• Non ci sono risultati.

I personaggi del ciclo

La prima sezione si delinea come una catena formata da otto racconti dotati di un alto gradiente di autonomia dal punto di vista narrativo e unificati in prima istanza dalla presenza di Renart, il quale, allontanatosi da Malpertugio alla ricerca di cibo, nel corso delle sue peripezie affronta diverse avventure. La gran parte di questi episodi presentati in serie si contraddistinguono per l’impiego dei motivi e delle espressioni formulari tipici del Roman de Renart, inserendo i contenuti, di origine eterogenea, in una tradizione consolidata; questa tendenza viene meno negli episodi Renart e le more e

Renart e i nibbi, che sembrano condividere con il resto del ciclo unicamente il

protagonismo di una volpe di nome Renart.

Gli episodi Renart e Isengrin e Renart e Roonel sono costruiti attorno alla relazione tra Renart e un personaggio noto del ciclo: nel primo caso il protagonista escogita un piano ai danni di Isengrin, nel secondo si ingegna per riuscire a impiccare a un albero il mastino Roonel. Queste due avventure, caiscuna delle quali scandita internamente in due sequenze, sviluppano un esito innovativo, partendo da un intreccio narrativo apparentemente lineare e stereotipato, derivato essenzialmente dalla successione di motivi tipici della narrazione renardiana. I tiri giocati da parte di Renart ai suoi nemici storici ricalcano espedienti e trucchi già ampiamente sfruttati in precedenza dal protagonista, ma si evolvono in modo insospettabile: l’episodio 1.2 si conclude con una pacificazione tra il lupo e la volpe, che verrà ribadita e confermata nell’episodio 1.8;

122

mentre la seconda parte dell’episodio 1.4 prevede un repentino cambiamento dell’ambientazione, spostando la narrazione a corte per descrivere il processo di guarigione di Roonel e i festeggiamenti che seguono.

I.2.1. Ancora Renart, Isengrin ed Hersent

I due episodi che aprono e chiudono la prima sezione, rispettivamente 1.2 e 1.8, vedono protagonisti della scena, ancora una volta, Renart, Isengrin ed Hersent, ma in questo caso i personaggi sono legati fra loro da un rapporto di amicizia e solidarietà del tutto inatteso.

Varty afferma che la porzione di testo corrispondente all’episodio 1.2 potrebbe essere intitolata Comment Renart devint l’ami d’Isengrin:196 in effetti, il troviero responsabile di questa singolare avventura, e di conseguenza quello dell’avventura 1.8, all’interno di forme e modalità caratteristici del discorso renardiano, ridefiniscono la relazione di Renart e Isengrin, sul cui antagonismo sono imperniate la maggior parte delle vicende del ciclo.

Renart, allontanatosi da Malpertugio per procacciare il cibo per sé e per la sua famiglia, si imbatte in un plaissié (v. 41), e si introduce nel recinto, di soppiatto, belement (vv. 42, 44) e le col bessié (v. 42), scrutando in giro, alla ricerca di cibo. I terreni recintati sono i luoghi privilegiati in cui Renart cerca, con successo o meno, di compiere le sue razzie:197 l’ambientazione e gli stilemi lessicali adottati in questa prima scena rinviano a un motivo ben conosciuto al pubblico renardiano,198 che verosimilmente era costretto quotidianamente a fronteggiare le incursioni degli animali selvatici nei propri terreni. Ma, contrariamente a quanto si attenderebbe il pubblico, sopraggiunge all’improvviso Isengrin, inseguito da una schiera di contadini furiosi, altro topos ricorrente, che

196 Varty 1988c, p. 1066.

197 Talvolta, l’autore, per conferire maggiore realismo al testo, identifica con un nome preciso il

proprietario del cortile: nella branche II, Renart si introduce nel cortile del contadino Costant de Noes (br. II, vv. 30- 32); parte dell’avventura narrata nella branche IX ha luogo all’interno del terreno del contadino Lietard; nella branche XII Renart convince Tibert ad accompagnarlo in una scorribanda nella riserva del contadino Guillaume Bacon (v. 131); nella branche XVI la volpe entra di soppiatto nell’haie del contadino Bertaut (v. 135).

198 Una situazione molto simile, delineata dai medesimi usi lessicali, si ritrova nella branche II (vv. 45-

60), nella branche XVI (vv. 134-156), e nella seconda redazione della branche IV, di cui H è unico relatore (vv. 61-68), consultabile nell’edizione curata da Strubel 1998, p. 1033.

