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Perturbazione periodica

Nel documento Appunti di Meccanica Quantistica Parte II (pagine 60-64)

5.6 Perturbazioni dipendenti dal tempo

5.6.2 Perturbazione periodica

Z t

0

dτhf0|H1(τ )|i0i eıωf,iτ e, tenendo conto delle condizioni iniziali,

df(t) = δf,i− ı

~ Z t

0

dτhf0|H1(τ )|i0i eıωf,iτ. (5.45) Fermiamoci a questo risultato, anche se, in modo iterativo, si potrebbe proseguire il calcolo agli ordini successivi.

Notiamo che, per garantire coerenza alla sviluppo perturbativo, occorre che

|df(t)|  1 ∀f 6= i,

visto che all’ordine zero abbiamo approssimato i dn(t) con l’unico termine di= 1.

Infine, la probabilit`a di trovare all’istante t il sistema in un qualsiasi stato|fi 6= |ii `e data da

Pi→f(t) =|cf(t)|2=|df(t) e−ı che rappresenta la probabilit`a di transizione al I ordine dallo stato iniziale|i0i allo stato |f0i.

5.6.2 Perturbazione periodica

Consideriamo il caso di un sistema sottoposto a partire dall’istante t = 0 a perturbazione periodica del tipo

H1(t) =H1e−ıωt (5.47)

doveH1 non dipende dal tempo.

L’ampiezza di transizione dallo stato |i0i allo stato |f0i con f 6= i, `e data, al I ordine, da

df(t) = −ı

La probabilit`a di transizione `e data dal modulo quadro dell’ampiezza:

Pi→f(t) =|df(t)|2= 1

La funzione sinx22x `e piccata nell’origine e assume valori importanti nell’intervallo [−π, π]. Il sistema quindi avr`a con maggiore probabilit`a transizioni verso stati per i quali

|(ωf,i− ω)t/2| . π

−2π . E0f−E~ 0i t− ωt . 2π E0f− E0i ∈

~ω−2π~t , ~ω +2π~t 

Quindi, se t `e piccolo si possono avere transizioni con probabilit`a uniforme per qualsiasi valore di Ef0− Ei0. Quando t ω vengono preferite le transizioni con Ef0− Ei0' ~ω. L’interpretazione che si pu`o dare `e che la natura periodica della perturbazione e la sua frequenza non possano essere acquisite dal sistema se non trascorre un tempo pari ad alcuni periodi ω. Solo dopo il sistema `e in grado di acquisire l’informazione e comportarsi di conseguenza passando ad uno stato di energia Ef0= Ei0+ ~ω, cio`e assorbendo un quanto di energia corrispondente alla frequenza ω.

A questo punto `e opportuno notare che l’espressione (5.47) usata per la perturbazione non ha senso sul piano fisico in quanto corrisponde ad un’energia potenziale complessa. Tuttavia essa pu`o essere pensata come una parte di un termine reale tipo

H1 cos ωt =H1eıωt+ e−ıωt

2 .

Abbiamo visto che il termine proporzionale a e−ıωt genera assorbimenti di un quanto ~ω; il termine eıωt, invece, d`a transizioni con emissione dello stesso quanto, come `e possibile verificare cambiando nelle formule precedenti ω in−ω. In questo caso si parla di emissione stimolata.

Modifichiamo la trattazione precedente al fine di calcolare una probabilit`a di transizione per unit`a di tempo. Nel calcolo (5.48) supponiamo che la perturbazione sia attiva per un intervallo di tempo tra −T2 e

T

2 con T → ∞:

df(t) = lim

T→∞−ı

~(H1)f,i

Z T2

T2

dτ eı(ωf,i−ω)τ =−2πı

~ (H1)f,iδ(ωf,i− ω) Per la probabilit`a di transizione calcoliamo il modulo quadro:

Pi→f =4π2

~2 |(H1)f,i|2 δ(ωf,i− ω) δ(ωf,i− ω) Per evitare il quadrato della funzione delta, riscriviamolo nella forma

δ(ωf,i− ω) δ(ωf,i− ω) = limT

→∞δ(ωf,i− ω) 1 2π

Z T2

T2

dτ eı(ωf,i−ω)τ

Quando quest’espressione compare in un integrazione su ω, la δ valuter`a la funzione integranda per ω = ωf,i, possiamo quindi farlo per l’integrale a destra:

δ(ωf,i− ω) δ(ωf,i− ω) = δ(ωf,i− ω) limT

→∞

T 2π

Se adesso sostituiamo questa espressione nell’espressione per Pi→f e dividiamo per T prima di procedere al limite, otteniamo la probabilit`a di transizione per unit`a di tempo:

Ri→f =2π

~ |(H1)f,i|2 δ(Ef0− Ei0− ~ω), (5.51) dove si `e tenuto conto della relazione δ(x/~) = ~δ(x).

L’espressione (5.51) prende il nome di Regola d’oro di Fermi da colui che l’ha ricavata. Nel caso particolare delle transizioni negli atomi dovute ad un campo di dipolo elettrico H1 =− ~µe· ~E, dove E `e una funzione periodica del tempo, `e opportuno ricordare che le uniche transizioni possibili sono quelle che soddisfano le regole di selezione precedentemente trovate (5.30).

