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Lo spettro Raman del Grafene

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Academic year: 2021

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Facolt`

a di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali

Corso di laurea triennale in Fisica

Lo spettro Raman del grafene

Relatore Candidato

Prof. Tullio Scopigno

Andrea Rossetti

Numero di matricola 1648667

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Introduzione

Il grafene, materiale bidimensionale costituito da un solo strato di atomi di carbonio organizzati in un reticolo a nido d’ape, costituisce la base per la formazione di diverse forme allotropiche del carbonio. La pi`u comune di queste, la grafite, `e formata da una sovrapposizione di stra-ti di grafene ed `e stata scoperta in Inghilterra nel XVI secolo, venendo poi utilizzata per la produzione delle comuni matite. Attraverso l’applicazione di una pressione esterna si causa la rottura dei legami tra i diversi strati che compongono il cristallo di grafite, cosicch´e nel pro-cesso di scrittura vengono comunemente depositati sul foglio cristalli formati da pochi strati di grafene e, molto probabilmente, anche da singoli strati. Nonostante ci`o, `e soltanto nel 2004 che un singolo strato di grafene viene isolato per la prima volta, ad opera del team di ricercatori dell’universit`a di Manchester, guidato dai due fisici Andrej Gejm e Konstantin Novoselov, ai quali `e stato assegnato nel 2010 il premio Nobel. Il fatto che il grafene sia stato isolato solo recentemente pu`o a primo impatto sorprendere. Bisogna tuttavia considerare che prima del 2004 la sua stessa esistenza era al centro di un animato dibattito, a cui bisogna aggiungere le difficolt`a sperimentali nell’osservazione di un sistema costituito da un singolo strato di atomi. In seguito alla sua scoperta il grafene ha attirato su di s´e un notevole interesse da parte della comunit`a scientifica internazionale, volto a studiarne propriet`a e possibili applicazioni. Si ritie-ne ad esempio che il graferitie-ne potrebbe essere un valido candidato per la sostituzioritie-ne del silicio nel campo dell’elettronica dei semiconduttori. Risulta quindi chiara la necessit`a di individuare metodi veloci e non distruttivi per caratterizzare un dato campione di grafene, al fine di studiar-ne propriet`a elettroniche e del reticolo. Un metodo spettroscopico che soddisfa queste richieste `

e rappresentato dalla spettroscopia Raman, basata sullo studio delle frequenze di vibrazioni caratteristiche del sistema. Nel grafene, al contrario di quanto avviene nelle molecole, non vale l’approssimazione di Born-Oppenheimer, ovvero `e presente un forte accoppiamento tra i gradi di libert`a elettronici e reticolari. Questo spiega perch´e nello spettro Raman del grafene siano contenute informazioni anche riguardanti le propriet`a elettroniche del sistema. L’obiettivo di questo lavoro `e quindi quello di descrivere le caratteristiche principali dello spettro Raman del grafene e di andare a mostrare il loro legame con le propriet`a fisiche del sistema.

In particolare la tesi `e organizzata in tre capitoli:

• Nel primo si introduce il fenomeno dello scattering Raman, dandone una spiegazione teo-rica e mettendo in evidenza la sua importanza come tecnica di indagine spettroscopica. Si parte dal caso semplice in cui il campione `e costituito da una molecola biatomica e si

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prosegue trattando il caso di molecole pi`u complesse e di solidi. Nel passaggio da moleco-le a solidi ci si sofferma sulla differenza tra vibrazioni momoleco-lecolari e modi vibrazionali del reticolo (fononi), che rendono possibile nel caso dei solidi il coinvolgimento di modi con impulso non nullo nello schema di interazione radiazione-materia.

• Nel secondo capitolo si introduce lo studio del grafene, partendo dalla formazione dei legami tra atomi di carbonio e andando successivamente a mettere in evidenza le principali propriet`a reticolari e elettroniche del sistema.

• Nel terzo capitolo si affronta infine il problema di una corretta interpretazione dello spet-tro Raman del grafene, che risulta essere estremamente complesso. Ci si sofferma in particolare sullo spettro di un campione ideale privo di difetti e si mostra come le pro-priet`a dei picchi siano legate alle caratteristiche delle vibrazioni del reticolo cristallino e delle bande elettroniche. L’analisi dello spettro `e portata avanti facendo uso di diagrammi nello spazio energia-impulso del sistema, alla luce dei quali si riescono a comprendere i processi alla base della formazione dei picchi.

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Indice

Introduzione i

1 Scattering Raman 1

1.1 Scattering Raman su molecole . . . 1

1.1.1 Regola di selezione Raman . . . 5

1.2 Vibrazioni Reticolari . . . 9

1.2.1 Modi normali di un reticolo 1D con base di due atomi per sito . . . 10

1.2.2 Fononi . . . 11

1.3 Scattering Raman nei solidi . . . 13

2 Dal Carbonio al Grafene 15 2.1 Ibridizzazione sp2 del Carbonio . . . . 16

2.2 Struttura del Grafene . . . 17

2.2.1 Struttura cristallina . . . 17

2.2.2 Struttura elettronica . . . 18

3 Lo spettro Raman del Grafene 21 3.1 Curva di Dispersione Fononica . . . 21

3.2 Spettro . . . 23

3.3 Descrizione diagrammatica dei picchi Raman del grafene . . . 24

3.3.1 Il picco G . . . 24

3.3.2 Il picco 2D . . . 27

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Capitolo 1

Scattering Raman

1.1

Scattering Raman su molecole

Lo scattering Raman `e, insieme all’assorbimento infrarosso, uno degli effetti che possono essere sfruttati per indagare i livelli energetici vibrazionali di molecole o solidi. Per comprendere l’importanza dell’utilizzo di tecniche basate sull’analisi dei gradi di libert`a vibrazionali del sistema in esame per consentirne la caratterizzazione `e utile prendere in considerazione un semplice modello di molecola biatomica, in cui si hanno due masse m1 e m2 collegate da una

molla di costante elastica K, come mostrato in figura 1.1. Una volta definite la massa ridotta

