Questa capacità di sintesi, insieme al desiderio di articolare i vari elementi concreti, potrebbe congiungersi direttamente al ragionamento di Arcimboldo e di conseguenza al suo metodo di creazione. La sua maniera consiste nello scegliere, raccogliere, collegare, modificare e riprodurre minuziosamente gli oggetti circostanti con lo scopo di dare un senso diverso alle strutture già esistenti attraverso un ordine eterogeneo e arbitrario. Per questo è possibile associare al pittore cinquecentesco la metafora dell’artista bricoleur, coniata da Lévi-Strauss ne La pensée sauvage (1962). Questo termine viene applicato a chi lavora direttamente sulla realtà concreta mediante l'impiego di una serie di processi che differiscono da quelli standard. Per operare, il bricoleur si serve dei materiali grezzi che l’ambiente naturale offre all’osservazione e alla riflessione: egli riesce a creare le sue nuove sistemazioni, prendendo le proprietà distintive degli elementi26. Tale studio empirico è condizionato
25 Ibid.: Tale scultura potrebbe rappresentare, secondo l'archeologo Eduardo Moctezuma,
uno dei gemelli mistici, che è stato prima decapitato dallo stesso mammifero.
26 DUBUFFET, J., in idem (1961) The Dubuffet retrospective exhibition (Paris, Musèe des Arts
Décoratifs), p. 48, cit. in SEITZ, W. (a cura di) (1961) The art of assemblage. Catalogo della mostra (New York, The Museum of Modern Art 2 ottobre-12 novembre 1961; Dallas, The Dallas Museum for Contemporary Arts 9 gennaio-11 febbraio 1962; San Francisco, San Francisco Museum of Art 5 marzo-15 aprile 1962). New York: Dubleday Company, p. 94: «Sempre ho amato — è un tipo di vizio — impiegare nel mio lavoro soltanto i materiali più comuni, quelli che non si sognano all’inizio perché sono molto grezzi e così vicini che sembrano inadatti a qualsiasi cosa. Mi piace dichiarare che la mia arte è un’impresa per recuperare i valori screditati»; cit. originale «I have always loved — it is a sort of vice — to employ only the most common materials in my work, those that one does not dream of at the first because they too crude and close at hand and seem unsuitable for anything
whatsoever. I like to proclaim that my art is an enterprise to rehabilitate discredited values». Partendo dalla traduzione fatta per tale catalogo, si potrebbe paragonare il modo di
dall’esperienza e dalla cultura propria del soggetto, poiché tutto quello che lo circonda è così ricco e svariato che «di tutte queste possibilità, la mente non può captarne che una frazione»27. Egli va scoprendo man mano che avanza
nella sua ricerca empirica una serie di postulati, i quali sono predisposti non solo da alcuni vincoli esterni, ma anche da altri insiti. Infatti, il bricoleur è cosciente in ogni momento, che dentro un determinato contesto ci sono diversi elementi che possono adempiere alla medesima funzione. In questo modo, egli è costretto a collegare gli elementi secondo un determinato ordine: un bricolage che ne contiene un’infinità di altri, tutti ugualmente validi. Questi insiemi coerenti sono la perfetta manifestazione di una “scienza primaria”28,
detta anche “primitiva”, sul piano tecnico, poiché queste raccolte permettono di mettere in evidenza i dati sensibili sul piano speculativo.
Le serie di lavori che si producono con l'utilizzo del ragionamento mitopoietico del bricoleur, possono essere considerate opere d’arte. Secondo l'antropologo Lévi-Strauss, l’artista da una parte inventa il mondo come lo scienziato e dall’altra opera sugli oggetti e sulla realtà concreta come avviene quando si utilizza il pensiero mitico-magico29. Allo stesso modo del bricoleur, l’artista,
tramite l’impiego della sua empiricità immediata, deve conoscere prima gli elementi (oggetto + evento) e solo a posteriori, attraverso la sua creazione estetica, potrà trovare una nuova struttura nella quale tutti gli oggetti, all’interno della sua raccolta, avranno un senso comune, ossia un determinato ordinamento30.
