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Le personalità più influenti: vertici istituzionali, membri delle giurie, critici

In questo capitolo verranno trattate le personalità che hanno più influenzato le attività dell’Opera Bevilacqua La Masa nel periodo da noi preso in esame, ovvero dal 1958 al 1967, sia a livello amministrativo che nell’assegnazione dei premi delle collettive. Parleremo quindi principalmente delle personalità istituzionali (il presidente Diego Valeri e il direttore delle Belle Arti del Comune Pietro Zampetti, che furono membri di diritto della giuria di accettazione in tutte le collettive, e il segretario Giorgio Trentin) e di alcune personalità che presero parte ai lavori della giuria più volte. Questa, oltre ai due membri di diritto già citati, era composta da tre membri nominati dal comitato direttivo e da tre eletti dagli artisti. Nonostante la Bevilacqua fosse in quegli anni piuttosto conservatrice, cosa che vedremo ben esemplificata dalle figure di Valeri e Zampetti, i membri designati dal comitato furono in realtà abbastanza “eterogenei”: troviamo quindi personalità poco interessate al contemporaneo come Giuseppe De Logu (nominato nel 1959 e nel 1963), che insegnava storia dell’arte all’Accademia di Belle Arti di Venezia trattando solo il periodo dal Medioevo al Settecento279, ma anche Silvio Branzi (nominato nel 1958 e nel 1961), Giuseppe Marchiori (1967) e Berto Morucchio (1967) che invece erano molto aperti verso le nuove tendenze, e negli ultimi due casi aperti sostenitori di movimenti d’avanguardia. Un altro strenuo sostenitore del contemporaneo e critico militante nominato dal consiglio direttivo nel 1962 fu Giuseppe Mazzariol, che scrisse:

“Chi non capisce il fare arte oggi, non è legittimato a capire l’arte del passato. (…) Questo secolo è strepitoso, a mio avviso, uno dei grandi secoli della storia delle arti, ed è caratterizzato dalla volontà di intendere ogni volta, di capire, di chiarire che cosa il segno iconico esprime proprio eseguendolo in quanto segno iconico. Come non mai la pittura si è interrogata su che cosa sia la pittura facendo pittura”280

.

L’impossibilità di tracciare una divisione categorica tra i membri nominati dal comitato e quelli eletti dagli artisti è dimostrata anche dal fatto che alcune personalità fecero parte della giuria in entrambi gli “schieramenti”: furono designate dal comitato e poi elette dai concorrenti, o viceversa, come nel caso di Armando Pizzinato, Alberto Viani e Alberto

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Giuseppe De Logu fu anche direttore dell’Accademia. Tra le curiosità va ricordato un aneddoto di Liselotte Höhs, che fu la prima a presentarsi a lezione con un paio di blue jeans; per questo comportamento De Logu la fece chiamare in direzione e le disse che avrebbe dovuto indossare una gonna oppure non sarebbe più tornata all’Accademia. Cfr. Liselotte Höhs, catalogo della mostra (Venezia, Galleria Bevilacqua La Masa), Arti Grafiche Giorgi & Gambi, Firenze 2001.

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Gianquinto. Ancora un altro caso è quello di Aldo Bergamini, che fece parte della giuria nel 1958 nella sezione di arte decorativa in qualità di direttore dell’Istituto Veneto del Lavoro e poi venne chiamato di nuovo perché eletto dagli artisti nel 1959, 1960 e 1962. Alcuni membri furono invece sempre eletti dagli artisti per la stima guadagnata come docenti dell’Accademia: Carmelo Zotti, Renato Borsato e Mario Abis. Va inoltre sottolineato che fecero parte delle giurie di accettazione delle collettive della Bevilacqua alcune delle personalità più importanti del mondo culturale veneziano e non solo, sia perché eletti dagli artisti concorrenti sia perché designati dai vertici della fondazione.

Un discorso a parte merita Guido Perocco. Fu segretario della Bevilacqua dal 1949 al 1959, anno in cui si dimise e venne sostituito da Giorgio Trentin, e fu anche membro della giuria designato dal comitato nel 1960. Come notato da Giovanni Bianchi, fu una figura centrale per la storicizzazione dell’arte veneta dell’Ottocento e del primo Novecento: curò importanti esposizioni come “Mostra di pittori veneziani dell’Ottocento” nel 1962 e “La pittura veneta dell’Ottocento” nel 1967281. Si avvicinò alla Bevilacqua lavorando a Ca’ Pesaro, dove fu

assistente alla direzione dal 1950, e dove ebbe modo di notare il contributo della fondazione all’arte italiana del primo Novecento. Il ruolo di Perocco per quanto riguarda l’arte contemporanea è però piuttosto marginale: dopo le dimissioni da segretario della Bevilacqua venne chiamato ad assumere la direzione della Galleria d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro, ma non si dedicò mai all’organizzazione di mostre sulle ultime ricerche artistiche, preferendo continuare il suo lavoro di storico. Un contributo importante relativo alla Bevilacqua è però la sua introduzione al catalogo della 65ma collettiva del 1980, in cui tracciò una storia delle mostre della fondazione dal 1947 ad allora. Perocco notò come la svolta generazionale degli anni sessanta avvenne nella collettiva del 1965, e al tempo stesso registrò un sempre maggiore distacco con la Biennale, dove l’anno prima non aveva esposto nessuno degli artisti premiati dalla Bevilacqua: l’Esposizione Internazionale d’Arte era secondo lui sempre più in mano alla critica e ai mass media piuttosto che a una selezione locale. Perocco faceva al tempo stesso notare che alcuni artisti formatisi alla fondazione (Edmondo Bacci, Renato Borsato, Giorgio Celiberti, Alberto Gianquinto, Carlo Hollesch, Riccardo Licata, Gino Morandis, Giorgio Dario Paolucci, Carmelo Zotti, Salvatore Messina e Cesco Magnolato) avevano invece esposto alla Quadriennale di Roma nel 1965. Infine, Perocco riconobbe che la collettiva immediatamente successiva alla sospensione delle collettive dal 1968 al 1971 presentava un

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G. Bianchi, Linee essenziali della critica d’arte contemporanea a Venezia negli anni Sessanta, in Gli anni de

indirizzo estetico “molto più informato della stagione immediatamente precedente”282

. Nell’ultima sezione tratteremo infine una personalità che pur non avendo mai preso parte alla giuria svolse per tutto il periodo da noi preso in esame il ruolo di osservatore esterno e commentatore dalle colonne del “Gazzettino”: Paolo Rizzi.