Fig. 1.1: Semplice modello di molecola biatomica, in cui l’interazione tra i due atomi, di massa m1

e m2, `e rappresentata da una molla di costante elastica K

µ = m1m2

m1+m2 e la posizione relativa dei due nuclei r = x2− x1, l’equazione del moto nel sistema

di riferimento del centro di massa `e

µd

2r

dt2 = −Kr (1.1)

La soluzione della 1.1 `e un moto oscillante

r(t) = r0cos(2πνvibt) (1.2)

dove si `e definita la frequenza di vibrazione

νvib = 1 2π s K µ (1.3)

(8)

Dalla 1.3 si capisce come ciascuna molecola abbia delle caratteristiche frequenze di vibrazione, legate al tipo di atomi che la compongono e al modo in cui questi si legano. Gli spettri Raman e IR costituiscono dunque una sorta di impronta digitale del sistema sotto esame, in quanto contengono informazioni sulle sue frequenze di vibrazione. Nel caso dell’assorbimento si invia radiazione infrarossa sul campione e si misura il coefficiente di assorbimento in funzione della frequenza. L’origine dello spettro Raman `e invece diversa, in quanto non sfrutta il fenomeno dell’assorbimento della radiazione elettromagnetica, bens`ı la sua diffusione. In questo caso si invia sul campione luce visibile o UV e si analizza la radizione diffusa in una certa direzione rispetto a quella del fascio incidente. La radiazione diffusa ha 3 componenti: la prima, detta Rayleigh, ha la stessa frequenza ν0della radiazione incidente, mentre le altre due hanno

frequen-za rispettivamente ν0− νvib e ν0+ νvib, dove νvib `e una delle frequenze vibrazionali del sistema

considerato. Queste ultime due componenti della radiazione diffusa sono chiamate rispettiva-mente radiazione Stokes e anti-Stokes. Una spiegazione semplice del fenomeno dello scattering Raman si pu`o ottenere nel caso in cui si tratti la radiazione classicamente e si prenda come campione una molecola biatomica [9]. Si supponga dunque di avere un’onda elettromagnetica incidente E con vettore d’onda k e frequenza ν0

E(r, t) = E0cos(k · r − 2πν0t) (1.4)

La presenza del campo elettrico distorce la struttura della molecola, in quanto i nuclei positivi e la nube elettronica negativa vengono attratti in direzioni opposte, andando cos`ı a creare un momento di dipolo P, che in approssimazione lineare vale

P = αE (1.5)

dove α `e una matrice 3 × 3, detta tensore di polarizzabilit`a.

In generale i nuclei di una molecola non sono fissi nello spazio ma compiono, oltre a traslazioni, anche moti rotazionali e vibrazionali. Si consideri una generica vibrazione q(t) della distanza internucelare R attorno alla posizione di equilibrio R0

R(t) = R0+ q(t) = R0+ q0cos(2πνvibt) (1.6)

dove q0 `e l’ampiezza del moto di oscillazione. Una tale vibrazione pu`o andare a modificare il

tensore di suscettivit`a. Se questo accade, ipotizzando che l’ampiezza della vibrazione sia piccola rispetto alla distanza di equilibrio, possiamo andare a sviluppare il tensore di suscettivit`a in serie di Taylor attorno a R = R0

αij ' α (0) ij + ∂αij ∂q q=0 q (1.7)

(9)

Combinando 1.5 e 1.7 si ottiene: Pi = P (0) i + P (1) i = α (0) ij E0jcos(k · r − 2πν0t) + ∂αij ∂q q=0

q0E0cos(k · r − 2πν0t) cos(2πνvibt)

(1.8) Il primo termine rappresenta un dipolo oscillante con frequenza ν0, il quale `e dunque

respon-sabile per la componente Rayleigh della radiazione diffusa. Gli altri due termini danno invece luogo alla diffusione di radiazione elettromagnetica con frequenza shiftata di ±νvib. Questo

risultato pu`o essere reso pi`u esplicito sfruttando relazioni trigonometriche, che consentono di riscrivere il secondo termine della 1.8 come

Pi(2)= 1 2 ∂αij ∂q q=0

q0E0j cos(k · r − 2π(ν0+ νvib)t) + cos(k · r − 2π(ν0− νvib)t)



(1.9)

