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B I B L I O T E C A DI E R O T I S M O FERRANTE PALLAVICINO LA RETORICA DELLE PVTTANE prefazione inedita di GUILLAUME APOLLINAIRE

d S H D O E S1a cwra di Fra pp. 196, L, 23-500 "cesc°Fon(e

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N O R B E R T D A V I S , Le inchieste di Doan e Carstairs, a cura di Renzo

Martinelli, La casa Usher, Firenze 1991, pp. 152, Lit 20.000.

Per chi non abbia letto lo straordi-nario Rendez-vous col terrore, elogia-to da Wittgenstein, capolavoro di questo scrittore che se non si fosse suicidato a quarant'anni nel 1949 si sarebbe mangiato tutti gli autori

hard-hoiled, Doan è l'investigatore propriamente detto mentre Carstairs è un cane geniale che pesa un quinta-le, capisce l'inglese e spesso salva la vita al padrone, di cui non sempre approva i costumi, per esempio la tendenza all'ubriachezza. Grazie a lui Doan è un po' più interessante dei suoi colleghi americani, e più verosi-mile è il suo senso di onnipotenza. Per non parlare dell'umorismo che copiosamente zampilla da una coppia del genere. Essa appare solo in due dei racconti contenuti in questo vo-lume, mentre il detective del terzo appartiene al genere dell'eterno fru-strato. Bellissimo è il secondo,

Al-l'assassino! in cui il presunto tale si ri-vela vittima delle trame di una mae-stra che non esita a incolparlo dei propri delitti nella speranza di sof-fiarlo alla sua fidanzata che invece è a prova di bomba. A parte la mae-stra, che anche lei ha l'integrità dei mostri, tutti gli altri sono eccellenti

farmer americani, che quasi fanno

vergognare Doan della sua venalità e il mastino della sua bestialità.

Cesare Cases

G I O R G I O SCERBANENCO, Europa mol-to amore, Garzanti, Milano 1991, pp.

196, Lit 10.000.

Si direbbe che il fecondissimo po-ligrafo nato a Kiev da padre ucraino e madre italiana fosse predestinato a trame internazionali come questa, che porta due fanciulle a torto so-spettate di omicidio attraverso mez-za Europa e anche al di là della corti-na di ferro, mobilitando perfino un colonnello russo ucraino naturalmen-te sul punto di essere accusato di de-viazionismo e fatto fuori, finché tut-to si chiarisce e le due ragazze cado-no nelle braccia di due spasimanti che per amor loro avevano perso il posto. Invece da tutta questa Europa viene fuori un pasticcio spionistico-sentimentale peggio di Le Carré. In realtà Scerbanenco capiva e amava solo una città, Milano, in cui visse dai diciotto anni fino alla morte (1969) e che è lo sfondo di tutta una serie di gialli col commissario Luca Lamberti che Garzanti va meritoria-mente ristampando (sono già usciti

Traditori di tutti, Venere privata e al-tri). Se Augusto De Angelis fu il can-tore del vecchio centro di Milano, del Pontaccio e del Bottonuto, Scer-banenco fu quello della Milano dei

grattacieli e dei palazzoni di perife-ria, dove si consumano delitti di una ferocia già americana negli anni cin-quanta e sessanta. La Milano di Scer-banenco è più importante delle tra-me cui fa da sfondo, un po' cotra-me la Hatlem di Chester Himes (di cui Marcos y Marcos ripubblica Rabbia a

Harlem), certo senza l'umorismo di quest'ultimo.

Cesare Cases

C E L I A D A L E , Una chiamata persona-le, La Tartaruga, Milano 1991, ed.

orig. 1986, trad. dall'inglese di Katia Bagnoli, pp. 137, Lit 22.000.

Com'è nella tradizione dell'atten-ta, curiosa e stimolante casa editrice La Tartaruga (che, ricordiamolo, ha ad esempio fatto conoscere in Italia un'autrice come Amanda Cross) an-che in questo caso ci troviamo di fronte a una sorpresa, a una piacevo-le scoperta. Nota autrice ingpiacevo-lese, se-guita nel suo paese da un pubblico af-fezionato alle sue storie di suspense (ha scritto dieci romanzi e numerosi racconti), Celia Dale ci presenta in questo caso una raccolta di undici racconti che colpiscono, veloci come saette, per la loro arguzia e spregiudi-cata messa in crisi di qualsivoglia va-lore. Si tratta per lo più di storie d'a-dulterio (o meglio di "triangoli omi-cidi") in cui la famiglia, la coppia vengono descritte nella loro desolan-te routine fatta di gesti, parole e non-sguardi iterati all'infinito, svuotati di qualsiasi significato. "L'altro" o "l'altra" non sono certo idealizzati, sono semplici sogni incarnati e proiettati in forme indistinte, prive di spessore: alibi alle proprie frustra-zioni. La Dale osserva i personaggi con sguardo da entomologo, li pren-de in giro, con simpatia e partecipa-zione, svelando ciò che si nasconde dietro la loro "vita rispettabile" e li denuda facendo loro compiere atti estremi, improvvisi, risolutori. Per-ché il delitto sembra l'unico atto vi-tale possibile. E come vi-tale è descrit-to, e come tale non giudicato.

