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ACUTO LICEO MELCHIORRE GIOIA. Maggio 2020

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Academic year: 2022

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ACUTO

LICEO MELCHIORRE GIOIA

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l’indice

Pagina 20

Quando la politica si dimentica

dell’etica

SCATTO DI COPERTINA Giulia Pifano

Pagina 2

SPORT Dilettantismo

ai tempi del COVID

Pagina 18

CRONACHE DELLA QURANTENA UN RESOCONTO

−Libri da ardere .……….6

−Quando l’arte può diventare un esempio ……….….7

−Piccole donne ……….……….9

−La teoria delle mascherine ……….…………11

−5 buoni motivi per guardare How I Met Your Mother...13

−La mattina dopo ……….………..14

−Serata cult …...………...16

Maturità, t’avessi preso prima

Pagina 27

Silenzi

Pagina 29

Rappresentanti senza istituto

Pagina 3 Pagina 23

Uomo – Natura

Editoriale Pagina 1

Fidarsi è bene, diffidare è meglio Pagina 26

Grad 2020:

il tòcco solitario

Pagina 22

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Un segno indelebile

EDI TORI A LE MATILDE CARASSAI 4CA

Settembre 2019: inizia un altro anno, un anno carico di speranze e ambizioni; mi chiedo come saranno questi mesi, faccio progetti, organizzo viaggi in vista della fantastica estate che mi attende.

24 febbraio 2020: la scuola chiude. Chiude?

Proprio così, chiude. Dopo un iniziale momento di euforia che sono certa abbiano provato tutti gli studenti ad apprendere questa notizia (chi dice di no mente), mi ritrovo a pensare come saranno i giorni d'ora in poi, pervasa da una continua sensazione di smarrimento. L'unica cosa che poteva dare un senso a queste giornate vuote non poteva che essere la scuola, istituzione che spesso non apprezziamo ma che è l'unico punto fermo nella vita un po' confusionaria di un adolescente; così, tra professori poco tecnologici, studenti un po' svogliati e verifiche online eccoci qui, ancora una volta siamo riusciti a reinventarci

"riuscendo" a normalizzare una situazione che di normale non ha proprio niente. Non potendo uscire di casa, ho usufruito di parecchi momenti in cui ero da sola con me stessa, con i miei pensieri, le mie paure e tutti gli interrogativi che mi affollavano la mente... E sapete, una delle poche cose che mi ha aiutata a non cadere nello sconforto è stato il pensiero che prima o poi avrei rivisto i miei compagni, avrei camminato di nuovo tra i

corridoi del Gioia (oppure corso, considerato che sono una ritardataria cronica), avrei fatto ancora colazione al bar, avrei organizzato le riunioni dell'Acuto... È stato un anno davvero strano, un anno che sicuramente non dimenticheremo: c'è chi magari aveva aspettative che sono state disilluse, c'è chi ha perso una persona cara, chi non riesce a trovare il senso in una cosa come questa, chi pensava che l'anno appena iniziato non potesse mai andare peggio di così (a proposito... grazie per avercela gufata). Io non so come siano stati questi mesi per voi, non so cosa sia successo nelle vostre vite da quel 24 febbraio, so solo che tutto ciò che abbiamo vissuto ci accompagnerà per il resto della vita e in qualche modo lascerà un segno indelebile, che ci accomuna tutti, senza distinzioni. Non pensavo che avrei mai anche solo pensato questa frase, ma io non vedo l'ora di rivedervi tutti, per vivere insieme ciò che ci aspetta; nessuno predice il futuro ed è per questo che voglio incoraggiarvi: solo vivendo scopriremo cosa ci aspetta da qui in avanti, e io ve lo consiglio con tutto il cuore...

Vivete, vivete al massimo, e ricordatevi che se abbiamo sopportato tutto questo siamo inarrestabili.

P. S. Ai miei amici di quinta vorrei dire che ci vediamo presto... Vi verrò ad abbracciare uno a uno, godetevi questo ultimi giorni da liceali.

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IN COPERTINA

LA RU BRI CA LA REDAZIONE

Sono Giulia Pifano. A Novembre mi sono laureata in Comunicazione all’Università di Bologna e proprio grazie a questi anni da fuorisede mi sono appassionata alla fotografia (e soprattutto all’editing). Penso che le immagini spesso comunichino più di tante parole e per questo il 3 maggio, giorno prima della riapertura della nostra regione, ho sfruttato il fatto di dover andare a portare delle medicine ad un’amica di famiglia, per scattare qualche foto che cogliesse intimamente la nostra splendida città in un momento tanto particolare. Mai prima di allora mi era capitato di trovarmi davanti a Palazzo Gotico in un tiepido pomeriggio domenicale senza vedere la solita fiumana di persone in compagnia a passeggio per il centro. Mi sono ritrovata immersa nel silenzio, circondata da un’assoluta immobilità, ma anche da tanta bellezza che si offriva all’obiettivo della mia fotocamera. Io ero sola, con il mio sacchettino e anche il centro di Piacenza era solo come me. Non ci vedevamo da due mesi e se da una parte nulla sembrava cambiato, dall’altra tutto era diverso. Come ha scritto Alessia, una mia cara amica, quando le ho chiesto che cosa le trasmettessero le mie fotografie: “Piacenza, sei tu che sei cambiata o sono io che ti guardo con occhi diversi? Poco importa, oggi ti faccio compagnia e ti guardo per ciò che eri e per ciò che vorrai essere”.

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Giulia Pifano

Ex studentessa del liceo classico al Gioia, attualmente frequenta il corso magistrale di Teoria e Tecnologia della Comunicazione all’università di Milano

Biccocca.

GIULIA PIFANO

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Rappresentanti senza istituto

A causa dell’isolamento che negli ultimi mesi ci ha costretti in casa, è venuta a mancare per noi Rappresentanti la sostanza fondativa del nostro ruolo, sono state recise le sue radici: il dialogo costante con ciascuno di voi, la vicinanza alle esigenze che ci poneva di fronte ai problemi.

Gli intervalli musicali in cui vi vedevamo .

SCU OL A RAPPRE SENTANTI LI CEO GI O IA

affacciati dalla scala dell’atrio sono ormai solo ricordi, di una presenza che oggi appare inverosimilmente lontana; così com’è lontano il senso di compagnia e comunità che ci rende parte di un unico organismo. Crediamo in ogni caso nella possibilità che, pur non percorrendo gli stessi corridoi, il vostro - e nostro - senso di appartenenza al Liceo sia ancora vivo; ragione

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per cui abbiamo deciso di portare avanti una serie di iniziative, per quante siano state troncate dalla pandemia (come i progetti CiakGioia, Ispettori Ambientali e i tornei di calcetto), altre sono state realizzate nel mese di maggio attraverso le nuove modalità telematiche.