Il primo termine nella 1.9 descrive la diffusione di un’onda elettromagnetica con frequenza ν0+νvib e da luogo quindi al picco anti-Stokes. In questo processo la radiazione elettromagnetica

acquista energia dal sistema, in quanto i fotoni emessi hanno energia AS = h(ν0 + νvib). Il

secondo termine della 1.9 rappresenta invece la componente Stokes della radiazione diffusa, nella quale i fotoni uscenti hanno ceduto ciascuno un quanto di energia hνvib al campione. Lo

spettro Raman di un campione consiste in un grafico dell’intensit`a diffusa in funzione dello shift Raman, ovvero della differenza tra la frequenza dei fotoni finali e iniziali. Il fatto che i picchi Stokes e anti-Stokes siano dovuti a un’interazione anelastica del sistema con la radiazione consente di sfruttare la spettroscopia Raman non soltanto come tecnica di caratterizzazione, ma anche come un vero e proprio termometro del sistema [4]. Per capire in che modo ci`o possa essere fatto si ipotizzi di avere come campione una molecola in un certo stato elettronico con associata la frequenza vibrazionale νvib1 e che la probabilit`a di occupazione di ciascun livello

vibrazionale n sia ben descritta dalla statistica di Boltzmann

p() = e −β Z = e−βhνvib(n+1/2) Z (1.10) dove Z = P e

−β`e la funzione di partizione e si `e assunta valida l’approssimazione armonica,

per la quale i livelli energetici vibrazionali di una molecola sono n= hνvib(n + 1/2). In questo

caso interazioni di tipo Stokes e anti-Stokes con la radiazione incidente corrispondono, al netto degli stati intermedi, a transizioni vibrazionali rispettivamente del tipo n → n + 1 e n → n − 1. Il rapporto tra picchi anti-Stokes e Stokes pu`o essere scritto in termini delle probabilit`a di transizione P (i → f ) tra uno stato iniziale e finale come

IAS

IS

∝ P (n + 1 → n) P (n → n + 1) = e

−βhνvib (1.11)

1Nel caso di una molecola biatomica la costante elastica K nella 1.3 `e pari alla derivata seconda del potenziale di Born-Oppenheimer, calcolata nella posizione di equilibrio [6]

(10)

dove nell’ultimo passaggio si `e fatto uso del principio del bilancio dettagliato. Qualora sia dato lo spettro del campione `e dunque possibile invertire la 1.11 e trovare la temperatura T del sistema, sfruttando la relazione β = (kBT )−1, dove kB`e la costante di Boltzmann. Dalla 1.11 si

capisce come a temperatura ambiente il picco anti-Stokes sia molto meno intenso dello Stokes2,

cosicch´e in generale si lavora con quest’ultimo. Si noti inoltre che l’interazione anelastica tra fotone e molecola `e molto meno probabile dell’interazione elastica, cosicch´e l’intensit`a della radiazione Raman `e molto minore rispetto a quella della radiazione Rayleigh. In ogni caso, sia la diffusione elastica che quella anelastica della luce sono dovute alla presenza di un momento di dipolo elettrico oscillante nel sistema. Un dipolo oscillante P = P0cos(ωt) infatti emette

radiazione con intensit`a I lungo una direzione che forma un angolo θ con quella della radiazione incidente E secondo la formula [9]

I = ω

4P2sin2θ

32π2 0c3

(1.12) dove c `e la velocit`a della luce e 0 `e la costante dielettrica del vuoto. La differenza principale tra

processi di assorbimento (come l’assorbimento IR) e processi di diffusione `e che in questo ultimo caso non `e necessario che il fotone abbia frequenza ν0 tale che hν0 sia uguale alla differenza in

energia tra due autostati del sistema. Nel caso della diffusione infatti il sistema assorbe il fotone e salta a un livello energetico che in generale non coincide con uno dei suoi autostati. Tale livello, detto livello virtuale, ha una vita molto breve, cosicch´e il sistema torna quasi istantaneamente a un proprio autostato energetico riemettendo un fotone. Nel caso in cui lo stato intermedio non `

e virtuale, ovvero coincide con un livello energetico del sistema, si ha che la radiazione diffusa `

e molto pi`u intensa rispetto al caso generale. Si parla quindi di scattering Raman risonante. Nella figura 1.2 il processo risonante `e indistinguibile rispetto a un processo di assorbimento.

Fig. 1.2: Schematizzazione dei diversi modi in cui la radiazione pu`o interagire con una molecola

2Una tipica frequenza vibrazionale `e dell’ordine di 103cm−1. Per T = 300K il rapporto in 1.11 `e dell’ordine di 10−4

(11)

La differenza principale consiste infatti che il fenomeno dello scattering avviene su una scala temporale pi`u breve rispetto a quella dell’assorbimento, minore del tempo impiegato dai nuclei per rispondere alla nuova configurazione elettronica e raggiungere la nuova distanza di equilibrio.

1.1.1

Regola di selezione Raman

Dalla formula 1.9 si vede come il moto di vibrazione nucleare induca un termine aggiuntivo al momento di dipolo della molecola, il quale `e responsabile delle componenti Stokes e anti-Stokes della radiazione diffusa. Affinch´e ci`o accada `e necessario che

∂αij ∂q q=0 6= 0 (1.13)

Qualora questa condizione sia soddisfatta si dice che la vibrazione considerata `e Raman-attiva. Tale condizione, nota come regola di selezione Raman, consente in linea di principio di stabilire se una data vibrazione di una molecola causa diffusione anelastica della radiazione incidente. In modo analogo nella spettroscopia di assorbimento IR si ha che non tutte le transizioni risul-tano possibili. La regola di selezione in questo caso `e data da ∆n = +1, dove n `e il numero quantico che identifica il livello energetico vibrazionale della molecola. Tale condizione equivale a imporre che la derivata del momento di dipolo nella posizione di equilibrio non sia nulla [6]. Tuttavia la 1.13, bench`e formalmente semplice, risulta essere sempre pi`u difficile da applicare all’aumentare della complessit`a della molecola.

