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I partigiani nelle Marche e dalle Marche

Alessandro Bianchini

Presidente ANPI Provincia di Ancona

Mi è sembrato importante parlare della Resistenza Marchigiana per collegare questa fondante esperienza democratica e militare della nostra terra al ruolo svolto con grande passione da Franco Rodano nella Resistenza Romana.

Parlare dei partigiani nelle Marche e dalle Marche in dieci mi-nuti è letteralmente un’impresa: complicata e difficile. In realtà il problema di cosa sia stato il movimento partigiano nelle Marche è molto importante e dibattuto, oltre che studiato, perché è stato un movimento molto consistente, che ha visto all’opera numerose bande, organizzazioni e tante attività su tutto il territorio regionale.

Credo che sia particolarmente importante che si possa parlare di un movimento regionale: in effetti l’organo politico della Resistenza, e quindi del movimento partigiano, era il Comitato di Liberazione Nazionale che aveva ovviamente le sue articolazioni in molte città.

Era anche articolato, ma non dappertutto, su base provinciale; ma si decise di costituire anche un Comitato di Liberazione Marche.

L’importanza di questa decisione è evidente: era difficile consi-derare il territorio regionale dal momento che l’aspirazione di ogni banda e di ogni gruppo era quella di operare sul territorio di propria competenza con collegamenti e coordinamenti che per molti mo-tivi non potevano essere particolarmente estesi. Si sentì tuttavia la necessità di avere un organo politico che avesse una base regionale.

La Resistenza nella nostra Regione iniziò nel settembre del 1943 e terminò con la liberazione di quasi tutto il territorio pesarese nel settembre del 44; durò quindi 10-11 mesi su gran parte del

terri-torio regionale. Vi erano molte bande e su base territoriale alcune erano organizzate nelle Brigate Garibaldi. In una fase avanzata del-la lotta si volle costituire su base regionale una Divisione Garibaldi che assicurasse un maggiore e più efficace coordinamento militare sul territorio marchigiano. Per questo motivo si era ritenuto im-portante avere un organo politico regionale del movimento parti-giano; del resto questo nacque, come d’altra parte nel resto d’Italia, soprattutto sotto la spinta dei partiti antifascisti, nel frattempo ri-costituitisi, che avevano compreso per tempo che non sarebbe sta-to semplice uscire dalla guerra e sarebbe stasta-to indispensabile orga-nizzarsi per fare la lotta contro l’occupante nazista tedesco che non avrebbe tanto facilmente abbandonato il territorio italiano. Ai te-deschi si unirono dopo la costituzione della repubblica sociale di Salò, anche i collaborazionisti fascisti.

Alessandro Bianchini

Questa situazione portò da subito a cercare di organizzarsi sul territorio in maniera da poter opporre la massima resistenza all’in-vasore tedesco che fin dall’inizio occupò il territorio con grande de-terminazione e con azioni brutali e feroci allo scopo di terrorizzare la popolazione e scoraggiarne la resistenza. Per tali motivi comin-ciarono ad organizzarsi i primi nuclei partigiani: erano formati dai militari che volevano sfuggire alla cattura ed alla deportazione in Germania ed erano guidati da giovani ufficiali. Purtroppo il gros-so dei militari venne catturato nelle caserme e fu deportato. Così avvenne ad Ancona dove i militari restarono intrappolati nelle ca-serme e rimasero ad aspettare che i tedeschi li prendessero e li por-tassero in Germania. Poi qualcuno riuscì a scappare, ma la maggior parte fu presa senza aver opposto alcuna resistenza.

Non dappertutto avvenne questo, ma anche dove si combatté vittoriosamente, come ad Ascoli dove i tedeschi furono respinti e non riuscirono ad occupare la città, non si riuscì a mantenere la po-sizione. I militari ed i resistenti decisero di difendersi sul Colle San Marco, ma fu facile per i tedeschi, rafforzati e riorganizzati, avere ragione dei difensori ed occupare tutto il territorio. Anche in que-sto come in altri casi, si scontò l’arretrata mentalità dei Comandi Militari: essi furono sempre contrari a distribuire le armi ai civili, perché ritenevano che un tale comportamento non fosse corretto.

Non riuscivano a capire cosa potesse essere una guerra partigiana anche se era chiaro che si apriva, militarmente, una fase nuova in cui le concezioni tradizionali, che gli ufficiali superiori del Regio Esercito erano abituati a rispettare, erano superate. Per questo mo-tivo si cominciarono a costituire delle bande armate che iniziarono ad operare secondo nuove e diverse modalità organizzative.

