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CAPITOLO 3: Il territorio tra Reggio e Motta San Giovann

4. Periodo Romano

A differenza del periodo greco-ellenistico per il quale le fonti storiche e archeologiche riguardanti il territorio di Reggio sono abbastanza numerose, per il lasso di tempo che va dall’occupazione romana fino all’età tardo antica decresce notevolmente la quantità e la qualità delle informazioni. Al di là di alcuni episodi storici che ne segnano in maniera determinante la storia ed i cambiamenti delle sue strutture istituzionali, elencati e riassunti brevemente in questo paragrafo, spesso manca qualsiasi tipo di notizia specifica riferibile all’età imperiale. Le testimonianze archeologiche risultano spesso esigue e frammentarie per la mancanza di un numero sufficiente di scavi sistematici inerenti l’area urbana o le sue immediate vicinanze.

4.1 INQUADRAMENTO STORICO

In Calabria la fase ellenistica ha termine con la definitiva occupazione romana che prende avvio in maniera sistematica solo con la fine della seconda guerra punica. Subito dopo la sconfitta di Cartagine, infatti, a causa della debolezza militare delle poleis, cambia l’equilibrio della politica romana e ad un sistema di dominazione indiretta, legata ai trattati di alleanza, si sostituì un sistema misto che premiava le poleis rimaste fedeli a Roma, come Reggio. Al contrario, sia Greci che Bruzi subirono la confisca di vaste estensioni territoriali, sia boschive che coltivabili o adattate al pascolo. Le terre confiscate vennero trasformate in ager publicus e acquistate prevalentemente dai grandi latifondisti o distribuite ai nuovi coloni latini e romani180.

Nel 123 a.C. vennero fondate alcune colonie a Cosenza, Clampezia e Scolacium. La fondazione di queste nuove colonie fu un ulteriore mezzo per controllare la regione, in particolare quelle latine furono destinate alla difesa del territorio interno mentre quelle romane alla protezione della costa e del mare181.

Sempre a metà del II secolo a.C. fu costruita la via Popilia per collegare le città di Capua e di Reggio e permettere alle truppe romane di attraversare agevolmente tutto il territorio interno controllandolo militarmente. Rafforzata, quindi, la gestione della Calabria interna, i territori, prima usati come pascolo dai Brettii furono affidati a coloni romani per essere trasformati in terreni coltivabili182.

I pochi centri non ancora soggetti al dominio diretto di Roma furono obbligati in caso di necessità a fornire aiuti militari. Le città italiche, ad esempio, dovevano fornire truppe per l’esercito, le poleis greche, invece, dovevano farsi carico di provvedere alle navi della flotta. Le popolazioni greche e italiche restarono, però, senza una vera e propria cittadinanza fino allo scoppio della guerra civile. Durante questo conflitto quasi tutte le città calabresi si schierarono dalla parte di Roma. Reggio, in particolare, dovette subire l’assedio da parte dell’esercito italico, ma resistette e non permise che la rivolta si estendesse anche alla Sicilia.

180C

OSTABILE 1994,pp. 441-442; LOMBARDO 1994,p. 133. In particolari i Brettii dovettero cedere ai romani metà della Sila come menzionato anche da DIONIGI DI ALICARNASSO,XX,5.

181C

OSTABILE 1994,p. 442.

182

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Il conflitto si concluse con la concessione della cittadinanza a tutte le città che si furono arrese. Tale privilegio fu concesso anche a tutte le poleis che erano rimaste alleate di Roma. Reggio, che si era distinta nella guerra, divenne municipio romano ed ottenne anche una speciale costituzione che le garantiva di mantenere le proprie antiche istituzioni e avere una più ampia autonomia183.

Il ruolo politico e militare della città crebbe in maniera sostanziale grazie alla sua posizione strategica e al suo porto e per tale ragione in essa furono stanziate la X legione (Fretensis) e parte della flotta di Capo Miseno.

Tra il 43 e il 36 a.C. Reggio fu coinvolta direttamente nelle guerre civili. Dopo l’uccisione di Cesare e la nascita del triumvirato, Sesto Pompeo si era impadronito della Sicilia e, armato di una potente flotta, minacciava d’invadere le altre regioni meridionali. Per fermare Sesto Pompeo, Ottaviano stanziò tre legioni e una potente flotta a Reggio. Per anni le sponde dello Stretto furono teatro di scontri navali, finché, una volta sconfitti Bruto e Cassio, fu possibile radunare un esercito abbastanza numeroso per poter riconquistare la Sicilia. La guerra si concluse con la vittoria di Ottaviano, la morte di Pompeo e la concessione ai veterani di guerra di diciotto città in tutta Italia compresa Reggio, che da allora venne chiamata Regium

Juli184.

