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Sulle pareti è presente il motivo illusorio del finto tessuto Questo percorre tutte le pareti della stanza nella loro parte centrale; al di sotto è spesso visibile un

motivo floreale, a indicare la presenza di un giardino nascosto.

2) Sopra il finto tessuto, nella parte alta della parete, si sviluppa una finta struttura architettonica al cui interno possono esserci piante, animali con stemmi o, in un solo caso, le scene di un poema cortese.

3. La Camera della Castellana

La Camera della Castellana si trova al secondo piano del palazzo. Essa aveva la funzione di camera da letto e quindi la sua posizione al secondo piano le consentiva di conservare il calore durante i periodi invernali e di beneficiare della frescura durante quelli estivi. La camera è provvista di un corridoio d’accesso e di un bagno personale, secondo una tipologia strutturale che si ripete al terzo piano, nella camera dei Pavoni. Entrambe le camere sono provviste di un camino, principale fonte di calore a quell’epoca e perciò presente in molte altre stanze del palazzo (saloni e studioli). La stanza ha quattro finestre: la prima si trova sul muro davanti all’entrata; le altre tre sono collocate sul muro a destra dell’entrata. Le finestre, di medie dimensioni, probabilmente non erano provviste di vetro ma d’impannate, cioè tele tese su telai di lino bagnate di trementina; questi tessuti servivano per proteggere la stanza dal freddo e ombreggiarla. Le finestre sono comunque dotate di scuri interni, che avevano la stessa funzione delle impannature52.

La camera presenta oggi un arredamento molto essenziale, in parte di epoche successive, composto da:

- un letto con baldacchino del XVI secolo - un inginocchiatoio del XVII secolo

- uno scrigno intagliato della fine del XVI secolo

52 Per l’arredo della casa medioevale cfr. M. Tomasi, L’arredo della casa, in Il Trecento, a cura di M.

- un cofano dipinto con scene del Giudizio di Paride del 1425-50 - un forziere dei primi del Trecento

Nella camera sono presenti due nicchie a scomparsa, incastonate nel muro, delle quali una conserva una Crocefissione della prima metà del Trecento di scuola fiorentina, l’altra una Madonna del parto su tavola, attribuita a Rossello di Jacopo Franchi. Le nicchie sono inquadrate da una cornice di pietra serena a forma di arco trilobato. Quella della

Crocefissione non presenta decorazioni sulle pareti laterali, e alla base del dipinto si

individua una decorazione a vaio. Quella della tavola lignea, invece, presenta due motivi decorativi di forma circolare con dentro un fiore stilizzato. Ritengo che entrambe le cornici risalgano all’epoca del restauro primo-novecentesco. Le ante lignee presentano esternamente lo stesso motivo decorativo della parete, mentre internamente sono dipinte con motivi che simulano intarsi di silio; al loro interno sono suddivise in due rettangoli verticali che incorniciano, in alto, un quadrilobo con stella inserita in un cerchio e, in basso, un semplice rombo con stella inserita nel cerchio. Le due immagini religiose, pittura e tavola lignea, testimoniano che la camera da letto, essendo l’ambiente più privato e più intimo del palazzo, poteva assolvere anche alla funzione di luogo di preghiera53.

Confrontando la decorazione centrale delle pareti della camera con quella delle altre stanze, possiamo cogliere parte del gioco illusorio del complessivo impianto decorativo interno. Da una partetutto il complesso del finto tessuto si ispira alla decorazione mobile delle sale del palazzo: un rimando diretto, quindi, a un modello decorativo preciso. Lo sfarzo e il lusso della sala degli ospiti si ripropongono anche nelle sale della vita quotidiana e intima. Dall’altra il gioco illusorio si basa su una forte contrapposizione tra esterno e interno della stanza. L’artista decide di collocare tutta la stanza in un giardino;

53 Una serie di studi recenti ha individuato nelle pitture della Camera della Castellana una funzione di

monito diretto alle donne sulla fedeltà coniugale, cfr. B. Wilson, Bedrom Politics: The Vexed Spaces of

Late Medieval Public Making, in “History Compass”, 10, 2012, Blackwell Publishing, 2012; B. Wilson, La Dama del Vergiù: secrecy, vendetta and sexual blackmail in a late medieval bedroom, in Firenze alla vigilia del Rinascimento: Antonio Pucci e i suoi contemporanei, a cura di M. Bendinelli Predelli, Cadmo, Firenze,

