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Il paradigma mitologico di Issione

4. Il paradigma di Issione nel primo stasimo del Filottete

4.3. Il paradigma mitologico di Issione

Il primo stasimo del Filottete inizia con un exemplum mitologico formale o παράδειγμα. Per essere più precisi, si tratta di una sottocategoria di παράδειγμα nota come iperbole mitologica384. Tale tecnica retorica ha, solitamente, la forma: “Si dice che X abbia sofferto terribilmente, ma le sofferenze di Y vanno ben al di là di quelle di X”. In altre parole, abbiamo a che fare con una tecnica finalizzata a sottolineare la sofferenza di un individuo, tramite l’esaltazione dell’unicità di tale sofferenza. L’iperbole mitologica risulta 383

Per fama udii, ma non ho mai visto colui che un tempo si accostò al letto di Zeus, come incatenato al veloce cerchione lo gettò l’onnipotente figlio di Crono; nessun altro io conosco fra i mortali, avendo sentito dire, né avendo visto, con un destino più odioso di quello in cui s’imbatté egli, il quale, non avendo fatto male a nessuno, né avendo rubato, ma uomo giusto, a giudizio dei giusti, così indegnamente veniva distrutto. Di questo, inoltre, mi meraviglio: in qual mai modo egli, ascoltando da solo i flutti che battono da ogni parte, in qual modo continuò una vita fatta tutta di lacrime; dove egli stesso era il suo vicino, incapace di camminare, non avendo un compagno nella sventura, fra gli indigeni, presso il quale prorompere in un gemito riecheggiante la vorace piaga sanguinante: né qualcuno che caldissimo fiotto di sangue stillante dalla piaga del piede brulicante di vermi con foglie che leniscono frenasse, se insorgeva un male, avendole prese dalla terra feconda; si trascinava ora qui, ora là, talora contorcendosi, come un bambino senza la sua nutrice, dove fosse possibile avere abbondanza di risorse, allorché veniva via la sventura che divora l’anima; non come nutrimento il raccolto della terra sacra, non di altre cose che, raccogliendo, noi uomini mangiatori di pane ci procuriamo, solo con frecce alate, le quali volano dall’arco che colpisce con rapidità, ottenne nutrimento al ventre dagli alati, se mai l’ottenne. O esistenza sciagurata! Colui che, nel tempo di dieci anni, non ebbe nozione di una tazza di vino, rivolgendo lo sguardo, se in qualche luogo la riconosceva, sempre verso l’acqua ferma andava. Adesso, avendo incontrato il figlio di grandi uomini, riuscirà a essere felice e potente dopo quelle cose: egli, dopo un grande numero di mesi, su una nave che attraversa navigando il mare, lo riconduce in patria, alla dimora delle ninfe Maliadi e presso le rive dello Spercheo, dove l’uomo dallo scudo di bronzo si avvicina agli dei tutti, splendente del fuoco divino, sui rilievi dell’Eta.

384

particolarmente adatta agli eroi di Sofocle, data la loro tendenza agli estremi. Fra gli eroi di Sofocle, Filottete è quello cui maggiormente si addice, in quanto in lui l’isolamento tipico di tali personaggi raggiunge i livelli più elevati385.

La storia di Issione è presentata con l’allusività tipica di un exemplum mitologico. Lo stesso Issione non viene nominato esplicitamente. La punizione della ruota, che dev’essere girata in eterno, cui il verso 678 fa un sintetico riferimento, presenta Issione come paradigma della sofferenza umana. Il coro parla dell’evidente differenza fra il caso di Issione e quello di Filottete: quest’ultimo è del tutto innocente, la sua punizione non è stata causata da una colpa (684-686). È dunque assente qualsiasi causa perspicua della sofferenza di Filottete. La spiegazione della causa dell’agonia di Filottete è molto posticipata rispetto al prologo, che sarebbe il luogo più naturale e logico, per trattare l’argomento. Solo ai versi 1326-1328 Neottolemo affronta la questione, e anche allora si parla del “come” piuttosto che del “perché” dell’agonia. Allo stesso modo, la sezione iniziale del primo stasimo sottolinea, ma non giustifica le sofferenze di Filottete386.

Alla fine dello stasimo, viene menzionata un’altra figura mitologica, e anche qui il riferimento è estremamente allusivo ed ellittico. Si tratta di Eracle che, come Issione, non viene nominato direttamente387.

Il verso 719 introduce l’enfatica avversativa che comincia con νῦν δ(έ), per la quale il parallelo più vicino è rappresentato dai versi 653-654 delle Trachinie:

νῦν δ’ Ἄρης οἰστρηθεὶς ἐξέλυσ’ ἐπιπόνων ἁμερᾶν388.