Strauss con riferimento al termine bricoleur, l'anno seguente dell’uscita del catalogo della mostra.
27 LÉVI-STRAUSS, C. (1984). Lo sguardo da lontano. Torino: Giulio Einaudi editore, p. 125. 28 Idem. (2015). Il pensiero selvaggio… op. cit., p. 30.
29 Ibid., p. 36: «l’arte […], si inserisca a metà strada tra la conoscenza scientifica e il pensiero
mitico o magico; è noto infatti che l’artista ha contemporaneamente qualcosa dello scienziato e è in pari tempo oggetto di conoscenza»; Vedi COLLINGWOOD, R. (1960) The
principles of art. Oxford: Clarendon Press, pp. 57-58, 65; Nell’anno 1938, R. G. Collingwood
ha messo a confronto alcune somiglianze tra il “pensiero dei scienziati” e la “magia” dei popoli extra-europei, che erano state riconosciute nel campo dell’antropologia, già alla fine del XIX secolo. Al contempo, lo studioso riconosce la somiglianza tra la “magia” e l’arte.
30 LÉVI-STRAUSS, C. (2015). Il pensiero selvaggio… op. cit., p. 40: «L’arte procede quindi
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Lévi-Strauss considera decisiva la funzione che la scrittura ha svolto nella società, in particolare, nell’«evoluzione dell’arte verso una forma figurativa», come nel caso di alcune culture appartenenti al Messico precolombiano31.
Sebbene questa sistemazione di segni non abbia avuto un rapporto propriamente sensibile con gli elementi che rappresenta, tali segni hanno mostrato «agli uomini che era possibile, attraverso [il loro utilizzo], non soltanto significare il mondo esteriore, ma [avere] la possibilità di conoscerlo e prenderne possesso»32. A partire dall’impiego di questa nuova conoscenza,
l’artista ha intrapreso il compito di produrre un’opera, ossia, di creare un elemento omologo che abbia un rapporto significativo con un altro che si trova nella realtà concreta, in modo tale da garantire che nell'elemento risultante rimangano i rapporti sensibili tra il segno e l’oggetto. Dato che il suo pensiero magico accetta la natura con l'obiettivo di poterla ripetere, perciò egli salvaguarda soltanto quelle caratteristiche che gli permettono di significarla e così di produrre la propria opera33. In questo modo, la creazione artistica
figurativa rappresenta «un linguaggio diverso dal linguaggio articolato propriamente detto»34, poiché questa ha «una profonda omologia fra la
struttura del significato e quella del significante»35.
Il collegamento stretto tra la struttura, il significato e il significante è fondamentale e dipenderà non soltanto dell’inventiva dall’artista, ma anche dall’abilità e dai mezzi tecnici che è costretto ad utilizzare, vale a dire la resistenza propria delle caratteristiche fisiche dei materiali. Questa combinazione tra varianti interne ed esterne è imprescindibile, affinché l’artista ottenga il suo modello analogo all’oggetto; in caso contrario egli sarà in grado soltanto di significarlo. Pertanto la capacità di progettare il facsimile, lo aiuta a definirsi come “artista”, perché se fosse capace di riprodurre la natura in strictu sensu, la sua opera perderebbe il carattere artigianale e di conseguenza questa non sarebbe più un prodotto culturale36.
31 Idem. (1970) Primitivi e civilizzati.… op. cit., p. 47. 32 Ibid.
33 Idem. (1966) Il crudo e il cotto. Milano: Il Saggiatore, p. 447. 34 Idem. (1970) Primitivi e civilizzati.… op. cit., p. 80.