2006 e infine M. Königer, Die profanen Fresken des Palazzo Davanzati in Florenz. Private Repräsentation

zur Zeit der Internationalen Gotik, in “Mitteilungen des Kunsthistorischen Institutes in Florenz”, 34, 1990,

per richiamare all’osservatore la presenza del giardino, la parete reale scompare sotto una finta struttura architettonica, suddivisibile in tre fasce: in alto la finta struttura che sorregge il soffitto e incornicia la storia, nella parte medio alta le tarsie marmoree che sorreggono illusoriamente il finto tessuto e infine, nella parte centrale, il finto tessuto che circonda le quattro pareti della stanza. Sotto il finto tessuto l’artista ha inserito piante del giardino esterno, che riprendono la tipologia di piante che vediamo nel ciclo ad affresco. La scenografia della storia quindi oltrepassa il suo ruolo funzionale per trasformarsi in una scenografia totale, che dà all’osservatore l’idea di essere all’interno del giardino della castellana. L’artista rafforza l’impianto illusorio giocando su finti elementi sporgenti e rientranti: il finto tessuto e l’impalcatura di sostegno sono aggettanti all’occhio dell’osservatore, così come la finta struttura architettonica. Invece il giardino sotto il tessuto e le immagini all’interno della finta struttura sono rientranti all’occhio dell’osservatore, generando così un finto spazio scenico. L’effetto trompe l'oeil basa la sua forza illusoria anche su finti spazi e su finti elementi sporgenti, che creano un inganno totale per l’occhio. Questo inganno è rafforzato anche dalla finta materialità degli elementi sporgenti: ad esempio, l’artista si premura di far vedere la parte retrostante del finto tessuto (la pelliccia di vaio). Questi dettagli non sono solo prove di virtuosismo artistico, ma servono anche a rafforzare l’effetto illusorio.

4. Il ciclo pittorico della Camera della Castellana

Il ciclo pittorico nel fregio superiore della camera racconta la vicenda della Châtelaine

de Vergy, una storia tragico-amorosa ambientata in Borgogna nel XIII secolo, così come

era stata reinterpretata in area italiana nella letteratura canterina trecentesca. Il cavaliere Guglielmo, vassallo del duca di Borgogna, si innamora della castellana di Vergy, nipote del duca. Questa ricambia l’amore del cavaliere e inventa uno stratagemma per poter giacere con lui in segreto. Al primo incontro la castellana fa giurare al cavaliere di tenere segreto il loro amore, pena la rottura del patto amoroso. Anche la moglie del duca però si innamora del cavaliere e un giorno, in assenza del duca, lo invita nella sua camera per giocare una partita a scacchi e gli confessa il suo amore. Il cavaliere rifiuta la proposta amorosa sia per la fedeltà che ha per il duca, sia perché innamorato della castellana. Adirata per il rifiuto, la duchessa caccia il cavaliere, il quale corre dalla sua amata e le

racconta il fatto avvenuto. Intanto la duchessa decide di vendicarsi, facendo credere al marito che il cavaliere ha tentato di sedurla. Il duca minaccia di cacciare il cavaliere dal regno, a meno che questi non trovi un modo per dimostrare la propria innocenza. Per salvaguardare il proprio onore e l’amore per la castellana il cavaliere propone al duca di assistere personalmente a uno dei suoi incontri segreti con la castellana, pregandolo però di mantenere il silenzio. Messo davanti al convegno d’amore fra i due, il duca si convince dell’innocenza del cavaliere. La notte, nell’intimità della camera, egli riferisce alla duchessa di essere convinto dell’innocenza del cavaliere. La donna, sospettando che l’amato le abbia preferito un’altra, lo persuade a rivelarle il nome di costei. Il duca lo pronuncia, ma le fa giurare di mantenere il segreto, pena la morte. Durante un ballo a palazzo la duchessa convoca la castellana in una camera e le dice di essere a conoscenza della sua relazione col cavaliere. Sentendosi tradita dall’amato, la castellana muore trafiggendosi il cuore con una spada. Durante il ballo il cavaliere inizia a cercare l’amata, entra nella camera e trova il suo corpo privo di vita. Una bambina, che era nascosta nella stanza, gli svela il motivo della morte. Distrutto dalla rivelazione, il cavaliere si uccide con la stessa spada che aveva usato la giovane per togliersi la vita. Il duca, dopo aver trovato i cadaveri dei due amanti, in uno scatto di collera uccide la moglie, che ritiene responsabile della tragedia, davanti a tutti gli invitati. La storia si conclude con la partenza del duca per la Terrasanta al fine di espiare il proprio peccato.54