123

costringe i due animali alla fuga, determinando una riconfigurazione dell’ambiente narrativo.

Giunti sani e salvi nel bosco, i due compari si separano: da un lato Isengrin, che non dubitando della volpe, si appisola ai piedi di un albero:

qui desoz l’arbre se gisoit con cil qui nul mal n’i pensoit, ainz se gisoit trestot en pes.

(vv. 99-101) dall’altro Renart, qui fu fel et engrés / et qui fu plains de grant voisdie (vv. 102-3), si acquatta in un cespuglio per spiare le mosse del lupo e ne approfitta per giocargli un brutto tiro:

Renart ne le mist en oubli, ainz se porpense qu’il fera et conment il l’engingnera.

(vv. 90-92)

Il verso formulare generalmente composto da or + se + commencer / prendre +

porpenser ricopre la funzione di indicare il momento chiave dell’elaborazione di una

strategia da parte del protagonista o di un altro personaggio: si tratta di un intervento metatestuale volto a raccogliere l’attenzione del pubblico su un passaggio narrativo fondamentale per comprendere gli eventi successivi.199 Talvolta è seguito, come in questo caso, da un’altra espressione formulare et comment + soggetto + engeignier + complemento oggetto,200 impiegata quando il protagonista studia un piano per il solo gusto di ingannare una vittima, come sottolinea il verbo engeignier, esercitando il suo ingegno perverso, e non allo scopo di uscire da una situazione pericolosa.

Al momento di riflessione segue quello dell’attuazione del piano: la volpe si avvicina silenziosamente a Isengrin (vv. 93-95), lo lega per le zampe posteriori a una quercia con una corda ricavata da un ramo di quercia (vv. 96-107), e si allontana ridacchiando (vv. 108-109), per nascondersi in un cespuglio da dove potrà godersi lo spettacolo. Come prevedibile, poco dopo, sopraggiunge un contadino armato di un grosso bastone di

199 Lacanale 2014, pp. 76-81.

124

pungitopo: l’uomo, vedendo il lupo legato all’albero, si avvicina per ucciderlo, ma Isengrin riesce a reagire e a metterlo in fuga (vv. 122-164). A quel punto Renart esce bel bello dal cespuglio e, fingendo di non sapere quanto sia accaduto (vv. 168-76), si avvicina a Isengrin, il quale gli racconta dello scontro avuto con il contadino, implorandolo di liberarlo. La volpe, ben contenta del successo del suo piano, si lascia andare in dichiarazioni di affetto nei confronti del compare, facendo apparire Isengrin ancora più stolto:

«Ice vos di, foi que doi vos, qui estes mes comperes dous, que miex amasse estre batuz que vos fussiez ci enbatuz.»

(vv. 195-98)

All’interno del racconto, viene rivitalizzata una scena ampiamente frequentata nelle avventure renardiane: infatti, il motivo dei contadini che percuotono uno dei personaggi, caduti in trappola per mano di Renart, fino a lasciarlo in fin di vita, è assai ricorrente,201

e spesso si conclude con gli sberleffi del protagonista, il quale, non di rado torna sul luogo del delitto per prendersi gioco della sua vittima con battute altrettanto stereotipate. In questo caso, però, Renart non ritorna da Isengrin con l’intenzione di rivendicare la sua superiorità sulla vittima e la buona riuscita del suo piano, bensì per proporsi come suo salvatore, rendendo la posizione del suo compare ancora più comica: il lupo, ingannato e bastonato a dovere, ringrazia di cuore il suo carnefice, ammettendo così tutta la sua scempiaggine:

Dist Ysengrin: «Bien vos en croi. Mes par amors deslïez moi, et je vos en savré bon gré.»

(vv. 199-201)

201 I contadini ammazzano Poincet, il tasso cugino di Grimbert, attirato con l’inganno sulla tomba di

Coupée da Renart (br. Ib, vv. 2981-96); Roonel, caduto in una trappola tesa da Renart, viene battuto dai contadini (br. VI, vv. 366-98; br. X, vv. 590-638, 867-74; br. XI, vv. 339-42, 358-59, br. XIII, vv. 1248- 93); Tibert, appeso per il collo al cordolo delle campane, viene malmenato dagli abitanti del paese (br. XII, vv. 1213-1390), e in un’altra avventura viene battuto da un contadino (br. XIII, vv. 1728-64).