Nel 36 a.C. ai veterani della X legione che avevano combattuto sullo Stretto e in Sicilia fu affidato il ripopolamento della città, probabilmente spopolata a causa della lunga guerra e di un terremoto che durante questo periodo l’aveva colpita. Agli stessi veterani furono concesse anche terre abbandonate o acquistate per l’occasione185

.

Questi avvenimenti trovano un riscontro anche in alcuni ritrovamenti archeologici186 che attestano la presenza delle legioni romane sullo Stretto di Messina durante questo periodo. Altre corrispondenze toponomastiche e storiche sono illustrate in un recente lavoro dello studioso locale Pensabene187, il quale ipotizza anche la presenza di una parte della flotta romana di Augusto nelle insenature della costa tra San Gregorio e Pellaro (oltre che di fronte alla città di Leoucopetra) e di accampamenti militari delle legioni nell’immediato entroterra. Dopo la fine delle guerre civili sembra che la regione dovette godere di un periodo di prosperità. Il declino dell’economia cittadina fu compensata col potenziamento di quella delle campagne dove si diffuse il latifondo, mentre alla decadenza di Crotone si oppose l’incremento demografico di Locri, Vibo Valentia, Turi e Reggio188

.

Per quest’ultima il porto risultò sempre più determinante tanto che Caligola lo ampliò per accogliere le merci provenienti dal Nord-Africa dirette a Roma. Sono attestati, inoltre, ulteriori contatti con la Propontide, la Betica, la Gallia, l’Africa Proconsolare e il Chersoneso189, che la resero così una delle basi commerciali più importanti del Mediterraneo.

183 COSTABILE 1994,pp. 443-444. 184S PANÒ –BOLANI 1857,pp. 86-90. 185S

PANÒ –BOLANI 1857,p. 91, COSTABILE 1994,p. 454.

186S

ALINAS 1894,pp. 416-417. Lungo la costa di Lazzaro, nei pressi dell’antica Leucopetra, furono ritrovate alcune ancore di piombo con l’emblema della X legione Fretensis, riferibili proprio alla guerra civile del 44-36 a.C. 187P ENSABENE 1998. 188P AOLETTI 1994,p. 474. 189 COSTABILE 1994,pp. 454-455.

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4.2 L’INSEDIAMENTO

In generale, nel territorio limitrofo alla città risultano tuttora molto scarsi i ritrovamenti archeologici riferibili all’età romana (fig. 24). Forse per una mancanza di indagini e ricerche sistematiche il numero dei siti conosciuti è circa un terzo inferiore a quello del periodo precedente. Le poche attestazioni riguardano per la maggior parte alcune tombe isolate e

alcune iscrizioni scoperte in modo fortuito. Molti dati derivano da materiale sporadico rinvenuto durante ricognizioni di superficie e solo in un caso, quello di Occhio di Pellaro, i dati raccolti provengono da uno scavo stratigrafico che resta ancora in gran parte inedito. La ricostruzione dell’insediamento in tale periodo risulta, quindi, molto difficoltosa, dovendoci affidare a pochi elementi materiali e ad un certo numero di fonti storiche.

Il primo ritrovamento riferibile alla fase romana e quello della necropoli in località Fosse di Comi nei pressi di San Giovanni di Pellaro (fig. 24). Durante i lavori per la costruzione di alcune case popolari negli anni ’30 furono portate alla luce numerose tombe allineate costruite in mattoni e con coperture di tegole piatte sovrapposte. Da tale descrizione è possibile identificare tali strutture come tombe a camera databili tra il II-I secolo a.C.190.

190

AA.VV. 1999, pp. 68-69; MARTORANO 2002,p. 28.

Figura 24: Localizzazione dei siti archeologici di età romana (II sec. a.C. – II sec. d.C.). I triangoli rappresentano le necropoli, le stelle i siti di frequentazione e l’ancora gli approdi.