Ricordiamoci di dare uno schiaffo alla negatività e al pessimismo! Siamo parte di una delle migliori istituzioni scolastiche di secondo grado in regione e senz’altro tra le prime 30 in tutta Italia. Ma esperienze alla mano:

l’emergenza è stata inaspettata, eppure già dalla prima settimana di chiusura, le classi virtuali erano disponibili su Teams; e ancora, in sede disponiamo di aule per attività trasversali e di sostegno alla pura didattica che sono uniche: un’aula cinema, un’aula di realtà virtuale, un’aula di stampa 3D, una biblioteca ricca e sempre disponibile agli studenti, un bar che ci sostiene quotidianamente, una serie di laboratori specifici e organizzati tra scienze, biologia, fisica, chimica ecc. Senza dimenticarsi dei gruppi che operano nella scuola:

GioiaWebRadio&TV, la redazione dell’Acuto, la fantastica orchestra, la squadra di matematica.

Siamo di più di quello che crediamo, abbiamo di più di quello che pensiamo di avere: l’invito è semplicemente prendere coscienza delle opportunità e lavorare (fare fatica è inevitabile, se si sceglie il Gioia, chiariamolo) affinché da queste si possa trarre il massimo beneficio, sia personale che comune.

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Rappresentanti senza istituto

di Rappresentanti Liceo Gioia

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Rappresentanti senza istituto

di Rappresentanti Liceo Gioia

L’annuario

Non potevamo lasciarvi uscire da questa storica pandemia senza un ricordo adeguato.

La tradizionale foto di classe viene sostituita da ritratti a mezzo busto di noi ragazzi, ogni classe ha inoltre a disposizione una pagina per le fotografie che ha scattato durante l’anno o negli anni precedenti. Abbiamo lavorato anche ad un inserto che ripercorra le tappe fondamentali di questo anno scolastico, valorizzando tutto ciò che il Gioia è oltre a lezioni e verifiche. Crediamo che il progetto, per quanto riguarda le classi quinte, possa essere un vero e proprio contenitore di ricordi, che partendo dalla descrizione dell’ultimo dei 5 anni passati nel liceo (ma anche 6 o 7, per tutti coloro a cui deve essere davvero piaciuto molto il Gioia) permetta di ripercorrere con la memoria la totalità del percorso superiore di secondo grado, dagli albori ad oggi.

Auspichiamo senza dubbio in una prosecuzione del progetto nei prossimi anni, magari riuscendo a farla divenire una costante, un nuovo elemento identificativo.

Assemblea d’istituto

Le assemblee che di norma si tengono al Politeama sono tra le più grandi opportunità di scambio, confronto e riflessione nelle nostre mani. Avevamo in programma da gennaio due assemblee in collaborazione con Libera; la prima, per il biennio, avrebbe affrontato il tema ambientale parlando di Ecomafie; mentre la seconda, dedicata al triennio, rifletteva sul rapporto tra droga e mafie, con l’aiuto di notevoli esperti esterni. È stato proposto attraverso un evento sulla piattaforma Microsoft Teams il primo dei due temi. Alla vigilia della Giornata Nazionale della Legalità, il 23 maggio, Enrico Fontana, giornalista e figura di primo piano in Libera e Legambiente, ha discusso con gli studenti del rapporto fra mafia e ambiente.

Seguiteci sempre sulla pagina Instagram

@rappre.istituto.liceogioia attraverso cui non abbiamo mai mancato l’appuntamento per cercare di sentirci più vicini e più uniti, a distanza.

Cercate di essere rispettosi verso l’opinione di chiunque, perché voi quattro li rappresentate tutti e millecinquecentoottantatre, dalla A delle prime alla Z delle quinte. Non sottraetevi al lavoro e all’impegno! Le cose, lo capirete come lo abbiamo capito pian piano anche noi, hanno bisogno di tempo, costanza, organizzazione per essere portate a termine. Qualsiasi cosa farete, fatela per la scuola e per gli studenti. In anticipo, buon lavoro.

ai prossimi rappresentanti

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Cronache della quarantena

Un resoconto

LIBRI DA ARDERE

Alice Gogni – 4CA

“Libri da Ardere” è uno spettacolo teatrale che mette in scena l’alterazione di ogni rapporto e comportamento in una situazione di emergenza; lo spettacolo, ispirato dal libro di Amélie Nothomb, non può che ricordarci la situazione che stiamo vivendo: i protagonisti vivono durante una guerra, noi durante una pandemia. Ne risulta che il loro animo è trasformato dagli eventi in cui si ritrovano, e anche noi siamo messi alla prova da questa inaspettata svolta che ha preso la nostra vita.

Nella rappresentazione i protagonisti studiano e insegnano letteratura ma quando arriva la guerra e il freddo invernale essi decidono di bruciare libri per riscaldarsi.

Dal 10 Marzo l’Italia intera ha dovuto attuare una chiusura forzata per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19.

Ovviamente questa situazione ha provocato innegabili cambiamenti nella nostra quotidianità;

per questo motivo noi ragazzi della redazione ci siamo sentiti in dovere di non interrompere la nostra attività di giornalisti, ma anzi di creare un nuovo progetto che potesse accompagnare e magari aiutare le vite dei nostri fedeli lettori.

È nato dunque “Cronache della quarantena”, un catalogo di video che spaziano su qualsiasi argomento, dallo sport al cinema, dall’arte alla cucina. Per due settimane sono usciti periodicamente sulla nostra pagina Instagram – peraltro tornata in auge dopo tempo.

Margherita Lecce

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Cronache della quarantena

QUANDO L’ARTE PUÓ DIVENTARE UN ESEMPIO

Margherita Lecce – 3CA

Per chi avesse avuto la pazienza di ascoltarsi i miei 3 minuti di video (vi assicuro che ho cercato di ridurre il più possibile) sa già che sono stata l’ultima del progetto e che ho deciso di parlare di arte e di quadri.

Visto che di cucina ne so meno di qualsiasi altra persona al mondo, non sono in grado di fare recensioni nè di libri nè film che non siano inferiori alle 3 ore ma soprattutto non mi sento in grado di dare consigli sullo sport che non implichino una caviglia slogata, alla fine ho tratto spunto dai quadri che mi piacciono per suggerire ulteriori attività da fare in casa per trascorrere un po’ di tempo.

Inizialmente sembra solo un gioco intellettuale in cui vengono scartati gradualmente i libri peggiori, ma arrivati all’ultimo romanzo questo rivela tutta la sua valenza simbolica:

rappresenta ciò che più identifichiamo con l’umano, quindi il linguaggio e la comunicazione, ma anche la capacità di raccontare e ricordare.

La messa in scena non ha un esito positivo, ma ciò che emerge è l’importanza di rimanere umani in queste situazioni anomale, senza lasciarsi andare, ma continuando a coltivare .

LIBRI DA ARDERE

quelle attività che ci rendono uomini, come la lettura, la musica, o anche degli sport o delle passioni che ci piacciono e ci rendono vivi.

La visione di questo spettacolo calza a pennello con ciò che sta capitando attualmente, tutti noi abbiamo dovuto mettere da parte le nostre abitudini per affrontare il virus, e questo ha causato sicuramente dei momenti di sconforto.

Nonostante ciò dobbiamo “rimanere umani”, in modo tale che quando ritorneremo alla vita normale saremo in grado di ricominciare senza farci travolgere da essa.

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Una delle attività più comuni durante il periodo di quarantena, quella del dormire, dipinta in un

quadro di Frederic Leighton.