125

Il contributo più innovativo dell’autore dell’episodio Renart e Isengrin si concretizza in questa risemantizzazione del rapporto tra i due, un tempo, antagonisti: Isengrin, ritenendosi debitore di Renart, stringe con lui una relazione di sincera amicizia e riconoscenza:

Or est alez Renart besier et dist: «Renart, par saint Eloi, je vos aim mout en bonne foi. Se je vos aing, je n’ai pas tort, que vos m’avez gari de mort, que mort fusse, bien le sachiez, se ci ne fussiez repairiez.»

(vv. 208-14)

Addirittura Isengrin invita nella propria dimora Renart, colui che l’aveva oltraggiata, entrandovi per stuprare la sua sposa e maltrattare i suoi lupacchiotti (br. II, vv. 1032- 34), e ad accoglierli c’è Hersent, il cui stupro sta all’origine della contesa tra i due, che imbandisce una tavola ricca di pietanze per entrambi. Anche nella branche XXIV, Isnegrin apre le porte della sua tana a Renart ed Hersent allestisce un banchetto per l’ospite: ma nella branche epigonale, rinominata Enfances, poiché illustra alcuni degli eventi anteriori al contenzioso tra la volpe e il lupo, il narratore delinea una fase primitiva in cui Isengrin amava sinceramente Renart, il quale, al contrario, già operava unicamente al fine di ingannare il lupo (br. XXIV, vv. 141-48).202

L’episodio 1.2, dunque, propone un’alternativa alle modalità canoniche di intendere la relazione tra Renart e Isengrin, da sempre ambigua; questa operazione è resa possibile dal venire meno delle premesse sulle quali si fondavano le vicende renardiane, che traevano spunto dall’inimicizia tra Renart e Isengrin e le istanze di vendetta da parte di quest’ultimo: la coppia di lupi, infatti, ha completamente rimosso le angherie subite in passato per mano di Renart. La sola eccezione, in un quadro così uniforme, è rappresentata da una varia lectio conservata della famiglia α, che fa riferimento ai trascorsi dei due co-protagonisti: que meinte foiz li a mal fet (Mar. v. 91). 203

202 In questi versi Bonafin evidenzia il ricorso al campo semantico dell’affetto amichevole. Cfr. Bonafin

2006a, p. 24.

126

La relazione di amicizia tra Renart e Isengrin si ritrova anche nel racconto 1.8, che chiude l’episodio di Droin e l’intera prima sezione: Isengrin ed Hersent scorgono Renart, ridotto in fin di vita dal mastino Morhout, responsabile di aver portato avanti la vendetta per conto del passero, e lo trasportano fino alla loro dimora, dove si prendono cura di lui grazie al valido aiuto di un illustre medico proveniente da Montpellier e generosamente ricompensato da Isengrin.

L’autore dell’episodio Renart guarito da Isengrin ed Hersent recupera l’isotopia dell’amicizia tra la volpe e il lupo, inaugurata nell’avventura Renart e Isengrin, ma con delle differenze sostanziali, che rivendicano l’intenzione di ricollocare in una tradizione ben salda il contenuto di questi racconti: se, infatti, nell’episodio 1.2 viene omesso qualunque richiamo al rapporto adulterino tra Renart ed Hersent, ragione del conflitto tra la volpe e il lupo, nell’episodio 1.8 la passione della lupa per Renart non è censurata, ma viene rimarcata a più riprese. Sin dal suo ingresso sulla scena, Hersent viene presentata per il sentimento amoroso che nutre verso Renart:

Atant es vos dame Hersent sa conmere qui tant l’amot, en son cuer amis le clamot.

(vv. 1390-92)

e si dispera alla vista del suo amante massacrato:

«Lasse chaitive! fet Hersent, je voi ci mon compere mort. Dolente, ou prandré ge confort? Ha! Chaitive maleüree,

con je fui de forte heure nee!»

(vv. 1398-1402)

Di conseguenza, ancora una volta, Isengrin interpreta la parte del marito cornuto e ridicolizzato, ripetendo con ingenuità le parole pronunciate dalla moglie, senza accorgersi che erano destinate all’amante:

«Et or est mort, ce poise moi. Las chaitif! Qui a or ce fet

127 durement s’est vers moi mesfet.»

(vv. 1408-10)

Il legame amoroso tra Renart ed Hersent, qui por li mout grant duel demainne (v. 1429) è ribadito oltre, quando il protagonista decide di lasciare nuovamente la dimora dei lupi, ed ella piangendo lo saluta da lontano:

[…] mout en pesa Hersent et jure le cors saint Johan son voil n’en partira ouan.