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Un’altra necropoli è stata scoperta in tempi più recenti anche ad Occhio di Pellaro191

(fig. 24). Datata al II secolo a.C. – I secolo d.C. è costituita da alcune tombe a camera in laterizi con copertura di tegole come nel sito di Fosse di

Comi distante pochi chilometri. Tali tombe mostrano la continuità di vita della necropoli sorta nello stesso sito almeno a partire dal IV secolo a.C. e utilizzata ancora nel periodo romano (fig. 25). Di particolare rilevanza un’iscrizione fatta a crudo su una tegola di copertura di una delle tombe. Tale iscrizione è una delle poche testimonianze scritte di vita quotidiana noto nella regione per il periodo repubblicano, ma è molto interessante anche dal punto di vista linguistico e lessicale come attestazione del l’uso del greco nella Calabria romana192 (fig. 26).

Anche un’altra iscrizione di età romana riveste un ruolo molto importante per la storia del territorio. Datata al 79 d.C. attesta la presenza nella zona di un collegio di dendrofori, corporazione di carpentieri navali e di costruttori di macchine da guerra. La lapide fu ritrovata a Pellaro nella seconda metà del XIX

191

AGOSTINO 2001; MARTORANO 2002, p. 28.MARTORANO 2008, p. 322.

192

LAZZARINI 1989,MOSINO 1989,BUONOCORE 1991.

Figura 25: Tombe a camera rinvenute nello scavo di Occhio di Pellaro (II-I sec. a.C.) (da MARTORANO

2008,p. 322).

Figura 26: Tegola con iscrizione greca rinvenuta durante lo scavo di Occhio di Pellaro (da MARTORANO 2008,p. 322).

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secolo durante lo scavo delle fondazioni per la costruzione di una casa,

assieme a pezzi

architettonici di stile corinzio andati perduti. Fu poi murata in una parete dell’abitazione193

(fig. 27). Sempre riferibile al I secolo d.C. una tomba isolata rinvenuta all’inizio del secolo scorso in località Praca lungo la vallata del Valanidi (fig. 24). La tomba era costituita da un’urna cineraria grezza, contente ossa umane e coperta da una patera in bronzo194.

Di poco successiva un’altra iscrizione è quella oggi conservata in contrada Nocille (fig. 24), ma rinvenuta in località Lume di Pellaro durante la costruzione della chiesa del Carmine. Tale iscrizione, che si data tra la fine del I e la fine del II secolo d.C., è in realtà una piccola lapide funeraria di marmo bianco (36x26 cm) fatta incidere per la morte di M. Petronio Dionisio appartenente ad una delle gens reggine che hanno ricoperto diverse cariche municipali195 (fig. 28).

Senza una precisa datazione sono alcuni ritrovamenti effettuati nelle zone collinari. In località Badia, ad esempio, nella zona di Armo (fig. 24), sono stati scoperti alcuni frammenti ceramici generalmente attribuibili all’età romana e alcune parti di sospensurae che hanno fatto ipotizzare la presenza di un’area termale appartenente ad una villa rustica196

.

Un'altra possibile villa potrebbe essere, invece, localizzata a pochi chilometri di distanza presso il sito di Scafi, occupato già in età ellenistica, in cui sono stati recuperati diversi materiali di età imperiale e alcune tessere di mosaico197.

In località Scatenato (fig. 24), invece, durante ricognizioni di superficie condotte dal Gruppo Archeologico Pellarese, sono stati rinvenuti resti di una strada lastricata ancora non ben identificata, e generici frammenti e laterizi di età romana forse indicazione di un piccolo insediamento rurale198.

193 M

OSCATO 1872,BUONOCORE 1991,MARTORANO 2008, p. 338.

194 P

UTORTÌ 1914;COSTABILE 1980,p. 21; MARTORANO 2002,p. 32.

195 A

GOSTINO 1985;AA.VV.1991,pp. 47-48; MARTORANO 2002,p. 31; MARTORANO 2008,p. 360.

196

Arst Cartella XXV, post 17, prat. 11; COSTAMAGNA,MOSINO 1986, p. 73; MARTORANO 2008, p. 306. Il sito mai indagato strati graficamente, in epoca medievale fu occupato dal monastero di Sant’Eustrazio poi divenuto di Santa Maria di Trapezomata e abbandonato solo alla fine del XVIII secolo.

197 C

OSTABILE 1980,p. 23.

198

MARTORANO 2002, p. 29; MARTORANO 2008, p. 355.