Si prenda come primo caso una generica molecola biatomica omonuclare A2, la quale per

sim-metria non pu`o avere momento di dipolo intrinseco. Piccole vibrazioni dei nuclei attorno alla posizione di equilibrio non vanno a modificare la simmetria della molecola, cosicch`e il momento di dipolo della molecola resta nullo. Ci`o implica che una molecola biatomica omonucleare non presenti assorbimento infrarosso.

Per studiare la Raman-attivit`a della vibrazione `e utile introdurre il concetto di ellissoide di polarizzabilit`a [9]. Si consideri il tensore di suscettivit`a

α =    αxx αxy αxz αyx αyy αyz αzx αzy αzz    (1.14)

Nella maggior parte dei casi il tensore α `e simmetrico, il che implica l’esistenza di una base di autovettori (X, Y, X), detta base degli assi principali, in cui il tensore `e diagonale [11]. In questa base il tensore di suscettivit`a `e dunque

α =    αXX 0 0 0 αY Y 0 0 0 αZZ    (1.15)

(12)

L’equazione aXXX2 + aY YY2 + aZZZ2 = 1 rappresenta un ellissoide con gli assi coincidenti

con gli assi principali, detto ellissoide di suscettivit`a. Il significato dell’ellissoide `e che, dato un campo elettrico incidente sul sistema, la componente del dipolo indotto lungo uno degli assi principali equivale al quadrato dell’inverso della lunghezza del semiasse corrispondente. Questo tipo di formalismo `e utile in quanto consente di dare una interpretazione grafica della 1.13, il cui significato `e infatti quello di imporre che l’ellissoide venga deformato per piccole variazioni della distanza internucleare attorno al suo valore di equilibrio.

Si prenda come esempio di molecola biatomica H2. Il sistema per R → 0 e R → ∞ tende

rispettivamente all’atomo di elio e a due atomi di idrogeno isolati. In questi limiti, vista la simmetria degli atomi H e He, l’ellissoide deve tendere a una sfera. Tuttavia, poich`e due atomi di Idrogeno hanno polarizzabilit`a maggiore rispetto a quella dell’elio, il raggio della sfera sar`a maggiore nel limite R → 0. Per distanze internucleari intermedie ci si aspetta che l’ellissoide di polarizzabilit`a sia un solido di rivoluzione, in quanto i due semiassi ortogonali alla direzione del legame devono essere uguali per simmetria. Queste considerazioni qualitative rendono plausi-bile ritenere che la 1.13 sia soddisfatta per lo stretching della molecola di H2, che risulta essere

quindi Raman-attivo. Tali considerazioni possono essere rese quantitative andando a studiare numericamente l’andamento di α al variare di R. I risultati di un tale studio sono mostrati in figura 1.3. Si vede come in corrispondenza della distanza di equilibrio le curve abbiano derivata non nulla, confermando l’andamento atteso. I risultati ottenuti sono validi per una qualsiasi

Fig. 1.3: Andamento in funzione di R delle componenti ak = aXX e a⊥ = AY Y = aZZ del tensore

di suscettivit`a per una molecola di H2 con asse molecolare coincidente con l’asse principale X. α

rappresenta il valore della suscettivit`a mediato nelle due direzioni.

molecola biatomica omonucleare A2.

Il caso di una molecola biatomica eteronuclare AB `e leggermente pi`u complesso. Ci si attende che i ragionamenti fatti sull’ellissoide di polarizzabilit`a della molecola H2siano applicabili anche

(13)

caso la molecola presenta anche un momento di dipolo intrinseco p nella direzione del legame, che tende a annullarsi nei limiti R → 0 e R → ∞. Le componenti del momento di dipolo ortogonali alla direzione del legame sono nulle per simmetria. L’andamento di p in funzione di R per una molecola biatomica eteronucleare `e mostrato in figura 1.4, in cui si vede come la derivata del momento di dipolo rispetto a R non sia nulla nella posizione di equilibrio, il che assicura il fatto che la molecola sia attiva anche nell’assorbimento IR. Il caso di molecole

Fig. 1.4: Andamento del momento di dipolo di una molecola biatomica eteronucleare in funzione della distanza internucleare R.

poliatomiche `e chiaramente pi`u complesso, in quanto esse hanno possibilit`a di compiere diversi moti vibrazionali, nei quali sono in generale coinvolti pi`u legami tra coppie di atomi. Almeno in prima approssimazione si pu`o pensare che il momento di dipolo e la polarizzabilit`a totale della molecola si ottengano andando a sommare i contributi di ciascun legame tra coppie di atomi. Un caso ancora trattabile in modo semplice e tuttavia molto interessante `e quello di una molecola triatomica lineare, come CO2. Tale molecola ha 4 modi di vibrazione, i quali

sono mostrati in figura 1.5. La molecola di CO2 per simmetria non ha un dipolo intrinseco,

Fig. 1.5: Modi di vibrazione per la molecola CO2. Il moto di bending `e degenere, in quanto pu`o

avvenire nelle due direzioni parallele e ortogonali al piano del foglio. I segni + e - indicano uno spostamento rispettivamente uscente e entrante nel piano del disegno.