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Cronache della quarantena

Ho scelto di proporre attività leggere (danzare, ascoltare la musica, dipingere) partendo dai quadri più famosi, in modo che tutti potessero provarci e magari trovare utili i miei suggerimenti.

Trarre spunto dai quadri è stato anche ripreso da un’altra attività chiamata “l’arte ti somiglia” a cui ha aderito anche la nostra scuola, dove molti studenti si sono messi in gioco cercando di ricreare i quadri, usando i mezzi a loro disposizione.

Questi “quadri viventi”, non hanno creato solo delle foto davvero somiglianti e artistiche, ma secondo me sono serviti a stimolare la creatività e nutrire l’amore per l’arte, di cui la mia generazione necessita davvero tanto.

il progetto ha portato a proporre quadri di diverse correnti artistiche: dai capolavori senza tempo di Caravaggio, Raffaello e Leonardo, .

si spazia all’arte del 900 con gli esponenti dell’Impressionismo (Degas, Monet, Cézanne) fino alla Pop Art degli anni 50.

Questo mostra come l’arte sia eterna e per chiunque: essa offre talmente tanta bellezza in metodi diversi, che ognuno di noi può ritrovarsi e trarre spunto da un’opera, magari molto diversa da quella scelta da qualcun altro ma comunque meravigliosa.

Credo dunque che questo progetto, e forse anche il mio video, abbiano mostrato che non esiste solo una generazione di ragazzi spaventati dall’aggiunta di storia dell’arte alla maturità e annoiati dalle gite interminabili in noiosi musei, ma anche una fetta di ragazzi davvero attratti dall’arte e dai suoi innumerevoli significati e che credono possibile trarre esempio dai quadri come ho fatto io.

QUANDO L’ARTE PUÓ DIVENTARE UN ESEMPIO

PICCOLE DONNE

Francesca Sabia – 4CA

C’è un momento nell’adolescenza di tutti i ragazzi in cui si è finalmente pronti ad avventurarsi tra i romanzi inglesi dell’Ottocento e perdersi tra immense distese d’erba e il Mr Darcy di turno. E così, armata di tanto coraggio, all’alba dei miei 18 anni, anche io ho deciso di immergermi nel mondo di Piccole Donne, subito dopo l’uscita a gennaio

del film tanto atteso e pluripremiato della Gerwig, e ne sono rimasta folgorata. È innegabile che, come sempre accade, il romanzo sia decisamente più dettagliato e introspettivo del film, ma l’impressione a caldo che ne ho avuto non è affatto traducibile in delusione rispetto a delle aspettative: la sorpresa è stata immensa e autentica.

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Cronache della quarantena

Fin dall’inizio si è bruscamente catapultati nell’apparentemente ordinaria vita di una giovane donna, a cui immediatamente è andata la mia simpatia perché ho riconosciuto in lei una caratteristica profondamente umana che tutti tendiamo a celare, un tratto della personalità che mi fa sentire spesso fuori posto, mentre invece non c’è nulla che potrebbe accomunarmi di più agli altri. Un forte sentire, un ardore incontenibile che rivela i più appassionati desideri del cuore. In Jo March esso si manifesta nella sfrenata corsa verso aspirazioni che, in quanto donna, le vengono negate; guida ogni sua scelta il sogno di diventare una scrittrice, di realizzare quello che sente il suo talento, quello di cui il suo animo si nutre, la linfa che le permette di stare in vita. E come può un uomo frenare un impulso tanto radicato? I continui flashback proiettati verso un passato in cui Jo era circondata dall’affetto di sua madre e delle sue tre sorelle mostrano, infatti, come questo suo profondo sentimento non sia mutato, nonostante il passare degli anni abbiano sconvolto la sua vita, rendendola più matura. Tuttavia, l’universo di Piccole Donne non si ferma qui, oltre al forte sentire di Jo la Gerwig mette abilmente in evidenza le inclinazioni delle altre sorelle, tutte diverse eppure così unite, dimostrando che non esistono aspirazioni più grandi o valorose di altre se il fine ultimo porta a vivere liberi e felici. È stato per me impossibile non riconoscermi nei sentimenti e nelle vicende delle quattro protagoniste, tanto da tenere al loro destino come se fosse il mio. In qualche modo grazie all’incredibile talento di recitazione e regia quella lontana Inghilterra ottocentesca non è mai stata più vicina e mi sovviene ingenuamente l’idea che quelle stesse aspirazioni stiano galleggiando nella dimensione di un presente eterno che si realizza qui e ora.

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PICCOLE DONNE

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Cronache della quarantena LA TEORIA DELLE MASCHERINE

Daniele Ferrari – 4SD

Tutte le borse calano a picco, una serie di freccette rosse con la punta all’ingiù costellano schermi digitali sotto gli occhi disperati degli azionisti. Calano tutti, tranne lei. Lei che da un giorno all’altro piega i portafogli di ricchi e poveri e sottomette il mondo alla sua imposizione (s’impone nello specifico in faccia, con due elastici dietro le orecchie). I soldi del mondo non passano più per Piazza Affari, per la Borsa di Tokyo o per il NASDAQ; ora il fulcro gravitazionale dell’economia è lei: la mascherina.

Tutti impazziamo per cercarla, e tra i numerosi modelli in commercio, trovare quello più alla moda è un’impresa ardua. Per gli sportivi e per chi soffre il caldo si può optare per una soluzione leggera, come una mascherina chirurgica; a chi preferisce una maggiore eleganza consiglio invece una tra le FFP1,2 e 3 alle quali si può abbinare un coprimaschera per le serate di gala, trovate quelli di Fendi coordinati a cravatta e pochette da taschino. I criminali-psicopatici (che costituiscono la fetta più ampia dei lettori di quest’articolo)

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Cronache della quarantena

LA TEORIA DELLE MASCHERINE

sicuramente preferiranno la maschera del cannibale Hannibal Lecter direttamente da “Il silenzio degli innocenti”. La mia preferita rimane in ogni caso quella tradizionale veneziana da medico della peste: i trecento anni di sviluppo, l’impiego nelle maggiori epidemie dal Trecento alla fine del seicento contribuiscono a darle un fascino sempre attuale ad ogni epidemia. Mentre le mascherine chirurgiche ed FPP non vi assicurano una protezione, le ultime due si rivelano ottime nel tenere lontane le persone.

Oggi i nostri visi si sterilizzano dietro a qualche tratto accennato nell’azzurro del tessuto-non-tessuto; perdiamo i sorrisi, i bronci, le mille combinazioni di contrazione- rilassamento dei muscoli facciali: se ne vanno i sorrisi sinceri, quelli dettati dal contesto, quelli

che si accompagnano ad una smorfia d’imbarazzo in sordina. Perdiamo i bronci, le bocche spalancate per il sonno, per la sorpresa o sospese nell’attesa dell’insulto che sta per uscirne. Perdiamo le linguacce e chi con la lingua si tocca la punta del naso. Sfilze di baci mimati per scherzo. Il pallore che colora le gote quando usciamo a sorte per l’interrogazione (le bestemmie, quelle forse è meglio che continuino a risuonare solo in testa) e il rosa tenue scaturito da un complimento.