Figura 27: Iscrizione datata al 79 d.C. rinvenuta a Pellaro alla fine del XIX secolo (da MARTORANO 2008,p. 338).

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Ancora non ben definito, perché tutt’ora inedito, il contesto relativo ad alcune tombe scoperte in località Serro dei Morti o San Leo dal nome del vicino abitato abbandonato. Tale sito ha restituito generici materiali di età romana e fa presupporre l’esistenza di un piccolo abitato in questa zona montana199 (fig. 24).

Per riassumere brevemente, mancano contesti relativi ad insediamenti, case, abitati che siano stati studiati approfonditamente. Anche le ricerche sulle aree funerarie sono ancore parziali e in gran

parte inediti. Nonostante questo i pochi dati a disposizione mostrano in generale una diminuzione dei siti che si riducono di un terzo rispetto al periodo precedente. Solo un sito su cinque, prevalentemente quelli vicino alla costa, mostra segni di continuità di vita con la fase ellenistica. Appare chiaro un cambiamento delle strategie insediative soprattutto nelle aree collinari e rurali dove gli abitati romani tendono a collocarsi in posizioni diverse in confronto agli insediamenti di IV-II secolo a.C. L’assetto insediativo sembra seguire uno schema più accentrato dove gli stanziamenti costieri sono circondati da poche villae collocate sulle colline in posizioni strategiche per lo sfruttamento agricolo del territorio.

Dal punto di vista topografico, infatti, i siti si concentrano per la maggior parte lungo la costa in prossimità dei principali approdi. Le colline, come detto precedentemente, sono occupate solo da villae o da tombe che potrebbero essere traccia di agglomerati rurali ancora non ben identificati. Non si attestano, invece, ritrovamenti significativi nelle zone montane.

Morfologicamente la maggior parte degli insediamenti è localizzata in aree pianeggianti, nelle vicinanze del mare o lungo il corso dei fiumi. Le villae si trovano in posizioni ‘panoramiche’, dominanti la vallata della fiumara Sant’Agata e l’insenatura di Pellaro, ai margini dei terrazzi collinari coltivabili, in molti casi su terreni alluvionali o sabbiosi che favoriscono l’agricoltura e la coltivazione degli olivi e della vite.

Tale schema insediativo si manterrà quasi immutato anche nei periodi successivi fino all’altomedioevo.

199

COSTAMAGNA,MOSINO 1986,pp. 71-74; MARTORANO 2008,pp. 305-306.

Figura 28: Iscrizione latina in località Nocille (I-II sec. d.C.) (da MARTORANO 2008,p. 360).

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4.3 VIABILITA’ E PORTI

Dall’inizio del II secolo a.C. la struttura viaria della Calabria cambia radicalmente con la creazione della via Popilia che da questo momento in poi costituisce l’asse viario più importante della regione. La realizzazione di questa strada determina dunque lo spostamento verso l’interno della viabilità principale, mentre la restante parte della rete viaria, soprattutto quella secondaria risalente all’età greca, rimane generalmente inalterata e riutilizzata.

Un quadro più dettagliato della viabilità emerge attraverso gli ‘itinerari’ romani200, siano essi racconti di viaggio, elenchi stradali che itineraria picta. Tramite gli itinerari è possibile conoscere la lunghezza complessiva delle vie o dei singoli tratti e le distanze tra le varie

stationes. Nel caso delle mappe, invece, è possibile in alcuni casi apprendere anche i dettagli

principali relativi alla situazione oro-idrografica del territorio201.

Per quanto riguarda l’area interessata da questo studio in età romana la viabilità principale si snodava lungo la costa Jonica seguendo un tracciato che ricalca quello attuale della Strada Statale 106 e della linea ferroviaria Reggio-Taranto. La via doveva correre, dunque, ai piedi delle colline prospicienti il mare seguendo un percorso delineato in gran parte già in età greca. In alcuni casi, soprattutto in prossimità dei corsi d’acqua di una certa ampiezza, la strada deviava leggermente dalla costa per risalire verso l’interno ed effettuare il guado in luoghi più favorevoli202 (fig. 29).

Benché gli itinerari sono generalmente concordi nel definire la posizione del promontorio di Capo d’Armi che costituisce l’elemento geografico principale del territorio, essi sono alquanto discordi nell’indicare la presenza di stationes nel territorio di Pellaro e Lazzaro e la loro distanza della città. In particolare, rimane ancora indeterminata la reale distanza dell’abitato di Pellaro soprattutto in età tardo- imperiale203.

