• Non ci sono risultati.

1.3 La nascita dello stato siriano

1.3.3 Il partito Baʿth al potere

Dal marzo del 1963, quando il Comando nazionale del consiglio della rivoluzione prese il potere, un clima di euforia e allo stesso tempo di incertezza pervadeva le strade di Damasco, piene di cittadini desiderosi di dar sfogo al profondo senso di insoddisfazione accumulato negli anni. Gli ufficiali golpisti dichiararono di voler instaurare un sistema socialista che guardasse all’Egitto come modello, proteggendo però l’indipendenza del paese.115

Dunque la Siria non era più governata ufficialmente dalla presidenza della Repubblica, bensì dal Consiglio della rivoluzione, il quale, in soli tre anni, epurò circa settecento ufficiali dalle forze armate, sostituendoli con riservisti e cadetti di regioni rurali.116

Il Baʿth, in questo periodo, dovette far fronte a lotte intestine al partito (sorte tra la vecchia leadership più moderata e giovani membri più radicali), a rotture tra linee ideologiche diverse e a instabilità per il controllo del partito e dell’esercito.117 I padri fondatori al-Bitār e ʿAflaq vennero espulsi, lasciando spazio a un nuovo gruppo dirigente più radicale e socialista, composto da Ṣalāḥ Jadīd, Nūr al-Dīn al-Atāsī e Hāfiz al-Asad; si iniziò dunque a parlare di un “neobaʿth”, maggiormente radicale e filosovietico.118

La lotta per il potere economico e politico si accese tra le regioni urbane e quelle rurali, assumendo una forte connotazione classista e confessionale: l’appartenenza a minoranze religiose degli ufficiali baatisti e il laicismo del partito, passavano ora in primo piano agli occhi di una società devota all’Islam (di notevole rilevanza furono gli scioperi di Hama dell’aprile del 1964, che si conclusero con una dura repressione dell’esercito durante la quale una quarantina di giovani insorti vennero uccisi).119

Fu in questo clima che Hāfiz al-Asad seppe presentarsi ai cittadini siriani come un degno riparatore della precaria situazione sociale e politica, prendendo il potere, nel 1970, attraverso un “movimento correttivo”, anziché con un inquilab, ossia un colpo di

115

Lorenzo Trombetta, Siria, dagli ottomani agli Asad, cit., pp.93-94.

116

Ibidem, cit., p.95.

117 Raymond A. Hinnebusch, Authoritaria Power and State Formation in Ba’thist Syria: Army, Party

and Peasant, cit., p. 122.

118

Mirella Galletti, Storia della Siria Contemporanea, cit., p.91.

48

stato120. Nel febbraio del 1971 divenne il primo presidente siriano alawita, tramite elezioni a suffragio universale e l’anno successivo, con la stipulazione della “Carta Nazionale”, venne creato il Fronte nazionale progressista (FNP), composto dal Baʿth, dal movimento degli unionisti socialisti arabi e dal Partito comunista. Per assicurare il proprio potere, Asad fece promulgare una nuova Costituzione che stabiliva la predominanza del presidente su ogni potere dello Stato e definiva il Baʿth come “il partito guida nella società e nello Stato”121.

Il partito fu dunque trasformato in uno strumento per legittimare il potere del presidente e neppure l’esercito rappresentava più un mezzo per rovesciare il regime, veniva invece utilizzato per mantenerlo ed eliminare qualsiasi minaccia.122 Hāfiz al- Asad, per raggiungere i suoi obbiettivi di monopolio di potere e ricchezze, si serviva dell’appoggio di agenzie di controllo e repressione, in particolare dell’ufficio della sicurezza nazionale, dell’intelligence militare e dell’aeronautica, della sicurezza generale e quella politica123. Inoltre, non bisogna dimenticare le molteplici posizioni politiche di Asad all’interno dello Stato: egli era da una parte segretario generale del partito Baʿth, dall’altra copriva la carica di presidente e di conseguenza aveva tutti i diritti per assumere o dimettere membri del governo o capi militari. Infine, costruì una personale rete clientelare che aveva influenza nell’apparato militare, soprattutto su alti ufficiali dell’esercito e organi di intelligence124.