Oggi diventiamo straordinariamente muti.

Oggi siamo alieni che si scambiano sguardi vacui per strada. Chissà se domani troveremo il coraggio di toglierci le nostre mascherine e chissà se sotto ad esse, allora, ci sarà ancora qualcuno.

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Cronache della quarantena 5 BUONI MOTIVI PER

GUARDARE HOW I MET YOUR MOTHER

Anita Groppi – 5CB

Durante questi mesi di quarantena sono uscite le nuove stagioni di serie tv attesissime, ma ce ne sono anche altre datate, ormai diventante cult, che vale la pena scoprire. Una di queste è How I Met Your Mother, comedy creata da Craig Thomas e Carter Bays e andata in onda per nove stagioni dal 2005 al 2014. Sono tanti gli ingredienti che rendono speciale e memorabile questo prodotto: eccone qui cinque.

La serie tratta di un gruppo di amici che vivono nella città di New York. Sono mostrate le avventure memorabili dei loro venti e trent’anni, da cui è possibile prendere ispirazione per organizzare qualcosa con gli amici, ora che la quarantena è finita.

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Gli episodi di cui è formata la serie durano solo venti minuti, quindi può essere guardata in ogni momento: tra una lezione e l’altra, dopo cena o al pomeriggio (se non si ha voglia di studiare).

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Questa è una serie tv comica, fa ridere sia per l’assurdità di certe situazioni che si presentano ma anche per l’ironia con cui vengono prese in giro certe abitudini che tutti hanno.

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Ogni spettatore può identificarsi in ciascuno dei personaggi. Ci sono Lily, un animo frizzante e anche manipolatore, Marshall, il gigante buono, Barney, che con ogni trovata riesce a conquistare le donne, Robin, una donna forte e in carriera, e Ted, l’inguaribile romantico che durante la sua gioventù vive numerosissimi alti e bassi e rispecchia l’esperienza di ogni persona.

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La serie offre degli spunti per riflettere sulla vita, sull’importanza delle cose che circondano ciascuno di noi e delle persone che ci stanno accanto. In questo periodo così strano e incomprensibile è davvero necessario riflettere sulle priorità, su ciò che è accaduto e che capita nella nostra vita. Serve anche un forte messaggio di speranza, che si può trovare nei diversi episodi. Infatti, nonostante le difficoltà che i nostri protagonisti, Ted in particolare, si trovano ad affrontare, dopo il loro superamento c’è sempre per loro qualche nuova opportunità che la vita ha offerto.

Inoltre, un altro messaggio trasmesso è che certe cose che capitano avvengono per un motivo e dunque non bisogna sconfortarsi di fronte alla situazione più buia.

Una volta finita e compresa a fondo si potrà capire che nella vita c’è molto di più e tanto ancora da scoprire e che non bisogna solamente sconfortarsi quando ci si trova di fronte ad una delusione.

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Cronache della quarantena LA MATTINA DOPO

Chiara Riccardi – 4CA

Durante questi mesi di quarantena ognuno di noi ha cercato in qualche modo di combattere la noia: c’è chi ne ha approfittato per allenarsi tutti i giorni, chi si è dedicato alla cucina, chi allo studio e chi invece , come me, è diventato un lettore seriale. Erano tanti i libri che avevo accumulato negli anni sul comodino… più o meno tutti i regali di natale e compleanno di zie/prozie/nonne dal 2013 fino ad ora, libri che mi ero promessa di leggere appena ne avrei avuto il tempo. E mai come durante un lockdown di due mesi ho avuto così tanto tempo per la lettura (forse anche troppo). Il romanzo più significativo per me è stato “La mattina dopo” di Mario Calabresi, ex direttore del quotidiano La Repubblica.

Ognuno di noi ha avuto o avrà una “mattina dopo”, un risveglio che per un istante è normale ma subito dopo viene aggredito dal dolore. Quando si perde un genitore, un compagno, un figlio, un lavoro, una sfida decisiva, quando si commette un errore, quando si va in pensione o ci si trasferisce, c’è sempre una mattina dopo. Un senso di vuoto, una vertigine che ci prende quando qualcosa o qualcuno che avevamo da anni, e pensavamo avremmo avuto per sempre, improvvisamente non c’è più. Calabresi decide di dedicare il suo libro a questi momenti, partendo dal proprio passato per poi aprirsi alle esperienze altrui e .

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Cronache della quarantena

raccontando dunque una serie di storie diverse accomunate dalla lotta per ricominciare. Si tratta di storie di resilienza, di coraggio, storie di persone che sono riuscite a guardare oltre il dolore dell’oggi per ricostruirsi il domani.

Penso che il messaggio che Calabresi vuole trasmettere attraverso questo libro sia fondamentale, soprattutto durante un periodo così particolare come quello che abbiamo vissuto negli ultimi mesi. L’autore ci insegna ad affrontare un dolore, a farci attraversare da esso. Di fronte a una sofferenza bisogna imparare a guardare avanti e non indietro, non si possono fare confronti con la vita di prima, perché se le aspettative sono di tornare al passato si rimarrà sempre delusi ad ogni passo fatto, ad ogni avanzamento. Ogni obbiettivo raggiunto non sarà mai abbastanza se l’aspettativa è cancellare quello che è successo.

Ora più che mai è necessario che ognuno di noi affronti la propria mattina dopo, facendosi una ragione delle cose accadute e provando a guardare oltre le difficoltà, guardare al futuro, anche se quel futuro sarà diverso da come ce lo eravamo immaginati.

LA MATTINA DOPO

Di fronte a una sofferenza bisogna imparare a guardare

avanti e non indietro, non si possono fare confronti con la

vita di prima.

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Cronache della quarantena SERATA CULT

Giulia Foroni – 4CA

Che si tratti di un pomeriggio con gli amici, di un appuntamento, di una serata di relax in solitario, il cinema è sicuramente il miglior amico dell’uomo. Sa adattarsi alle nostre richieste e ai nostri umori, offrendoci un vasto e variegato menù dal quale scegliere la portata che più ci attira.

Ci diverte, ci spinge a riflettere, ci fa piangere, ci fa sognare amori perfetti, e non solo: i film sono uno di quei tanti elementi che costituiscono una cultura e l’immaginario di intere generazioni. La storia della cinematografia è costellata di pellicole che sono diventate veri e propri cult “da vedere almeno una volta prima di morire”, storie e battute che sono entrate a far parte del nostro immaginario e del nostro vocabolario. È sempre bello fare un tuffo nel passato e riscoprire quei film che tutti conoscono, ma che forse le nuove generazioni non hanno mai visto per davvero.

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Partendo da quel famoso “Fight Club”: chi non conosce la citazione “prima regola del Fight Club: non parlate mai del Fight Club”? Pellicola del 1999 diretta da David Fincher, narra la vicenda di un infelice impiegato aziendale che, dopo aver conosciuto un certo Tyler Durden (interpretato da un bellissimo Brad Pitt), dà con lui vita al Fight Club, circolo segreto in cui un gruppo di uomini si sfida in brutali combattimenti per divertirsi. Ma c’è molto di più: il film parla di depressione, di consumismo, del tentativo di evadere da una realtà insoddisfacente, il tutto condito da un colpo di scena finale.