(14)

che pu`o tuttavia essere indotto dai moti di vibrazione. Il moto di stretching simmetrico non va a cambiare la simmetria della molecola, che istante per istante continua ad avere dipolo elettrico nullo, e risulta quindi inattivo nell’assorbimento IR . Nel caso dello stretching asimme-trico invece la simmetria della molecola `e perturbata , in particolare le derivate del momento di dipolo relativo a ciascun legame C − O sono dello stesso segno, il che implica che la loro somma `e non nulla e la regola di selezione IR `e soddisfatta. Nel moto degenere di bending si va invece a creare un momento di dipolo oscillante in direzione ortogonale all’asse molecolare, dunque risulta anch’esso IR-attivo. Per studiare la Raman attivit`a dei modi normali della CO2

conviene ricorrere nuovamente all’ellissoide di polarizzabilit`a, il cui andamento nei diversi casi `

e mostrato in figura 1.6. Nel caso dello stretching simmetrico l’ellissoide si espande al diminuire

Fig. 1.6: (a): Deformazione dell’ellissoide di polarizzabilit`a per i modi normali della molecola di CO2.

(b): Andamento della polarizzabilit`a in funzione della distanza internucleare R

di R e si restringe all’aumentare di R, confermando l’idea intuitiva che la deformabilit`a della nube elettronica debba aumentare all’aumentare della distanza internucleare. Il modo di stret-ching simmetrico `e dunque Raman-attivo. Nello stretching antisimmetrico i due momenti della vibrazione, in cui il primo legame C − O si allunga e il secondo si accorcia e viceversa, sono fisi-camente equivalenti e ci aspetta dunque che la polarizzabilit`a sia stazionaria in corrispondenza della distanza di equilibrio. Lo stesso ragionamento vale per il modo di bending antisimmetrico. Gli andamenti mostrati in figura 1.6 mostrano come i due modi antisimmetrici di stretching e bending non siano Raman-attivi. L’esempio discusso consente di inferire un criterio che risulta essere valido anche per molecole pi`u complesse, purch´e esse abbiano un centro di simmetria: vi-brazioni simmetriche rispetto al centro di simmetria sono Raman-attive e inerti nell’infrarosso, vibrazioni antisimmetriche rispetto al centro di simmetria presentano comportamento opposto.

(15)

1.2

Vibrazioni Reticolari

Prima di passare allo scattering Raman su un solido ci si sofferma a trattare il moto di vibrazione di un reticolo [5], in quanto consente di capire in che modo la trattazione svolta fin qui possa essere estesa dal caso molecolare a quello di un cristallo.

Generalmente sia descrive un generico sito su un reticolo di Bravais attraverso il vettore

R = n1a1+ n2a2 + n3a3 (1.16)

con n1, n2, n3 interi e a1, a2, a3 vettori di base del reticolo. Gli ioni che compongono il solido

hanno un proprio moto di agitazione termica, cosicch´e i vettori del reticolo di Bravais non rappresentano la loro posizione istantanea, bens`ı la loro posizione media. La posizione dello ione la cui posizione media `e R pu`o essere scritta come:

r(R) = R + u(R) (1.17)

Il contributo dell’interazione tra ioni all’energia totale del sistema `e del tipo:

U = X

R6=R0

φ(r − r0) (1.18)

Ipotizzando che l’ampiezza del moto di oscillazione degli ioni attorno alla posizione di equilibrio sia molto minore rispetto alla distanze interatomiche, possiamo sviluppare la 1.18 in serie di Taylor U = X R6=R0 φ(R − R0 )+X µ ∂φ ∂rµ (uµ(R)−uµ(R0))+ 1 2 X µν ∂2φ ∂rµ∂rν

(uµ(R)−uµ(R0))(uν(R)−uν(R0))



(1.19) Il termine al primo ordine `e nullo, in quanto dato dalle derivate prime dei potenziali at-torno alle posizioni di equilibrio, mentre quello al secondo ordine rappresenta la cosiddetta approssimazione armonica, in base alla quale l’interazione tra ioni pu`o essere schematizzata elasticamente.

1.2.1

Modi normali di un reticolo 1D con base di due atomi per sito

Si prenda ora in considerazione il caso specifico di un reticolo di Bravais con una base di due ioni identici per sito del reticolo, come mostrato in figura 1.7 . Gli ioni del tipo A occupano le posizioni rA(na) = na + uA(na), mentre gli ioni del tipo B occupano le posizioni rB(na) =

na + d + uB(na), con d < a/2, cosicch`e la costante elastica della molla con cui si schematizza

(16)

Fig. 1.7: Reticolo unidimensionale con una base di due atomi identici

l’interazione sia soltanto tra primi vicini , l’energia vibrazionale del reticolo `e

Uvib = N

X

n=1

1

2KuA(na) − uB(na) 2 + N X n=1 1

2GuA(na) − uB[(n + 1)a] 2

(1.20)

Le equazioni del moto si ottengono come:

md 2u A(na) dt2 = − ∂Uvib ∂uA(na) (1.21) md 2u B(na) dt2 = − ∂Uvib ∂uB(na) (1.22)

Per semplicit`a si impongono condizioni periodiche al bordo del tipo Born-von Karman, per cui

uA(N a) = uA(0) (1.23)

uB(N a) = uB(0) (1.24)

e si vanno a cercare soluzioni di onda piana del tipo

uA(na) = ηAei(kna−ωt) (1.25)

uB(na) = ηBei(kna−ωt) (1.26)

Le condizioni al contorno implicano che il numero d’onda possa assumere gli N diversi valori k = 2πm

aN m = 0, 1, ..., N − 1 (1.27)

Andando a sostituire nelle 1.21 1.22 si trovano le equazioni: mω2− (K + G) η

A+ (K + Ge−ika)ηB= 0 (1.28)