(vv. 1512-14)

In quest’ultimo episodio della prima sezione, il narratore tenta di giustificare al pubblico la nuova semantica relazionale tra Renart e Isengrin: l’intenzione emerge da una serie di interventi extradiegetici, volti a rafforzare l’autenticità delle sue affermazioni. Mentre illustra dettagliatamente le cure che Isengrin ed Hersent prestano a Renart, la voce narrante si intromette per sottolineare l’incredibile genuinità dei loro sentimenti verso l’antico rivale, chiarendo che non si tratta di un inganno: ne cuit mie que il se faingne / de lui garir et respasser (vv. 1484-85), e più avanti, quando afferma che la tana dei due

lupi è un posto sicuro per Renart, rivendica la validità di quanto racconta:

[…] et Renart remaint la ou il cuide que l’en l’aint, et si fesoit on sanz gabois.

(vv. 1503-5)

Le intrusioni della voce narrante, così rare nella prima sezione, rivelano l’esigenza di riconfigurare il patto narrativo con il pubblico, poiché il narratore si trova nella posizione di dover ribadire l’affidabilità della sua voce e la veridicità di un contenuto affatto scontato nel microcosmo renardiano.

128 I.2.2. Renart e Roonel

L’avventura con il cane Roonel è la prima, narrata nella branche XI, che si sgancia dalla

quête de nourriture. Lo scollamento rispetto al motore originario è evidente sin

dall’ambientazione dell’incontro, che viene collocato enmi .I. bois (v. 340), diversamente dall’avventura con Isengrin, che ha avuto inizio in un plaissié e dalla disavventura con le more, che si è svolta in un essart. Al contrario di quanto avviene nel mondo arturiano, dove l’eroe lascia la corte per spostarsi nella foresta, alla ricerca di avventure, nel Roman de Renart il luogo deputato all’avventura è quello in cui il protagonista e i suoi compagni possono reperire cibo: per questo generalmente, all’inizio di una branche Renart si muove nella direzione opposta rispetto a quella del cavaliere arturiano, allontanandosi dalla sua tana per avvicinarsi agli spazi umani, i cortili, i campi coltivati o addirittura i villaggi.204

Nelle sue peregrinazioni, Renart avvista il mastino ai piedi di un albero, malconcio a causa delle percosse subite da un gruppo di contadini, come ingenuamente confiderà Roonel stesso alla volpe. Il motivo del cane malmenato dai villani è uno dei più ricorrenti: in particolare, nella branche XI il mastino Morhout verrà sorpreso da Droin nelle medesime condizioni, tanto che per descrivere il suo stato verrà impiegata la stessa formula adottata per Roonel, ne pot movoir ne pié ne main (vv. 347, 1003).

Ben felice di scoprire che il suo acerrimo nemico è stato ferito al punto da non riuscire a muoversi, Renart giura che di lì a breve lo farà morire impiccato. Del resto, i rapporti tra la volpe e Roonel sono da sempre poco cordiali, come afferma il narratore della branche X, definendoli cil qui onques ne s’entramerent (br. X, v. 358). In più occasioni Roonel ha tentato, senza alcun successo, di incastrare la volpe: nella branche Va, il cane viene incaricato di presiedere la sentenza di Renart al posto di Re Noble (br. Va, vv. 871- 79)205 e si allea con Isengrin per ordire un tranello ai danni della volpe: Roonel, sfruttando il trucco ben noto della finta morte, impersona la reliquia sulla quale il colpevole deve effettuare il giuramento purgatorio per attaccarlo quando meno se lo aspetta (br. Va, vv. 979-1029); in un’altra occasione, alla fine del processo di Renart, narrato nella branche I, lo insegue con le truppe reali; infine, nelle branches VI (vv.

204 Golikova 2014, pp. 251-52.

129

353-402) e X (vv. 817-84) presenta delle accuse contro la volpe e nella XIII (vv. 1600- 3) contro Chufflet, l’alter ego di Renart.