Sistemi di particelle identiche

Il testo base per questo capitolo `e il Nardulli ([1]).

6.1 Principio di indistinguibilit` a delle particelle identiche

Due particelle si dicono identiche se le loro propriet`a fisiche sono rigorosamente le stesse. Consideriamo un sistema di particelle identiche; in meccanica classica esse, pur essendo caratterizzate dalla stessa massa, carica, etc., mantengono la loro individualit`a. In effetti per distinguere due particelle del sistema `e sufficiente misurarne simultaneamente, ad un istante qualsiasi, ad esempio t = 0, posizione e velocit`a. Se ad un istante successivo sappiamo che le due particelle occupano le posizioni A e B dello spazio delle fasi di singola particella, risolvendo le equazioni del moto, saremo in grado di dire quale delle due particelle, che erano state identificate al tempo t = 0, occupa la posizione A e quale la posizione B. In altri termini, in meccanica classica le particelle identiche sono sempre, in linea di principio almeno, se non in pratica, distinguibili.

In fisica quantistica la situazione `e diversa. Infatti, per il principio di indeterminazione, non `e possibile determinare con precisione arbitraria all’istante t = 0 posizione ed impulso delle particelle e, per conseguenza, non `e possibile distinguerle negli istanti di tempo successivi. Ne segue che in meccanica quantistica il prin-cipio di indeterminazione implica la indistinguibilit`a delle particelle identiche. Questa propriet`a, che dicesi Principio di indistinguibilit`a delle particelle identiche, ha conseguenze assai rilevanti. Infatti supponiamo di considerare un sistema di N particelle identiche avente funzione d’onda

ψ(ξ1, ..., ξj, ..., ξk, ..., ξN) (6.1) (ξ qui rappresenta, ad esempio, l’insieme delle tre coordinate e di Sz); supponiamo di scambiare due particelle, ad esempio la particella j e la particella k: si ottiene

ψ(ξ1, ..., ξk, ..., ξj, ..., ξN) . (6.2) Questa funzione d’onda, tuttavia, non pu`o essere distinta dalla (6.1), perch´e le due particelle sono indistin-guibili. Ne segue che le due funzioni d’onda possono differire al pi`u per una fase

ψ(ξ1, ..., ξk, ..., ξj, ..., ξN) = e ψ(ξ1, ..., ξj, ..., ξk, ..., ξN) . (6.3) Se ora scambiamo nuovamente le due particelle,

ψ(ξ1, ..., ξj, ..., ξk, ..., ξN) = e2iα ψ(ξ1, ..., ξj, ..., ξk, ..., ξN) , dobbiamo riottenere la funzione d’onda di partenza. Ci`o mostra che

e= ±1 ,

cio`e la funzione d’onda risulta o simmetrica o antisimmetrica per scambio di una coppia di particelle. `E chiaro che, essendo le particelle identiche, la funzione d’onda del sistema di particelle, per lo scambio di una coppia

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arbitraria di particelle, sar`a o sempre simmetrica o sempre antisimmetrica. E’ anche chiaro che, assegnato il sistema di particelle, le sue possibili funzioni d’onda sono o tutte simmetriche o tutte antisimmetriche. Se, infatti, cos`ı non fosse, sarebbe possibile considerare la combinazione lineare di una funzione simmetrica e di una antisimmetrica, funzione, questa, che non sarebbe n`e simmetrica n`e antisimmetrica. Quanto detto `e il contenuto del Principio di Simmetria, il quale afferma che, dato un sistema di particelle identiche, i suoi stati appartengono ad un sottospazio dello spazio di Hilbert possibile per il sistema che ha fissate propriet`a di simmetria e che il sistema resta nello stesso sottospazio qualsiasi siano le forze che agiscono sul sistema e le operazioni di misura che sono effettuate.

Esempio Mostrare che, per un sistema di due particelle identiche di spin s, il rapporto R tra il numero di stati simmetrici nelle variabili di spin e il numero di stati antisimmetrici `e pari a s+1s .

Soluzione. Fissato il numero quantico di spin s, il numero di stati di spin per una particella `e dato da 2s + 1, pari al numero di valori che la componente z dello spin pu`o assumere. Nel caso di due particelle di spin s, dette sz e s0z le componenti z del loro spin, il numero complessivo di stati `e pari a (2s + 1)2. Di questi, gli stati che hanno sz= s0zsono sicuramente simmetrici; il loro numero `e pari 2s + 1. I restanti stati, con sz6= s0z, sono (2s + 1)2− (2s + 1) = 2s(2s + 1). Essi possono essere combinati a due a due per costruire un ugual numero di stati simmetrici del tipo 12(|szi ⊗ |s0zi + |s0zi ⊗ |szi) e di stati antisimmetrici del tipo

1

2(|szi ⊗ |s0zi − |s0zi ⊗ |szi).

Pertanto, il rapporto richiesto `e pari a

R = 2s + 1 + s(2s + 1)

s(2s + 1) =(s + 1)(2s + 1)

s(2s + 1) = s + 1 s .

Nel documento Appunti di Meccanica Quantistica Parte II (pagine 60-64)

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