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Con la nascita del Regno d’Italia si avvertì la necessità di decorare gli edifici adibiti ad accogliere i nuovi enti pubblici con moderni cicli pittorici.

A differenza delle stazioni, tipologie architettoniche tra loro simili ed edificate in un ristretto arco cronologico, i palazzi destinati a ospitare gli organi di governo della neonata nazione si dividevano in un’ampia casistica. Antichi organi governativi, assunti all’interno del moderno Regno, continuarono a occupare la loro sede storica, come i Consigli provinciali di Bologna e Venezia. Vi sono esempi di edifici preesistenti chiamati a ospitare i moderni enti statali: la scelta fu effettuata seguendo l’intrinseco valore artistico degli stabili o il ruolo simbolico che il palazzo rivestiva all’interno di una particolare area geografica. In Sardegna, ad esempio, il palazzo Reale di Cagliari venne riqualificato e riconfigurato in modo tale da divenire la sede della Provincia. Infine, furono costruiti moderni edifici progettati per ospitare fin dalla loro inaugurazione i moderni ministeri del Regno, una tendenza che si riscontra esclusivamente a Roma. Questa grande varietà architettonica portò a una molteplicità di linguaggi e iconografie che rendono difficile tracciare un quadro unitario della pittura decorativa in campo pubblico.

La difformità di generi e temi che si riscontrano nelle decorazioni approntate per le stazioni ferroviarie tende ad ampliarsi nel caso degli edifici governativi. Emerse la tendenza a celebrare eventi che non superavano la dimensione regionale (come nelle decorazioni eseguite tra Marche e Umbria 146) o le glorie locali (Irnerio a Bologna). In altri casi, i progetti elogiavano, con una vena di nostalgia, il grande passato cittadino (come nella sala del Consiglio provinciale di Venezia). Il primo e unico tentativo di proporre un programma che celebrasse l’unificazione nazionale si riscontra nella sala della Maggioranza del palazzo delle Finanze; l’esperimento non ebbe seguito nei suoi intenti propagandistici, ma legittimò la pittura neoveneta di Cesare Mariani come linguaggio ufficiale dell’epoca umbertina. Nella selezione degli esempi, nel pur difforme panorama, si è tenuto conto della volontà di esemplificare le diverse gamme linguistiche, spesso contraddittorie a discapito della

146 A discapito della volontà di rappresentare episodi a carattere localistico, occorre comunque ricordare che i cicli umbri, tra i primi a essere eseguiti dopo l’Unità, assunsero valore normativo sia per le iconografie che per le scelte compositive, influenzando i lavori di Bruschi a Roma e Cagliari (ringrazio la professoressa Stefania Petrillo per la segnalazione).

medesima appartenenza geografica, e le diverse tipologie iconografiche. Si è privilegiata l’analisi di episodi artistici concentrati principalmente nel nord e centro Italia, seppure nel meridione si registri una presenza di cicli decorativi di alta qualità nei palazzi governativi. Tra questi si devono ricordare gli interventi eseguiti da Giuseppe Sciuti, artista catanese, tra Sicilia e Sardegna147, nonché i lavori di decoratori pugliesi quali Raffaele Armenise (1852-1925) e Ignazio Perricci (1834-1907)148, o ancora gli affreschi di Enrico Andreotti e Giovanni Diana per il palazzo della Provincia di Cosenza149.

In chiusura, è necessario ricordare l’esistenza di due interventi di capitale importanza, tanto per il valore simbolico quanto per il prestigio delle sedi. I due cicli decorativi furono eseguiti per gli appartamenti reali della palazzina della Meridiana a Firenze e del palazzo del Quirinale a Roma.

La palazzina della Meridiana è un piccolo edificio contiguo al complesso di palazzo Pitti, inserito nella cornice dei giardini di Boboli. Edificata a partire dal 1776, sotto il granduca Pietro Leopoldo, negli anni fu interessata da una serie di interventi architettonici e decorativi che ne mutarono l’aspetto, soprattutto nel corso del diciannovesimo secolo150. In vista del trasferimento della corte sabauda da Torino a Firenze, si decise di intraprendere una campagna decorativa negli ambienti che non furono affrescati fra 1833 e 1837. I lavori, condotti fra il 1860 e il 1864151, coinvolsero un’équipe di artisti scelti fra i massimi esponenti dell’accademismo toscano e i rappresentanti del linguaggio purista. Tra questi autori si ritrovano Cesare Mussini (1804-1879) e Annibale Gatti (1827-1909), attivi nelle sale di maggiore rappresentanza e incaricati di esaltare il ruolo della dinastia sabauda nel processo di unificazione nazionale. Nella sala del Trono, l’affresco di Gatti illustra L’Italia che prende

posto in mezzo alle Nazioni guidata dal genio di casa Savoia; Mussini celebrò L’Italia che corona le arti, affresco accompagnato da una serie di pannelli dedicati al Fiume Arno,

147 Tra gli interventi principali in cantieri pubblici, si ricordano gli affreschi nel palazzo della Provincia di Sassari, il sipario per il teatro Bellini di Catania e quello per il teatro Massimo di Palermo. Sugli interventi a Sassari, cfr. CAMARDA 2012, pp. 60-87; sul sipario di Catania cfr. PETRILLO 2012, pp. 150-151; sul teatro di Palermo , cfr. Giuseppe Sciuti 1989, p. 184, n 171.

