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Sommario: 5.1 Come l’emergenza sanitaria ha evidenziato le problematiche esistenti nel SSN – 5.2 Il personale sanitario e i posti letto pre e post emergenza – 5.3 Modalità di assunzione, contrattuali- stica, il personale comunitario e non – 5.4 Rientri in servizio, lauree agevolate e incentivi – 5.5 Ri- flessioni conclusive

5.1) Come l’emergenza ha evidenziato le problematiche esistenti nel SSN

Con lo svilupparsi dell’epidemia di SARS nel 2003 l’OMS raccomanda a tutti i Paesi di mettere a punto un Piano Pandemico (PP) e di aggiornarlo costantemente seguendo le linee guida concordate. Il principio ispiratore del Piano è che le emergenze globali richiedono risposte coordinate e condivise su ampia scala, dove il momento di pianificazione deve essere approvato dai responsabili delle deci- sioni. Risulterà essere il riferimento Nazionale sulla base del quale verranno messi a punto i Piani Operativi Regionali (POR)194.

Tali azioni e misure seguono l’accezione dei “Livelli Essenziali di Assistenza” (LEA) adottati in Italia, costituendo il minimo essenziale da garantire. Il Ministero della Salute si fa carico di concor- dare con le Regioni le attività sanitarie e con i Dicasteri le attività extra-sanitarie necessarie per la preparazione e la risposta ad una pandemia, nonché gli aspetti etici, legali ed internazionali, ivi com- presi gli eventuali accordi bilaterali che si dovessero rendere necessari con altri Paesi, a supporto delle attività.

La recente pandemia (che tuttora stiamo vivendo e affrontando) ha evidenziato alcuni aspetti rilevanti del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) italiano. In primis le difficoltà dovute ai vari tagli che nel corso degli anni si sono susseguiti: al personale, ai posti letto, alle risorse. Negli ultimi 10 anni i fondi destinati alla sanità pubblica sono stati ogni anno minori rispetto a quelli programmati negli anni precedenti. Secondo un rapporto pubblicato a settembre 2019 dalla Fondazione GIMBE (che si oc- cupa di attività di formazione e ricerca in ambito sanitario), i mancati aumenti al finanziamento del

194 I Programmi Operativi PO sono documenti che declinano, per settori e territori, le priorità strategiche che lo Stato

membro ha manifestato all’interno dell’Accordo di Partenariato. Si suddividono in: Programmi Operativi Nazionali (PON) e Programmi Operativi Regionali (POR). I Programmi Operativi Regionali (POR) sono a titolarità di un’Ammi- nistrazione locale (Regione o Provincia autonoma), sono monofondo e plurifondo.

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SSN a carico dello Stato hanno un valore pari a circa 37 miliardi di euro.Nell'ambito delle misure previste dalla spending review (revisione della spesa), il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) del 22 gennaio 2013 (in attuazione all'articolo 2 del Decreto-Legge n. 95/2012), ha disposto la revisione degli assetti organizzativi delle amministrazioni pubbliche centrali. In partico- lare, la normativa ha previsto una riduzione del 20% delle posizioni dirigenziali di I e II fascia, nonché una riduzione del 10% della spesa relativa ai posti in organico del personale non dirigente.

Tra il 2009 e il 2018 l'occupazione nella sanità pubblica si è ridotta di 44mila unità (-6,4%), colpita anche dai Piani di Rientro della spesa delle Regioni. Stando a quanto riporta un'indagine ISTAT, infatti, tale riduzione è stata solo parzialmente compensata dall'innalzamento dei requisiti per l’ac- cesso alla pensione che, trattenendo i lavoratori più anziani, ha velocizzato il processo di invecchia- mento del personale, e dalla crescita del ricorso al lavoro flessibile (a tempo determinato e in sommi- nistrazione).

In secondo luogo, ha accentuato il federalismo regionale sanitario. Le regioni più “sviluppate” e all’avanguardia hanno sempre cercato di ampliare lo spettro di gestione in questa materia, anche e soprattutto durante la pandemia. Ciò nonostante, è sempre spettato al Governo prendere decisioni in merito alle misure di sicurezza da mettere in atto, mentre alle Regioni spetta una eventuale restrizione che non influenzi il provvedimento in toto.

