatrogene di un trattamento a fasci esterni garantendo comunque un buon controllo locale con tassi di recidiva inferiori al 10%. (45-47)
Il miglioramento della tecnologia in campo radioterapico ha permesso recentemente l‟introduzione di nuove tecniche di irradiazione che garantiscono una maggior preservazione degli organi sani con minor rischio di sequele iatrogene: una recente pubblicazione ha dimostrato un vantaggio dosimetrico nell‟utilizzo della radioterapia ad intensità modulata (IMRT) perché consente di ottenere una minore tossicità acuta rispetto alle tecniche tradizionali (76).
Oltre alla radioterapia dobbiamo anche valutare l‟ausilio della chemioterapia come terapia adiuvante, in quanto ha trovato un suo ruolo importante nel trattamento del carcinoma
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endometrioide nelle forme localmente avanzate, nei IV stadi e, nelle forme tumorali non endometrioidi (55-59); l‟associazione della chemioterapia alla radioterapia in un trattamento concomitante è stata recentemente vagliata da alcuni studi clinici. Due trial randomizzati il NSGO-EC-9501/EORTC-55991, che come abbiamo visto in precedenza ha incluso pazienti in stadio FIGO I,II,III, ed il MaNGO (50,77) che ha arruolato pazienti con stadio FIGO II,III hanno cercato di chiarire se la combinazione di chemioterapia e radioterapia incrementasse la progressione libera da malattia nel carcinoma endometrioide ad alto rischio. Né lo studio NSOG/EORTC né il MaNGO hanno mostrato differenze significative nella sopravvivenza globale: le curve della OS sono sovrapponibili per un periodo osservazionale di due anni per poi dividersi in favore del trattamento chemio-radioterapico. La differenza è stata significativa nello studio NSOG/EORTC con una riduzione del rischio del 36% per la comparsa di recidive o morte tumore correlata (p=0.02), ma non altrettanto nello studio MaNGO. Altre valutazione saranno auspicabili per chiarire il possibile ruolo di una radio chemioterapia nel trattamento del carcinoma endometriale come ad esempio lo studio PORTEC 3, non ancora concluso, che sta confrontando radioterapia adiuvante con cisplatino concomitante, seguito da 4 cicli di Paclitaxel+Carboplatino con la sola radioterapia adiuvante.(78)
L‟obiettivo del presente lavoro è stato quindi quello di valutare in maniera retrospettiva i dati clinici delle pazienti trattate con radioterapia adiuvante esclusiva presso la U.O. di Radioterapia dell‟ospedale Santa Chiara di Pisa per le neoplasie dell‟endometrio. L‟analisi statistica condotta ha permesso di valutare il peso di vari fattori prognostici e di ottimizzare la terapia adiuvante; sono state selezionate pazienti senza coinvolgimento linfonodale (N0) o pazienti con stato linfonodale non conosciuto (Nx), con istotipo endometrioide e con rischio intermedio o elevato.
Tutte le pazienti selezionate sono state sottoposte a chirurgia con intento radicale e radioterapia a fasci esterni adiuvante.
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Il follow-up mediano è risultato uguale a 65 mesi. L‟analisi dei dati ha evidenziato che la sopravvivenza causa-specifica e quella libera da malattia sono state rispettivamente pari a 87% e a 81% a 5 anni.
Abbiamo analizzato l‟incidenza sulle sopravvivenze di vari fattori quali l‟età, lo stadio, lo stato linfonodale, l‟infiltrazione miometriale, il grading, l‟infiltrazione vasculo-linfatica, il ruolo del tempo di attesa tra chirurgia e radioterapia e della durata complessiva della somministrazione del trattamento radiante.
Dall‟analisi dei dati l‟età delle pazienti non è risultata essere un fattore prognostico significativo.
Lo stadio di malattia è risultato significativo per la progressione libera da malattia, ma non si è rivelato un fattore prognostico indipendente all‟analisi multivariata, probabilmente a causa dell‟esiguo numero di recidive registrate.
Lo stato linfonodale (non conosciuto o negativo) non influisce significativamente sulla prognosi, confermando le osservazioni di numerosi autori (33-34).
La sola infiltrazione miometriale nella nostra casistica non si è dimostrata un fattore prognostico indipendente, come già osservato in passato (8-9).
Il grado di differenziazione è risultato significativo all‟analisi univariata in relazione alla progression-free survival (PFS) e all‟overall survival (OS), mentre all‟analisi multivariata risulta appena sotto la soglia di significatività (p=0.06). questo fattore verosimilmente è predittivo di un‟alta invasività sia sistemica che loco-regionale (10). In effetti le pazienti con grado di differenziazione elevato associato ad infiltrazione miometriale superiore al 50% sono considerate ad alto rischio e potrebbero giovarsi di un trattamento radio- chemioterapico.
