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Pescatori di naufragi

Migrazioni

di Tana de Zulueta

Tronchi di vita scaricati dal mare

Laura Boldrini T U T T I I N D I E T R O pp. 217, €18, Rizzoli, Milano 2010 TUTTI INDIETRO

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utti indietro è un libro

inu-_ suale quanto la sua autri-ce. Laura Boldrini, la portavo-ce in Italia dell'Alto Commis-sariato Onu per i rifugiati, si è ritagliata un profilo d'eccezio-ne d'eccezio-nel nostro paese. In un pe-riodo di sconquasso politico, ma anche etico, in Italia, ha saputo dare voce alle ragioni dei più de-boli: i rifugiati, le vittime di regimi e di conflitti. Ha parlato di diritti e di diritto intemazionale, combi-nando impegno e competenza con quel tanto di grazia e di emozione necessario a smuovere un'opinio-ne pubblica sempre più incallita. Dopo oltre dieci anni nella veste di portavoce si è guadagnata l'aura più desiderata dai politici: la tanto sospirata "visibilità". Naturale, dunque, l'in-vito a scrivere un libro per raccontare le sue esperienze e le battaglie che l'hanno vista prota-gonista. Meno scontata l'autorizzazione a scri-vere (confermata dallo stesso alto commissario Antonio Guterres), a di-mostrazione del ruolo non più da semplice portavoce, bensì quasi da testimo-nial, ruolo che Boldrini ha saputo ricoprire in Italia.

Questa situazione d'eccezione ha influito sulla trama del libro. Per illuminare "l'universo scono-sciuto" di quel mondo in fuga di cui si occupa, l'autrice ha voluto condividere le storie di uomini, donne e anche bambini approdati in Italia. Sono storie emblemati-che, a cominciare da quella di Sayed, il ragazzo afgano partito bambino dal suo paese e approda-to in Italia, dopo nove anni di viag-gio, aggrappato al telaio di un ca-mion. C'è anche la storia di Titti, una giovane eritrea, unica supersti-te, insieme al fratello e un amico, del naufragio di un gommone sul quale viaggiavano settantotto per-sone. O anche Paul, detto "tuna boy" dai suoi compagni perché era tra gli uomini salvati dalla Marina italiana dalla rete per tonni sulla quale erano appollaiati.

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a buona portavoce, però, Boldrini ha voluto andare oltre le storie personali per rac-contare il lavoro, suo ma anche di altri colleghi, impegnati in teatri difficili come il Kosovo e l'Afgha-nistan in guerra, o in quell'avam-posto della nostra nascente "for-tezza Europa" che è stato l'isola di Lampedusa.

L'intento è anche pedagogico: correggere la confusione che re-gna quando si parla di questo mondo, con una pericolosa ten-denza a fare di ogni erba un fascio, trattando tutti i migranti approda-ti in Italia neHo stesso modo. Cate-gorie di persone, come i rifugiati e i richiedenti asilo, che godono, co-me ricorda l'autrice, di diritti in-ternazionalmente riconosciuti, bollati come "clandestini" dai

me-dia e dai politici nazionali, incu-ranti dell'imbarbarimento che ne consegue. Nella sua introduzione l'autrice rivela anche la necessità di una denuncia più precisa, rive-lando che ha deciso di scrivere E li-bro nel momento in cui E governo italiano ha messo in atto i respingi-menti in mare. Una politica che consiste nell'intercettare in alto mare le fragili imbarcazioni in arri-vo dalla Libia per riportare indie-tro, indiscriminatamente, tutti i lo-ro passeggeri. Un capovolgimento dello spirito e della lettera delle convenzioni internazionali, che vietano esplicitamente di respin-gere chi cerca protezione. Il centro di Lampedusa vuoto, com'è oggi, non è una vittoria, come sottoli-nea, ma una sconfitta, perché la sua premessa sono i centri e le pri-gioni deUa Libia pieni di migranti privati di ogni diritto ed esposti ad abusi, nonché al pericolo di un altro respingimento, queEo verso E deserto, con esito mortale quasi certo. Con un certo pudore,

l'au-trice parla poco di que-sti abusi, in particolare di quelli di cui sono vit-time le donne, che pa-gano, come lascia in-tendere, un dazio terri-bEe in termini di vio-lenze, per avere tentato le vie di fuga che attra-versano E Sahara e E Mediterraneo.

Il libro racconta di due deEe più originali ed efficaci iniziative di Boldrini. La prima, E premio "Per Mare", inventato per incentivare pescato-ri e mapescato-rinai a salvare i naufraghi abbandonati in balia del mare, una triste violazione della più anti-ca deEe leggi marinare, che può, in larga misura, essere attribuita aEa riluttanza dei governi d'Euro-pa ad accogHere chi fugge. La se-conda iniziativa fu proposta ai rappresentanti dei giornaHsti ita-Eani dopo la scandalosa copertura da parte di quasi tutti i media na-zionaH del massacro di Erba, una strage attribuita senza esitazione al marito tunisino di una deEe vitti-me, accusa che si rivelò poi infon-data, ma che fu tranquElamente avaEata suE'onda dei pregiudizi imperanti: la "Carta di Roma", un codice deontologico elaborato, come scrive l'autrice, "affinché in ItaHa le materie coEegate al diritto di asEo e aE'immigrazione siano oggetto di un'informazione cor-retta e completa", fu approvata nel 2007. (Il rapporto sul primo anno di monitoraggio deE'accor-do, ha confermato che stereotipi e pregiudizi imperano tuttora).