35 Ibid., p. 63. 36 Ibid., p. 77.
Persino questo modello può soffrire quello che Lévi-Strauss definisce un “eccesso d’oggetto”37. Ciò avviene quando è rappresentato un fatto che non
esiste fisicamente, ovvero, un fenomeno che supera il corso ordinario della natura, trascendendo i limiti dell'esperienza e della conoscenza umana. In tale caso, la sapiente imitazione riesce a superare «sempre la sua immagine, e parallelamente le esigenze dell’arte superano i mezzi dell’artista»38. Un
esempio ad hoc di questo “eccesso d’oggetto” sono le teste composte progettate da Arcimboldo, che sono state ideate sulla base delle «esperienze più tradizionali nell’ambito del disegno naturalistico»39. Queste raffigurazioni
contengono certi elementi della realtà concreta, i quali vengono impiegati e trasformati in invenzioni fantastiche, ovvero cifrati, affinché quegli oggetti riescano a convivere armoniosamente all’interno dei microcosmi allegorici40.
Arcimboldo bricoleur
Partendo da questa premessa Arcimboldo, che all’interno di una storia dell’arte fondata suoi valori “classici” può essere considerato un personaggio eccentrico, diventa l’incarnazione più evidente della figura dell’“artista” così come l’ha concepita Lévi-Strauss. Questo suo spirito innovativo si esprime nel momento in cui decide di impiegare il suo modus operandi per realizzare l’opera. Arcimboldo sviluppa un ragionamento strutturato composto da una ibridazione tra scienza e natura: tale rapporto ha come risultato la vera metafora dell’arte, come teorizzato dal francese41. Tale ipotesi è sostenuta, sia
dal costante coinvolgimento del pittore con i membri dell'ambiente
37 LÉVI-STRAUSS, C. (1994) Guardare, ascoltare, leggere. Milano: Saggiatore, p. 137. 38 Idem. (1970) Primitivi e civilizzati.… op. cit., p. 60.
39 OLMI, G., TONGIORGI, G., Giuseppe Arcimboldo tra natura, arte e artificio, in FERINO-
PAGDEN, S. (a cura di) (2017) Arcimboldo. Catalogo della mostra a cura di S. Ferino-Pagden. (Roma, Galleria Nazionali di Arte Antica-Palazzo Barberini, 20 ottobre 2017–11 febbraio 2018). Milano: Skira. p. 85.
40 Cfr. LOMAZZO, G. (1785) Idea del tempio della Pittura. Nell'istituto delle Scienze, p. 137;
Cfr. Idem. (1844) Trattato dell’arte della pittura, scultura ed architettura. vol. II. Roma: Saverio Del-Monte Editore, p.355.
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intellettuale asburgico, sia dalle «continue citazioni di reperti vegetali e zoologici che egli volle inserire nei suoi dipinti»42.
Ciò è chiaramente visibile nelle allegorie Flora (1589) (fig. 38) o nel Giurista (1566) (fig. 39), le quali rifletterebbero la mediazione fra il pensiero scientifico e quello mitico, nelle quali ha la sua origine la figura dall’artista-collezionista descritta da Lévi-Strauss. Da questa maniera, risulta evidente come l’arcimboldismo si basi su un ragionamento che consenta di collegarlo alla pratica cinquecentesca del collezionismo scientifico e di quello enciclopedico43. Infatti, quest’ultimo consiste nella raccolta sia dei prodotti
creati dalla mano dell’uomo (artificialia), sia di quelli presenti in natura (naturalia): con queste raccolte si intendeva dunque inventariare e catalogare il mondo conosciuto all’interno di una stanza, nota come “camera delle meraviglie” o Wunderkammer. Dall’altro canto, la raccolta di questi particolari elementi, secondo quanto proposto da Krzysztof Pomian, sarebbe una pratica che risale alle antiche abitudini di decorare e lasciare offerti funebri all’interno dei templi44. Un altro luogo all’epoca dedicato al collezionismo privato è
nominato la “camera dell’arte” o Kunstkammer (Kunstkamera), un ambiente della residenza principesca nel quale «si conservano statue, lavori artistici di ogni tipo […] [e che] ha un carattere meno superstizioso e medievale» che la precedente45. Le Wunderkammern sono state concepite da principi o studiosi
come luoghi di culto, dove venivano riunite «le meraviglie di arte e natura […] un microcosmo racchiuso in una stanza che allude al macrocosmo»46. Questo
