2. Realizzazione dei dispositivi
4.1 Linee guida di progetto
4.1.2 Parametri elettrici e meccanici
Per quanto concerne i parametri elettrici e meccanici le ottimizzazioni effettuate hanno riguardato principalmente: incremento del fattore di merito, riduzione dell’accoppiamento magnetico diretto tra spire di sensing e di drive, incremento del livello di segnale in uscita. Incremento del livello di segnale in uscita Partendo dall’ultimo dei tre aspetti appena citati, si ricorda che l’ampiezza del segnale di uscita alla risonanza è: Γ Γ
Eccetto l’intensità del campo magnetico B, generato dai magneti esterni, tutti gli altri parametri sono liberi, entro i limiti imposti dal processo tecnologico. In linea di massima è possibile affermare che per incrementare il livello di tensione in uscita è necessario aumentare: le dimensioni della spira di drive (L, W), la corrente di pilotaggio (I) l’area complessiva degli avvolgimenti di sensing (AT). E’ desiderabile inoltre una
(4.5)
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diminuzione del fattore di smorzamento D. Si osserva immediatamente che aumentare le dimensioni delle spire porta ad un aumento delle dimensioni del dispositivo, che concorrono a loro volta a incrementare il fattore di smorzamento D mentre la corrente di pilotaggio è limitata dalla dissipazione di potenza termica sulla resistenza di drive. Infine l’incremento del numero o della dimensione delle spire di sensing provoca l’aumento della resistenza di uscita del sistema. L’ultimo problema è irrilevante se la tensione di uscita viene letta da un sistema in alta impedenza. Tuttavia se la resistenza degli avvolgimenti di uscita fosse troppo elevata e raggiungesse valori paragonabili alla resistenza di ingresso del sistema a valle si avrebbe una perdita di segnale non trascurabile. Si cerca quindi un’espressione per calcolare la resistenza di una serie di avvolgimenti concentrici (Figura 4.3).
Si ipotizza, per semplificare, che la larghezza della pista metallica sia uguale alla distanza tra un avvolgimento e l’altro. Nel caso delle microbilance questo sarà sempre verificato. La resistenza complessiva risulta approssimata dalla seguente espressione: Figura 4.3. Geometria degli avvolgimenti per il calcolo della resistenza delle spire di sensing. lmin w w … (4.7)
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dove ρ è la resistenza di strato della pista metallica e N è il numero totale di avvolgimenti. L’espressione è semplicemente la moltiplicazione della resistenza di strato per il numero di quadrati complessivi degli avvolgimenti. Tale espressione risulta approssimata per eccesso in quanto in realtà i quadrati agli angoli di ciascuna spira, dove il flusso della corrente ruota di un angolo retto, presentano una resistenza minore. Tuttavia ai fini del progetto, una stima per eccesso è più che sufficiente. Proseguendo sull’analisi degli avvolgimenti di sensing, è utile ricavare un’espressione, stavolta approssimata per difetto, di AT, la quale sarà semplicemente:
· 3
Le spire più esterne (indice i più alto) contribuiscono maggiormente all’area totale. Tuttavia, salvo problemi di resistenza di uscita, non vi sono motivi che inducano a utilizzare meno spire del massimo consentito dal processo in quanto, sebbene il termine indesiderato dovuto alla mutua induttanza tra la spira di drive e le spire di sensing cresca, il segnale utile cresce allo stesso modo. A maggior ragione è necessario utilizzare quanti più avvolgimenti possibile vista l’entità estremamente ridotta delle tensioni in uscita dal sistema (nell’ordine di 100 µV).
Le dimensioni della spira di drive sono legate unicamente alle dimensioni del dispositivo. L’incremento della corrente massima si pilotaggio può essere ottenuto in due modi: utilizzando un livello di metal meno resistivo (si ricorda che la resistività dei tre livelli di metal del processo BCD6s decresce a partire dalla metal1 fino ad arrivare alla metal3) e/o disegnando le piste metalliche relative alla spira di drive più larghe. Dalla scelta della larghezza della pista metallica ne deriva anche una misura minima per i bracci della struttura, in quanto nel braccio devono passare le due piste relative alla spira di drive affiancate, mentre l’utilizzo di livelli di metal meno resistivi porta ad un aumento dello spessore del dispositivo, cosa non desiderabile a causa del legame tra spessore e sensibilità.
Infine, l’aumento della corrente provoca un surriscaldamento del dispositivo che può alterare i parametri meccanici dell’ossido. Questo
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fenomeno è stato osservato durante la fase di misure. L’ampiezza delle oscillazioni del dispositivo cresce in modo anomalo e ciò può portare alla rottura del dispositivo stesso. Tale effetto può essere imputato alla dilatazione termica dell’ossido di silicio.