Sara Cortellazzo

P A T R I C I A H I G H S M I T H , Inseguimen-to, Bompiani, Milano 1991, ed. orig.

1967, trad. dall'inglese di Attilio Ve-ra Idi, pp. 239, Lit 27.000.

Simpatia e adesione senza tene-rezza, comprensione senza approva-zione: questa è la Highsmith di

Inse-guimento (1967), una scrittrice più giovane, meno angosciata, cinica e perturbante di quella con cui siamo abituati a confrontarci negli ultimi anni. Al centro della vicenda due personaggi maschili (quel genere che l'autrice sa meglio descrivere):

gene-ro (Ray) e suocegene-ro (Ed) a confgene-ronto, o meglio a scontro frontale per la per-dita della moglie-figlia morta suicida. Ed, pateticamente possessivo, non riesce a darsi pace e incolpa, insegue, perseguita Ray, ritenendolo respon-sabile della tragedia. Ray, timido, in-sicuro, che vive infiniti sensi di col-pa, sentendosi un perfetto mediocre, cerca nel contempo di difendere la sua innocenza ed estraneità cercando un dialogo, un confronto. I due uo-mini giocano al gatto e al topo, si per-dono, si ritrovano, scappano, si ricer-cano, l'uno per tentare di spiegarsi e pacificarsi, l'altro per annientare e uccidere un ricordo. Una Venezia-labirinto autunnale, abilmente de-scritta sia topograficamente (nei suoi quartieri popolari), sia umanamente (nella piccola gente comune solidale, aperta, chiacchierona e pettegola) fa da sfondo a delitti perfetti, tutti mancati. E uno dei due protagonisti ha sempre una carta in mano più del-l'altro, sa di essere vivo e sa anche di poter far finta di essere morto. Ma i sensi di colpa, esibiti o rimossi, più forti di ogni altra pulsione, costrgono i destini dei due duellanti a in-crociarsi inesorabilmente.

Sara Cortellazzo

FRANCISCO G O N Z A L E S L E D E S M A , L a

dama del Kashmir, Mondadori,

Mila-no 1991, ed. orig. 1986, trad. dallo spagnolo di Hado Lyria, pp. 259, Lit 23.000.

La "novela negra" — vale a dire il romanzo giallo — sta conoscendo ne-gli ultimi anni in Spagna un momen-to di grande vitalità e fertilità creati-va. A nomi di spicco come Manuel Vàzquez Montalbàn e Eduardo Mendoza, di cui si sta pubblicando molto nel nostro paese, va senz'altro aggiunto quello di Gonzales Lede-sma, avvocato e redattore capo del quotidiano "La Vanguardia", autore rinomato di numerosi romanzi, am-bientati a Barcellona, di cui protago-nista è il disilluso, intelligente, ironi-co e mal ridotto ispettore Méndez.

La dama del Kashmir è un romanzo a largo respiro, denso d'echi poetici, che riesce a coniugare una descrizio-ne realistica della brulicante Barcel-lona — nelle cui "amatissime strade si praticano le virtù del tutto per tut-ti" — a un'indagine psicologica abil-mente sfaccettata dei personaggi, dei loro animi sofferenti, delle loro vite perdute. L'intrigo a suspense, legato a una serie di delitti compiuti da un individuo che utilizza una sedia a ro-telle, intreccia e lega fra loro vite di uomini e donne descritte finemente nei loro sentimenti — e pensiamo al-le tenere pagine dedicate alla scoper-ta dell'omosessualità di due proscoper-tago- protago-nisti, o alla descrizione della solitudi-ne e dell'umanità di alcusolitudi-ne donsolitudi-ne rassegnate e ferite dalla vita, ma

an-cora vitali e sognanti. Méndez, l'i-spettore d'altri tempi protagonista della vicenda, si affanna alla ricerca del bandolo della matassa con la ca-pacità di fermarsi e di ascoltare l'uo-mo, scordandosi di aver di fronte un possibile assassino. E dal suo lin-guaggio duro e comportamento rude trapela, con sconcertante frequenza, una reale, calda e insperata umanità.

Sara Cortellazzo

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