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4-6 ANNI?

Si è scelta l’età prescolare, l’età della scu- ola dell’infanzia poichè questa è stata in- dividuata come fase primaria di distacco dalla figura genitoriale e condivisione di momenti ludici e confronto con bambini della stessa età in ambienti come scuola dell’infanzia e ludoteche.

A 3 anni circa il bambino impara a ma- nipolare e impugnare oggetti in modo sempre più saldo e corretto, inventa gio- chi di immaginazione, disegna e colora impugnando correttamente le matite, è in grado di usare correttamente le forbici. Tra i 4 e 5 anni è collaborativo quando si tratta di seguire regole, ama giocare in compagnia di altri bambini, inizia a l’ap- prendimento di numeri e lettere.

Le categorie di giochi più comuni in questa fascia d’età sono:

- fare finta, - costruire, - muoversi, - scoprire,

- disegnare, modellare, tagliare, colorare, - giocare insieme,

- creare e immaginare, - fare musica e teatro.

Le teorie pedagogiche riferite a questa fascia d’età a cui si può fare riferimento sono quella di Piaget, il metodo Montes- sori ed infine l’approccio ai bambini di Bruno Munari.

Piaget, nei suoi studi sull’età evolutiva,

notò che vi erano momenti dello svilup-

po nei quali prevaleva l’assimilazione, momenti nei quali prevaleva l’accomo- damento e momenti di relativo equilibrio. Ancor più, individuò delle differenze sos- tanziali nel modo con il quale, nelle sue di- verse età, l’individuo si accosta alla realtà esterna e ai problemi di adattamento che essa pone. Sviluppò così una distinzione degli stadi dello sviluppo cognitivo indi- viduando 4 periodi fondamentali dello st- esso, comuni a tutti gli individui e che si susseguono sempre nello stesso ordine. Nella fascia d’età tra i 2 e i 6 anni il bam- bino è in grado di usare i simboli. Un simbolo è un’entità che ne rappresenta un’altra. Un esempio è il gioco creativo nel quale il bambino usa, per esempio, una scatola per rappresentare un tavolo, dei pezzetti di carta per rappresentare i piatti ecc. Il gioco in questo stadio è ap- punto caratterizzato dalla decontestualiz- zazione (il coinvolgimento di altre persone o simulacri), dalla sostituzione di oggetti per rappresentarne altri e dalla crescente integrazione simbolica.

Il metodo montessoriano mette al cen-

tro il rispetto per la spontaneità del bam- bino ed è il primo a offrire un’alternativa all’educazione autoritaria dell’epoca. “Il piccolo” scrive la Montessori, “rivela se stesso solo quando è lasciato libero di esprimersi, non quando viene coartato da qualche schema educativo o da una dis- ciplina puramente esteriore”.

Solo in questo modo il bambino impara ad autoregolarsi. Infatti secondo la Mon- tessori il bambino per sua natura è serio, disciplinato e amante dell’ordine e mes- so a contatto con i materiali pedagogici adatti e guidato da un educatore “umile” e discreto è in grado di autoeducarsi e di

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dispiegare le sue potenzialità e andare a formare “un’umanità libera e affratellata”. Dai 3 ai 6 anni inizia l’educazione presco- lastica e alla mente assorbente si associa la “mente cosciente”. Il bambino sembra ora avere la necessità di organizzare logi- camente i contenuti mentali assorbiti. I giochi Montessori per i bambini da 3 a 5 anni vedono protagonisti i bambini nel pie- no del loro sviluppo psicofisico.

COME IL PRODOTTO È DIFFERENZIATO IN BASE AL GENERE? COME CAMBIANO LE SCELTE DI COLORE, FORMA, TEXTURE, RUOLO?

Il mondo dei giocattoli è popolato di “og- getti di genere”, ovvero è per lo più costitu- ito da prodotti connotati da attributi (colore, forma, dimensioni, finiture superficiali) di- stintivi e di appartenenza ad una delle due classi sessuali, maschio o femmina. Tali connotati - come, ad es. l’utilizzo del colo- re rosa, di forme arrotondate e di superfici morbide per le femmine e del colore blu, di forme spigolose e di finiture lucide e brillanti per i maschi - influenzano notevolmente la costruzione della personalità e dell’identità sessuale e sociale dei bambini nel loro per- corso di crescita e apprendimento.

(...)

I “giocattoli di genere”, quindi, possono ini- bire alcune attitudini e capacità dei bambini proprio nelle fasi principali del loro sviluppo. Se infatti i giochi di ruolo e le bambole, de- stinate dall’industria ludica soprattutto alle femmine, stimolano le abilità comunicative e introspettive, l’altruismo e la cura, inibi- scono però le abilità tecniche che invece sono sollecitate nei maschi, insieme alla

manualità e all’attitudine a risolvere i pro- blemi, dai giochi di costruzione e manipola- zione a loro principalmente rivolti (ad es., il meccano, il “piccolo chimico”, ecc.).

(Lucia Pietroni, Il design del giocattolo e l’i- dentità di genere , DIID Playlife Design n 54) I giocattoli, tra tutti i prodotti presenti sul mercato aventi una divisione di genere, sono probabilmente quella categoria che più di ogni altra dovrebbe essere neutra per favorire lo sviluppo dell’identità del bambino libero da obsoleti stereotipi.

In sintesi i giocattoli “da bambine” sono caratterizzati dal colore rosa, dalla forma smussata, da funzioni più semplici, richiamano tutti quei ruoli e quelle attività domestiche e del benessere della famiglia, dal prendersi cura del bambolotto come fosse un figlio, al set per imparare a stirare gli abiti. I giocattoli prettamente “da bambini” sono invece solitamente sulle tonalità dell’azzurro, più tecnici e dalle forme meno infantili. Richiamano mestieri che nella concezione comune si attribuiscono solo agli uomini come il falegname, il carabiniere. Inoltre i giocattoli “neutri”, vale a dire non caratterizzati dal colore azzurro/rosa e che propongono attività non orientate per genere, hanno spesso un corrispettivo tutto al femminile, tradendo quindi in realtà l’idea che il femminile sia differente e che la normalità sia il maschio.

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