Riduzione dell’accoppiamento magnetico diretto
Come visto, la tensione in uscita dal dispositivo comprende una componente dovuta alla mutua induttanza tra spira di drive e spire di sensing M. Data la difficoltà di ottenere un’espressione analitica di questo fattore, al variare della posizione relativa di spire di drive e sensing, è necessario procedere con considerazioni semplificative. In generale, l’induttanza mutua tra due spire A e B, si può esprimere come:
dove ΦB è il flusso magnetico attraverso la spira B causato dalla corrente IA
nella spira A, LA e LB sono i valori di induttanza delle due spire e k è il
fattore di accoppiamento (che varia tra 0 e 1). Nel caso in cui tutto il flusso magnetico generato dalla spira A attraversi la spira B il fattore di accoppiamento è pari a 1. Il segno della mutua induttanza inoltre è positivo se il flusso magnetico attraversa le due spire con stesso verso, negativo se con verso discorde. Dalla relazione precedente si nota immediatamente che il fattore di accoppiamento è proporzionale al flusso indotto. E’ quindi possibile diminuire il fattore di accoppiamento M variando la disposizione delle due spire in modo da ottenere il minor flusso magnetico indotto possibile. Ipotizzando una spira di corrente di forma quadrata, si è quindi simulato il flusso magnetico attraverso una superficie quadrata giacente sul piano della spira, facendo gradualmente traslare la superficie da una posizione perfettamente concentrica alla spira generatrice del flusso magnetico a una posizione affiancata (Figura 4.4). In questo modo si è simulato il flusso magnetico indotto da una generica spira di drive, percorsa da corrente, su una generica spira di sensing, al variare della posizione di quest’ultima.
4. Progetto della seconda generazione 80 Come si può osservare direttamente dalla Figura 4.4 il flusso che attraversa la spira di sensing in posizione (a) ha verso entrante, mentre in posizione (b) è uscente. Esiste una posizione intermedia in cui il flusso è 0. Il risultato della simulazione ha portato il seguente risultato. La spira di drive simulata ha dimensioni 110x150 µm, mentre la spira di sensing 100x140. La posizione di riferimento è quella concentrica e sulle ascisse è indicato lo scostamento da tale posizione. Il grafico in Figura 4.5 riporta il flusso magnetico normalizzato alla posizione iniziale.
Come si può notare esiste effettivamente una posizione che annulla il flusso magnetico netto. In tale posizione c’è una sovrapposizione parziale tra le spire, per cui il flusso entrante nella spira di sensing equivale al flusso uscente. Tuttavia è praticamente impossibile ottenere la completa cancellazione del flusso in quanto nella realtà ci sono numerose spire di sensing e la spira di drive non può essere modellizzata semplicemente con una linea di corrente di forma chiusa. Ciononostante la simulazione fornisce un dato interessante. Se le spire di sensing vengono affiancate alla spira di drive si ha una drastica riduzione, pari all’80% circa, del flusso magnetico accoppiato. Figura 4.4. Posizione iniziale (a) e finale (b) della spira di sensing (tratteggio), relativamente alla spira di drive (linea continua). E’ indicata la direzione della corrente I e il verso (entrante o uscente) del campo magnetico generato B. b a I I B B
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Figura 4.5. Andamento del flusso magnetico normalizzato in funzione della posizione della spira di sensing.
Essendoci proporzionalità diretta tra flusso accoppiato e mutua induttanza, è possibile concludere che una notevole riduzione del fattore M può essere ottenuta affiancando le spire di drive e sensing, anziché realizzarle in modo concentrico. Questo ovviamente causa una modifica completa della geometria del sensore. Incremento del fattore di merito Come visto nel cap. 1, il fattore di merito Q ha la seguente espressione: Si osserva quindi che ottenere un Q elevato implica aumentare la costante elastica torsionale kθ e il momento di inerzia J, ridurre il fattore di
smorzamento D. Questo non è del tutto corretto, in quanto cercare di aumentare J aumentando le dimensioni del piatto centrale sarebbe inutile in quanto, teoricamente, si ha: ‐40 ‐20 0 20 40 60 80 100 120 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 110 120 130 140 150 160 Flusso magnetico normalizzato [%] Posizione [µm] (4.10)
4. Progetto della seconda generazione 82 ; da cui: 1 √ Un possibile aumento della costante elastica torsionale questo è senz’altro teoricamente corretto, ma è ignoto un possibile effetto sul fattore di smorzamento D ed inoltre si alzerebbe la frequenza di risonanza. Quindi la strada migliore da seguire resta senz’altro la diminuzione delle dimensioni del dispositivo, in particolare la larghezza W del piatto centrale, in quanto D dipende, almeno teoricamente, dalla sua quinta potenza. Per quanto il modello matematico possa essere impreciso, è comunque ragionevole ipotizzare che in movimento torsionale l’attrito con l’aria dipenda fortemente dalle dimensioni del piatto centrale ed in particolare dalla sua larghezza W, dato che le parti del piatto più lontane dall’asse di rotazione si muovono a velocità tangenziali maggiori e spazzano volumi più elevati, contribuendo in modo predominante sull’attrito con l’aria.