(K + Geika)ηA+mω2− (K + G) ηB = 0 (1.29)

Per ottenere soluzioni non banali si va a annullare il determinante della matrice dei coefficienti, ottenendo le due relazioni di dispersione

ω(k) = K + G M ± 1 M p K2+ G2+ 2KG cos(ka) (1.30)

(17)

Andando infine a sostituire le soluzioni trovate nelle 1.25 - 1.26 si trova ηA ηB = ∓ K + Ge ika |K + Geika| (1.31)

Sebbene la 1.27 discretizzi i valori di k ammissibili, la separazione tra due valori successivi del numero d’onda tende a zero quando N diventa molto grande, cosicch`e k nella 1.30 pu`o essere fatto variare con continuit`a nella zona di Brilluoin . La curva rossa in figura 1.8 `e relativa al segno in basso e `e detta branca acustica, in quanto rappresenta un moto a bassa frequenza in cui gli atomi che compongono la cella elementare si muovono in fase, analogamente a quanto avviene nella propagazione di onde sonore. La curva in blu `e relativa al segno in alto e rappresenta il caso in cui i due atomi della cella elementare si muovono in direzioni opposte. Tale curva `e detta branca ottica, in quanto questi modi di vibrazione possono andare a modificare suscettivit`a e momento di dipolo del sistema, mediando l’interazione tra reticolo e radiazione in modo analogo a quanto discusso per le molecole. Il caso in cui si ha un reticolo tridimensionale con una base

Fig. 1.8: Curve di dispersione per i modi normali di una catena diatomica

di N atomi `e analogo, bench`e matematicamente pi`u complesso. In questo caso si avranno 3N curve di dispersione, 3 delle quali sono branche di tipo acustico e 3(N-1) di tipo ottico.

1.2.2

Fononi

Si `e visto in modo semplice nel paragrafo precedente come il moto di vibrazione di un reticolo abbia carattere ondulatorio. In maniera analoga a quanto si fa con il campo elettromagnetico, si pu`o associare a un quanto di eccitazione del reticolo una particella, detta fonone. Si presenta

(18)

brevemente la quantizzazione dei modi normali nel caso semplice di un reticolo unidimensionale monoatomico, in cui il generico ione oscilla attorno alla posizione di equilibrio Rn = an e

interagisce solo con i primi vicini. L’Hamiltoniana del sistema `e:

H =X n p2n 2m + 1 2K(un− un−1) 2 (1.32)

In modo analogo a quanto si fa per un singolo oscillatore armonico si definiscono gli operatori di distruzione e creazione ak = 1 √ N X n e−ikna "r mω(k) 2~ un+ i s 1 2~mω(k)pn # (1.33) a†k = √1 N X n eikna "r mω(k) 2~ un− i s 1 2~mω(k)pn # (1.34)

Invertendo le 1.33 1.34, sostituendo nella 1.32 e sfruttando le regole di commutazione degli operatori di distruzione e creazione l’hamiltoniana del sistema assume l’espressione

H =X

k

~ω(k)(a†kak+

1

2) (1.35)

L’Hamiltoniana si riduce quindi alla somma dell’Hamiltoniana di N oscillatori armonici indi-pendenti,ciascuno con numero quantico di eccitazione nk. L’energia vibrazionale del cristallo `e

dunque E =X k ~ω(k)(nk+ 1 2) (1.36)

Risulta spesso conveniente dare una interpretazione corpuscolare della 1.36, per la quale al quanto di vibrazione `e associata una quasi-particella, il fonone. Dunque invece di leggere la 1.36 come somma delle energie dei vari modi normali di oscillazione, ciascuno con un proprio livello di eccitazione nk, si dice che nel cristallo sono presenti nk fononi con numero d’onda k,

ciascuno dei quali contribuisce all’energia totale del sistema con un termine ~ω(k).

1.3

Scattering Raman nei solidi

Il caso in cui il campione sia un solido cristallino pu`o essere trattato concettualmente e formal-mente in modo analogo [8]. Anche in questo caso la presenza di un campo elettrico esterno E va a indurre sul sistema un momento di dipolo P = αE, in cui il tensore di suscettivit`a α pu`o essere decomposto in un termine di equilibrio, dovuto alle posizioni degli ioni nel reticolo statico, e in un termine indotto dalle vibrazioni degli ioni. Tuttavia al posto della vibrazione della singola molecola bisogna considerare in questo caso un moto vibrazionale del reticolo nel suo complesso. Sia infatti Q(R) il vettore che indica lo spostamento dalla posizione di

(19)

equili-brio dell’atomo che nel reticolo occupa il sito R. Come nel caso di molecole poliatomiche, una generica vibrazione del reticolo pu`o essere espressa come combinazione lineare dei modi normali del sistema. Nella sezione precedente si `e dimostrato che i modi normali di un reticolo hanno la forma di un’onda piana che si propaga nel cristallo, con vettore d’onda che pu`o variare con continuit`a all’interno della zona di Brilluoin. Il termine P(1) corrisponde quindi in questo caso

a un vettore di polarizzazione in cui l’effetto del campo elettrico `e modulato da un termine del tipo

Q(r) = Q0cos(q · r − 2πνvibt) (1.37)

Con passaggi analoghi a quanto fatto per la molecola biatomica si trova dunque :

Pi = Pi(0)+ P (1) i (1.38) Pi(0) = αij(0)E0jcos(k · r − 2πν0t) (1.39) P(1) = ∂αij ∂Qk Q=0

