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Per la paternità di Pietro A favore dell’autenticità della seconda redazione si schierò fin da subito il loro scopritore, Luigi Rocca, secondo cui «il commento del codice A ci si presenta

CHE I TERRORI SONO DI TRE TIPI (DEBOLEZZA, PROFONDITÀ,

2. Per la paternità di Pietro A favore dell’autenticità della seconda redazione si schierò fin da subito il loro scopritore, Luigi Rocca, secondo cui «il commento del codice A ci si presenta

coll’indole stessa, collo stesso carattere e perfino cogli stessi difetti di quello attribuito a Pietro e stampato [scil. P1] [...]. Un rifacimento come questo sarebbe molto singolare e quasi inesplicabile, tenuto calcolo solamente della grande erudizione ch’esso richiederebbe all’autore e dell’indole affatto speciale di questa erudizione».8 Si può essere d’accordo con la prima opinione, anche alla

luce di quanto visto negli schemi prima mostrati; mentre è decisamente più debole la seconda, vista la grande erudizione di molti dei commentatori antichi (basti pensare a Guido da Pisa). Di innegabile rilevanza è invece un’altra osservazione di Rocca:

Se non si vogliono ritenere come falsificati a bella posta i due passi dai quali desumiamo il tempo della composizione del commento, bisognerà pur ammettere che il rifacitore scrivesse mentre era sempre vivo Pietro, e fors’anche sotto a’ suoi occhi (giacché il codice nostro pare si possa credere scritto a Verona), ciò che mi sembra difficilmente ammissibile.9

Lo studioso aveva infatti notato che su alcune brachette di rinforzo del ms. A erano presenti degli accenni alla città scaligera: questo indizio non costituisce, in realtà, una prova forte del fatto che il codice fosse stato realizzato a Verona, anche se resta un elemento interessante e che non può essere ignorato,10 come non possono essere ignorate le tante chiose originali presenti nelle redazioni

posteriori, di cui alcune palesano una buona conoscenza della storia fiorentina da un lato e della città di Ravenna dall’altro. Non è più possibile invece sostenere alcune vecchie tesi riguardanti i commenti danteschi precedenti: secondo Rocca, la redazione ashburnamiana sarebbe del tutto originale e mai influenzata dall’esegesi precedente,11 mentre per Mazzoni la riscrittura del

commento sarebbe da imputare alla volontà di rispondere polemicamente alle chiose di Guido da Pisa:12 come si è dimostrato nel precedente paragrafo, molti sono i prestiti da altri commenti, né

mancano chiose di P1 debitrici dell’esegesi del carmelitano; inoltre Mazzoni, come già segnalato, si

8 Rocca, Del commento di Pietro, p. 381. 9 Ibidem.

10 Cfr. Ivi, p. 368. 11 Cfr. Ivi, p. 383.

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era basato allora su una datazione erronea del commento di Guido.13 Proprio in tal proposito, resta

ignoto il motivo che spinse Pietro a riscrivere la sua opera.

Il testo critico della redazione inedita, accompagnato da alcuni studi sulle fonti e sul confronto tra le tre stesure, è necessario per fare il punto delle acquisizioni originali di questo commento, in cui sono molte, come si è visto, le chiose introdotte per la prima volta nella storia dell’esegesi dantesca,14 e che saranno riprese spesso anche da commentatori successivi come Benvenuto da

Imola e Boccaccio. La quantità e la complessità di queste chiose originali rendono almeno improbabile la compilazione di questo commento da parte di “copisti attivi”; si dovrà pensare piuttosto a un erudito commentatore.15 Tra queste glosse, ricordiamo almeno la conoscenza della

canzone Le dolci rime d’amor ch’io solia, la terza del Convivio,16 l’esistenza storica di Beatrice

Portinari, l’uccisione di Paolo e Francesca sul talamo, la notizia della povertà di Alessio Interminelli, l’ambientazione invernale dell’episodio di Provenzan Salvani, la misura del perimetro murario di Firenze, la menzione di Persio come fonte di Dante nel finale di Purg., XXVIII e il nome

e cognome dell’uccisore di Geri del Bello, Brodario Sacchetti.

3. Il documento della pace con i Sacchetti. Occorre soffermarsi però proprio su quest’ultima chiosa:

Continuando se auctor in hoc principio tangit, ut dicit textus, de isto Gerio del Bello de Alagheriis, consorte et de domo et agnatione [generatione B] huius autoris et occiso olim per quemdam Brodarium de Sacchettis de Florentia, de quo, tempore quo auctor hoc scripsit, non dum facta erat vindicta de eo; sed postea nepotes dicti Geri in eius ultionem quemdam de dictis Sacchettis occiderunt. (P2, Inf., XXIX § 1).