Il Hbro, che chiude sul desolan-te spettacolo deHa caccia aU'uomo contro i lavoratori immigrati negE aranceti deEa piana di Gioia Tau-ro, descrive un paese pericolosa-mente in biEco tra un modeEo di convivenza toEerante e aperto, come queEo testimoniato dai sin-daci di due comuni limitrofi a Gioia Tauro, Riace e Caulonia, dove l'accogMenza ai rifugiati è presa a modeEo in tutta Europa, e E rischio di imbarbarimento. Lau-ra Boldrini è senza dubbio

testi-mone deH'ItaEa migHore. •

tanadezulueta@gmail.com T. de Zulueta è giornalista

di Ilda Curti Fabio Sanfilippo ed Emanuela Alice Scialoja

A L A M P E D U S A

AFFARI, MALAFFARI, RIVOLTA E SCONFITTA DELL'ISOLA CHE VOLEVA DIVENTARE

LA PORTA D'EUROPA

pp. 167, € 13, Infinito, Roma 2010

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rotagonista di questo reportage, scritto da

due giornaHsti che non rinunciano aEa fa-tica deH'inchiesta e deU'approfondimento, è Lampedusa. Isola percorsa dai venti del Me-diterraneo, a metà strada tra l'Africa e l'Eu-ropa, lembo dimenticato di roccia e spiagge. Elu-sa cicatrice di un'Europa che ha smarrito E senso deEa sua civitas e misura con E compasso la pro-prietà del mare e deEe sue acque. Lampedusa e gli sbarchi: spiagge affoHate di turisti e, poco più in là, laceri tronchi di umanità in fuga, che se non gaHeggiano affondano, e con loro l'etica, l'acco-gMenza, i diritti. E reportage ha E pregio di "met-tere in fEa" una cronaca che a noi del continente arriva a singhiozzo, quando l'ennesima emergen-za degli sbarchi buca la cronaca locale per diven-tare notizia deEa sera. Tra una notizia e l'altra, si perde E senso deEa complessità e deEe contraddi-zioni che a Lampedusa durano da sempre.

Ci sono le storie dei moderni naufraghi, spaesa-ti e frastornaspaesa-ti, sopravvissuspaesa-ti aH'inferno. Ci sono i sogni di chi vorrebbe ricominciare ad avere, sem-pEcemente e umanamente, un'altra chance, uscen-do dal recinto del mare per abbracciare la Hbertà daHa paura. Poi, ci sono le storie degli isolani, che si sono sentiti raccontare le mirabEi sorti di pro-getti di svEuppo, di infrastrutture e di ricchezza. E tirano le reti neHe quaH inciampano cadaveri che

rotolano suHa battigia e vengono accolti nel sEen-zio. Ci sono le storie di straordinaria soEdarietà, di profughi che scappano dal centro di permanenza e vengono accolti neHe case. C'è l'empatia deEa gen-te del mare, che si arrabbia con chi comanda, ma non sa odiare chi fugge. Ci sono i turisti, e l'econo-mia che gira loro intomo: i tronchi di vita scaricati dal mare non è bene che si vedano, perché E rac-capriccio potrebbe turbare la spensierata stagione deEe vacanze. Poi c'è lui, E centro di permanenza: infrastruttura in cui si sono sparsi fiumi di danaro e non si capisce bene dove siano andati. Intrecci di interessi, mani rapaci, promesse non mantenute, cupidi occhi che vogHono metterci le mani sopra. Pieno fino a strabordare, con i panni stesi suHe in-ferriate di una prigione con nuHa intomo. Popola-to da uomini e donne stanchi: i controHori e i con-troHati accomunati daHa stanchezza di non sapere come andrà a finire. C'è E sindaco che mona con-tro E governo e la gestione deEe risorse. Ci sono le indagini e le condanne per corruzione, concussio-ne, abusivismo edilizio: la miseria amorale di chi usa la vita umana e E territorio per fare affari. Ci so-no i funzionari ministeriali, gli addetti aEa sicurez-za e al controEo, gli operatori umanitari, l'Unchr, le ong, i medici e gH operatori sanitari. I documen-ti, la burocrazia, gH interpredocumen-ti, gH aerei che partono e smistano i sopravvissuti da altre parti.

Da un po' di tempo di Lampedusa non si sente più parlare: le emergenze degE sbarchi non ci so-no più. Miracolosamente rigettati e respinti dal-l'altra parte del mare, o nei suoi fondali. Lampe-dusa continua a essere la cicatrice d'Europa, scon-fitta e dimenticata. SanfMippo e Scialoja ci ricor-dano che E sEenzio di oggi è un rumore sempHce-mente rimandato o rimosso. Un fragore che si in-frange neHe onde di un mare diventato galera.

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