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Favorire un sistema sanitario efficiente e stabile significa anche promuovere un percorso favorevole alla pace. Rubenstein (2009) afferma che parlare di “peace through health” significa affermare che gli interventi sanitari contribuiscono alla stabilizzazione della pace, ma dal momento che la pace può essere raggiunta solo attraverso un processo politico è più corretto parlare di “peace-building through health” ovvero l‟azione dei professionisti in ambito sanitario, migliorando la salute dei cittadini, creando un ambiente più favorevole alla pace e meno soggetto alle tensioni che contribuiscono al conflitto (Rubenstein 2009, 2).

Questa iniziativa è stata definita nel 1995 dalla World Health Organization come un valore per tutti che «fornisce le basi per portare insieme la gente ad analizzare, discutere e arrivare a un consenso accettabile da parte di tutti. Il potenziale della salute come meccanismo per arrivare al dialogo e anche alla pace è stato dimostrato in situazioni di conflitto. Interessi che riguardano la salute possono portare a confronti politici e porre i problemi su una prospettiva umanitaria che è più accettabile da tutte le parti in gioco» (WHO 1995, 19).

La cooperazione nell‟ambito sanitario apre nuove possibilità di “andare oltre i confini del conflitto” (Rubenstein 2009, 2), infatti grazie alla figura dei professionisti

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e alla loro collaborazione attraverso la condivisione di informazioni e ricerche, come avviene ad esempio tra i medici e i ricercatori palestinesi e israeliani, è possibile non solo ampliare la sorveglianza sanitaria ma anche aprire nuove vie di cooperazione. Inoltre un sistema sanitario efficiente può ampliare e diffondere il concetto di altruismo e solidarietà nella società civile ad esempio attraverso la presenza di personale sanitario che rischiano la loro vita in zone di guerra, può supportare il dissenso nei confronti di politiche non giuste anche del governo stesso, sostenendo ogni tipo di sforzo verso una risoluzione del conflitto. I programmi implementati devono rivolgersi alle comunità locali, infatti il ruolo dei professionisti dovrebbe essere quello di rafforzare il ruolo dei cittadini attraverso organizzazioni a base locale soprattutto quando il potere non è proporzionato tra la società civile e il governo. Le risorse sono importanti, infatti la formazione, il finanziamento e le ricerche dovrebbero essere condivisi per evitare che ci sia una parte dominante. Un altro elemento chiave che molte organizzazioni che agiscono nei territori palestinesi, come “Healing across the divides”13

, si pongono come obiettivo è “umanizzare il nemico” ovvero dargli un volto umano, un volto che soffre e che è presente in entrambe le parti del conflitto (Rubenstein 2009, 2).

Numerosi sono gli esempi di collaborazione tra i professionisti israeliani e palestinesi, non solo per quanto riguarda gli ospedali e le istituzioni accademiche ma anche associazioni di professionisti come Physician For Human Rights – Israel, collaborazioni nell‟ambito della sorveglianza di epidemie, condivisioni d‟informazioni per le malattie croniche, il trattamento di pazienti palestinesi da parte di medici israeliani e programmi di formazioni per i medici palestinesi. Inoltre una popolazione in salute è importante per la crescita economica e la futura stabilizzazione.

Certamente tutte queste iniziative di collaborazione e di peace-building sono influenzate dalla situazione politica. Ad esempio nella Striscia di Gaza questi tipi di iniziative sono assenti e in Cisgiordania le restrizioni di movimento, la chiusura e la costruzione del muro di separazione hanno reso più difficili questi tipi di collaborazione non solo perché fisicamente impedisce il movimento dei palestinesi ma anche ha accresciuto un certo risentimento da parte dei professionisti palestinesi stessi nei confronti di quelli israeliani. Quest‟ultimo punto si riferisce

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soprattutto al fatto che molti palestinesi ritengono i tentativi di collaborazione con gli israeliani e le organizzazioni che li supportano come un atto politico inaccettabile, quindi il rifiuto dei palestinesi di cooperare riflette la loro percezione di essere in continua dipendenza dal sistema sanitario israeliano e la mancanza di volontà nel creare un sistema sanitario palestinese indipendente. Tuttavia queste associazioni e organizzazioni sono non governative e umanitarie e il loro primo obiettivo è favorire la collaborazione tra i professionisti palestinesi e israeliani nonché supportare, attraverso la condivisione di informazioni e ricerche, la creazione di un sistema più efficiente.

Tra i diversi strumenti che queste organizzazioni devono utilizzare per incoraggiare e supportare il processo di peace-building attraverso la salute vi è innanzitutto il rafforzamento delle comunità locali. Infatti non solo bisogna raggiungere l‟obiettivo di migliorare lo status di salute degli individui ma anche raggiungerlo attraverso politiche che li coinvolgano. Inoltre bisogna rafforzare anche la leadership di queste organizzazioni locali e sostenere una loro collaborazione che vada oltre i confini del conflitto e le divisioni politiche e religiose. A questo proposito, la definizione di obiettivi comuni è essenziale nel tentativo di unire le parti opposte su iniziative nelle quali si potrebbe creare un ponte di consenso (Goldfield 2012).

Il ruolo dei donatori stranieri, come abbiamo già detto in precedenza, dovrebbe favorire uno sviluppo che sia sostenibile e a lungo termine e non focalizzarsi su progetti che abbiano risultati immediati e visibili, e dovrebbero sostenere le comunità locali e il governo locale. L‟investimento nella salute tuttavia non porta alla pace se non accompagnato da soluzioni politiche che supportino questi cambiamenti, quindi il ruolo dei donor stranieri e dei diplomatici dovrebbe essere quello di supportare anche politicamente una risoluzione del conflitto che deve accompagnare gli aiuti finanziari al sistema sanitario.

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1.5 Il ruolo della società civile e delle ONG nel processo di state-building: il