nonostante tutto, bellezza e gioia?
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Come può un momento così drammatico diventare un’occasione e un’opportunità per ricercare e trovare, nonostante tutto, bellezza e gioia?Avevo in mente un quinto anno diverso, ma succede. Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa.
È vero, forse non sarà la solita notte prima degli esami passata ad ascoltare Venditti, non stapperò la bottiglia di vino con gli amici davanti all’ingresso del liceo e non andrò in viaggio di maturità, ma non voglio ridurre quest’anno ad un anno perso. È solo un anno diverso, riflessivo, più lento. Non mi importa come si svolgerà l’esame perché in cuor mio sento di aver già superato la mia “prova di maturità”: sto riscoprendo e apprezzando quei veri valori che spesso sottovalutavo o ignoravo. Ecco, allora, cosa potrei fare per trovare del bello in tutto questo: sforzarmi di
«cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio» (Calvino, Le città invisibili).
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Silenzi
di Daniele Ferrari, 4SD
Silenzi
In qualsiasi orchestra la pausa è sacra. Quando tra le fila degli strumentisti qualcuno oltrepassa il sottile confine dell’armonia invadendo con una nota troppo lunga uno degli stravaganti sghiribizzi che molto elegantemente, nella partitura, ti dicono di tacere, il Direttore mostra un germe di frustrazione e dando sfogo alla
RI FLE SS IONI DANIELE FERRARI 4SD
Ogni silenzio è necessariamente
“sovrumano”. Oltre a Leopardi ce lo dice anche John Cage, teorico della musica è compositore del ‘900, che sua precisione maniacale dice: “da capo”. E fu così che gli orchestrali insultarono Rossini, Vivaldi e Bernard Herrmann. La pausa, per contrasto costruisce la nota; se non esistesse il silenzio ogni sinfonia sarebbe solo un rigetto indefinito di suoni nebbiosi e stonati.
chiuso in una camera anecoica (dove è massimo il fonoassorbimento) sente il circolo del sangue nelle vene e i ronzii degli impulsi elettrici che governano il nostro sistema nervoso. Anche da morti, aggiunge, il disfacimento sistematico della materia avrà un suo suono. Il silenzio non esiste, o perlomeno, esiste in una realtà ideale da cui io sono escluso, in quanto corpo rumoroso.
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Woodstock, New York. È il 1952. In mezzo al bosco sta una sala da concerti che dall’esterno si scambierebbe per un fienile. Lunghe panche di legno colme di spettatori. Sul palco, soltanto un pianoforte a coda Stainway nero. Il solista viene30
Silenzi
di Daniele Ferrari, 4SD
accolto dagli applausi del pubblico, si siede e la sinfonia inizia. Le dita lunghe e sciolte però non battono gli ottantotto tasti, se ne stanno comodamente poggiate sulle gambe del pianista. Colpo di tosse della sig.ra Mary in terza fila, folata di vento che scuote le fronde. Fine primo movimento. Robert in quinta fila rompe qualche foglia secca con i piedi, il pianista deglutisce, colpo di tosse, starnuto. Fine secondo movimento. Brontola lo stomaco a Margaret, cadono gli occhiali al vecchio George in seconda fila, commento sottovoce di Ada al marito, gran finale: Lucy starnutisce. Fine.
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Sorda. Così la Morte che verrà per Cesare Pavese, che segna negli occhi “una vana parola, un grido taciuto, un silenzio”. Il mutismo è una delle forme più dannose per l’Io; ogni sentimento negativo senza esternazione ristagna nei nostri pensieri, ci si attacca come un parassita, subdolo, per roderci lentamente dall’interno. La parola è un antidoto infallibile: porta il problema fisicamente “al di fuori”, dove si presenta visibile e vulnerabile oppure, nella condivisione, riparte Questo ammasso di suoni, confuso, casuale ed apparentemente insensato prende il nome di 4’33, sempre di Cage.La musica non si rassegna all’inesistenza del silenzio; lo prende e ne fa il tema centrale. Cage oltrepassa il limite della scala cromatica ed entra in una dimensione tutta sua, in cui anche il meno percettibile dei suoni
ha un ruolo da
protagonista. Il silenzio – per come lo intendiamo – è la porta verso una comprensione più profonda della realtà e dell’infinita bellezza che vi risiede.
Silenzi
di Daniele Ferrari, 4SD
tra due confidenti il carico, tutti ne abbiamo esperienza. Anche la gioia, se compressa, se rinchiusa dalla nostra ingordigia, si sgonfia e si spegne. Dandole voce, le parole si fanno canto, diventa contagiosa e collettiva, un fuoco che ciascuno contribuisce ad alimentare. Non priviamoci della possibilità di esserne scintilla.
A volte ci capita di essere sordi, come la Morte. Ci capita di prendere in mano una pesante coperta e gettarla su voci scomode, rendendole mute in una sfera d’indifferenza.
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Si sedette sulla poltrona di velluto rosso sbottonandosi i polsini della camicia inamidata, con una certa solennità. La sala da ballo era immersa in una sottile nebbia dei sigari di quattro cacciatori seduti di fronte al bar, il parquet logoro cigolava sotto i passi decadenti di quattro coppie di vecchi che ballavano valzer di moda cinquant’anni prima. Suonava un quartetto stonato.
Alzò di scatto il capo che aveva incollato allo sterno, i suoi occhi ricaddero per qualche acronico istante sul suo volto. Poi disegnò un sorriso carico di serietà mentre i suoi occhi si perdevano per chissà quale paesaggio dell’immaginazione.
Sorrise anche lei.
Stettero seduti al tavolo per due ore, senza dirsi nulla. Entrambi erano sicuri soltanto che ogni parola in quel momento fosse di troppo, che ogni cosa taciuta fosse per magia evasa dal suo antro tenebroso permeando i vicendevolmente i loro pensieri.
Non si parlarono più, che in quel silenzio avevano detto ogni cosa.
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Indice delle Immagini
Mattino di Pasqua, 1835, Caspar David Friedrich
Il bambino che dorme sul suo libro, Jean
Baptiste Greuze
Il «Buffon» e la maschera veneziana da medico Hopper Meditation,
Richard Tuschman
Neue Nationalgalerie, 1968, M. V. der Rohe
Numeri e costellazioni innamorati di una donna,
1941, Joan Miró Viandante sul mare di
nebbia, 1818, Caspar David Friedrich