FIGHT CLUB

i film sono uno di quei tanti elementi che costituiscono una cultura e l’immaginario di intere generazioni

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Cronache della quarantena

Passando poi a “I soliti sospetti”: violenza, mistero e inganni per questa pellicola datata 1995. Il film inizia con l’esplosione di una nave, per poi ricostruire gli eventi precedenti attraverso l’interrogatorio dell’unico sopravvissuto. Una banda di criminali, rapine, menzogne, inganni e misteri: 105 minuti da guardare

SERATA CULT

Quindi, che a tenerci compagnia sia un impiegato infelice della propria vita, una banda di rapinatori o uno strano bambino con il suo psicologo, saranno sicuramente due ore cariche di suspence che ci faranno fare un tuffo nei non troppo lontani anni ’90, recuperando un indimenticabile tassello della cultura pop occidentale.

Altro intramontabile classico è il “Sesto senso”: diretto dal grande Shyamalan, ci trasporta in un’atmosfera angosciante e cupa, a tratti inquietante, in cui un bimbo confessa al proprio psicologo di riuscire a parlare con i morti. Anche in questo caso il colpo di scena finale darà una risposta ai nostri dubbi, facendo quadrare i tasselli della vicenda. È uno di quei film che o si ama o si odia, ma è indubbiamente un cult anni ’90 “da vedere prima di morire”.

IL SESTO SENSO I SOLITI SOSPETTI

trattenendo il fiato fino all’ultimo secondo, in attesta di quel colpo di scena che darà un senso al tutto.

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Di fronte all’epidemia di Covid-19 non abbiamo perso solo libertà e persone care, ma ci sono state sottratte – giustamente, per evitare ulteriori contagi – anche le nostre più grandi passioni, tra le quali lo sport. In questi giorni si sta parlando tanto del calcio professionistico di Serie A e B e di tutte le complicazioni che si potrebbero incontrare alla strenua ricerca di tornare in campo per concludere correttamente i campionati. Tuttavia, esistono tanti altri campionati e un’infinità di squadre più piccole che rischiano di non esistere più.

Già, perché il Coronavirus è anche questo, è anche l’inevitabile e terribile crisi che si scatenerà di qui a poco quando, dopo aver superato difficilmente il problema sanitario, alzeremo la testa e scopriremo di essere circondati dalla totale precarietà. Queste squadre dilettantistiche – ma anche tante professionistiche si troveranno sul lastrico – rappresentano le realtà forse più naturali e appassionate del calcio. Ci giocano bambini mai cresciuti, persone che, dopo faticose giornate di lavoro, vanno ad allenarsi per scendere in campo la domenica, che cercano di arrotondare facendo ciò che sognavano da piccoli, sapendo benissimo di avere scarsissime possibilità di raggiungere i tre cerchi del paradiso professionistico, ma non perdendo mai la voglia di desiderarli.

Dilettantismo ai tempi

del Coronavirus

SPORT TOMMASO CAGNONI 4CB TOMMASO CAGNONI 4CB

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Dilettantismo ai tempi del Coronavirus

di Tommaso Cagnoni, 4CB Beh, credo che il prossimo anno gran parte di

questi giocatori faranno parecchia fatica a calpestare il rettangolo di gioco; infatti, si stima che il 30% delle compagini dilettantistiche italiane fallirà. Non ci saranno, però, soltanto meno squadre e, quindi, inevitabilmente meno giocatori, ma ci saranno anche differenze più marcate con il professionismo. Differenze soprattutto di carattere economico che penso porteranno ad una frattura ancora più netta: le squadre dilettantistiche non solo avranno difficoltà ad ottenere promozioni sul campo, ma addirittura avranno problemi a raccogliere fondi e risultati bastevoli per restare al loro umile posto. Infatti sempre meno sponsor vorranno investire in club che non hanno alcun interesse mediatico, se non a livello locale (salvo qualche rarissima .

eccezione), e, nel caso le partite vengano per qualche tempo giocate a porte chiuse, mancheranno anche gli importanti ricavi da stadio. Credo anche che non vedremo nemmeno più grandi giocatori che ad una certa età, spinti da un fervore bambinesco, decidono di scendere negli strati più bassi per porre fine alla carriera tra la propria gente, visto che hanno comunque un costo che non tutti si possono permettere al giorno d’oggi, figuriamoci il prossimo anno. Ovviamente queste sono solo mie supposizioni; infatti in questo momento di certo c’è ben poco e non sappiamo cosa ci potrà riservare il domani. Certo è che bisogna solamente attendere e sperare che presto si possa ritornare ad indossare vecchie divise e calcare quei campi che di verde hanno soltanto qualche ciuffetto qua e là.

Queste squadre

dilettantistiche – ma anche le tante professionistiche che si

troveranno sul lastrico – rappresentano le realtà forse

più naturali e appassionate del calcio.

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Quando la politica si dimentica dell’etica

Dove ci porterà la nostra politica? Sarà capace di collaborare per condurci fuori da un’imminente crisi socio-economica? Ma soprattutto, riuscirà a mostrarsi finalmente matura? Lo spero. Eppure, visto dagli occhi di un ragazzo, il caos politico che infuria non ha che un effetto straniante: una situazione di per sé già molto complicata, è aggravata da polemiche sterili, talvolta senza un fondamento. Sembra quasi che la politica vuota, quella urlata, tronfia e pomposa, abbia voluto prendersi di nuovo lo spazio sulla scena dopo che, per le prime settimane dall’inizio della quarantena, la parola era passata alla competenza, alla scienza e alla volontà di risolvere al più presto l’emergenza senza eccedere in personalismi e retoriche. E ora, per l’appunto, il fronte compatto contro il virus, l’unione tanto invocata dal popolo e dai suoi rappresentanti, sembrano essere perduti e sviliti dalle polemiche.

Esempio? Alle 10:20 di Giovedì 30 Aprile il Presidente del consiglio Conte inizia la sua informativa alla Camera dei Deputati. Le distanze di sicurezza sono garantite e le norme rispettate, ma il presidente non indossa la mascherina: proprio per questo si leva dai banchi dei parlamentari un coro di rimostranza che ha costretto la sospensione della seduta per cinque minuti. E mentre nei luoghi del potere questo è il tenore delle discussioni, fuori c’è gente che non sa come campare. Lo stesso giorno, nella stessa camera, i deputati sono quasi arrivati alle mani. A questo si somma una diffusa tendenza al parlare, al criticare, che rimangono fini a se stesse nelle colonne dei giornali o negli echi dei servizi che, numerosi, passano nei telegiornali.

Uno scontro tra le parti che sembra voler anteporre la ricerca del consenso alla collaborazione.

A TT U A LI TÁ LUCA OCCHINI 4CA

A stranire sono quegli scontri futili, evitabili, che nulla aggiungono al dibattito politico.

La politica vuota, quella urlata, tronfia e pomposa, ha

voluto prendersi di nuovo lo spazio sulla scena.