Tale potere personale coercitivo rese Asad pronto a sopprimere qualsiasi forma di ribellione al suo potere, creando una sorta di “monarchia presidenziale”.125

Se da una parte riuscì a guadagnarsi popolarità e legittimità per aver ridato stabilità interna e crescita economica attraverso piani di sviluppo, dall’altra dovette scontrarsi con una forte opposizione proveniente da forze islamiche, in particolare i Fratelli Musulmani126. Le prime crepe significative tra il governo di Asad e il fronte islamico si formarono con l’adozione della nuova Costituzione 1973, nella quale non veniva

120 Ibidem, cit., p.101. 121 Ibidem, cit., p.109. 122

Raymond A. Hinnebusch, Authoritaria Power and State Formation in Ba’thist Syria: Army, Party

and Peasant, cit., p. 155.

123

Lorenzo Trombetta, Siria, dagli ottomani agli Asad, cit., pp. 113-114.

124 Raymond A. Hinnebusch, Authoritaria Power and State Formation in Ba’thist Syria: Army, Party

and Peasant, cit., p.146.

125

Ibidem, cit., p. 147.

49

specificato che il presidente della Repubblica dovesse essere di religione musulmana e anteponeva il «mantenimento dell’ordine» all’esercizio della libertà di culto. La maggioranza sunnita, spinta dai Fratelli musulmani, colse l’occasione per attaccare il presidente alawita, accendere proteste e dare un carattere confessionale al conflitto. Asad fece dunque reinserire l’articolo riguardante la confessione religiosa del capo dello stato, lavorando allo stesso tempo a alla legittimazione religiosa e politica della comunità alawita127.

Tuttavia, questa mossa del presidente, seppur strategica, non fu sufficiente a chiudere le crepe formatesi tra la minoranza alawita al potere e la maggioranza sunnita. Tali ostilità degenerarono in violenza: nel 1979, circa sessanta cadetti alawiti della scuola militare di Aleppo vennero uccisi e la stessa cosa avvenne a Latakia, dove ne vennero assassinati altri quaranta128. A questi fatti seguiva la risposta immediata e molto dura del governo, come ad Hama, nel 1982, quando un nuovo massacro venne messo in atto per sopprimere le insurrezioni antialawite di alcune rami più radicali dell’islamismo politico; infatti, dopo la rivolta avvenuta nel 1964, nella stessa città, non si erano spenti il malcontento e il dissenso popolare, al contrario, erano stati accresciuti dalla lotta per il potere tra le élite sunnite e parte della comunità alawita129. Hama venne divisa in settori, isolata e privata di elettricità e di acqua corrente, le case vennero perquisite una a una, i quartieri residenziali vennero indiscriminatamente bombardati e, in poco meno di un mese, la parte settentrionale e orientale della città furono rasate al suolo130.

Tali furono le tensioni tra alawiti e sunniti; per quanto riguarda, invece, la libertà di fede nel paese, la Costituzione afferma che: ”Lo stato rispetta tutte le religioni, garantisce la celebrazione di tutti i culti a meno che questo non rechi problemi di ordine pubblico”131. Natale e Pasqua erano ufficialmente giornate non lavorative, gli edifici di culto erano esenti dalle imposte, mentre i ministri non erano obbligati a

127

Lorenzo Trombetta, Siria, dagli ottomani agli Asad, cit., pp.118-119.

128 Mirella Galletti, Storia della Siria Contemporanea, cit., pp.103-104. 129

Lorenzo Trombetta, Siria, dagli ottomani agli Asad, cit., p. 117.

130

Ibidem, cit., p.125.

50

svolgere il servizio militare. L’insegnamento religioso era obbligatorio, per studenti cristiani e musulmani, fino al diploma di scuola superiore.132

Mirando a rapporti più rilassati con il settore privato, la politica di Hāfiz al-Asad si concentrò sulla necessità di avviare riforme, favorendo l’emergere di una nuova élite di imprenditori (legata al potere da privilegi, esenzioni e protezione e dunque definita corrotta dalla società siriana), che rappresentava una potente linea economica di difesa del governo. Si può parlare di un sistema di potere strutturato in tre cerchi concentrici, rappresentati rispettivamente da un gruppo ristretto di capi dell’economia dentro e fuori il settore pubblico, uno composto da figure di rilievo nell’apparato della sicurezza e dell’esercito e infine l’insieme di numerosi funzionari nelle amministrazioni pubbliche e nelle istituzioni133.