In entrambi i casi, il coro immagina che sia avvenuto un cambiamento decisivo, e che le sventure passate stiano lasciando il posto alle gioie del ritorno a casa. In entrambi i casi, il coro si sbaglia, e Sofocle sfrutta la tecnica da lui frequentemente usata di un canto di falso ottimismo, che sarà seguito dalla rovina dell’eroe. Bisogna, però, dire che la sofferenza che affligge Filottete non è definitivamente catastrofica come lo è quella che affligge Eracle nelle Trachinie. La figura di Eracle nello stasimo del Filottete può essere allusiva alla fine del dramma. Il linguaggio dei versi 726-729, anche se fortemente allusivo, si riferisce senza dubbio all’apoteosi di Eracle, che da uomo diventa dio: si pensi alla vivida giustapposizione ἀνὴρ θεοῖς al verso 726. Difficilmente può essere casuale il fatto che lo stasimo si apra facendo riferimento a un altro mortale, andato sull’Olimpo, ma con conseguenze molto diverse. Nel caso di Issione domina, dunque, il motivo dell’ingratitudine, dei crimini reiterati e della punizione eterna. Il caso di Eracle è, invece, 385 Vd. Davies 2001, 55 386 Vd. Davies 2001, 55-56 387 Vd. Davies 2001, 56 388

opposto: Eracle, da mortale, si trasforma in dio; ne consegue la vita eterna in compagnia degli altri dei dell’Olimpo. Le due figure mitiche di Issione e di Eracle, che appaiono simmetricamente all'inizio e alla fine dello stasimo, costituiscono una sorta di sigillo, conformemente al ruolo di raccordo fra quanto precede e quanto segue, assunto dal canto corale. I due eroi che ascendono all’Olimpo simboleggiano rispettivamente il livello più alto e quello più basso delle capacità umane, costituendo una sorta di climax ascendente. Issione, con il suo tormento senza fine, volge la nostra attenzione alla prima parte del dramma, con la sua enfasi sulle sofferenze fisiche di Filottete. Eracle, l’uomo divenuto dio, volge il nostro sguardo in avanti, alla fine del dramma, in cui apparirà come

deus ex machina389. Lo stasimo sembra, dunque, assumere le forme della

Ringkomposition.

L’evocazione di Eracle in un primo momento sembra fuorviante: Filottete, almeno inizialmente, continuerà a soffrire e addirittura si contorcerà agonizzando sul palco. Ma, alla fine del dramma, Filottete andrà a Troia e, come Eracle, saccheggerà la città e sarà guarito dall’agonia fisica390.

Se si esaminano più approfonditamente le analogie fra Issione e l’innocente Filottete, esse non sembrano riguardare la colpa, ma essere limitate alla punizione. Come si è visto, il protagonista del paradigma, Issione, non viene nominato, ma questo non deriva dal fatto che il ricordo dell’Issione di Euripide era ancora fresco nel pubblico391: il riferimento non nominale è procedimento abituale nella lirica corale ed è una sollecitazione al pubblico che immediatamente si dispone a integrare i dati offerti dal poeta tragico392. Il coro propone un esempio apparentemente stonato: Issione ha addirittura attentato alla sposa di Zeus e il paradigma opera per similitudine in rapporto alla punizione, che non ha fine, ma per contrarium rispetto alla colpa393. Il confronto fra Issione e l’innocente Filottete sottolinea fortemente la sofferenza immeritata di quest’ultimo394. Non bisogna dimenticare che il coro ha una posizione ambigua, che finisce per accentuare l’isolamento di Filottete. Il coro infatti mostra compassione per Filottete, ma sta cooperando alla riuscita del piano per portarlo a Troia. Qui è la situazione di Filottete a determinare

389 Vd. Burton 1980, 237; Davies 2001, 58. L’ipotesi che l’allusione a Eracle anticipi la conclusione del

dramma è sostenuta anche da Schein (2013, 228).

390

Vd. Davies 2001, 57-58. Secondo un’altra teoria, il paradigma di Issione e quello di Eracle evocano due possibili modelli per la sofferenza di Filottete: un dolore senza fine (Issione), o una storia in cui la sofferenza condurrà a un esito positivo (Eracle). Lo stasimo rappresenterebbe, in quest’ottica, la desolazione monotona dell’attuale vita di Filottete; l’obiettivo del coro è invitare l’eroe a conformarsi a uno dei due modelli mitologici (Kitzinger 2008, 100).

391

A differenza di quanto è affermato da Webster (1970, 111).

392

Vd. Jebb 1890, 112; Pattoni 1988, 251; Nicolai 2011, 25

393 Vd. Nicolai 2011, 25 394

l’ironia tragica395. Di fronte alle rosee prospettive presentate dal coro, l’exemplum di Issione, che sottolinea l’unicità del destino di Filottete, per il quale si trova un solo termine di paragone, risulta del tutto fuori luogo: Issione è condannato alla sua pena per l’eternità e per lui non ci sono speranze di gloria o di apoteosi. Come nel caso di Sisifo (622-625), il mito di Issione rinvia a una segregazione senza ritorno396.