Nella prima fase le bande furono formate, come si diceva, da militari sfuggiti alla cattura; a questi ben presto si aggiunsero i pri-gionieri di guerra che erano scappati dai campi di prigionia. Natu-ralmente vi furono molti giovani antifascisti che da subito entraro-no nel movimento e divennero partigiani ed infine, quando venne chiamata la leva da parte della Repubblica Sociale, molti dei

giova-ni che volevano sfuggire a questa chiamata andarono a raggiunge-re in montagna o in campagna le prime bande partigiane. Queste, all’inizio, erano male armate e peggio equipaggiate ma poi si rifor-nirono di armi e materiali con l’assalto alle caserme e successiva-mente furono anche rifornite dagli alleati con lanci aerei, riuscendo col tempo ad organizzarsi sempre meglio. Si riuscì, quindi, a dar vi-ta ad un movimento partigiano che, come in molte altre parti d’I-talia, era particolarmente sviluppato.

Naturalmente la consistenza dei gruppi armati non fu la stes-sa durante tutto il periodo della lotta armata, soprattutto per que-stioni logistiche e climatiche. Nella stagione invernale, quando le condizioni di vita e gli approvvigionamenti diventavano particolar-mente difficoltosi, molti tornavano a casa e si nascondevano pres-so i parenti, salvo tornare in montagna quando l’azione delle spie e l’opera di rastrellamento rendeva difficile continuare a nascondersi.

Pertanto le bande non avevano sempre lo stesso numero di com-ponenti e inoltre vi furono molti caduti, ma ebbero un ruolo deci-sivo e con azioni di sabotaggio riuscirono a creare molti problemi ai tedeschi, soprattutto nella fase in cui si sarebbero dovuti ritirare.

I tedeschi infatti si stavano attrezzando sulla linea Gotica, ma avevano bisogno di organizzarsi e, nel frattempo, si avvalevano dell’operato dei collaborazionisti fascisti, alcuni dei quali si erano arruolati nelle SS, particolarmente feroci nei confronti della po-polazione e dei partigiani. Nella primavera del 44 le operazioni di rastrellamento dei nazifascisti furono particolarmente massicce e portarono a numerosi scontri con molti caduti e purtroppo ecci-di ecci-di tanti civili. Quinecci-di i partigiani nelle Marche ebbero un ruolo molto importante e, con l’avvicinarsi della Liberazione, il loro ruo-lo fu sempre più incisivo; quando poi, all’inizio di giugno, le Mar-che cominciarono ad essere liberate partendo da sud, con l’avanzata dell’Ottava Armata ed in particolare del II Corpo d’Armata Polac-co, affiancato dal Corpo Italiano di Liberazione e dalla Brigata Ma-iella, i partigiani diedero un contributo sempre più grande.

Nelle Marche operarono oltre 13.000 partigiani combattenti,

con 529 caduti e diverse centinaia di feriti. Ci furono anche co-loro che collaboravano con i partigiani, come gli aderenti ai Gap nelle città, ma non erano combattenti. Nel totale vi furono 19.024 persone riconosciute come aderenti al movimento partigiano nel-le Marche. Si tenga presente che, tra nel-le rappresaglie contro i civili e tra i partigiani caduti in combattimento, ci furono ben 1210 cadu-ti che coscadu-tituivano il 7/8% di coloro che parteciparono alla guerra di liberazione nelle Marche. Vi erano poi anche i prigionieri prove-nienti da altre regioni e soprattutto molti slavi nelle prime bande, ma vi furono anche molti marchigiani che combatterono in forma-zioni partigiane all’estero o anche in altre regioni, in quanto non era sempre dato scegliere dove combattere per la libertà. Alla fine molti di questi partigiani, anche sotto la spinta dei CLN, entraro-no a far parte del Corpo Italiaentraro-no di Liberazione e continuaroentraro-no la loro lotta anche nel Nord.

Credo sia significativo che i Partigiani abbiano voluto combat-tere nella loro regione sotto la guida del CNL Marche: credo anche che risalga a quel periodo la considerazione delle Marche come di una regione di Sinistra, perché questa tradizione, che è nata duran-te la Resisduran-tenza, ha costituito una vera identità fondanduran-te per il po-polo marchigiano.

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