Nel 1985 Asad venne rieletto come presidente della Repubblica, nonostante verso la fine del 1983 fosse stato male per gravi problemi al cuore. Governò il paese per altri quindici anni, durante i quali prese molte decisioni riguardanti la politica estera, come quella di normalizzare i rapporti con l’Egitto nella conferenza di Madrid (1991), che si erano deteriorati dopo la pace di Camp David con Israele, e adottare una politica più aperta nei confronti degli Stati Uniti (non potendo più contare sull’appoggio dell’Unione Sovietica che si dissolse nel 1991). Sempre nei primi anni novanta rafforzò l’alleanza con movimenti radicali islamici come gli Hizbullāh del Libano, Hamas dei territori plestinesi e i Fratelli musulmani giordani.134

Il 10 giugno del 2000 Hāfiz al-Asad morì per un attacco di cuore, ponendo così fine ai suoi trent’anni di governo.

132

Mirella Galletti, Storia della Siria Contemporanea, cit., p.100.

133

Ibidem, cit., pp. 128-130.

51

CAPITOLO II

Partecipazione politica e sociale dei cristiani siriani sotto il

governo di Bashār al- Asad (2000-2011)

Dopo aver ripercorso, nel primo capitolo, l’evoluzione storica e identitaria delle comunità cristiane siriane, dai primi secoli del primo millennio fino all’epoca contemporanea, in questa nuova sezione ci si intende focalizzare sul primo decennio del XXI secolo, dal 2000 al 2011, ossia dalla salita al potere del presidente Bashār al- Asad all’anno dello scoppio della rivoluzione. Rispetto a tale decennio, sono emersi numerosi interrogativi, in quanto si tratta degli anni che precedono lo scoppio di una delle guerre civili più sanguinolente del nuovo millennio e costituiscono un periodo durante il quale si acutizzano diverse tensioni sociali tra i vari gruppi etnico-religiosi della popolazione e il governo. L’elemento confessionale, con lo scoppio delle insurrezioni e l’aumento delle violenze, rappresenta un fattore che acquisterà sempre più rilevanza tra gli schieramenti in lotta. Tuttavia, da un’attenta osservazione delle vicende, è interessante notare come esso non costituisca la motivazione originaria delle violenze, ma va ad essere, piuttosto, un ambito nel quale si incanalano tensioni ormai inarrestabili.

Si è voluto analizzare, innanzitutto, la politica adottata da Bashār al-Asad una volta divenuto presidente e la struttura istituzionale siriana che regola gli aspetti della vita religiosa inerenti alla sfera pubblica (si citeranno quindi gli articoli della Costituzione concernenti tale ambito). In questo modo, sarà possibile descrivere con più chiarezza la realtà quotidiana delle comunità cristiane in tali anni e capire se le condizioni in cui si trovavano potevano essere motivo di lamento nei confronti del governo.

L’analisi del ruolo politico e sociale delle minoranze religiose (in questo caso quelle cristiane), del loro rapporto con il governo e, per ultimo, della loro posizione assunta durante le insurrezioni viene effettuata rispondendo a tre interrogativi. Il primo, articolato in due parti, è: quanto vantaggio trae, la minoranza cristiana, dal secolarismo dello Stato? E viceversa, quanto beneficio trae, invece, il regime, dalla relazione con la minoranza cristiana?

52

Il secondo quesito, invece, è: in che misura, i cristiani, si lamentano e soffrono dei problemi e dei torti politico-economici per cui protestano i concittadini musulmani? Infine, come terza domanda: quanto ha inciso l’incremento della divisione settaria e l’aumento di tensioni confessionali sulla posizione assunta dai cristiani durante lo scoppio delle prime rivolte?

Si tratta di questioni che, se ben approfondite, possono rivelarsi fondamentali per far luce sulle complesse dinamiche interne sorte prima e durante una guerra che ancora oggi sconvolge il paese.