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PERCEZIONE DELLA PROFONDITA’ E DELLE DIMENSION

Uno degli elementi fondamentali della percezione visiva è il modo in cui

l’immagine retinica bidimensionale viene trasformata nella percezione di un mondo tridimensionale. L’espressione “percezione della profondità” viene usata in due modi piuttosto diversi. In primo luogo vi è una distanza assoluta, che si riferisce alla distanza di un oggetto dall’osservatore. In secondo luogo vi è una distanza relativa che si riferisce alla distanza tra due oggetti. Questi due modi di percepire le cose che ci stanno di fronte sono alla base della comprensione del nostro ambiente, permettendoci di comprendere quale sia il più lontano tra due oggetti che si trovano nel nostro campo visuale, oppure di capire la distanza tra altri due oggetti che sono sulla nostra scrivania.

In questo paragrafo non ci preoccuperemo di andare nello specifico dei modi di

percepire ed elaborare la profondità, di quello parleremo più avanti, cercheremo di capire invece, quanto la coscienza e la comprensione dell’ambiente in cui siamo immersi e della sua tridimensionalità siano importanti.

E’ di certo il caso di fare una precisazione terminologica, per poter affrontare meglio questo argomento.

Parlare di prospettiva non significa riferirsi all’aspetto percettivo e cognitivo, la prospettiva è più semplicemente una modalità di rappresentazione.

Parlare di prospettiva significa riferirsi alla “tecnica figurativa che consente di rappresentare corpi tridimensionali su un piano, in modo che di essi si abbia la stessa immagine che si avrebbe con la visione indiretta”7. Guardando all’etimologia si

può trovare un’ulteriore specificazione e vedere come il termine derivi dal latino “prospectivus”, “che assicura la vista”. Il fatto che questo termine faccia parte di una serie di “modi di dire” è forte indice della complessità del suo significato. Si parla della prospettiva di un’azienda quando se ne figurano gli sviluppi futuri; quando si sbaglia a giudicare qualcosa o qualcuno invece si parla di errore di prospettiva; o ancora di prospettiva allettante riferendosi ad una attraente eventualità. Tutte sfaccettature differenti della stessa parola che pur nella loro diversità, si riferiscono sempre a

qualcosa che si trova davanti a noi, ad una previsione fatta o che facciamo al momento.

Quello che accomuna la definizione da dizionario con i modi di dire utilizzati nella lingua comune è la potenziale imperfezione di ciò che il termine rappresenta. Parlare di rappresentazione della realtà significa parlare di riproduzione, di imitazione di essa, quindi riferirsi anche a quella percentuale 7.Psicologia cognitiva

M.W.Eyesenck e M.T.Keane, Idelson- Gnocchi, Napoli 2006

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Fotogramma de L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat

di errore, enorme o infinitamente piccola, alla quale la copia è sempre suscettibile. Così come nella lingua comune riferirsi ad una prospettiva futura considera un margine di errore.

Questo margine di errore si riferisce all’interpretazione di cui abbiamo già accennato nei paragrafi precedenti, a quell’interpretazione necessaria per

completare un quadro ricostruito dai nostri strumenti percettivi. Rapportandoci quindi agli oggetti ed alla loro tridimensionalità, possiamo incappare in errori con estrema facilità.

Quello che accadde al Grand Cafè sul Boulevard des Capucine il 28 Dicembre 1895 durante la proiezione de “L’arrivo di un treno alla stazione di La Ciotat” dei fratelli Lumiere è un esempio di come l’occhio umano sia passibile anche agli inganni degli effetti di profondità.. La leggenda vuole che durante la proiezione del primo film dei fratelli Lumiere, che in realtà consisteva in un cortometraggio che riprendeva l’arrivo di un treno alla stazione, la folla vedendosi arrivare un treno addosso si alzò improvvisamente dalle poltrone e abbandonò la sala in preda al terrore di essere travolta.

Anche D. Diderot parla di questo nella “Lettera sui cechi per quelli che ci vedono”, ed in particolare di come, anche in questo aspetto della percezione sia fondamentale l’esperienza accumulata negli anni e la consolidazione di certi codici e linguaggi necessari all’interpretazione della realtà. Ne parla riferendosi a degli studi effettuati

su un giovane che riacquista la vista ormai in età adolescenziale: “Il giovane non distinse per un bel po’ nè grandezze nè distanze, nè situazioni, e neppure figure. Un oggetto grande un pollice posto davanti ai suoi occhi, e che gli nascondeva una casa, gli sembrava grande quanto la casa. Aveva tutti gli oggetti sotto gli occhi, e gli sembravano in certo modo applicati a quest’organo, come gli oggetti del tatto lo sono alla pelle”.8

L’infinito mondo degli oggetti con i quali abbiamo a che fare necessita di essere compreso a fondo, proviamo ad immaginare di non riuscire a capire il verso della sedia che abbiamo davanti perché non ne leggiamo la tridimensionalità, non riusciremmo ad afferrarla ma soprattutto non riusciremmo ad usarla come tale. Diventa fondamentale quindi riuscire a godere la tridimensionalità degli oggetti non solo per utilizzarli ma anche per progettarli, tridimensionalità che una volta conosciuta e compresa a può essere interpretata e gerarchizzata.

Prediligere in fase di progettazione una faccia di un oggetto è un’azione che si può fare solo dopo aver compreso l’oggetto e l’ambiente nel quale si inserirà, nonché conoscendo i modi in cui lo stesso artefatto verrà visto dalle persone.

Per concludere con le parole di Richard Sapper: “Sono sempre stato interessato alla forma in movimento più che alla forma fissa. L’automobile è la forma in movimento par exellence. Un’automobile è una cosa che come un treno o un aereo, si vede prima dal davanti, poi passa e si vede da dietro.

8. Lettera sui cechi per quelli che ci vedono

D.Diderot, tr. It La nuova Italia, Firenze 1999

Anche un cavallo che ci passa davanti è una forma in movimento, diventa una specie

di film mentre noi lo guardiamo. La cappella di Ronchamp di Le Corbusier si può giudicare veramente solo facendo il giro di tutta la chiesa, perché a ogni passo cambia la visione della sua forma. È stata disegnata per questo scopo. Ci sono altri edifici che non sono costruiti in questo modo: hanno una facciata che vedo sempre nella sua totalità, questo tipo dicase non è un oggetto tridimensionale, è piuttosto un oggetto bidimensionale, come un quadro. Tutto quello che faccio tiene conto delle tre dimensioni”.9

9. Museo Alessi design interview

R.Sapper, Edizioni Corraini, 2008

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Cappella di Ronchamp (FR)

1955, Le Corbusier