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Il picco 2D

Nel documento Lo spettro Raman del Grafene (pagine 33-40)

3.3 Descrizione diagrammatica dei picchi Raman del grafene

3.3.2 Il picco 2D

Il picco 2D `e associato a uno shift Raman ν(2D) ' 2700cm−1 e non pu`o essere spiegato facendo ricorso a processi di singolo fonone, in quanto nel grafene non sono presenti modi di vibrazione con una tale frequenza in corrispondenza del centro della zona di Brillouin. Come gi`a accennato la formazione del picco 2D pu`o essere interpretata prendendo in considerazione processi a due fononi con vettori d’onda uguali e opposti [1], cos`ı da soddisfare la 1.43. Guardando il pannello in basso in figura 3.3 si vede inoltre come il picco D abbia frequenza pari alla met`a del picco 2D, il che rafforza l’ipotesi che il picco 2D sia dovuto a un processo nel quale sono coinvolti due fononi, ciascuno con frequenza ν ' 1350cm−1. Bench´e, guardando la 3.1, una tale frequenza possa essere associata sia al modo iTO attorno al punto K, corrispondente al fonone A1g, che

al modo iLO attorno al punto M, si `e giunti alla conclusione che soltanto la prima branca `

e coinvolta nel processo [1]. Questa assegnazione consente di spiegare la dispersione lineare sperimentalmente osservata nel picco 2D. Anche il processo di formazione del picco 2D pu`o essere illustrato grazie ad un approccio di tipo diagrammatico, come mostrato in figura 3.6 Anche in questo caso un elettrone con vettore d’onda k attorno al punto K e energia (k)

Fig. 3.6: Formazione del picco 2D

assorbe un fotone incidente con energia hνi, effettuando una transizione verticale. Tuttavia

in questo caso non tutti gli stati elettronici contribuiscono, ma soltanto quelli per cui vale la condizione di risonanza

La 3.1 equivale a imporre che lo stato intermedio 0 = (k) + hνi sia un autostato del sistema,

ovvero appartenga alla curva di dispersione. Nel secondo stadio l’elettrone viene scatterato da un fonone con vettore d’onda Q = K + q, con q << K, e frequenze νQ nel punto K0+ k0

attorno al vertice K0. Questo processo `e mostrato in figura 3.6 con una linea tratteggiata. Conservazione di energia e impulso impongono

~vFk0 =

hνi

2 − hνQ (3.2)

k0 = k + q (3.3)

Al contrario di quanto avveniva nel picco G, l’elettrone scambia anche impulso con il reticolo. Affinch`e l’elettrone possa chiudere il diagramma, ricombinandosi radiativamente con la lacuna, `

e necessario che esso subisca uno scattering analogo al precedente da un fonone con vettore d’onda Q0 = −Q e ritorni al valore iniziale dell’impulso, avendo in totale ceduto energia pari a 2hνQ. Questo non `e uno stato stabile del sistema, cosicch`e l’elettrone compie una transizione

verticale verso lo stato energetico iniziale, emettendo un fotone con energia hνf = hνi−2hνQ. In

assenza di direzioni privilegiate per lo scattering il valore di q pu`o dunque variare con continuit`a da q = 0, scattering in avanti, a q = 2k, scattering all’indietro, il che implicherebbe la presenza di una banda allargata al posto del picco 2D. L’assenza di questo allargamento `e dovuta al fatto che la condizione di backscattering risulta essere privilegiata. Per capire il motivo di questo fenomeno `e conveniente passare dallo spazio degli impulsi a quello delle coordinate spaziali e studiare il processo di scattering in termini di traiettorie semi-classiche. In questa cornice il processo di scattering pu`o essere raffigurato come in figura 3.7

Fig. 3.7: Scattering Raman a 2 fononi nello spazio reale. (a1 − a2): processi in cui non `e possibile

la ricombinazione radiativa poich`e la coppia non si rincontra nello stesso punto dopo aver viaggiato per tempi uguali. (a3): processo di backscattering, per il quale `e avviene ricombinazione radiativa. Il

fulmine rappresenta il processo di creazione di una coppia elettrone-lacuna da parte di un fotone. Le frecce verdi ondulate rappresentano l’emissione di un fonone. La scintilla rappresenta la ricombinazione radiativa di elettrone e lacuna

Il fotone incidente sul sistema crea una coppia elettrone-lacuna con momento pari rispet- tivamente a p e −p. Affinch`e la coppia possa ricombinarsi radiativamente `e necessario che elettrone e lacuna si ritrovino nello stesso punto dopo aver viaggiato per un intervallo di tempo uguale. Questa condizione richiede una inversione del moto delle particelle e pu`o dunque essere

soddisfatta solo attraverso l’emissione di fononi con vettore d’onda parallelo alla direzione ini- ziale del moto. Questa condizione di backscattering, escludendo la possibilit`a di avere q = 0, spiega anche il perch`e dell’assenza del picco 2G, overtone del picco G. Andando ora a combinare le equazioni 3.1 - 3.2 - 3.3 con la condizione di backscattering, che fissa il verso relativo di k e k0, si ottiene

q = k + k0 = 2π vF

(νi+ νQ) (3.4)