L‟infiltrazione linfo-vascolare è l‟unico fattore prognostico significativo indipendente anche all‟analisi multivariata (p<0.001): ciò sta ad indicare chiaramente che la sola radioterapia non ha influenza sulla malattia che probabilmente ha già dato origine a micrometastasi.
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Per quanto riguarda il timing della radioterapia e la durata del trattamento radioterapico (definita quest‟ultima come il rapporto tra il numero di frazioni previste e il numero di giorni compresi tra l‟inizio e la fine del trattamento), l‟analisi non ha dimostrato differenze significative tra i 2 gruppi di pazienti rispettivamente con un intervallo di trattamento e un tempo complessivo di trattamento superiore o inferiore alla mediana dei valori.
Abbiamo considerato gruppi di pazienti omogenei tra loro per tempo di trattamento, ottenendo dei risultati che meritano di essere considerati in quanto si osserva un andamento regolare (sebbene non significativo all‟analisi statistica) per quanto riguarda le recidive loco regionali che si verificano solo nei pazienti trattati dopo 9.4 settimane dalla chirurgia.
Dobbiamo tuttavia rimarcare che il tempo di trattamento non sembra influire sulla comparsa di recidive a distanza ed inoltre non ha raggiunto la significatività statistica come fattore prognostico, probabilmente a causa della disomogeneità dei tempi di osservazione delle pazienti e del basso numero di recidive osservate. In ogni caso, la presente analisi dovrebbe essere estesa su un campione più ampio di pazienti in modo da esplorare accuratamente questo aspetto.
Dalla nostra analisi è emerso che 32 (18%) pazienti hanno avuto una recidiva e in particolare 8 (4.5%) di esse hanno avuto recidive locali e anche a distanza; le recidive a distanza sono state rispettivamente 11 (34%) a livello polmonare, 4 (12.5%) a livello osseo, 2 (6%) epatiche, 3 (9%) omentali, 4 (12.5%) carcinosi peritoneali, 1(3%) encefalica, 1(3%) cutanea ed 1 (3%) localizzata a livello della milza.
Si noti che le recidive locali (pelviche e vaginali) sono state 11, con un tempo mediano di comparsa di 14 mesi. L‟età media alla recidiva è stata di 62 anni; 4 (36%) pazienti avevano grado di differenziazione intermedio (G2), 7 (64%) pazienti presentavano un grading scarsamente differenziato. Queste pazienti mostravano infiltrazione del miometrio > 50%. L‟invasione linfo-vascolare era presente in 8 (72%) pazienti, assente in una
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paziente e non nota in 2(18%) pazienti. Secondo la recente classificazione FIGO 2009, 5 pazienti erano in stadio IB, 4 in stadio II ed infine 2 pazienti in stadio IIIA. Le 11 recidive locali sono state stratificate in base ai fattori di rischio presenti alla diagnosi, risultando 2 con rischio intermedio e 9 con rischio alto.
Di tutte le pazienti con recidiva, 10 (31%) sono attualmente viventi con malattia e 22 (69%) sono decedute; 15 di queste avevano rischio alto e le restanti 7 rischio intermedio, in tutti i casi presentavano un infiltrazione miometriale superiore al 50% e 17 avevano coinvolgimento degli spazi vasculo-linfatici.
Come modalità di trattamento alla recidiva 11 pazienti hanno effettuato chemioterapia, 3 pazienti chemioterapia e radioterapia, 8 chirurgia e radioterapia, 1 paziente ha effettuato chirurgia e radioterapia 5 sottoposte alla sola radioterapia ed 1 alla sola chirurgia.
Le pazienti attualmente viventi con malattia sono state trattate rispettivamente: 4 con chirurgia e chemioterapia, 1 con chirurgia e radioterapia, 2 con radioterapia, 3 con chemioterapia e chirurgia .
La radioterapia adiuvante nei casi di pazienti a rischio elevato (infiltrazione oltre il 50% del miometrio e con elevato grado di differenziazione) ha permesso di ottenere una bassa incidenza di recidiva locale ma ha impattato poco sulla sopravvivenza globale , la nostra esperienza sembra suggerire l‟opportunità di studiare il ruolo di un trattamento chemio- radioterapico concomitante nelle pazienti con molteplici fattori prognostici negativi (in particolare, l‟invasione linfo-vascolare e il grading elevato) ad alto rischio di recidiva. La terapia adottata sembra invece essere adeguata in pazienti a rischio intermedio, a condizione di mantenere tempi di attesa ridotti per la radioterapia adiuvante.