Q0kE0jcos((k − q) · r − 2π(ν0− νvibt)) + cos((k + q) · r − 2π(ν0 + νvib)t)

(1.40) Nel caso di cristalli centrosimmetrici le regole di selezione sono analoghe a quelle trovate per le molecole. In generale i fononi in un cristallo possono essere classificati in base alla loro simme-tria, il che viene fatto usando un pedice g o u a seconda che il fonone sia rispettivamente pari o dispari sotto operazione di parit`a. Poich`e il cristallo `e per ipotesi invariante sotto parit`a anche

∂α

∂Q deve esserlo. Allo stesso tempo un fonone antisimmetrico deve cambiare segno sotto parit`a,

il che implica che ∂Q∂α deve cambiare segno. L’unica possibilit`a `e dunque che il tensore ∂Q∂α sia identicamente nullo per fononi antisimmetrici, i quali dunque non posso essere Raman-attivi. La differenza principale nel caso di scattering su solidi `e che l’onda elettromagnetica pu`o scam-biare non soltanto energia, ma anche impulso con il sistema. Chiaramente nell’interazione sia energia che impulso vengono conservati quindi, immaginando di lavorare soltanto con la com-ponente Stokes, possiamo scrivere le seguenti relazioni per vettore d’onda k0 e frequenza ν0 dell’onda diffusa

ν0 = ν0− νvib (1.41)

k0 = k − q (1.42)

Il modulo del vettore q deve dunque soddisfare q ≤ 2k. Questo implica per radiazione incidente nel visibile che q sia di due ordini di grandezza pi`u piccolo rispetto alle dimensioni lineari di una tipica zona di Brilluoin. Ci`o porta alla formulazione della ”regola fondamentale di selezione Raman” in un solido [1], per la quale il vettore d’onda del fonone coinvolto deve soddisfare

(20)

In questa trattazione classica si `e trovato che una parte dell’onda elettromagnetica viene diffusa anelasticamente a causa del fatto che il momento di dipolo del sistema viene modulato dal moto di vibrazione del sistema stesso. Quantisticamente questo processo pu`o essere interpretato come uno scattering tra un fotone e un fonone. Nulla vieta che ci possano essere processi di scattering in cui un fotone interagisca con pi`u fononi, purch´e le condizioni di conservazione di energia e impulso vengano rispettate. Ai fini dell’interpretazione dello spettro Raman del grafene, che verr`a affrontata nel prossimo capitolo, `e utile mettere in evidenza che nel caso di scattering a 2 fononi, la 1.43 pu`o essere soddisfatta da una qualsiasi coppia di fononi con vettori d’onda q1

e q2 tali che

q1 = −q2 (1.44)

I processi di scattering a 2 fononi consentono quindi di studiare fononi al di fuori del centro Γ della zona di Brilluoin. Il discorso precedentemente accennato circa la possibilit`a di sfruttare lo scattering Raman come termometro per il sistema rimane chiaramente valido anche nel caso in cui il campione sia nello stato solido. La differenza principale rispetto al caso molecolare `

e legata nuovamente al fatto che i livelli energetici vibrazionali della molecola vanno sostituiti con i fononi, che sono bosoni. Il rapporto tra l’intensit`a dei picchi Stokes e anti-Stokes `e quindi governato dalla statistica di Bose-Einstein e vale

IAS IS = e hνvib kT − 1 ehνvibkT (1.45)

(21)

Capitolo 2

Dal Carbonio al Grafene

Il grafene `e un materiale formato da un solo strato di atomi di carbonio, disposti in un reticolo a nido d’ape con distanza di equilibrio pari a 1.42 ˚A. Rappresenta la base da cui `e possibile costruire diverse forme allotropiche del carbonio. Esso pu`o essere infatti accatastato per formare grafite (3D), ma pu`o anche essere arrotolato a formare nanotubi (1D) o avvolto per formare fullereni (0D). Mentre la grafite `e stata studiata fin dal XVI secolo e nel corso del tempo si `e

Fig. 2.1: Le diverse forme allotropiche del carbonio

riusciti a produrne strati sempre pi`u sottili, `e soltanto nel 2004 che si `e riusciti per la prima volta a isolare un singolo strato di grafene, ad opera del team di ricercatori dell’universit`a di Manchester guidato da Andrej Gejm e Konstantin Novoselov, i quali hanno vinto il premio Nobel nel 2010 per il loro lavoro. Il grafene `e stato il primo materiale propriamente bidimensionale a essere isolato e `e oggi al centro di un sempre crescente interesse da parte della comunit`a scientifica, vista la vastit`a di campi nei quali `e di potenziale interesse, come ad esempio nel campo dell’elettronica dei semiconduttori. In questo capitolo si presenta un approccio semplice

(22)

allo studio del grafene, partendo dalla formazione del legame tra atomi di carbonio e andando poi a soffermarsi sulle caratteristiche principali reticolari e elettroniche.

