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La partecipazione di società di capitali in società di persone

Nel documento La persona giuridica amministratore (pagine 39-43)

2.3. Sull’ammissibilità della nomina di una persona giuridica ad

2.3.1. La partecipazione di società di capitali in società di persone

Può anzitutto ricordarsi come la partecipazione di società di capitali in società di persone fosse stata negata, tra gli anni ’30 e ’70 del secolo scorso, sostenendo che l’intuitus personae66

, configurabile esclusivamente tra “uomini vivi e reali”67

, costituisse elemento

65 G. E. C

OLOMBO, La partecipazione di società di capitali ad una società di

persone, cit., p. 1536.

66 G.G

RIPPO, Le società di persone, in Aa. Vv. Diritto commerciale, Bologna, 1999, p. 119 il quale definisce l’intuitus personae come l’elemento in ragione del quale “due o più soggetti si uniscono in società sul fondamento della reciproca fiducia nelle attitudini dei singoli e dell’affidamento che la consistenza dl patrimonio di ciascuno ingenera negli altri”.

67

A.SRAFFA e P.BONFANTE, Società in nome collettivo tra società anonime?, in

Riv. dir. comm., 1921, I, p. 609. Gli autori infatti affermano che “la società in nome

collettivo è nata come società di persone fisiche, è stata ed è tuttavia società di uomini vivi e reali, non di capitali. E ciò non per ragioni di responsabilità illimitata o limitata o per altre norme particolari al regime positivo della società anonima o della società in nome collettivo, ma per quelle ragioni di conoscenza personale, di fiducia nell’attività, nell’integrità, nella stessa fortuna commerciale delle persone, su cui per lunga tradizione si è basata la società in nome collettivo”.

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essenziale nelle società di persone. Era stato poi evidenziato come la responsabilità limitata che caratterizza la società di capitali partecipante non fosse compatibile con la responsabilità illimitata del socio di società di persone e come alla società di capitali risultasse inapplicabile parte delle norme dettate in tema di amministrazione delle società di persone e di recesso del socio, norme presupponenti la fisicità di quest’ultimo.

Ma già nel 1988 quelle argomentazioni dovevano apparire superate alle Sezioni Unite della Cassazione68.

In primo luogo, la vecchia idea della essenzialità dell’intuitus personae nelle società di persone era stata da tempo abbandonata dalla dottrina, che aveva dimostrato trattarsi di un elemento sì naturale, ma al contempo dispensabile da parte dell’autonomia negoziale69

.

Poteva poi dirsi superata anche l’affermazione di una incompatibilità tra responsabilità illimitata del socio persona fisica e responsabilità limitata del socio persona giuridica, data la palese confusione da questa sottintesa. Infatti “nelle società di capitali limitata (al conferimento) è la responsabilità dei loro soci, mentre ovviamente illimitata è la responsabilità della s.p.a. [più in generale, della società di capitali] per le proprie obbligazioni”70.

Infine, la presupposta fisicità del socio, richiamata da alcune delle disposizioni (morte dello stesso o sua esclusione per interdizione o inabilitazione), era “irrilevante ai fini di sancire una nullità”71

, perché la nullità non può che derivare dalla contrarietà a norme imperative e non dalla assenza dei presupposti di fatto per applicare una regola. Sufficiente sarebbe stato allora adattare la disciplina applicabile in funzione della diversa fattispecie di riferimento, se del

68 Cass. S.U., 17 ottobre 1988, n. 5636. 69 P.S

PADA, La tipicità delle società, Padova, 1974, p. 240 e ss.; G.OPPO, Sulle

partecipazioni di società a società personali, cit., p. 6; G. MARASÁ, Le società.

Società in generale, Milano, 1991, p. 72.

70 G.E.C

OLOMBO, La partecipazione di società di capitali a società di persone, cit., p. 1517.

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caso espungendo quei profili incompatibili con l’assenza di fisicità nel destinatario della norma.

Nonostante il superamento dei richiamati argomenti ostativi, la giurisprudenza continuò a negare l’ammissibilità della partecipazione, evidenziando che questa avrebbe determinato una violazione non della disciplina cogente della partecipata ma di quella della partecipante, poiché, “ammettendo la partecipazione della società per azioni in una società di persone,… la parte di patrimonio investita in quella partecipazione verrebbe sottratta alle regole” dettate per le società di capitali in tema di soggezione al controllo giudiziario e sindacale, di responsabilità ex artt. 2392-2395 c.c. e di non delegabilità della funzione gestoria “per essere amministrata dagli amministratori della società di persone, non soggetti a quei controlli”. Si tratta di un argomento ancora una volta contraddetto dalla dottrina, che sottolineò la confusione di piani che tale affermazione comportava: “sottoscrivendo il contratto di società di persone il socio (sia egli il Sig. Brambilla o la s.p.a. Fiat) vede uscire dal proprio patrimonio il denaro (o i beni in natura) conferiti ed entrarvi, in corrispettivo, la quota di partecipazione. D’ora in poi è tale quota a far parte del patrimonio della s.p.a., e ad essere oggetto della competenza gestoria degli amministratori della s.p.a.”72.

Tuttavia l’argomento contrario all’istituto in esame è stato riformulato anche in tempi più recenti – alle soglie, ormai, della riforma del 2003 – da una parte autorevole della dottrina nei termini seguenti. Si è ritenuto che consentire ad una società di capitali la partecipazione in una società di persone avrebbe permesso ai soci della prima di “esercitare attività d’impresa secondo le più agili modalità organizzative delle società di persone, dato che [avrebbero dovuto essere] pur sempre persone fisiche a gestire la società di

72 G.E.C

OLOMBO, La partecipazione di società di capitali a società di persone, cit., p. 1520.

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persone partecipata dalla società di capitali”73. Ove cumulati, la responsabilità limitata e il potere diretto di amministrazione avrebbero determinato l’inammissibilità della partecipazione. In altre parole, oggetto di contestazione era la violazione del binomio potere- responsabilità, principio fondante la disciplina sulla funzione amministrativa nelle società personali, inevitabile ove si fosse consentito a una società di capitali di partecipare in una società di persone, dal momento che questo avrebbe permesso ai soci della prima di esercitare un potere diretto di amministrazione avvalendosi dello scudo del patrimonio della persona giuridica.

In risposta a questo argomento critico fu però evidenziato che i soci della società partecipante non avrebbero acquistato alcun potere diretto di amministrazione nella società di persone partecipata trattandosi di ufficio spettante ai soli soci della società di persone e non essendo ammissibile, secondo la dottrina e la giurisprudenza dominanti, che una persona giuridica fosse investita della funzione amministrativa74.

Così formulata, la preclusione non si fondava più sugli argomenti tradizionali e senz’altro superati dell’intuitus personae o della violazione della disciplina cogente della partecipante, bensì su due princìpi allora ampiamente condivisi in dottrina e in giurisprudenza, seppure privi di un espresso riconoscimento legislativo: quello della attribuibilità esclusiva ad una persona fisica della carica di amministratore e quello della riserva esclusiva ai soci illimitatamente responsabili del potere di gestione (o – che è lo stesso – dell’incompatibilità dell’amministratore estraneo con i tipi societari in discorso).

73

G.F.CAMPOBASSO, Diritto commerciale 2. Diritto delle società, Torino, 1995, p. 64; G.OPPO, Sulla partecipazione di società a società personali, cit., p. 1 e ss..

74 G.E.C

OLOMBO, La partecipazione di società di capitali a società di persone, cit., p. 1532-1533.

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Nel documento La persona giuridica amministratore (pagine 39-43)