• Non ci sono risultati.

sofia

Leonardo Ceppa I L D I R I T T O D E L L A M O D E R N I T À SAGGI HABERMASIANI pp.257, €24, Trauben, Torino 2009 LEONARDO tEPPA

I

n Italia l'opera di Jiirgen Habermas ha seguito una curiosa parabola: recepita en-tusiasticamente ai suoi inizi, quando era identificata con il marxismo e con la teoria criti-ca prima maniera, a partire da-gli anni ottanta ha perso gran parte della sua capacità di su-scitare interesse negli ambienti intellettuali. Così, mentre oggi in gran parte d'Europa, negli Stati Uniti, e persino in Estre-mo Oriente lo studio della teo-ria habermasiana del diritto e della democrazia deliberativa costituisce ormai uno dei pas-saggi obbligati per chiunque si accosti alla filosofia

politica o alla teoria sociale, in Italia (e in parte in Francia) si pensa che qualche breve articolo o un li-bro di quarant'anni fa sia sufficiente a farsi un'idea. Sennonché, come insegna Hegel, ciò che è noto non sempre è anche cono-sciuto.

Bene ha fatto quindi Leonar-do Ceppa a proporre una rifles-sione approfondita sui princi-pali motivi teorici dell'Haber-mas maturo, da Fatti e norme (testo da lui stesso magistral-mente tradotto e curato) fino ai più recenti scritti sul postseco-larismo.

Non si tratta di un libro faci-le, perché affronta problemi di cui in Italia si occupa una cer-chia molto ristretta di addetti ai lavori, spesso in maniera setto-riale. L'Habermas dei filosofi è diverso da quello conosciuto dai sociologi, quello noto ai giuristi è differente da quello dei teologi. Ma proprio in ciò sta uno dei pregi di quest'ope-ra: illustrare il pensiero di Ha-bermas nell'ampiezza del suo disegno teorico, senza perderne mai di vista i motivi ispiratori di fondo.

1 volume raccoglie saggi sud-divisi in tre sezioni: la prima è dedicata alle intuizioni filosofi-che di fondo. La seconda affron-ta alcuni tra gli sviluppi più re-centi, primo fra tutti il ripensa-mento del tradizionale paradig-ma del secolarismo. La terza considera poi altri autori, come Gunther o Teubner, e il loro ap-porto (di continuità o di rottura) allo sviluppo delle tematiche francofortesi.

Sarebbe però riduttivo vede-re in questo libro soltanto una rassegna di temi habermasiani. Accanto alla discussione critica sul maestro francofortese, Cep-pa svilupCep-pa un proprio percor-so teorico che prende forma lentamente nel corso della let-tura, fino a mostrarsi con mag-giore chiarezza nella parte

fina-le del volume. La prospettiva da cui l'autore muove è quella di uno studioso italiano di for-mazione tedesca, studioso di Schopenhauer e Adorno prima, di Habermas e della problema-tica del diritto nella società glo-bale successivamente, situato nel lacerante campo di tensione tra i due paesi.

Commentare Habermas di-venta così anche un modo per mettere in risalto, per contra-sto, le "strettoie ideologiche" che imbrigliano la cultura ita-liana in sterili contrapposizio-ni, come quella tra dialettici e positivisti (che continua a per-sistere, a volta sotto mentite spoglie, per una sorta di effet-to inerziale) o quella, più re-cente, tra clericali e laicisti. I modesti risultati scientifici che ci relegano (tranne rare ecce-zioni) ai margini della filosofia e delle scienze sociali contem-poranee sono più facilmente comprensibili nelle loro cause

se vengono messi in relazione alla nostra peculiare e coriacea impermeabilità nei confronti degli ap-procci di teoria nor-mativa. Il normativi-smo di matrice kan-tiana, infatti, pure così diffuso (si pensi, oltre ad Habermas, a Rawls, a Dworkin, o, nel campo delle teo-ria della società, a Frazer, Cohen, o Benhabib), è una pianta che fatica a crescere dalle nostre parti, dove, come scrive Ceppa, "qualunque pre-tesa di trascendenza normati-va, universalismo pratico, fon-dazione razionale, è vista come dogmatica e reazionaria (in questo senso Bobbio diceva che compito dell'intellettuale è 'seminare dubbi')".