42 OLMI, G., TONGIORGI, G., Giuseppe Arcimboldo… op. cit., p. 85.
43 Vedi anche Olmi, G. (1992) L’inventario del mondo: catalogazione della natura e luoghi del
sapere nella prima età moderna. Bologna: Società editrice il Mulino, pp. 256-257: «fra la fine
del secolo XV e l’inizio del XVI che se registra da parte dei collezionisti una maggior attenzione per gli oggetti naturalistici […]. Ricercati infatti solo se effettivamente rari e insoliti e neppur minimamente fatti oggetto di un discorso scientifico, essi fungono da bizzarro contorno ai pezzi antichi e artistici».
44 POMIAN, K. citato da AGO, R. in Idem. (2013) Gusto for things: A history of objects in
Seventeenth-century Rome. Chicago: University of Chicago Press, p. 127.
45 TODARO, L. (2011) Arte metafisica e Wunderkammer. Roma: Palombi, p. 20.
46 LUGLI, A. Arte e meraviglia, antico, Novecento, contemporaneo, in Arte e Scienza XLII
Esposizione Internazionale d’Arte, in GERVASONI, M. (1986) Catalogo della mostra (Venezia
rapporto con il mondo circostante viene bene accolto dal pittore milanese. Porzio scrive al riguardo:
nei grovigli antropomorfi dell’Arcimboldi [...] c’è una tensione razionale, scientifica, un orgoglio didascalico che congela le parti, le assomma senza fonderle. Un’ansia descrittiva che nel caso dell’Arcimboldi discende da una curiositas pseudo-scientifica, un gusto per la collezione del meraviglioso destinato a sopravvivere a lungo [...]47
Questi ritratti di tipo artificialia, eseguiti da Arcimboldo, sono bricolage di tipo olistico che esprimono «la scomposizione delle immagini, l’infinito ‘collage’ del mondo che si può fare attraverso la collezione enciclopedica»48.
Queste opere sono formate dagli elementi che provengono direttamente dall’immaginario quotidiano del pittore. All’interno di queste raccolte, ciascuno degli oggetti è stato sistemato e puntigliosamente dipinto e ciò consente loro di conservare la propria obiettività nonostante il nuovo posto rispetto all’ordinamento originario. Gli insiemi progettati alla maniera arcimboldesca sono codificati per comporre un discorso soggettivo, formato da una raccolta dialettica di opposizioni e di relazioni fra gli oggetti. Dentro questi microcosmi i motivi naturali sono trasfigurati per diventare culturali e viceversa. Come nel caso delle teste reversibili L’Ortolano (1590-1593 ca.) — detto anche Priapo — (fig. 40) e il Cuoco (1570) (fig. 41), le quali sono raffigurazioni apparentemente ordinarie di nature morte «che poi rivoltato, quello di sotto, di sopra, ci appaiono avanti agli occhi altre figure, molto sconformi, dalle prime già vedute»49; lasciando intravedere la sua sapiente
struttura.
47 PORZIO, F. (1987) L’universo illusorio di Arcimboldi. Primera edizione: 1979. Milano:
Fabbri Editori, p. 11.
48 LUGLI, A. (1983) Naturalia et Mirabilia. Il collezionismo enciclopedico nelle
Wunderkammern d’Europa. Milano: Gabriele Mazzotta editore, p. 111.
49 LOMAZZO, G. (1844) Trattato dell’arte della pittura, scultura ed architettura. vol. II. Roma:
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