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Caso emblematico di inutile scontro è stato poi quello che si è consumato alla fine di aprile rispetto alla richiesta di commissariare la sanità lombarda: era davvero utile aprire nel mezzo della crisi sanitaria una polemica che altro non avrebbe potuto fare se non indebolire un sistema sanitario già al collasso? E ancora:

dove ci ha portati questa ulteriore frammentazione politica?

Quando la politica si dimentica dell’etica

di Luca Occhini, 4CA

in una democrazia, diventa l’ennesima occasione per sollevare una polemica sterile, questo stesso arriva ad avere un effetto destabilizzante, e rappresenta tanto per gli italiani quanto per gli Stati esteri un elemento di debolezza e fragilità, che certo non giova all’acquisizione della fiducia necessaria per uscire da questa situazione. Ma questo sembra essere stato dimenticato in favore di un .

Tacerò poi le polemiche sul MES, quelle le lascio agli esperti. E tacerò anche quelle sulla conferenza stampa del presidente Conte. E lo stesso farò per quelle che son sorte e che ancora sorgeranno sulle volontà delle varie regioni di non seguire il piano promosso dal Governo per la riapertura. Ma non posso non sottolineare che quando il contradditorio pubblico tra le parti, sano e fondamentale

abuso della democrazia. La Cina, che ben poco spazio ha lasciato al pubblico confronto nella gestione dell’emergenza, ne è uscita velocemente. E uscirne presto deve essere anche il nostro scopo. Evitando una deriva autoritaria, ma valorizzando il dialogo costruttivo, sostenendo quella democrazia sotto la quale soltanto saremo davvero uniti.

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Grad 2020:

il tòcco solitario

Avete presente la classica scena del lancio del tòcco da film hollywoodiano? Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Canada la cerimonia di consegna del diploma prevede questa antichissima tradizione. Quest’anno nulla sarà più lo stesso, e ogni rito avverrà all’insegna del distanziamento sociale. Gli studenti saliranno sul palco uno dopo l’altro, senza però ritrovarsi di fronte alla foltissima platea che li avrebbe applauditi. Il silenzio dominerà il salone in cui pochi familiari e professori saranno rigorosamente separati l’uno dall’altro. Addirittura gli istituti scolastici hanno suddiviso la cerimonia in più giorni per far sì che ogni studente ritiri singolarmente il proprio diploma.

Non si scatteranno le numerosissime fotografie fra amici, quelle che restano negli album dei ricordi. Non si potrà dire addio ai muri che per 5 anni hanno ospitato segreti e fatiche. Non si terrà il Prom, l’evento più atteso dagli studenti fin dalle scuole elementari.

A TT U A LI TÁ LUCA FRIGERIO 4CA

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The novelty of being home has worn off incredibly fast, especially for those that rely on one another to stay sane. What my friends and I have tried to view this as, is a chance for us to discover more about who we are as people, when it really boils down to it. We won't let Covid-19 take our purpose from us, I can assure you of that. The circumstances of our transition to adulthood are what they are.

Matthew Ciardullo, 17

In the beginning I was upset. Now I’ve realized that the class of 2020 all around the world is feeling the exact same way, but we are doing it together. I appreciate the effort the school has made to ensure our ceremony was not online.

Our friend group has decided to have our own prom so we can close this chapter in our lives together. It won’t be what we thought normal was, but we will make it our normal.

Sydnee Nicklas, 18

Matthew e Sydnee, che ho conosciuto a Kamloops (CA) nella prima parte di questo anno scolastico frequentando la loro stessa scuola, hanno superato l’amarezza conservando il ricordo del percorso compiuto e delle esperienze che hanno permesso loro di diventare adulti.

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Uomo - Natura

Senza lo sguardo dell’uomo la natura non avrebbe senso. Senza un occhio osservatore potremmo mai dire che quel pioppo, che vediamo ergersi fiero, esista davvero? Senza un orecchio ascoltatore potremmo mai affermare che le onde, che mollemente si spingono sulla battigia, compongono una precisa melodia? Così parrebbe che la natura senza l’uomo non esista, ma semplicemente scambiando l’ordine delle parole potremmo cambiare i connotati (e il senso) di questa frase e dire: l’uomo senza la natura non esiste.

Potremmo mai dichiarare la nostra esistenza se non fossimo capaci di guardare, di ascoltare, di percepire con tutto il nostro corpo e attraverso i nostri sensi, ciò che accade intorno a noi? Solo ultimamente ci siamo accorti che la natura ha bisogno di noi tanto quanto noi abbiamo bisogno di lei; abbiamo riscoperto questa relazione che non è strettamente personale, cioè non lega unicamente A, la natura, a C, un essere umano, ma deve passare per una “tappa intermedia”. La quale altro non è che la condivisione di questo intimo rapporto fra natura e uomo, proprio con un altro uomo.

Così come la natura non può esistere senza l’uomo e viceversa, entrambi sarebbero completi se non condividendo questa preziosa connessione con un terzo elemento, quasi un testimone.

RI FLE SS IONI MART INA CRISTALLI MARIKA PETTINEO 4LA

Quante volte il nostro sguardo ha accarezzando il profilo maestoso delle montagne, rimanendo stregato da un’enigmatica notte stellata come quelle dipinte da Joan Mirò, ha rinvigorito quel sopito legame con la natura, e istintivamente ci ha assaliti il desiderio di vivere questo momento con un'altra persona. Così se non si è soli, rendiamo partecipi chi è con noi del nostro entusiasmo, facendo notare magari un dettaglio curioso, o altrimenti scattando una foto con la speranza che conservi parte della magia, e da riguardare in futuro. Dicevo prima che questa connessione si sta facendo sentire più forte di prima proprio in questo particolare periodo storico, durante il quale siamo stati privati proprio del terzo elemento, azzarderei a dire del più importante, della condivisione diretta con altre persone, con altri esseri umani.

Più volte in questo momento mi è capitato di fermarmi ad osservare cosa stesse succedendo alla natura e altrettante volte mi è venuta voglia che ci fosse qualcuno accanto a me ad osservare quello spettacolo. Perché condividendo lo spettacolo con una persona si amplificano le sensazioni, si moltiplica la bellezza e per queste ragioni, in un anno così frenetico sentiamo che le nostre sensazioni siano state bruscamente dimezzate, o meglio siano state quasi paralizzate. Sì, paralisi è il

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Uomo - Natura

di Martina Cristalli, Marika Pettineo

termine più appropriato, perché il tempo si è fermato, tutti siamo rimasti cristallizzati in una situazione che non ci appartiene. Non siamo abituati a stare fermi, non siamo abituati all’inattività forzata, dobbiamo sempre essere produttivi, sfruttare ogni secondo della giornata. Ma verrà il giorno in cui potremo vivere e condividere di nuovo la natura come .

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facevamo prima? No, la risposta è apparentemente brutale, ma è necessario comprendere che non potremo mai tornare alla situazione precedente: “nello stesso fiume non è possibile scendere due volte / acque sempre diverse scorrono per coloro che si immergono negli stessi fiumi”. Eraclito già lo aveva intuito, non potremmo pretendere di .

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Uomo - Natura

di Martina Cristalli, Marika Pettineo

La natura è nostra amica o piuttosto nostra nemica?