Il ciclo è composto da ventiquattro scene che si articolano sulle quattro pareti della camera. Riporto qui la scansione delle scene proposta nel catalogo del Museo di Palazzo Davanzati55

Parete a destra dalla porta d’ingresso: Il Cavaliere Guglielmo e la castellana di Vergy protagonisti della storia d’amore; Incontri amorosi nel Verziere della Castellana con la complicità di una cagnolina; Normalità di vita degli amanti nella segretezza del loro amore; Intromissione della Duchessa di Borgogna nella vita di Guglielmo; Colloquio amoroso della Duchessa con Guglielmo.

54 Cfr. La Castellana di Vergi. Poemetto francese del secolo XIII, a cura di C. Pellegrini, Sansoni, Firenze,

1929 e più recente La Castellana di Vergy, a cura di G. Angeli, Salerno Editrice, Roma, 1998.

Parete a sinistra della porta d’ingresso: Partenza del Duca di Borgogna per la caccia; Invito della Duchessa a Guglielmo nel suo castello; Partita a scacchi tra Guglielmo e la Duchessa in camera da letto; Dichiarazione d’amore della Duchessa; Rifiuto di Guglielmo di tradire il suo signore e minacce di vendetta da parte della Duchessa; Incontro di Guglielmo con la Castellana di Vergy e racconto dell’avventura con la Duchessa; Ritorno del Duca dalla caccia e accuse della Duchessa a Guglielmo

Parete di fondo: Richiesta di giustizia della Duchessa al duca, che intende verificare le accuse; Guglielmo convocato dal Duca respinge le accuse e dichiara la sua fedeltà ad un amore segreto; Tormento di Guglielmo che deve scegliere tra l’esilio e il tradimento del suo segreto; Proposta di Guglielmo al Duca di assistere in segreto ai suoi incontri; Incontro di Guglielmo e della Castellana di Vergy alla presenza del duca; Rivelazione del Duca alla Duchessa del nome dell’amata di Guglielmo; Preparativi della Duchessa per la sua vendetta.

Parete con le finestre: Festa alla corte di Borgogna: La Castellana si sente tradita da Guglielmo per alcune battute della Duchessa sulla cagnolina; Morte della Castellana di Vergy; Morte del Cavalier Guglielmo; Costernazione del Duca e dei dignitari; Uccisione della Duchessa da parte del Duca.

5. I restauri

Alla luce della lettura del ciclo pittorico e dell’influenza della fonte letteraria italiana risulta molto importante esporre la storia del restauro, in particolare quello che riguardò proprio le decorazioni della Camera della Castellana.

Nel 1865 venne approvato il piano Poggi, che prevedeva il riassetto urbanistico di tutta la zona intorno al Palazzo Davanzati. Il progetto si prefiggeva di trasformare il centro storico di Firenze, diventata la neo-capitale del Regno d’Italia, in una moderna capitale europea. Nel progetto di riordinamento del centro storico il palazzo era stato escluso dalla demolizione e nel 1884 il proprietario Antonio Orfei aveva iniziato un parziale restauro, riaprendo alcune arcate del cortile. Successivamente il Comune ordinò la demolizione per

ampliare il terreno pubblico destinato alla costruzione del rettifilo.56 Il palazzo si salvò unicamente per i ripetuti appelli degli studiosi, difensori degli ultimi resti della Firenze medievale e grazie anche alla presa di posizione pubblica della “Associazione per la difesa di Firenze Antica” che, nel dicembre del 1898, richiese la conservazione del palazzo ed altre strutture ad esso vicine. Dall’epoca della sua costruzione l’edificio aveva subito numerosi riadattamenti interni e sicuramente nell’Ottocento non rispondeva più alle nuove esigenze di comodità e di decoro57.