L’autore dimostra dunque di conoscere un particolare decisamente rarissimo, il nome dell’uccisore, e precisa anche che l’episodio dell’assassinio di Geri del Bello causò evidentemente degli (ulteriori) attriti tra le famiglie Alighieri e Sacchetti, visto che postea (dopo la scrittura dell’Inferno, se non addirittura dopo la morte di Dante) i nipoti di Geri si sarebbero vendicati uccidendo un Sacchetti. Gioverà a questo punto leggere il documento 267 del Codice Diplomatico Dantesco (ASFi, Balie, cc. 46v-47v), presente in un «registro di paci stipulate durante la signoria del Duca d’Atene»:17 [...] Franciscus condam Allegherii populi Sancti Martini Episcopi de Florentia [...] pro se ipso et suo nomine, se et suos heredes [...] pro infrascriptis omnibus et singulis observandis, adimplendis et firmis tenendis obligando, ac etiam pro et vice et nomine domini Petri et Iacobi filiorum condam Dantis Allegherii de dicto loco, consortum suorum absentium, et pro et vice nomine omnium et singulorum aliorum eorum et cuiusque ipsorum consortum, filiorum, fratrum, descendentium et adscendentium et consanguineorum in quocumque gradu, tam natorum quam nasciturorum, et pro suis et dictorum consortum et consanguineorum sequacibus et affinibus, et pro omnibus et singulis aliis quos presens tangeret negotium quoquo modo, et pro quolibet eorum in solidum, pro quibus et quolibet eorum in solidum predictus Franciscus de rato et rati habitatione

13 Cfr. Bellomo, Alighieri, Pietro, p. 81.

14 Non è possibile stabilire con certezza l’anteriorità delle Chiose di Andrea Lancia rispetto a P2, per cui vengono per il momento tralasciate le tangenze tra i due commenti.

15 Lo stesso discorso si può fare per le chiose originali comuni a seconda e terza stesura (tra le più importanti ci sono la possibile conoscenza del De vulgari eloquentia per l’etimologia di poesia da poio, is, la menzione di Rossellino della Tosa, marito di Piccarda, le discussioni sulla varia lectio) nonché per quelle della sola terza (soprattutto per la menzione della Questio).

16 Presente però, come detto, in Lancia.

17 CDD, scheda del doc. 267. Il documento è stato accostato alla vicenda di Geri da G. Inglese, Vita di Dante. Una

76 infrascriptis Petro et Uguiccioni de Sacchettis et cuilibet eorum in solidum et in totum, stipulantibus et recipientibus pro omnibus et singulis pro quibus infra promictunt, promiserunt et convenerunt [...] quod ipsi omnes et quilibet eorum in solidum infrascriptam pacem et omnia et singula in presenti contractu comprehensa et scripta observabunt et adimplebunt [...]. Et Petrus condam Daddoccii de Sacchettis et Ughuiccione eius filius, paterno consensu et iussu, et quilibet eorum [...] promiserunt et convenerunt et se et quemlibet eorum in solidum facturus et curaturos ita et taliter [...]. Volentes, et cetera ut supra, fecerunt, reddiderunt et receperunt inter se ad invicem et vicissim, una pars alteri et ab altera et e contra, et quilibet ipsarum partium cuilibet et a quolibet alterius partis, ex certa et pura scientia et non per errorem, vim vel metum, pure, mere atque libere, veram et puram pacem perpetuo duraturam, et cetera, ut supra in similibus per totum [...].

Acta fuerunt hec omnia Florentie, in ducali palatio, in presentia multorum civium [...] sub annis dominice incarnationis MIIICXLII indicationis XIE, die decimo ottobris.

Riassumendo, questo documento del 1342 è il testimone di una «pace stipulata tra gli Alighieri e i Sacchetti: da una parte Francesco del fu Alighiero, che agisce per sé, per Pietro e Iacopo [...] e per tutti i familiari; dall’altra Pietro del fu Daddoccio Sacchetti e suo figlio Uguccione, che agiscono anche per il rispettivo figlio e fratello Iacopo e per tutti i familiari».18 Pietro Alighieri dunque

doveva conoscere gli aspri dissidi tra gli Alighieri e i Sacchetti, che evidentemente negli anni Quaranta ancora si scambiavano gravi offese, se bisognava ricorrere a una pace duratura stipulata per iscritto e con tutte le solenni promesse del caso. Nella prima redazione (da datarsi entro il 1341) Pietro nemmeno aveva nominato Geri del Bello, forse perché ancora gli erano ignoti i particolari della vicenda, o perché, per qualche ragione, era opportuno omettere la vicenda in un periodo di reciproche offese e vendette tra le due famiglie. Non farebbe difficoltà allora pensare che sia proprio di Pietro anche P2, il cui autore dimostra di conoscere il nome dell’assassino e le controversie degli Alighieri con i Sacchetti.

4. Una possibile firma interna. Inoltre, non è stata finora mai ravvisata quella che, con tutte le