Al contrario, non possediamo informazioni riguardo il

200 Le principali fonti sono l’Itinerarium provinciarum Antonini Augusti; l’Itinerarium Antonini Augusti Maritimum; la Ravennatis Anonymi Cosmographia; i Guidonis Geographica e la Tabula Peutingeriana.

201

«Questi itinerari non si presentano uguali fra loro, ma evidenziano differenze, a volte anche notevoli, in ordine alle tappe, alla forma del toponimo, ai dati numerici delle distanze, che talora sono discordanti pure all’interno dello stesso itinerario e degli stessi codici»(GAVIGLIANO 1994,pp. 300-304).

202 G

AVIGLIANO 1994,p. 318.

203

GAVIGLIANO 1991.

Figura 29: Viabilità di epoca romana; in rosso i tracciati viari, in blu i confini dell’area in studio.

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protrarsi dell’utilizzo degli alvei fluviali per i collegamenti trasversali tra la montagna e il mare o ancora sull’esistenza del percorso collinare interno, già noto in età greca ed ellenistica. Altra questione irrisolta riguarda il diradamento degli abitati di epoca ellenistica e l’effetto che ha causato la loro scomparsa sulla micro-viabilità rurale.

Da questo punto di vista sembra importante citare i resti di un tracciato stradale venuto alla luce in località Scatenato, nell’entroterra pellarese. Tale infrastruttura faceva parte di un percorso di collegamento tra il mare e l’altopiano di Motta San Giovanni forse nato in età ellenistica e utilizzato ancora durante la fase romana204.

Anche se sono scarsi i rinvenimenti archeologici di attività portuali in età romana in città, ad attestare la vivacità commerciale e marittima del territorio è la presenza, nell’area di Pellaro, di attività di cantieristica navale e di un approdo attivo anche dal punto di vista commerciale205.

Per quello che riguarda, invece, la navigazione marittima bisogna precisare che in età romana le tecniche di navigazione non mutano in maniera sostanziale rispetto all’epoca precedente. Piccole navi actuarie a dieci remi venivano utilizzate per il cabotaggio tra i numerosi approdi calabresi, che costituiscono i punti di servizio lungo la costa per le navi più grandi e i traffici commerciali tra le coste del mediterraneo206. Data la sua collocazione geografica Reggio diventò presto un approdo, quasi obbligato, per il traffico militare e civile tra Roma, la Sicilia e l’Oriente207

.

La città divenne sede di una base navale nella quale era stanziata una parte della flotta ausiliaria di capo Miseno, dove si trovava la forza principale della marina imperiale. Inoltre, durante l’età imperiale venne iniziata la costruzione di alcuni grandi magazzini per lo stoccaggio del grano proveniente dalle provincie orientali e dall’Egitto. Tale opera non fu portata a compimento ma da essa si intuisce chiaramente l’importanza che la città rivestiva per il commercio marittimo mediterraneo, facendo da scalo tra Roma e i porti africani e mediorientali208.

Nel territorio in esame non esisteva e non è mai esistito un porto strutturato, ma a Pellaro esisteva sicuramente un approdo già noto dall’epoca arcaica. Nel I secolo d.C., un’iscrizione ha segnalato la presenza di un collegio di Dendrofori, ovvero di una corporazione di carpentieri navali e di costruttori di macchine da guerra, che dimostra che nel sito dovevano essere impiantati alcuni cantieri navali. Ciò ovviamente perché l’insenatura di Pellaro costituiva un punto favorevole di approdo e di facile approvvigionamento dei materiali da costruzione quali il legname e la pece che dovevano provenire dalle montagne vicine209.

204

MARTORANO 2002,p. 29.

205C

ARBONE -GRIO 1904, pp. 178-186. L’autore, partendo dallo studio della toponomastica, descrive l’area di Pellaro e della frazione di Occhio come sede di attività marittime e di cantieristica navale. Ad avvalorare questa tesi viene citato il ritrovamento di un’iscrizione datata al 79 d.C. dedicata da un collegio di Dendrofori all’imperatore Tito e ritrovata a Pellaro verso la fine dell’ottocento.

206 G AVIGLIANO 1991, pp. 66-67. 207 V ON FALKENHAUSEN 1991,p. 250. 208 C OSTABILE 1994. 209 MARTORANO 2002,p. 19.

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