Nel 1904 il palazzo venne comprato da Elia Volpi, che lo salvò dalla trasformazione che lo attendeva: diventare un albergo. Il Volpi comprò l’edificio con l’intento di restaurarlo come ricostruzione-esempio di una casa fiorentina fra il Medioevo e il Rinascimento, sia nelle parti architettoniche che nell’arredo. La distruzione dei decenni precedenti aveva risvegliato un forte interesse per la storia della città medievale; interesse ampliato dai ritrovamenti durante le demolizioni del centro storico. Il restauro del palazzo fiorentino doveva riportare in luce non solo la sua valenza documentaria, ma anche lo spirito che permeava l’edificio: in linea con i restauri del Palazzo l’Arte della Lana, del Palagio di Parte Guelfa e della Casa di Dante.

Nel restauro di Palazzo Davanzati fu necessario consolidare la struttura statica, che risultava pericolante; liberare gli ambienti interni dai muri divisori e abbattere le strutture del vicolo di Capaccio. Volpi diresse in prima persona i lavori. Sembra infatti che: “egli stesso si adoperò consapevolmente ai restauri pittorici dei freschi e delle decorazioni e dei fregi delle pareti; da se stesso rintracciò, esumò e ricompose le linee antiche”58. Come si è già detto nel paragrafo 1, l’équipe dei pittori del Volpi era composta da Dante Mattani, Adolfo Fantini, Federico Angeli e Silvio Zanchi.

Dinamiche, tempistiche e modalità di lavoro dell’epoca non ci hanno permesso di avere dei documenti sulla condizione precedente al restauro del palazzo e sulla modalità degli interventi apportati. Non sappiamo quindi quale fosse lo stato delle pitture sotto

56 Rettifilo: “Nelle costruzioni stradali, tratto di tracciato ad asse rettilineo”, vedi: https://www.treccani.it/vocabolario/rettifilo/.

57 Il piano terreno era occupato da alcune botteghe, il cortile era stato diviso negli spazi delle campate e

serviva come deposito merci, il mezzanino e i tre piani soprastanti erano stati trasformati in appartamenti affittati a povera gente.

58 R. Ferrazza, Elia Volpi e il Palazzo Davanzati: la rievocazione ideale della casa fiorentina, in Palazzo Davanzati tra realtà e sogno. Federigo e la bottega degli Angeli, cit., p. 45.

l’intonaco che le aveva conservate, ma è certo che furono ritoccate e reintegrate dall’équipe del Volpi. Il restauro stesso del palazzo fu motivo di polemiche sugli organi della stampa, polemiche riguardanti proprio i criteri e i metodi adottati, polemiche che sfociarono nell’insinuazione che l’intera operazione avesse solo uno scopo di lucro. Lo stesso Volpi dovette rilasciare una intervista a sua difesa: “Da un resto di pitture che esistevano nel palazzo al secondo piano…capii che dovevano esserci altre stanze dello stesso genere…In quel palazzo v’era di tutto un po’…Dalle cantine alle soffitte…a ripristinarlo…ho dovuto faticare non poco. Ho subito riaperto tutti gli archi del cortile; le finestre della facciata… le ho rimesse nel loro sesto originale e così ho demolito i tramezzi fatti posteriormente per creare, dai vasti saloni, dei quartieri affittabili. Anche l’atrio era stato tramezzato per farvi un mezzanino…Dal piano terreno all’altana, ho fatto con cura e…pazienza, grattare le pareti e i soffitti ed ho così scoperto dipinti ed affreschi del Trecento…mi sono limitato a conservare i resti antichi; né abbellimenti, né invenzioni ho portato in questo restauro.”59

Anche la rivista “L’Antiquario”, fondata da Demetrio Tolosani nel 1908, prese le difese del Volpi; in un trafiletto si legge: “Per il Palazzo Davanzati il Prof. Elia Volpi non va in cerca di nessun “truquage” e non obbedisce che agli ordini del proprio cervello, pagando con la propria tasca. Per un ideale nobilissimo, per dare a Firenze un modello di palazzo trecentesco, ripristinando solamente il vecchio e creando sulle tracce di quello con severissimo ordine.”60

Agli inizi del Novecento il restauro tendeva più ad un risultato di insieme che non alla conservazione scrupolosa dell’antico. Compatibilmente con questa visione, Volpi condusse anche una ricerca molto accurata per il ripristino degli ambienti originali. Egli basò la progettazione dei lavori e il reperimento del materiale per integrare parti mancanti sulle acquisizioni derivate dalle demolizioni ottocentesche e sugli studi conseguiti, come quello di Attilio Schiaparelli che nel 1908 pubblicò La casa fiorentina e i suoi arredi nei

secoli XIV e XV.