4.1.3 Questioni tecnologiche
Dal punto di vista tecnologico, gli obiettivi principali da conseguire sono due:
‐ Garantire l’integrità delle piste metalliche al termine del post‐ processing e impedire che si possano interrompere a seguito del normale funzionamento del dispositivo.
‐ Garantire un corretto rilascio delle membrane a seguito dell’attacco in TMAH.
Il secondo punto dipende dalla geometria disegnata. L’attacco in TMAH si ferma quando non ci sono più piani <100> o <110> da attaccare né sono presenti angoli convessi scoperti nella geometria del silicio rimanente. E’ perciò fondamentale che l’apertura nel piatto centrale della microbilancia sia più larga dei bracci, per far sì che una volta che lo scavo nel buco
(4.11)
4. Progetto della seconda generazione 83
centrale si congiunge con il sotto‐attacco del piatto stesso, iniziato ai lati, si formi un nuovo angolo convesso che permette all’attacco di proseguire. In Figura 4.6 è mostrato cosa può accadere se la buca centrale è più stretta dei bracci. La zona più scura rimane attaccata al substrato di silicio, in quanto non esistono angoli convessi non ci sono più piani attaccabili. Qualunque sia la geometria disegnata dunque, è necessario prevedere il corretto rilascio al termine del post‐ processing.
L’integrità delle piste metalliche dipende essenzialmente dall’entità del sottoattacco causato dal BHF durante l’attacco degli ossidi intermetallici. Come visto nel cap. 2 la soluzione attacca circa 10 µm in direzione orizzontale. Si può considerare perciò un buon margine di sicurezza un overlap di 15 µm tra la metal di protezione e le piste sottostanti. Un’altra possibile soluzione, già accennata nel cap. 2, è quella di lasciare la metal di protezione passivata, mantenendo un minimo margine tra il bordo della metal e l’apertura della passivazione. Così facendo la metal non è scoperta fin dal principio dell’attacco. Sperimentalmente è stato osservato che la soluzione di BHF arriva a eliminare l’intero strato di passivazione in circa 10 minuti. Supponendo la velocità di sottoattacco costante (pari a 500 nm/min, oltre il doppio della velocità di scavo verticale) l’estensione del sottoattacco si riduce proporzionalmente al tempo che impiega la
Figura 4.6. Vista dall’alto del risultato di un attacco in TMAH di una struttura progettata in modo scorretto. Le aree grigio scure restano ancorate al substrato, in grigio chiaro le aree dove il sotto‐attacco ha proceduto correttamente.
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soluzione ad attaccare la passivazione: 10 minuti portano a un dimezzamento del sottoattacco (da 10 µm a 5 µm).
L’incidenza di rottura delle piste metalliche a seguito del movimento del sensore può essere ridotta disegnando le piste stesse più larghe e ottimizzandone la disposizione sui bracci. Volendo evitare indesiderati accoppiamenti capacitivi è necessario, ove possibile, che le piste non siano sovrapposte tra loro bensì affiancate con qualche µm di distanza tra loro. Essendo i bracci le zone di maggior stress è necessario che in corrispondenza dei bracci stessi le piste siano sufficientemente larghe. Dal piatto centrale escono quattro terminali ed è quindi ovvio che conviene far passare due piste in un braccio e due piste nell’altro. Una buona robustezza dei collegamenti elettrici può rendere il dispositivo capace di sopportare anche trattamenti ad ultrasuoni, talvolta necessari sia in fase di post‐processing sia, soprattutto, in fase di funzionalizzazione biochimica. Infine poiché in fase di post‐processing è necessario un passo fotolitografico è importante prevedere dei marker che facilitino l’allineamento manuale della maschera. E’ sufficiente prevedere nel disegno dei dispositivi delle geometrie che possano indicare il corretto allineamento tra geometria della maschera e geometria del dispositivo.