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Alcuni contributi contemporanei allo studio delle facoltà.

In cui vengono ricordati brevemente i contributi neuroscientifici che hanno determinato il successo del localizzazionismo, dottrina scientifica che ha ispirato il modularismo. In conclusione del capitolo si osservano le ragioni per cui il modello localizzazionista di Broca-Wernicke è insostenibile.

1. Il ritorno delle facoltà.

Nella seconda parte abbiamo preso visione dei contributi organologici che hanno ispirato il modello di mente modulare di Chomsky e Fodor. Quest‘ultimo, come sappiamo, ha dedicato a Gall un notevole spazio nella sua opera più importante ―La mente modulare‖, benché i motivi ispiratori dell‘organologia siano evidentemente diversi. Il motto di Fodor è che non v‘è nulla di metodologicamente sbagliato nell‘ipotizzare l‘esistenza di enti astratti come i moduli, e che si può prescindere con un buon grado di arbitrarietà dall‘immediato riscontro empirico, essendo i fatti a cui abbiamo accesso carichi di teoria – ossia soggetti ad interpretazione. Viceversa, il motto di Gall, almeno stando ai suoi sani propositi, era quello che non si dovessero avanzare ipotesi se non sulla base di un ampio riscontro empirico. In verità v‘è qualcosa di fallace in questo ragionamento, dal momento che tutte le ricerche scientifiche riposano sulla motivazione degli scienziati a voler corroborare o falsificare una certa linea di pensiero, e Gall non poteva sottrarsi in questo senso al fatto di presupporre qualcosa circa la natura della mente. E tuttavia è vero che sotto questo rispetto Gall fosse molto meno ingenuo e dogmatico, perché, al contrario, le ipotesi dei cognitivisti sulla natura modulare dei processi di pensiero presuppone poco più di una impostazione aprioristica intorno alle possibilità di caratterizzare la natura della mente. La nascita dei computer,

l‘intelligenza artificiale e i motivi ispiratori della logica funzionalista di Putnam hanno pregiudicato l‘attenzione alla seria indagine empirica. Il modello di funzionamento del cervello doveva sembrare a tutti ben definito già negli anni cinquanta, alla luce delle (già datate a quel tempo) scoperte di Broca e Wernicke – sufficienti a rievocare la logica dell‘organologia e la dottrina delle facoltà (di cui ancora oggi le neuroscienze sono impregnate).

1.1. Tan Tan, ovvero: il risveglio dell‘organologia.

Philip Lieberman73 paragona il modello di Brodmann al modello di cervello che si celava sotto il profilo craniale a puzzle dei frenologi. Gall e Spurtzheim avevano inaugurato la prospettiva frenologica e, invero, avevano un‘idea chiara di dove collocare le facoltà superiori come, appunto, il linguaggio74. L‘idea base della frenologia prima, come abbiamo visto, e dell‘organologia localizzazionista, poi, è che per ogni facoltà mentale vi sia una sede corticale fissa. Nel secolo XIX, molti studiosi europei avevano abbracciato l‘idea base dell‘organologia – si veda ad esempio lo studio di Pierre Flourens75

, propositore della teoria del campo aggregato76, sui piccioni, oppure gli studi di John H. Jackson su pazienti con lesioni cerebrali, famoso per aver suggerito la rappresentazione topografica (ossia a mappe) della corteccia cerebrale – e catalogavano i casi analoghi empiricamente rilevanti in una serie di studi che corroboravano l‘impostazione localizzazionista.

73

Philip Lieberman, The Unpredictable Species: What Makes Humans Unique, Princeton University Press, 2013.

74

Gall FJ, Spurtzheim G., Recherches sur le systéme nerveux en général et sur celui de

cerveau en particulier, Paris: F. Schoell, 1809.

75

Per approfondimenti: Michael S. Gazzaniga, Richard B. Ivry e George R. Mangun,

Neuroscienze cognitive, Zanichelli editore S.p.A., 2005, cap. 1.

76

Secondo Flourens, tuttavia, i deficit cognitivi non erano da imputare a lesioni in zone particolari della corteccia, quanto piuttosto all‘estensione di tali lesioni. Flourens d‘altronde era convinto che non vi fossero facoltà verticali, come quelle sulla cui esistenza insiste Fodor, perché persuaso dalla conclusione (empiricamente derivata) che ogni parte del cervello collaborasse in ogni processo di pensiero conscio.