59 G. Degli Alberti, Il Palazzo Davanzati a Firenze, in “Il Resto del Carlino”, 11 ottobre 1909, p. 3. 60 D. Tolosani, Al Palazzo Davanzati, in “L’Antiquario”, marzo, 1909, p. 95.

Un altro motivo di polemica fu l’intervento statale alla fine del 1909 che pose il vincolo storico-artistico sull’immobile, in accordo con la recente legge Rosadi. Intervento fatto a restauro ormai compiuto e su un palazzo che continuava a essere di proprietà privata.

Nel 1910 il palazzo venne aperto al pubblico, inaugurazione che vide partecipi molti personaggi in vista dell’aristocrazia, della cultura e del commercio antiquario nazionale ed internazionale. L’edificio divenne un punto di riferimento per i collezionisti italiani e stranieri che visitavano la città. Come ricorda Luigi Bellini, i turisti: “forse dimenticavano di andare a Pitti o agli Uffizi, ma non al Palazzo Davanzati, dove, oltre che soddisfare la curiosità di vedere una casa fiorentina antica, cercavano lo spunto per ammobiliare le loro abitazioni.”61

Culturalmente e commercialmente il risultato si rivelò persino superiore alle aspettative del proprietario: attraverso questa speciale “vetrina” Volpi consolidò i rapporti con i collezionisti che ormai da anni erano suoi clienti e se ne procurò altri, specialmente americani, grazie al fascino suscitato dal Palazzo Davanzati. Per la natura privata di tale museo si potrebbe ritenere che il mobilio fosse sempre a rischio di vendita da parte del proprietario. In realtà Volpi non vendette nessun singolo mobile che andava a comporre l’arredo del palazzo come testimonia la vicenda con il banchiere J. Pierpont Morgan62 il

quale, vistando il palazzo nel 1911, chiese a Volpi di vendergli un tavolo del salone al primo piano, un busto di Dante. Netto fu il rifiuto del proprietario, che però concesse al banchiere di pranzare sul tavolo desiderato. Solo nel 1916, a seguito di difficoltà economiche causate dalla Grande Guerra e al rifiuto dello Stato italiano a comprare l’intero immobile, Volpi vendette l’intero mobilio del palazzo a New York. L’asta curata dall’American Art Association fece epoca e impresse nella storia d’arte americana lo sviluppo dell’arredo chiamato “Davanzati”, allo stesso tempo segnò la perdita del primo mobilio pensato per il museo.

61 L. Bellini, Nel mondo degli antiquari, Aranaud Editore, Firenze 1950, p. 191.

62 J. P. Morgan (1837-1913), importante banchiere americano, fu anche collezionista d’arte. I pezzi della

sua collezione vennero donato al Metropolitan Museum di New York. Sulla vita cfr.:

6. Le condizioni delle pitture murali oggi in una nota sul restauro della camera della Castellana

Anche la camera della Castellana subì un intervento di restauro molto complesso. Dalle poche informazioni che abbiamo, sappiamo che Elia Volpi lavorò sul ciclo con la collaborazione di Silvio Zanchi. L’unica documentazione che abbiamo sulle condizioni delle pitture murali nella camera dopo il restauro è il repertorio fotografico Alinari, illustrato in un saggio di Walter Bombe.63

Da un’intervista rilasciata da Volpi nel “Il Resto del Carlino” sappiamo che una parte della storia della Dama del Vergiù era scoperta e come ciò costituì lo stimolo a cercare altre decorazioni pittoriche per tutto il palazzo; ricerca che consentì a Volpi la seguente conclusione: “In quattro camere abbiamo trovato degli affreschi con grandi stemmi di famiglie fiorentine, in altre, come nel cortile, delle iscrizioni di date e fatti storici riflettenti la storia fiorentina64, e disegni a carbone di teste e di figure…io mi sono limitato

a conservare i resti antichi: né abbellimento, né invenzioni ho portato a questo restauro.”65

Dell’intervento del Volpi sono sopravvissute solo alcune tracce, perché le pitture murarie di Palazzo Davanzati sono state oggetto di ripetuti interventi di restauro, almeno fino al 2009.

Non vi furono interventi murari ai tempi in cui il palazzo apparteneva ai fratelli

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