148 Di Armenise va ricordata soprattutto la decorazione del plafond e del sipario del teatro Petruzzelli a Bari (FARESE SPERKEN 1996, pp. 132-141), modulato sugli analoghi lavori di Brugnoli per il teatro Costanzi di Roma e il teatro Lirico di Milano (ivi, p. 138). Di Perricci si segnalano i numerosi affreschi eseguiti nelle sale del Quirinale e nelle stanze del Museo Nazionale di Napoli, nonché il Progetto di decorazione per la sala

d’Ercole nel Real Palazzo di Napoli, in cui l’autore mostra «un’eclettica mescolanza degli stili, sull’unità

formale tra architettura, scultura e pittura decorativa» (ivi, pp. 103-104).

149 CIPPARRONE 2013, pp. 48-63.

150 Sulla nascita della Palazzina e le vicende artistiche cfr. CISERI 2003.

151 Il ciclo è stato oggetto di studi recenti: cfr. CISERI 2003, pp. 482-484; RENSI 2015, pp. 50-52; BRANCA, CAPUTO 2017,pp. 443-446.

all’Industria, alla Scienza e all’Agricoltura, beneficiati dal nuovo corso della storia. Antonio Puccinelli (1822-1897), Antonio Marini (1788-1861) e Giorgio Berti (1789-1868), chiamati a decorare sale minori, optarono per soggetti volti a esaltare le virtù civiche fiorentine attraverso personaggi ed episodi famosi derivati dalla storia o dalla letteratura. Episodi come

Filippo Strozzi al passaggio dell’Arno di Puccinelli, il Dante ambasciatore dei fiorentini presso Bonifacio VIII di Berti o, ancora, gli episodi michelangioleschi affrescati da Gatti e la

Congiura dei Pazzi dipinta da Mussini sembrano trarre ispirazione e attingere a piene mani

alla tradizione del Romanticismo storico. Singolare, nell’economia del ciclo, appare la sala decorata da Marini, dedicata a episodi della vita di Torquato Tasso e giustificata dalla rinnovata fortuna critica che stava investendo l’autore campano152.

Come gli affreschi della palazzina della Meridiana, anche le decorazioni del Quirinale sono state riscoperte tardivamente, scontrandosi fino agli anni settanta del Novecento contro gli antichi pregiudizi che avevano minato la corretta comprensione della pittura ottocentesca di matrice accademica. Basti ricordare che ancora nel 1962 un critico del calibro di Giuliano Briganti interpretava gli interventi ottocenteschi nelle sale del Quirinale come “deturpanti interventi pittorici”, «il solito repertorio insomma che invade le cupole e le volte dei teatri dell’opera, dei casinò, dei grandi alberghi e anche delle reggie nell’Europa fine secolo. Solo che nel nostro caso quel gusto si accompagna ad una certa sciatteria, ad una notevole imperizia, mentre talvolta l’esuberante espansione pittorica non si perita di soffocare e deturpare la decorazione preesistente»153. In realtà, le decorazioni del Quirinale, eseguite nell’arco di quindici anni, tra 1873 e 1888, presentano un campionario di forme e modelli che ben rappresentano la stagione decorativa romana dell’ottavo e nono decennio dell’Ottocento154. La presenza di Brugnoli, all’opera nella sala dello Zodiaco e campione della pittura decorativa a Roma, di Cesare Maccari, attivo nella sala degli Arazzi con Amore

che incorona le tre Grazie, nonché di una schiera di autori minori ma di estrema importanza

per restituire l’idea del sostrato culturale dell’epoca, pongono il cantiere del palazzo, a dispetto della sfortuna critica, come cartina di tornasole delle tendenze artistiche dominanti l’ambiente romano. Emerge la volontà di adottare una pittura neoveneta di ascendenza

152 CISERI 2003 p. 482

153 BRIGANTI 1962, p. 54.

154 Un’analisi accurata dell’intervento di Brugnoli, con affondi sull’intero cantiere postunitario all’interno del Quirinale, è stata condotta da Maria Angela SAN MAURO (2005).

veronesiana e tiepolesca quale linguaggio rappresentativo del nuovo corso storico e politico155.

155 Ivi, pp. 86, 88.

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