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Alcuni studi molto noti e ancora oggi impiegati a conferma della dottrina delle facoltà, dopo più di centocinquanta anni di indagini, furono condotti da Paul Broca. Nel 1861, Broca aveva descritto il caso di due pazienti con lesioni cerebrali all‘altezza dell‘area 44 di Brodmann – emisfero sinistro. I due pazienti, Leborgne e Lelong, presentavano gravi deficit sul piano della produzione linguistica, un deficit oggi denominato ―afasia di Broca‖. Il primo dei due in particolare, fu soprannominato ―Tan‖, perché era in grado di esprimersi solo con un semplice ―tan-tan‖, benché variamente intonato - e nulla più. La sua lucidità mentale non era compromessa, poiché Leborgne era in grado di comprendere ciò che gli veniva detto e condusse una vita relativamente normale. La conclusione di Broca, dopo un confronto con la lesione di Lelong, fu che l‘area corticale danneggiata fosse la sede del linguaggio78

. Questa conclusione è rimasta un caposaldo della neuropsicologia per oltre un secolo. Al contempo, nel 1876, un altro studioso di nome Carl Wernicke79, aveva studiato un soggetto con lesioni in un‘area diversa (o per meglio dire nelle aree 39, 40, 41, 42 di Brodmann, emisfero sinistro). Il soggetto era in grado di parlare, ma ciò che diceva era senza senso. Come potete immaginare, Wernicke si convinse che questa fosse una forma di afasia totalmente differente, associata ad un deficit di comprensione, ossia di ragionamento. Le scoperte di Broca e

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Modello di Broca-Wernicke e del rapporto linguaggio-concetti nella prospettiva aristotelica- chomskiana.

78

Per un‘introduzione alle scoperte di Paul Broca cfr. Paul Eling, Reader in the History of

Aphasia: From Franz Gall to Norman Geshwind, John Benjamins Publishing Company, 1994.

In particolare, si vedano le pp. 31-39.

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Wernicke sollevarono una discussione senza precedenti in ambito scientifico e filosofico, perché implicavano la possibilità teorica che ad ogni parte del cervello corrispondesse una funzione specifica, il che andava nella direzione di un abbandono delle convinzioni cartesiane e a favore di una lettura quasi meccanicistica della mente (la lettura prediletta da Hobbes e dalla Principessa Elizabeth, una delle più convincenti critiche di Descartes). Nei decenni successivi, molti psicologi indagarono la struttura del cervello al microscopio, fornendo nuove prove della specificità funzionale delle varie aree; le aree individuate si moltiplicarono fino al punto di superare quelle che comunemente catalogate dal modello di Brodmann80. Oggigiorno il modello post-frenologico è ancora il principale riferimento agli studi del cervello. Tuttavia, ironia della sorte, è comune destino della maggior parte delle teorie – se non di tutte – quella di essere falsificate. Dal momento che il cervello di Leborgne fu preservato, una recente analisi81 fatta con l‘ausilio delle attuali tecniche di

neuroimaging, come la 3-MRI (immagine a risonanza magnetica tridimensionale), hanno evidenziato una carenza di accuratezza nell‘analisi di Broca. È stato dimostrato che il danno cerebrale di Tan era esteso al di sotto della corteccia cerebrale – area 44 di Brodmann – e includeva parte della struttura dei gangli basali. Ciò significa che il modello di Broca-Wernicke – ossia il modello che associa aspetti sintattici e semantici a due regioni corticali definite – è falso82. In verità, numerosi studi, come vedremo, vanno contro la tendenza teorica del localizzazionismo. Nonostante ciò, molti specialisti difendono il modello di Broca-Wernicke83 e alimentano il dibattito intorno alla sede e alla natura del linguaggio in chiave chomskiana-fodoriana, concentrando

80

Michael S. Gazzaniga, Richard B. Ivry e George R. Mangun, Neuroscienze cognitive, Zanichelli editore S.p.A., 2005, cap. 1.

81

Nina F. Dronkers, O. Plaisant , M. T. Iba-Zizen e E. A. Cabanis, Paul Broca‟s historic cases:

high resolution MR imaging of the brains of Leborgne and Lelong, Brain, 2007, Vol. 130, pp.

1432-1441.

82

Philip Lieberman, The Unpredictable Species: What Makes Humans Unique, Princeton University Press, 2013, p. 29 e successive.

83

Marco Tettamanti, Hatem Alkadhi, Andrea Moro, Daniela Perani, Spyros Kollias e Dorothea Weniger, Neural Correlates for the Acquisition of Natural Language Syntax, NeuroImage, 2009, Vol. 17, pp. 700-709; Marco Tettamanti, Irene Rotondi, Daniela Perani, Giuseppe Scotti, Ferruccio Fazio, Stefano F. Cappa e Andrea Moro, Syntax without language: Neurobiological

il dibattito scientifico filosofico intorno alla questione dell‘essenza del linguaggio – una lettura che noi non condividiamo, soprattutto alla luce di alcune questioni di ordine logico e di altre di ordine empirico.

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