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Passivo ed attivo, una questione medica

1.3 L’omosessualità un fenomeno conosciuto da secol

1.3.3 Passivo ed attivo, una questione medica

È assodato che la sessualità, sia in epoca pre-islamica che medievale, prevedeva il riconoscimento di ogni relazione secondo un ordine basato non tanto sull’identità sessuale bensì sulla separazione dei ruoli tra dominante e subordinato. Questo paradigma si riscontra perennemente sia nella differenza di genere (uomo-donna), di età (maestro-discepolo) che di status sociale (padrone- schiavo/prostituto), per cui la società considera il sesso “attivo” e “passivo” come essenzialmente due parametri di catalogazione. Sebbene la sodomia sia un reato per entrambi gli attori, da punire più o meno severamente a seconda delle scuole giuridiche, esiste una profonda linea di demarcazione tra i due ruoli, sia in termine giurisdizionali che scientifici.

Secondo una prospettiva giuridica, infatti, è definito con il termine lūṭī,, colui che commette lo specifico atto di sodomia rivestendo il ruolo attivo (fā‘il) durante il coito ma, a prescindere dal

45 Al Rawandi nel libro “Dell’espressione e correzione”, racconta che uno dei caposcuola dei mutaziliti, Ibrahim Ibn

Sayyar al-Nazzam, teologo conosciuto per le sue ferme doti morali, giunse a commettere cose vietate da Dio con un giovane cristiano. Cfr. S. Lee Martin, The role of homosexuality in classical Islam, p. 12.

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motivo che lo spinga a compiere tale azione (desiderio, inclinazione o denaro), non è comunque considerato un membro della coppia omosessuale, almeno finché il desiderio rimane proiettato verso un giovane non in piena virilità o verso un effemminato. Colui che, invece, ha la necessità di ricoprire la posizione passiva (ma’ful) è considerato sotto un ottica differente che coinvolge persino il settore scientifico. A tal proposito è bene citare la distinzione proposta da Everett Rowson riguardo alle inclinazioni dell’omosessuale passivo: “se egli è remunerato, per esempio, è un mu’ ājir; se accetta di essere passivo in cambio di un turno come attivo egli è un mubādil; se agisce per desiderio sessuale nel ruolo passivo, egli è più comunemente chiamato ma’būn”46.

Secondo le teorie scientifiche risalenti all’età classica, la tendenza al ruolo di sottomissione in un rapporto omosessuale è una questione emblematica, in quanto non detiene secondo la logica islamica alcuna giustificazione attendibile basata sulla differenza tra identità ed orientamento sessuale. Sono stati proposti differenti studi riguardo un’eventuale giustificazione della natura del ma'būn, ma quella che conobbe maggior fama fu quella di Fakr al Din al Razi (m.1209), dotto persiano, secondo il quale l’omosessualità sarebbe un’aberrazione naturale che precede la formazione stessa dell’individuo. Egli sostiene che ciò che porti il ma’būn ad agire seguendo questo suo bizzarro desiderio sia una “malattia nascosta”, appunto denominata ubna, che spesso il paziente tende a celare per evitare imbarazzo sociale. Ciò che stupisce della teoria di al Razi è che lo studioso abbia riconosciuto in un certo senso una distinzione proprio tra sesso biologico ed identità sessuale, etichettando questo stato come una malattia, e convincendosi che tale disagio non dipendesse da una scelta personale del paziente (al contrario di ciò che sosteneva Ibn Sina), bensì da un’innata caratteristica derivante al momento del concepimento del individuo47

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46 Everett Rowson, Cattedra di Studi Islamici mediorientali all’Università di Yale. R. Musić, Queer Vision of Islam, M.

A. Thesis,University of New York, 2003, p.30.

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Cosi spiega al Razi: “Il sesso del nascituro è determinato dal testicolo da cui proviene lo sperma. Se lo sperma proviene dal testicolo destro e si deposita nel lato destro dell’utero, allora il nascituro sarà maschio; se dal testicolo destro si deposita sul lato sinistro dell’utero sarà un effemminato . Se proviene dal testicolo sinistro e si deposita nel lato sinistro dell’utero sarà una femmina, ma se si deposita nel lato destro sarà una donna mascolina”. M. Ali Amir-Moezzi,

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È classificata come grave patologia anche la situazione del travestito/ermafrodito (mukhannath). Il suo caso , in verità, è molto più controverso sia a livello scientifico che giuridico, poiché tecnicamente il mukhannath è colui che rifiuta completamente la sua sessualità, intesa in senso biologico, per rifugiarsi negli indumenti dell’altro sesso, o che per sua natura ha delle caratteristiche di femminilità o mascolinità che non dovrebbero appartenergli. Sebbene secondo un ḥadīth del Profeta, esso debba essere tenuto lontano ma non ucciso, il ruolo del mukhannath spesso si risolveva in pratiche di intrattenimento, danza o prostituzione, e la sua presenza nella società era tacitamente sopportata. La differenza con i giovani imberbi (amrad), ad esempio, era che questi ultimi, pur detenendo un ruolo passivo durante il coito, potevano guarire dall’ ubna grazie alla comparsa di tratti virili negli ultimi anni dell’adolescenza, mentre, secondo lo stesso al Razi, proprio per i suoi tratti marcatamente effemminati, il mukhannath non poteva sperare in alcuna forma di guarigione48.

Altro caso concerne invece la questione relativa al lesbismo, musah’aq, trattata con più indulgenza rispetto all’omosessualità maschile. Gli amori saffici esistevano nella società islamica, attestati soprattutto negli harem o negli hammam, ma erano soggetti ad una sociale mancanza di preoccupazione, dato che il loro atto sessuale non prevedeva alcun sovvertimento del gioco di ruolo, in quanto anche in un rapporto etero avrebbero ricoperto la parte passiva e subordinata49.

In un’ultima analisi tutta la concezione islamica relativa al liwāṭ, che sappiamo ormai essere inteso come rapporto di sodomia, ma anche la più generale concezione di relazioni interpersonali, a prescindere dal tipo di inclinazione sia essa etero od omosessuale, dimostra che l’Islam altro non possiede che una visione dicotomica di ogni rapporto umano. Basandosi più sulla distinzione di ruolo che di genere, lo scopo ultimo dell’unione tra individui, ovvero quel reciproco godimento che

48 “Se l’ubna si prolunga, la persona affetta non può essere curata, in particolare, se è ovviamente femminile ed

effeminato (ta'nith, takhnith) e ama essere come una donna”, Cfr. S. Murray, W. Roscoe, Islamic Homosexualities, Culture, History and Literature, p. 29.

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è lecito per ogni essere umano senza alcun pregiudizio riguardo al ruolo giocato all’interno del rapporto di coppia, sembra essere subordinato ad una forza maggiore, quella della legge sharaitica.