• Non ci sono risultati.

quella di Patroclo al suo patrono Lucio Ocio, trasferita

Nel documento Informazioni su questo libro (pagine 88-91)

nel 1817 dai ruderi della sala terrena del palazzo del podestà di Torcello al museo Marciano.

Circa la probabilità di trovarvi oggetti scavando, si può dire di quella città quanto già si è detto respetti vamente ad Altino, Eraclea e Jesolo, cioè che non havvi probabilità di rinvenirvi oggetti di qualche valore. Tut tavolta, malgrado il moltissimo che ne fu esportato, si è certi di trovarvi ancora lapidi, capitelli, marmi ecc.

E se anche quanto può trovarsi non varrebbe di per sè a fornire un museo locale, ben potrebbe divenire in teressante, qualora vi si concentrasse nel medesimo an che quanto si potesse raccogliere dalle altre città, delle quali abbiamo fatto menzione.

Nessun altro luogo si presterebbe a ciò così bene, quanto Torcello per la vicinanza a Venezia, dalla quale dista 2 ore o poco più per la via d’.acqua e per essere la sola città fra le cinque scomparse, che presenti tuttavia qualche avanzo grandioso, degno di essere visitato, come lo è realmente, sebbene fin ora da pochi.

Tutti i cronisti antichi veneziani, già citati, parlarc no di Torcello.

Ne parlò il Corner nelle Ùlu‘ese venete e torcellane.

12

,_ S6 _

Antonio Licini nell’opera Ecclesiae altinensis et torcellanae notz’tia. Venetiis, 1773, 8.°; e per ultimo ap parve una Monografia diligente dell’ isola, compilata dall’ ingegnere Nicolò Battaglini col titolo Torcello an tica emoderna, e stampata in Venezia, tip. del Com

mercio, 1870, in 8.0 ‘

L. T.

OPITERGIUM (ODERZO)

Opitergium, colonia romana nel paese dei Ve neti in vasta fertile pianura, fu città d’ importanza assai prima dell’ era cristiana, poichè narrano le storie che nella guerra farsalica parteggiando essa per Giulio Cesare armò proprie navi e le fornì di mille guerrieri opiter gini. In un combattimento colle navi di Pompeo essendo essi stati accerchiati, dopo un’ accanita difesa, anzichè cadere nelle mani del vincitore, i superstiti si diedero la morte l’ un 1’ altro, e tal fatto è menzionato dall’ epi tome di T. Livio, da Floro, e da Lucano nella sua Farsalia al IV libro, con queste parole : « Hic Opitergi nis moles onemta colonis ecc., ecc,, ecc.»

Non avendo presente che le condizioni d’ oggi gior no, sembra difficile il persuadersi come Opitergio po .tesse esser vicina al mare, ma quando si pon mente che

più d’ un autore antico lo attesta in modo non dubbio, poichè anche Strabone, lib. 5, della Geografia, e Tolo meo nella sua Oosmograjia cita Upitergium cani porto ejus nomine, cap. 45.", che in Strabone al lib. III, cap. 19 trovasi il passo: Seqm'tur X regio (il Veneto era sotto Augusto compreso nella X regione) (flumen Liquentia ea: monlz'bus opiterginis et portus eodem nomine) ; quando si consideri il continuo avanzarsi della spiaggia per

_, 87 __

effetto de’ fiumi allora non contenuti nè deviati, non si può a meno di credere che vi fosse un porto del quale servivasi Opitergz’um col quale sarà stato congiunto con un fiume o canale, non essendo punto necessario che il mare bagnasse proprio le mura di Opitergio, perchè vi fosse un porto sull’ Adriatico del quale servivasi quella città e che ne portasse anche il nome. Ecco in proposito le parole di Strabone, traduzione del Bonac cioli. «Ma Opitergo, Ordia, Adria, Ucetia, e simili altri castelli, se bene sono meno molestati dalle paludi, sono però congiunti al mare per quello poco spazio che si può navigare contr’ acqua. »

Giulio Cesare non solo riparò i danni fatti da’ seguaci di Pompeo ad Opitergium, ma lo colmò di favori e non tinuò a prosperare sino alla calata de’ barbari. _ Come città prossima alla frontiera ebbe a soffrire già dai pri mi invasori del secolo V, ma la sua distruzione la do vette ai Longobardi, e precisamente a Rotari che nel 634 la prese e rovinò. - Furono i suoi cittadini che fornirono il maggior contingente alle due città di Era clea ed Equilium.

Parte di essi però rientrarono nella sede antica, poiché un altro re longobardo, Grimoaldo, la prese di nuovo e, pari in ferocia al suo antecessore, la distrusse completamente circa trent’ anni dopo lo strazio fattone dal barbaro suo antecessore.

Sulle sue rovine si elevò Oderzo, che sviluppossi nel medio evo a borgata di qualche importanza, ma presa nel 974 dal doge0andiauo IV, e (la Ezzelino tiranno di Padova nel 1242, venne devastata- Più tardi, nel 1388, dopo essere stata dominata da Corrado il Salieo dai Caminesi, dagli Scaligeri, dai vescovi di Belluno, dai

_ 33 _,

Trevisani, dal patriarca d’ Aquileja e dai Carraresi, si diede volontariamente ai Veneziani che l’ avevano pos seduta prima dal 1335 al 1340 e seguì le sorti di quella repubblica. ,

Opitergium cessò d’ essere sede vescovile dopo le distruzioni sofferte dai Longobardi, e già sotto il regno di Rotari, S. ‘Magno vescovo s’era trasferito ad Eraclea.

Sul suolo d’ Opitergio non vennero mai praticati scavi dietro un piano regolare e per lo scopo di sco . prire antichità; molto si trovò, ma per scavi fatti a caso,

e di solito suol pattuirsi di dividere a metà col manuale che scava, il quale ha in quell’ alea la sua mercede, e grande è il numero dei marmi cavati che di solito si riducono in architravi, gradini, lapidi sepolcrali, e con il prodotto di quelli infranti si fanno i terrazzi, si usa

no infine come materiale. - Del resto si rinvennero moltissimi camei di meravigliosa fattura, monete, me d'aglie, lavori in cotto, mosaici (fra cui stimatissimo quello del noto Trichjnio opitergino), bronzi e simili.

Nel paese stesso vi sono collezioni, come p. e. presso il barone Galvagna, casa Fantario, Gasparinetti, Bissoni, Ben, Sopran e Perrucchino.

Nel documento Informazioni su questo libro (pagine 88-91)