Dal canto suo, la volpe ha più volte attentato alla vita del mastino, arrecandogli onta. Nella branche X, Re Noble affida a Roonel il compito di condurre Renart a corte; la volpe accetta di seguito, ma lungo la strada scorge, nei pressi di una vigna, una trappola predisposta da un contadino: per un ironico contrappasso, Renart persuade Roonel che in quel luogo sia situata una reliquia capace di garantire salute perpetua a chiunque; quando il mastino si avvicina, nota il pezzo di formaggio posto come esca alla trappola e, nel tentativo di acchiapparlo, finisce appeso all’albero da cui pende la corda (br. X, vv. 369-490).206 Abbandonato dalla volpe, diviene facile preda per i villani accorsi al suono delle urla. Nella branche VI, Roonel, davanti alla corte di giustizia, testimonia contro Renart, raccontando di un altro episodio in cui è caduto vittima dello stesso inganno (br. VI, vv. 353-402); infine, nella branche XIII, Roonel, su invito di Chufflet, si fionda su un pezzo di carne messo come esca a una trappola, rimanendo ancora una volta appeso per il collo, e incapace di liberarsi, viene massacrato dai contadini (br. XIII, vv. 1140-1172).

Sebbene Renart sfrutti delle modalità e dei meccanismi a trazione ripetitivi per imprigionare i suoi nemici, si rilevano particolari affinità fra la trappola tesa qui a Roonel e quella orchestrata ai danni di Tibert nella branche XII, in particolare sul piano della formalizzazione. Renart fa un nodo scorsoio a una corda: nel caso di Roonel si tratta di una corda trovata casualmente ai piedi dell’albero dove, sfinito, giace il mastino (de la corde un bon laz corsor, v. 380), mentre nella branche XII, la volpe persuade Tibert a suonare le campane per i vespri (des cordes fist un bon las corsor, br. XII, v. 1015); lega la corda intorno al collo del malcapitato nella branche XI (a Roonel ou col

le mist),207 e intorno al proprio, nella branche XII, al fine di mostrare a Tibert, predestinato alla disfatta, come suonare le campane (a son col le mist tot entor, br. XII, v. 1016); da ultimo infila le zampe anteriori all’interno del cappio per evitare di strangolare Roonel (qu’il mist avoeques les .II. piez),208 e se stesso (et ses deus pies

avoc devant, br. XII, v. 1017).

206 Per il funzionamento delle trappole si rinvia a Tilander 1923, pp. 130-32. 207 La lezione è trasmessa da H. Cfr. p. 38 nota p. 59

130

Ciò che avvicina ancora di più le due branches è la testualizzazione dello scherno da parte del carnefice nei confronti della vittima intrappolata.

Renart a Roonel:

Quant Renart l’a veü en haut, si li dist: «Sire, Diex vos saut! Parlez a moi se vos volez. Por qoi estes haut encroez? Conment deable estes vos tiex? Cuidiez vos dont monter es ciex Avec Damediex la amont? Vos estes li plus fox du mont; bien vos devroit honte venir quant vos volez saint devenir. Dites moi, fet il, en quel leu vos avez ainssi servi Dieu, quant vos cuidiez aler a lui.»

(vv. 396-407)

Renart a Tibert:

Ne ne me proisiez mie tant que vos vueilliez a moi parler. Comment? volez vos ja monter la sus a monta Damledeu? Avoi Tybert, ce n’est pas jeu. L’en ne monte passias nues Dont vos sont ces folors venues? Qui diez vos ja estre si seinz. Que vos ailliez avoc lez seinz, pou aves oncor Deu servi por aler ja la sus en gloire.»

(br. XII, vv. 1086-97)

Sovente accade che Renart, dopo aver intrappolato il rivale, lo prenda in giro, fingendo di ignorare la sua condizione di prigionia. L’ironia è giocata sul fatto che il trompeur si

131

rivolga al nemico sconfitto, canzonandolo, interrogandolo, spaventandolo ulteriormente, come se questi potesse rispondergli, ma il pubblico, che ha una visione completa dello svolgimento dei fatti, può ridere con la volpe alle spalle dei suoi avversari.209

Le chiacchiere derisorie di Renart vengono bruscamente interrotte dall’arrivo di Re Noble e del suo seguito e la volpe è costretta a riprendere il suo girovagare nella foresta. Roonel viene deposto a terra, e il re leone scende da cavallo per tenerlo fra le braccia e compiangerlo; il sincero affetto che Noble nutre nei confronti dei suoi baroni si palesa di fronte alla perdita di qualcuno di loro: in questa stessa branche il re affronterà il dispiacere per la repentina perdita di Tardif e per la caduta di Chantecler ed Espinart nella guerra contro i pagani. Non di rado, il lutto è accompagnato dalla rabbia furente

Documenti correlati