Per l’epidemia Covid-19 in Emilia-Romagna che, come noto, è stata una delle prime regioni colpite contestualmente a Lombardia e Veneto, è stato predisposto un piano che prevedeva l’identificazione di 3 tipologie di strutture da includere nella rete Covid: Hub-Covid, Ospedali dotati di UO di Malattie Infettive e Terapia Intensiva; Spoke-Covid, Ospedali dotati di Rianimazione/Terapia intensiva (ma non di competenze in malattie infettive o pneumologia) in cui fosse possibile accogliere con percorsi distinti pazienti Covid in ventilazione invasiva; Ospedali/padiglioni dedicati Covid, con eventuale trasferimento delle competenze necessarie, definiti come strutture di dimensioni medio-piccole (indicativamente 150-200 PL) dotate di terapia intensiva e/o eventualmente aree semintensive con- vertibili (aree critiche, UTIC, stroke unit, ecc.) nelle quali non siano svolte attività non trasferibili e non isolabili. Al contempo è stata definita una pianificazione per la graduale occupazione dei posti letto specialistici e di terapia intensiva, nonché la contestuale riduzione delle attività ordinarie.Sulla base degli interventi sopra declinati per l’attuazione della riorganizzazione della rete ospedaliera, al fine di rendere strutturale la risposta emergenziale alla domanda di assistenza, le misure adottate hanno già comportato per tutte le Aziende sanitarie la definizione di un piano di fabbisogni, anche in termini di acquisizione di personale, che consenta di rispondere prontamente alla situazione emergenziale, procedendo a una profonda e generalizzata riorganizzazione delle attività sanitarie ed

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assistenziali, al fine di orientare primariamente il personale e le strutture organizzative verso le attività di cura e prevenzione collegati all’emergenza epidemiologica195.

5.2) Il personale sanitario e i posti letto pre e post emergenza

Come rilevato dalla Corte dei Conti, nel Rapporto sul Coordinamento della Finanza Pubblica, l’emer- genza sanitaria ha messo in evidenza oltre ai punti di forza, gli aspetti problematici del Servizio Sa- nitario Nazionale, attribuibili, soprattutto, alle scelte operate negli ultimi anni. Per quanto riguarda il personale, le maggiori criticità sono: la retribuzione in mancanza di fondi e le carenze, specie in alcuni ambiti, di personale specialistico.

Secondo recenti indagini, nel 2025 si avrà una carenza di 16.000 medici nella sanità pubblica. Le cause sono: l’invecchiamento della popolazione, il numero chiuso per gli studenti delle facoltà di Medicina, le difficoltà di accesso alle specializzazioni, gli effetti della Legge Fornero e Quota 100 che regolamentano il pensionamento. Ciò comporta la messa in ginocchio del sistema sanitario sia pubblico che privato, portando le Regioni ad attuare dei “provvedimenti tampone” per arginare il fenomeno, tra cui il richiamo in servizio dei medici in pensione per la mancanza di sostituti. Gli specialisti in maggior difficoltà sono: medici di pronto soccorso, anestesisti, ortopedici e ginecologi, ma anche medici di base o di famiglia196.

Secondo il Sindacato Nazionale dei Medici Italiani (SNAMI), in Italia si formano circa 10.000 medici ogni anno, ma l’offerta di specializzazioni non supera i 7000 posti, per cui ogni anno c’è uno sbilan- ciamento di circa 3000 medici che si accumula negli anni. Inoltre, sono circa 2000 i laureati in Me- dicina nel nostro Paese che ogni anno vanno all’estero a specializzarsi e a lavorare197.

Al 31 dicembre 2018 il personale sanitario era inferiore a quello del 2012 di circa 25.000 lavoratori. Tra il 2012 e il 2017 i professionisti dipendenti a tempo indeterminato in servizio presso le ASL, le Aziende Ospedaliere, quelle Universitarie e gli IRCCS pubblici sono passati da 653 mila a 626 mila,

195 Direzione Generale cura della persona, salute e welfare – Regione Emilia-Romagna, Piano di riorganizzazione per i

ricoveri in regime di terapia intensiva e in aree di assistenza ad alta intensità di cura (Linee di indirizzo organizzative per il potenziamento della rete ospedaliera per l’emergenza Covid-19, ex art 2, DL 19 maggio 2020, n.34), 19 maggio

2020 in https://bur.regione.emilia-romagna.it/bur/area-bollettini/bollettini-in-lavorazione/n-220-del-26-06-2020-parte- seconda.2020-06-26.5805590125/emergenza-pandemica-covid-19-disposizioni-in-ordine-al-piano-di-riorganizzazione- dellassistenza-ospedaliera-di-cui-allart-2-del-d-l-19-maggio-2020-n-34/allegato-dgr-piano-riorganizza.2020-06- 26.1593156609, pagina consultata in data 10.08.20.