Occorre, quindi, cercare di mettere in discussione quella sorta di senso comune secondo cui all'esaurimento delle gran-di narrazioni della metafisica non potrebbe che seguire la cura estetizzante del frammen-to, o l'elegante esercizio dell'i-ronia. Come se chi si lascia alle spalle per sempre la metafisica fosse davvero condannato a ri-nunciare alla costruzione, falli-bile ma ambiziosa, di nessi teo-rici sistematici, di proposte, di spiegazioni e diagnosi sui pro-blemi nostro tempo.

La critica all'italico disfatti-smo normativo risalta soprat-tutto dal modo in cui Ceppa analizza due dei più importanti temi dell'attuale riflessione ha-bermasiana: il nesso tra diritto e politica e il problema del po-stsecolarismo. La concezione giuridica di Habermas è pre-sentata nel contesto di quella "trascendenza dall'interno" che rappresenta una delle figu-re di pensiero più affascinanti del teorico tedesco, legata com'è all'idea che l'agire comu-nicativo contenga, anche nei passaggi più comuni della pras-si quotidiana, dei momenti di idealità.

La sfida avvincente di pensa-re una trascendenza tutta terpensa-re-

terre-10

na con gli strumenti postmeta-fisici della teoria sociale è un punto su cui Ceppa torna spes-so, per mostrare come con ciò Habermas si collochi in uno stretto ma fecondo crinale tra l'idea kantiana di autonomia, ancora prigioniera dell'involu-cro metafisico, e l'alternativa, altrettanto fallace, dei vari ap-procci realisti (o cinici che dir si voglia) che, da Hobbes a Nietzsche, cercano l'uscita dal-la metafisica neldal-la descrizione riduttiva di un mondo in cui conta solo la forza, e tutto il re-sto non è che maschera del po-tere.

Dello stesso tenore è il com-mento al tema habermasiano del postsecolarismo, che l'auto-re utilizza per un'efficace criti-ca di due fondamentalismi: il fondamentalismo religioso, che non è disposto ad accettare le conquiste di civiltà del proce-duralismo giuridico, e il fonda-mentalismo positivistico, che nel suo riduzionismo scientisti-co non è in grado di riscientisti-conosce- riconosce-re il valoriconosce-re, anche per i non criconosce-re- cre-denti, della tradizione religiosa come fonte preziosa di intuizio-ni morali.

Che la problematica morale sia, in ultima analisi, il centro del complesso edificio teorico di Habermas emerge chiara-mente nella terza parte del te-sto, dove il confronto con la posizione di Teubner consente di toccare alcuni fra i nodi più sensibili della teoria haberma-siana. Quest'ultima sezione del libro considera l'alternativa tra due modelli di normatività: quello del cognitivismo morale habermasiano e quello più de-bole, e riconducibile all'umani-smo schopenhaueriano della compassione, che risulta dalla teoria di Teubner. Ceppa sce-glie qui una strategia voluta-mente difficile, che però gli consente di esplicitare al me-glio tutti gli aspetti della posta in gioco.

D

a un lato presenta con precisione le ragioni di entrambe le posizioni, con il fi-ne di cercare i loro possibili punti di contatto. Dall'altra è egli stesso a riconoscere come la prospettiva di Teubner (cui pure il nostro autore guarda spesso con simpatia) rimanga, nonostante tutti gli sforzi di sintesi, sostanzialmente incon-ciliabile con il cognitivismo ha-bermasiano. La democrazia per Habermas non si limita a essere semplicemente una for-ma di governo preferibile o

op-portuna (come direbbe

Teub-ner), ma trae invece la propria giustificazione dal suo legame con la comunicazione linguisti-ca, che pur senza poterci ga-rantire verità e massime assolu-te, ci offre tuttavia gli strumen-ti per poter disstrumen-tinguere di volta in volta, fallibilisticamente ma

ragionevolmente, tra il vero e il

falso, il giusto e l'ingiusto. Il confronto tra le due conce-zioni rimane quindi aperto e irri-solto, con numerosi spunti di ul-teriore approfondimento che in-vogliano alla lettura: sia di

Ha-bermas che di Teubner. •

Walter.privitera@unimib.it W. Privitera insegna sociologia all'Università di Milano Bicocca

Documenti correlati