Nessuno può dirlo con certezza, nemmeno lei stessa.

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bagnarci di nuovo in quel fiume come eravamo soliti fare siccome non solo noi saremo cambiati, ma anche le acque, continuando a scorrere non saranno mai più le stesse.

Pertanto dobbiamo interiorizzare l’idea che il nostro rapporto con la natura, così come il nostro rapporto con gli altri, non sarà mai più lo stesso. Questa consapevolezza, però, non deve essere vista in un'ottica negativa, piuttosto come un’occasione che la vita ci presenta. Nulla accade per caso e quindi quella che inequivocabilmente sembra essere un’evenienza spietata come l’attuale pandemia, si rivela essere l’unico modo per farci rendere conto dell’irreversibilità dei cambiamenti. Ma sarà forse il più efficace? Solo il tempo potrà dircelo.

Natura e un uomo, un islandese. A una affermazione che ricorda molto quella sopracitata, la Natura risponde così:

“Immaginavi tu forse che il mondo fosse fatto per causa vostra? […] Quando io vi offendo in qualunque modo e con qual si sia mezzo, io non me n'avveggo, se non rarissime volte: come, ordinariamente, se io vi diletto o vi benefico, io non lo so”. La natura è nostra amica o piuttosto nostra nemica? Nessuno può dirlo con certezza, nemmeno lei stessa. L’unica cosa che sappiamo è che la natura è una nostra compagna di viaggio e probabilmente sarà l’unica ad accompagnarci fino all’ultima meta.

Quindi dovremmo porci dei limiti, limitarci ad osservarla, senza la presunzione di comprenderla a pieno, senza la pretesa, in fondo vana, di conoscerla in tutti i suoi aspetti più reconditi, ma con la sola voglia di tornare ad ammirarla e poterla vivere con tutte le persone che amiamo.

Alcuni potrebbero dire che quello che stiamo vivendo sia solamente una tortura inflittaci dalla natura, come punizione per averla sfruttata, di aver tentato di trarre il massimo da ogni sua risorsa. Tuttavia Leopardi può venirci in aiuto per rispondere a questa supposizione. Nella sua raccolta di Operette Morali infatti troviamo un dialogo, che pare fare al caso nostro, fra la personificazione della

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Fidarsi è bene, diffidare è meglio

Sono molti i siti che pubblicano fake news: per rimanere aggiornati sull’attualità è meglio affidarsi a siti attendibili e affermati, come quelli dei giornali nazionali.

RI FLE SS IONI DILETTA BOLZONI 3SA

Il numero di like, le condivisioni o la presenza di foto non sono indicatori di autenticità.

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Quante volte capita di imbattersi in una notizia che, per quanto credibile, in realtà è solo un’invenzione? Ai nostri tempi quasi tutti i giorni. Questo è il fenomeno delle cosiddette “fake news”, articoli con informazioni non veritiere che fanno leva sullo scalpore dei lettori, i quali danno così vita ad una serie infinita di condivisioni. Queste sono sempre esistite ma purtroppo, con l’utilizzo di internet e dei social, vengono diffuse molto più velocemente. Nei periodi di emergenza, come quello che si sta vivendo attualmente, le fake news diventano uno strumento ancora più minaccioso perché la gente, impaurita e insicura, trova risposte in tutto ciò che gli viene posto davanti e molto spesso non si pone il problema di verificare l’autenticità delle notizie.

È semplice e immediato imparare a condividere le news consapevolmente e mettere in atto quello che si chiama ”fact checking”, che è il lavoro di verifica di ogni giornalista, ma anche di qualsiasi cittadino, che vuole accertarsi che le informazioni diffuse siano vere. Per farlo basta:

Le fake news, purtroppo, riescono a danneggiare aziende e privati, arrivano ad influenzare l’opinione pubblica e per questo vengono usate come arma politica e come mezzo per rovinare la reputazione di un individuo.

I giovani sono tra le vittime più facili da “abbindolare”, quindi nel 2017 il Ministero dell’Istruzione ha preso provvedimenti al riguardo e, insieme alla Camera dei Deputati, ha dato vita ad un progetto chiamato “Basta Bufale” finalizzato a sensibilizzare i ragazzi all’interno delle scuole sulla larga diffusione delle fake news e della quindi necessaria verifica dell’autenticità della notizia.

Quindi, per evitare di diffondere falsità, è sempre meglio accertare la validità dell’articolo prima di decidere se condividerlo o meno.

Siti appositi si occupano dello

“smascheramento delle bufale”.

È sempre bene informarsi prima di far circolare falsità.

Verificare la fonte . Verificare se

la notizia è già stata

Non condividere

prima di aver

verificato l’autenticità

della notizia.

Non basarsi sulle

smentita. apparenze.

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Maturità,

t’avessi preso prima

Maturità, t’avessi preso prima. Se avessi saputo che il 21 febbraio sarei salito per la scala dell’atrio, avrei varcato la porta della mia classe, percorso i corridoi del terzo piano, spettegolato all’uscita con i miei amici per l’ultima volta, avrei vissuto quei momenti in modo diverso, me li sarei goduti fino in fondo, sperando che durassero il più possibile. Sono quelle le cose che poi, quando finisce tutto, ricordi con più gioia. Ho vissuto l’ultimo giorno della quinta senza sapere che fosse l’ultimo.

Mi manca discutere con i compagni di quanto fosse difficile la versione appena tradotta. Mi manca fare colazione al bar ed entrare in ritardo perché non trovo il badge e c’è fila davanti al monitor.

RI FLE SS IONI FILIPPO ZANINONI 5CB

Mi manca studiare al cambio d’ora perché non sono stato attento all’assegnazione dei compiti del giorno prima. Mi mancano i professori e le lezioni in presenza fatte alla lavagna perché alla lim, quella mattina, proprio non va di funzionare, e bisogna andare a chiamare Alberto. Adesso, invece, catapultato in una realtà nuova e inusuale, per me è tutto così lontano e freddo: di fronte allo schermo di TEAMS la testa pensa spesso ad altro, lo fisso e provo a concentrami, aspettando ancora il suono della campanella. Dopotutto, mica per niente dicono che ci rendiamo conto del valore delle cose quando le perdiamo. Gli interrogativi sono tanti e rimangono lì, a galleggiare nella testa, durante le videolezioni, ma adesso è il momento di vivere ogni cosa, di vivere le domande. Riuscirò a concentrarmi davanti alla commissione d’esame senza farmi bloccare dall’incredulità e dalla preoccupazione di dovermi difendere da un nemico invisibile?

Quando comincerò effettivamente a preparare l’esame? E l’università che andrò a fare dopo il liceo? A settembre potrò finalmente assistere di persona alle lezioni? Questa estate, l’ultima estate, quella spensierata che mi sarebbe servita a dimenticare le fatiche di questi cinque anni e a pensare a me stesso e alle mie scelte future, sarà degna quantomeno di essere chiamata tale?

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Maturità, t’avessi preso prima

di Filippo Zaninoni, 5CB

Come può un momento così drammatico diventare un’occasione e un’opportunità

per ricercare e trovare,

nonostante tutto, bellezza e gioia?