Poich`e, come si `e visto, la frequenza del fonone emesso `e molto minore di quella del laser usato per eccitare il sistema, si pu`o trascurare il termine νQ e ottenere l’andamento atteso per la

dispersione del picco 2D

Disp(2D) = 2dνQ dq dq dνi ' 2vg vF (3.5) dove si `e introdotta la velocit`a di gruppo vg = 2π

dνQ

dq . Dal grafico 3.1 si vede come la velocit`a

di gruppo del fonone A1g sia costante attorno al punto K, il che spiega il comportamento

dispersivo lineare del picco 2D. Al contrario di quanto avveniva per il picco G, nel quale cambiare energia del laser non cambiava la risposta del sistema, nel caso del picco 2D questo non `e pi`u vero. Come mostrato in figura 3.8, se si cambia la lunghezza della freccia blu non `e pi`u possibile chiudere il diagramma attraverso processi di scattering con gli stessi fononi considerati in precedenza. Risulta infatti necessario aggiustare la freccia tratteggiata per fare in modo che lo stato di arrivo dell’elettrone giaccia sul cono di dispersione. Aggiustare la freccia significa far interagire l’elettrone con un fonone diverso rispetto al precedente, in modo da poter soddisfare la conservazione di energia e impulso. Poich`e, come mostrato in figura 3.1, la relazione di dispersione per i fononi attorno a K non `e piatta, una variazione di q comporta anche una variazione dello shift Raman, ovvero della posizione del picco 2D.

Fig. 3.8: Al variare dell’energia del laser incidente fononi diversi prendono parte al processo. Il processo A `e lo stesso mostrato in figura 3.6. Nel processo B si vede come l’elettrone non pu`o interagire con lo stesso fonone del processo A, in quanto non si riesce a chiudere il diagramma (croce rossa). Il problema si risolve andando a far interagire l’elettrone con un fonone opportuno (v verde), cos`ı da chiudere il diagramma e soddisfare conservazione di energia e impulso.

Conclusioni

In questa dissertazione si introdotto il fenomeno della diffusione anelastica della luce, partendo dal caso di una molecola biatomica e successivamente andando a trattare i casi di molecole pi`u complesse e di solidi. Si `e messo in evidenza come l’utilizzo di tecniche spettroscopiche sia fondamentale ai fini della caratterizzazione di un campione e si `e mostrata la complementarit`a di spettroscopia Raman e IR. Si `e successivamente introdotto lo studio del grafene, del quale sono state mostrate le propriet`a principali. Si `e sottolineata quindi la necessit`a di una adeguata caratterizzazione del grafene, resa possibile dalla spettroscopia Raman. Ci si `e in particolare posti il problema di una corretta interpretazione dello spettro Raman di un campione di grafene privo di difetti e si `e visto come sia possibile ricostruire il processo di formazione dei picchi G e 2D attraverso l’utilizzo di diagrammi. Come gi`a accennato la complessit`a dello spettro aumenta considerevolmente qualora si abbandoni l’ipotesi di non idealit`a. Lo studio dello spettro comple- to risulta chiaramente di grande interesse teorico e pratico, in quanto attraverso l’intensit`a del picco D `e ad esempio possibile risalire al grado di impurit`a del sistema. Si `e inoltre accennato al fatto che le propriet`a dello spettro possono essere manipolate esternamente, come avviene ad esempio per l’intensit`a del picco G al variare del livello di Fermi. Alla luce di queste considera- zioni risulta chiaro come uno studio completo dello spettro del grafene richieda una trattazione pi`u ampia, cosicch´e diversi punti sono rimasti inesplorati. Il lavoro svolto rappresenta quindi un possibile modo di approcciare per la prima volta lo studio di un sistema complesso come il grafene e pu`o essere utilizzato come punto di partenza in vista di approfondimenti futuri.

Bibliografia

[1] Andrea C. Ferrari, Denis M. Basko, Raman spectroscopy as a versatile tool for studying the properties of graphene, Nature nanotechnology.

[2] L. M. Malard, M. A. Pimenta, G. Dresselhaus, M. S. Dresselhaus, Raman spectroscopy in graphene, ScienceDirect.

[3] A. H. Castro Neto, F. Guinea, N. M. R. Peres, K. S. Novoselov, A. K. Geim The electronic properties of graphene.

[4] David Tuschel, Raman Thermometry, Spectroscopy. [5] Ashcroft, Mermin, Solid State Physics, Cengage Learning.

[6] Bransden B.H., Joachain C.J., The Physics of Atoms and Molecules, Longman Scientific & Technical.

[7] Giovanni Battista Bachelet, Vito Domenico Pietro Servedio, Elementi di Fisica atomica molecolare e dei solidi, Aracne.

[8] Peter Y. Yu, Manuel Cardona, Fundamentals of Semiconductors, Springer. [9] Derek A. Long, The Raman Effect, John Wiley & Sons.

[10] Jean-No¨el Fuchs, Mark Oliver Goerbig, Introduction to the Physical Properties of Graphene, Lecture Notes.

Nel documento Lo spettro Raman del Grafene (pagine 33-40)

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