CAPITOLO III YŪKOKU: LA FUSIONE TRA EROS E MORTE
3.1 Il profondo significato celato nel “patriottismo”
3.1.2 Patriottismo: il rito di amore e morte
Come anticipato nel paragrafo precedente, Mishima del suo racconto ne ha poi trasposto un film. Si tratta di un mediometraggio in bianco e nero della durata di trenta minuti, diretto e interpretato dallo stesso Mishima.
La scenografia è quella tipica del teatro Nō giapponese. Il film è muto ed è composto da cinque capitoli (così quanti sono nel libro) ognuno con un titolo differente che ne anticipa le azioni dei personaggi.
La riproduzione di ogni singolo capitolo è sempre anticipata da una spiegazione scritta (in lingua inglese nel caso in cui dovessimo far riferimento al film distribuito nelle sale d’Europa e del resto del mondo).
Il primo capitolo è dedicato alla moglie del tenente e si chiama difatti “Reiko”. In ogni scena di ogni singolo capitolo è sempre presente il rotolo appeso (un regalo del Tenente Generale Ozeki) con iscritto due caratteri cinesi 至誠 che riportano il significato di “Sincerità”/”Devozione”.
In realtà questo rotolo risulta essere molto più presente all’interno del film che nel racconto. Infatti questi caratteri, essendo sempre al centro della scena, sembrano il voler sottolineare i veri motivi che spingono entrambi i protagonisti alla scelta del suicidio spirituale. Un po’ come il leitmotiv dell’intera vicenda.
Infatti all’interno del romanzo, della presenza di questo rotolo se ne scopre effettivamente l’esistenza verso la fine della storia, mentre i personaggi si accingono al compimento del
seppuku.
In questa prima parte del mediometraggio la protagonista principale è Reiko, la quale sembra esser intenta a scrivere delle lettere. Da ciò che la moglie sta scrivendo è possibile intravedere i due caratteri 形見 che portano il significato di “Ricordo”/”Reliquia” come se fosse un riferimento al terzo capitolo del racconto, in cui la moglie cosciente delle preoccupazioni che attanagliavano la mente del marito, avesse già preso la decisione di seguirlo in un’eventuale morte.
trascorsi insieme al marito di cui però, come riportato nello stesso romanzo, non ve ne è più alcuna traccia poiché il tenente la ammoniva spesso riguardo al fatto di non dover mai fare affidamento sul domani.
Per questo motivo non aveva mai tenuto con sé un diario in cui annotare tutti i loro momenti più belli, negandole adesso quindi la possibilità di rileggere il resoconto della felicità dei loro ultimi tempi.123
Il secondo capitolo invece “Il ritorno del tenente” è dedicato all’entrata in scena del Tenente Takeyama, in cui spiega alla moglie Reiko della situazione dei suoi colleghi più stretti che avevano deciso di combattere insieme agli insorti e, per non vedere le truppe imperiali dover combattere contro altri uomini appartenenti alle medesime truppe, prende la decisione di togliersi la vita tramite seppuku.
Il concetto di suicidio spirituale viene qui introdotto per la prima volta all’interno del mediometraggio attraverso la mimica da parte del protagonista, mediante il gesto dell’incisione del ventre.
La scena si conclude con la decisione di Reiko di seguire il marito perfino nella morte, attraverso il gesto di portarsi la mano del Tenente verso la sua gola.124
Nel terzo capitolo “Amore finale” i due protagonisti trascorrono l’ultima notte d’amore insieme, in cui la stessa Reiko ormai priva di qualsiasi vergogna di fronte all’imminente morte, decide di abbandonarsi completamente alla più profonda e intima passione con il marito, quasi come a voler dare un ultimo e intimo addio anche ai più piccoli dettagli fisici del compagno.
La scena si concentra maggiormente sugli scambi di sguardi e di intesa tra i due coniugi che attraverso uno sguardo lanciato in direzione della spada, con la quale ben presto si
123 Ibidem…
accingeranno a togliersi la vita, si avvolgono in un abbraccio abbandonandosi completamente alla loro ultima notte di passione.
Sullo sfondo sempre presente tra i due personaggi i caratteri della “Devozione”.
Il quarto capitolo “Il tenente commette harakiri”. I due personaggi si preparano all’imminente morte: scrivono le ultime lettere di addio, si dedicano alla preghiera e sempre davanti i grandi caratteri di “Devozione” che si stagliano sulla scena, il tenente si prepara a compiere il suo supremo sacrificio in onore della sua causa.
La scena è molto forte e violenta, interpretata in ogni minimo dettaglio della descrizione che Mishima riportò nel suo breve racconto.
Anche nel mediometraggio Reiko dovrà trattenersi nel dar soccorso al marito, ma alla fine lo aiuta a mettere fine all’immenso dolore e lascia poi il corpo del marito immerso nel suo lago di sangue.
Anche qui come nella storia si nota fortemente il contrasto che il sangue crea nel bianco e candido vestito della moglie.
La scena si conclude con un primo piano del viso della donna ormai rigato dalle lacrime alla vista del marito defunto.
Nel quinto e ultimo capitolo “Il suicidio di Reiko”, viene ripreso nuovamente il primo piano del viso della protagonista che si dirige dapprima fuori dalla stanza dove si è compiuto il rituale, per potersi preparare (sistemandosi il trucco) lasciandosi temporaneamente dietro il corpo del Tenente. I movimenti sono lenti e minuziosi per quanto riguarda la cura del trucco, quasi a voler risultare perfetta per la sua ultima “apparizione”.
Una volta terminata questa sua ultima preparazione, Reiko si dirige nuovamente nella sala in cui giace il corpo del marito, e il silenzio della scena viene interrotto dalla musica che segna la drammaticità del momento.
Reiko pone sul capo del marito il berretto da Tenente, sistemandone così il corpo e asciugando il sangue dalle sue labbra. Bacia per l’ultima volta la bocca del marito defunto e sedendosi accanto estrae il pugnale, e lanciando un ultimo sguardo verso l’amato, quasi sorridendogli, si toglie la vita. Adesso i due corpi giacciono uno accanto all’altro sotto i grandi ideogrammi della “Devozione”.