• Non ci sono risultati.

2.1 Incremento della divisione settaria

2.3.1 Tensioni confessionali crescono

Sebbene il motivo principale dello scoppio della primavera araba non fu di carattere religioso, ciò non significa che la natura multietnica e multiconfessionale della Siria sia stata un fattore poco rilevante.

Tensioni confessionali emersero già nei primi anni dopo il 2000 in diverse zone del paese, come ad esempio nella regione meridionale dell’Ḥawrān, che nel 2001 divenne teatro di scontri tra contadini sunniti di Daraʿa e pastori drusi di Suwayda. Nel marzo del 2004, la cosiddetta intifada curda contro gli arabi, repressa nel sangue, causò la morte di circa quaranta persone e l’arresto di migliaia di curdi250.

Tuttavia, a creare maggiori tensioni e destare crescenti preoccupazioni, soprattutto per il governo, fu proprio la maggioranza sunnita e, in particolare, il movimento dei Fratelli Musulmani. Essendo la Siria abitata da una popolazione di maggioranza sunnita (circa il 72-74%) e governata da membri della minoranza alawita (di circa il 13%), uno degli impegni maggiori del regime è sempre stato quello di mantenere la propria legittimità e contenere possibili rivendicazioni del potere di movimenti sunniti. Seguendo questo principio, vennero messi in atto, dal regime, numerose repressioni violente: nel 1980, in seguito a un tentato omicidio del presidente, ci fu l’esecuzione di 550 prigionieri politici appartenenti ai Fratelli Musulmani; nel febbraio del 1982, la città di Hama, sede di numerosi oppositori, venne bombardata, invasa da migliaia di soldati con carri armati, artiglieria ed elicotteri, vi furono esecuzioni di massa e arresti251. Sotto il presidente Bashār al-Asad, durante il periodo della “primavera di Damasco”, vennero scarcerati diversi prigionieri politici, tra cui numerosi membri dei Fratelli Musulmani e del partito comunista, i quali non si fecero attendere molto per far sentire le loro voci. Nel 2001, nella Charter of National Honour, il movimento dichiarò di rinunciare alla violenza e al settarismo e di impegnarsi per la costruzione di uno stato democratico; tali principi e obbiettivi vennero ribaditi nel dicembre del 2004, nell’ambizioso “Progetto Politico per il Futuro della Siria”252. Nel 2005, invece, iniziò ad

250

Mirella Galletti, Storia della Siria Contemporanea, cit., pp.127-128.

251

Ibidem, cit., pp.106-107.

85

emergere il risentimento verso il governo e, con la Dichiarazione di Damasco, si richiese il riconoscimento dell’importanza culturale dell’Islam nella società siriana.

Se con il Movimento dei Fratelli Musulmani ci furono scontri aperti, il rapporto invece tra il regime e gli ulema sunniti di Damasco, è stato conflittuale, ma senza che si arrivasse a una rottura. Il governo, infatti, volendo migliorare tale relazione, fece adottare una serie di misure nel 2010, tra cui l’abolizione del divieto per le donne insegnanti di indossare il niqab (velo che lascia scoperti solo gli occhi), la chiusura del Casinò e l’apertura di un Istituto nazionale di scienze religiose e di una tv satellitare islamica siriana253. Tuttavia, questo non bastò per impedire i capi delle comunità islamiche delle zone rurali a schierarsi, nel 2011, contro il governo.

Le moschee divennero i luoghi privilegiati di raduno, nelle quali diversi shaykh, come Usama Rifaʿi, Kurayyim Rajih e Ratib Nabulsi esprimevano la loro ribellione e il loro lamento verso la violenza messa in atto dal regime254.

Le manifestazioni del marzo del 2011 e le violenze che ne seguirono furono eventi storici sconvolgenti per la popolazione siriana, anche per il fatto che contribuirono a svelare tensioni sociali fino a quel momento nascoste o soffocate. Dal “non detto” si passò repentinamente all’esplicito, provocando conseguenze non sempre positive per la società.

Se da una parte ciò che fu reso ”esplicito” in ambito politico fu in grado di muovere e unire la popolazione siriana verso la rivendicazione di diritti civili e ideali comuni di giustizia, dal punto di vista etnico-religioso, invece, il rendere esplicito ciò che era implicito, ossia elementi di tensione tra le componenti sociali, generò nel tempo un solco sempre più profondo lungo quelle crepe che nella storia si era sempre cercato di riempire255.

Con l’aggravarsi della crisi, i siriani iniziarono a non riconoscersi più reciprocamente come cittadini in quanto tali (dunque come individui politicamente liberi), ma

253

Lorenzo Trombetta, Siria, dagli ottomani agli Asad, cit., p.231.

254

«Noi non domandiamo altro che la libertà e la dignità. Vogliamo che le persone possano dormire senza che nei loro cuori vi sia la paura», dal sermone dell’imam Rajih del 1 aprile 2011:

www.youtube.com/watch?v=oito-uIOBOQ (12/01/2017). “La nostra gente, che manifesta rischiando di essere picchiata o uccisa, non vuole il potere ma solo vedersi restituiti quei diritti che le sono stati tolti quaranta o cinquant’anni fa”, dal sermone dell’imam Rajih del 22 aprile 2011:

www.youtube.com/watch?v=T8RS1FaVv1k (12/01/2017).

86

tendevano a far prevalere l’identificazione della persona con la comunità alla quale essa apparteneva. Su questo tema, vi sono numerosi esempi che testimoniano la trasformazione delle crepe sociali in vere e proprie trincee, uno tra questi, è la storia di due studentesse di Damasco, Nada e Maha (la prima sunnita e la seconda cristiana ortodossa), riportata da Trombetta. Dopo anni di stretta amicizia, con lo scoppio della rivoluzione, la differenza confessionale che per loro costituiva un fattore di poca importanza, improvvisamente agli occhi della società diviene assai rilevante e, come detto sopra, più “esplicita”, spingendo così le ragazze a non cercarsi più256.

Fu in questo contesto, nel quale le contestazioni dei civili iniziavano a declinarsi lungo una linea di lotta interconfessionale, che il regime di Bashār al-Asad venne fortemente accusato di fomentare e approfondire le divisioni confessionali ed etniche della società per rafforzare il proprio potere.