196 M. D’Arienzo et al., Da qui al 2025 mancheranno almeno 16.500 medici specialisti. La carenza maggiore per i me-

dici dell’emergenza e i pediatri. Ecco la mappa Regione per Regione, 20 marzo 2020 IN https://www.quotidianosa- nita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=72137&fr=n, pagina consultata in data 12.08.20.

197 M. Grazia, In Italia la mancanza di medici costringe a richiamare in servizio i pensionati, 16 aprile 2019 in

https://www.fasi.it/leditoriale-marcello-garzia-2019-italia-la-mancanza-medici-costringe-richiamare-servizio-pensio- nati, pagina consultata in data 12.08.20.

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con una riduzione di circa 27 mila unità (-4%)198, per effetto delle politiche di contenimento della spesa per il personale nel settore pubblico e, soprattutto, dell’applicazione in alcune Regioni dei Piani di Rientro della spesa sanitaria. La diminuzione più marcata di personale stabile (-13,5%) ha riguar- dato i dirigenti non medici (con ruoli tecnici, amministrativi o professionali, inclusi i sanitari non medici). Tra i medici (inclusi odontoiatri e veterinari) la contrazione del personale stabile è invece stata del 5,4%. Infine, tra il personale non dirigente (che include amministrativi, sanitari, professionali e tecnici) si è registrata una diminuzione pari a 34.600 unità (-6,3%), che ha portato il numero di dipendenti a tempo indeterminato a circa 518 mila, dai 553 mila del 2009. L’ISTAT rileva che le politiche di innalzamento dell’età pensionabile, insieme all’applicazione di normative volte al conte- nimento delle assunzioni, hanno portato a un innalzamento dell’età media dei dipendenti del SSN a 50,7 anni. L’età media degli uomini è più alta di quella delle donne, 52,3 anni contro 49,9. Dai dati presentati dall’ISTAT, il 57,6% del totale dei dipendenti nella sanità è ultracinquantenne (63,9% degli uomini e 54,5% delle donne): la fascia di età con più dipendenti è quella 55-59 anni per gli uomini e 50-54 per le donne199. Nello stesso periodo il ricorso a personale flessibile (in crescita di 11.500 unità) ha compensato questo calo solo in parte200.

Il documento “Personale delle Aziende Sanitarie Locali (A.S.L.) e degli Istituti di Ricovero pubblici ed equiparati” riporta i dati in relazione al personale che opera nelle aziende e nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), previste per gli enti pubblici dal Decreto-Legislativo del 30 marzo 2001 n.165 “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministra- zioni pubbliche” e dal Decreto del Ministro della Salute del 29 dicembre 2013 “Rilevazione dei dati del personale delle strutture di ricovero equiparate alle pubbliche e delle case di cura private”. La Tabella n.1 raggruppa il personale dipendente del SSN e dipendente dall’Università (anno 2017) che opera nelle aziende e nelle strutture pubbliche (Aziende Sanitarie, Ospedali direttamente gestiti dalle Aziende Sanitarie, Aziende Ospedaliere, Aziende Ospedaliere-Universitarie).

198 Camera dei Deputati, Misure per il rafforzamento del personale sanitario nell'emergenza Coronavirus, 4 agosto

2020.

199 ISTAT, Istat: in 10 anni persi 44mila posti di lavoro. L'indagine certifica l'invecchiamento del personale e la ridu-

zione di contratti di lavoro stabili, 6 maggio 2020, https://finanza.lastampa.it/News/2020/05/06/sanita-istat-in-10-anni- persi-44mila-posti-di-lavoro/NjlfMjAyMC0wNS0wNl9UTEI, pagina consultata in data 12.08.20.

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Tabella n.1 Personale in servizio anno 2017

In seguito alla pandemia e al rischio di collasso dei reparti degli ospedali pubblici, si è provveduto all’assunzione straordinaria di personale sanitario che potesse gestire il carico di lavoro. Il piano va- rato all’inizio di marzo ha fatto sì che a metà del mese stesso fossero 23.580 i lavoratori entrati nel sistema, in base al decreto che permetteva alle regioni di rinforzare i ranghi per contrastare il Coro- navirus negli ospedali e sul territorio, secondo i dati del Ministero alla Salute.

REGIONI PERSONALE IN SER-