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Come può un momento così drammatico diventare un’occasione e un’opportunità per ricercare e trovare, nonostante tutto, bellezza e gioia?Avevo in mente un quinto anno diverso, ma succede. Uno si fa dei sogni, roba sua, intima, e poi la vita non ci sta a giocarci insieme, e te li smonta, un attimo, una frase, e tutto si disfa.

È vero, forse non sarà la solita notte prima degli esami passata ad ascoltare Venditti, non stapperò la bottiglia di vino con gli amici davanti all’ingresso del liceo e non andrò in viaggio di maturità, ma non voglio ridurre quest’anno ad un anno perso. È solo un anno diverso, riflessivo, più lento. Non mi importa come si svolgerà l’esame perché in cuor mio sento di aver già superato la mia “prova di maturità”: sto riscoprendo e apprezzando quei veri valori che spesso sottovalutavo o ignoravo. Ecco, allora, cosa potrei fare per trovare del bello in tutto questo: sforzarmi di

«cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio» (Calvino, Le città invisibili).

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Silenzi

di Daniele Ferrari, 4SD

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Silenzi

In qualsiasi orchestra la pausa è sacra. Quando tra le fila degli strumentisti qualcuno oltrepassa il sottile confine dell’armonia invadendo con una nota troppo lunga uno degli stravaganti sghiribizzi che molto elegantemente, nella partitura, ti dicono di tacere, il Direttore mostra un germe di frustrazione e dando sfogo alla

RI FLE SS IONI DANIELE FERRARI 4SD

Ogni silenzio è necessariamente

“sovrumano”. Oltre a Leopardi ce lo dice anche John Cage, teorico della musica è compositore del ‘900, che sua precisione maniacale dice: “da capo”. E fu così che gli orchestrali insultarono Rossini, Vivaldi e Bernard Herrmann. La pausa, per contrasto costruisce la nota; se non esistesse il silenzio ogni sinfonia sarebbe solo un rigetto indefinito di suoni nebbiosi e stonati.

chiuso in una camera anecoica (dove è massimo il fonoassorbimento) sente il circolo del sangue nelle vene e i ronzii degli impulsi elettrici che governano il nostro sistema nervoso. Anche da morti, aggiunge, il disfacimento sistematico della materia avrà un suo suono. Il silenzio non esiste, o perlomeno, esiste in una realtà ideale da cui io sono escluso, in quanto corpo rumoroso.

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2 Le opard i

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Woodstock, New York. È il 1952. In mezzo al bosco sta una sala da concerti che dall’esterno si scambierebbe per un fienile. Lunghe panche di legno colme di spettatori. Sul palco, soltanto un pianoforte a coda Stainway nero. Il solista viene

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Silenzi

di Daniele Ferrari, 4SD

accolto dagli applausi del pubblico, si siede e la sinfonia inizia. Le dita lunghe e sciolte però non battono gli ottantotto tasti, se ne stanno comodamente poggiate sulle gambe del pianista. Colpo di tosse della sig.ra Mary in terza fila, folata di vento che scuote le fronde. Fine primo movimento. Robert in quinta fila rompe qualche foglia secca con i piedi, il pianista deglutisce, colpo di tosse, starnuto. Fine secondo movimento. Brontola lo stomaco a Margaret, cadono gli occhiali al vecchio George in seconda fila, commento sottovoce di Ada al marito, gran finale: Lucy starnutisce. Fine.

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Sorda. Così la Morte che verrà per Cesare Pavese, che segna negli occhi “una vana parola, un grido taciuto, un silenzio”. Il mutismo è una delle forme più dannose per l’Io; ogni sentimento negativo senza esternazione ristagna nei nostri pensieri, ci si attacca come un parassita, subdolo, per roderci lentamente dall’interno. La parola è un antidoto infallibile: porta il problema fisicamente “al di fuori”, dove si presenta visibile e vulnerabile oppure, nella condivisione, riparte Questo ammasso di suoni, confuso, casuale ed apparentemente insensato prende il nome di 4’33, sempre di Cage.

La musica non si rassegna all’inesistenza del silenzio; lo prende e ne fa il tema centrale. Cage oltrepassa il limite della scala cromatica ed entra in una dimensione tutta sua, in cui anche il meno percettibile dei suoni

ha un ruolo da

protagonista. Il silenzio – per come lo intendiamo – è la porta verso una comprensione più profonda della realtà e dell’infinita bellezza che vi risiede.

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Silenzi

di Daniele Ferrari, 4SD

tra due confidenti il carico, tutti ne abbiamo esperienza. Anche la gioia, se compressa, se rinchiusa dalla nostra ingordigia, si sgonfia e si spegne. Dandole voce, le parole si fanno canto, diventa contagiosa e collettiva, un fuoco che ciascuno contribuisce ad alimentare. Non priviamoci della possibilità di esserne scintilla.

A volte ci capita di essere sordi, come la Morte. Ci capita di prendere in mano una pesante coperta e gettarla su voci scomode, rendendole mute in una sfera d’indifferenza.

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Si sedette sulla poltrona di velluto rosso sbottonandosi i polsini della camicia inamidata, con una certa solennità. La sala da ballo era immersa in una sottile nebbia dei sigari di quattro cacciatori seduti di fronte al bar, il parquet logoro cigolava sotto i passi decadenti di quattro coppie di vecchi che ballavano valzer di moda cinquant’anni prima. Suonava un quartetto stonato.

Alzò di scatto il capo che aveva incollato allo sterno, i suoi occhi ricaddero per qualche acronico istante sul suo volto. Poi disegnò un sorriso carico di serietà mentre i suoi occhi si perdevano per chissà quale paesaggio dell’immaginazione.

Sorrise anche lei.

Stettero seduti al tavolo per due ore, senza dirsi nulla. Entrambi erano sicuri soltanto che ogni parola in quel momento fosse di troppo, che ogni cosa taciuta fosse per magia evasa dal suo antro tenebroso permeando i vicendevolmente i loro pensieri.

Non si parlarono più, che in quel silenzio avevano detto ogni cosa.

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C esare Pave se, V errà la mo rt e e avrà i t u oi occh i

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Indice delle Immagini

Mattino di Pasqua, 1835, Caspar David Friedrich

Il bambino che dorme sul suo libro, Jean

Baptiste Greuze

Il «Buffon» e la maschera veneziana da medico Hopper Meditation,

Richard Tuschman

Neue Nationalgalerie, 1968, M. V. der Rohe

Numeri e costellazioni innamorati di una donna,

1941, Joan Miró Viandante sul mare di

nebbia, 1818, Caspar David Friedrich

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Direzione:

Matilde Carassai, Alice Gogni, Francesca Sabia

Grafici:

Luca Occhini, Luca Frigerio Redazione:

Diletta Bolzoni Tommaso Cagnoni

Martina Cristalli Camilla Dell’Orto

Daniele Ferrari Giulia Foroni Luca Frigerio Anita Groppi Margherita Lecce

Luca Occhini Andrea Papa Marika Pettineo

Chiara Riccardi Filippo Zaninoni

Coordinamento:

Annalisa Trabacchi

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