2.1

Ibridizzazione sp

2

del Carbonio

Il carbonio `e il sesto elemento della tavola periodica e, in accordo col principio di Pauli, la sua configurazione elettronica nello stato fondamentale `e 1s22s22p2. In un atomo di carbonio isolato

l’orbitale 2s viene riempito prima dei 2p in quanto pi`u basso in energia di circa 4eV , tuttavia in presenza di altri atomi risulta essere energeticamente conveniente per il carbonio promuovere un elettrone 2s nell’orbitale 2p libero, cos`ı da poter formare degli orbitali ibridi. Infatti, bench`e questa promozione richieda circa 4eV , l’ibridizzazione degli orbitali consente una dislocazione spaziale della nube elettronica tale da favorire la formazione di legami molecolari, rendendo in ultima istanza il sistema pi`u stabile [6]. Nella formazione del legame gli orbitali atomici di core non hanno alcun ruolo, in quanto molto localizzati e distanti in energia rispetto agli orbitali di valenza [7]. In generale una combinazione lineare di un orbitale |2si e di n orbitali |2pi da luogo a un orbitale ibrido spn. Il processo di ibridizzazione alla base della struttura del grafene

`

e di tipo sp2. Ipotizzando che la superficie sul quale si sviluppa il grafene sia data dal piano

(x, y) si ha che i tre orbitali ibridi sono dati da:

|sp2 1i = 1 √ 3|2si − r 2 3|2pyi (2.1) |sp2 2i = 1 √ 3|2si + r 2 3 "√ 3 2 |2pxi + 1 2|2pyi # (2.2) |sp22i = −√1 3|2si + r 2 3 " − √ 3 2 |2pxi + 1 2|2pyi # (2.3)

Questi tre orbitali giacciono sul piano (x,y) e formano tra di loro angoli di 120◦ Un caso di struttura nella quale compaiono orbitali ibridi sp2 `e la molecola del benzene, C

6H6, nella quale

gli atomi di Carbonio e Idrogeno si dispongono come in figura 2.3. In approssimazione LCAO la combinazione lineare di orbitali ibridi di due atomi di carbonio adiacenti `e alla base della formazione del legame C − C, di tipo σ, mentre il restante orbitale ibrido va a combinarsi linearmente con l’orbitale |1si dell’Idrogeno a formare il legame C − H, anch’esso di tipo σ. Ciascun atomo di carbonio ha inoltre un elettrone nell’orbitale |2pzi, perpendicolare al piano

della molecola. Questi orbitali possono combinarsi linearmente con l’orbitale |2pzi di un atomo

di carbonio adiacente, andando a formare 3 orbitali di tipo π. A causa della simmetria esagonale della molecola, non c’`e un modo univoco per decidere quali atomi C abbiano legame doppio e quali abbiano soltanto il legame di tipo σ, cosicch`e , nel quadro di orbitali π localizzati, la scelta di come disporre questi legami risulterebbe arbitraria. Inoltre, essendo il legame doppio pi`u forte rispetto al singolo, ci si aspetterebbe di trovare una deformazione della struttura a

(23)

Fig. 2.2: Formazione degli orbitali ibridi sp2.

Fig. 2.3: Struttura della molecola del Benzene. Viene messo in evidenza il fatto che non `e possibile assegnare in maniera univoca i 3 doppi legami tra atomi di carbonio. Questa arbitrariet`a `e risolta introducendo il concetto di orbitale delocalizzato.

esagono regolare, nella quale gli atomi legati doppiamente sono pi`u vicini tra loro rispetto a quelli che presentano legame singolo. Tale predizione `e stata smentita sperimentalmente, in quanto si `e trovato che tutti i gli atomi di carbonio primi vicini hanno la stessa distanza, pari a 1.42 ˚A. Questa discordanza tra teoria e esperimento pu`o essere risolta ipotizzando che gli orbitali molecolari π non siano localizzati tra una particolare coppia di atomi, ma siano piuttosto delocalizzati sull’intera molecola.

2.2

Struttura del Grafene

2.2.1

Struttura cristallina

La struttura cristallina del grafene pu`o essere vista come una iterazione della struttura mole-colare del benzene, nella quale gli atomi di Idrogeno sono sostituiti da altri atomi di carbonio. Anche nel grafene i legami planari tra gli atomi sono di tipo σ e sono dovuti alla combinazione linere di orbitali |sp2i e, in analogia con quanto avviene nel benzene, si ha che gli orbitali |2pzi

(24)

degli atomi di carbonio di partenza finiscono per essere delocalizzati sull’intera struttura cristal-lina. Gli atomi di carbonio vanno dunque a formare un reticolo a nido d’ape con distanza tra primi vicini a = 0.142nm, il quale non `e un reticolo di Bravais, visto che due atomi adiacenti non sono equivalenti. Tuttavia la struttura cristallina del grafene pu`o essere trattata con il formalismo dei reticoli di Bravais immaginando semplicemente che essa sia formata da 2 sotto-reticoli triangolari A e B, ovvero da un reticolo triangolare con base di due atomi individuato dai vettori di base [10]

a1 = a( √ 3, 0) (2.4) a2 = a 2( √ 3, 3) (2.5)

A partire dal reticolo triangolare, si ottiene la prima zona di Brilluoin mostrata in figura 2.4

Fig. 2.4: (a): Reticolo cristallino del grafene. Notare come una qualsiasi coppia di atomi adiacenti sia non equivalente, in quanto presenta una diversa disposizione dei primi vicini. I vettori δ connettono un atomo con in primi vicini, distanti 0.142nm. I vettori a1, a2, a3 sono invece i vettori di base del reticolo triangolare di Bravais. (b): La regione ombreggiata rappresenta la prima zona di Brillouin, costruita sul sottoreticolo A. I punti K e K’ sono i vertici dell’esagono, che non sono equivalenti. Il centro della zona di Brillouin `e indicato come Γ. I punti M ,M’ e M” sono ottenuti dall’intersezione dei lati dell’esagono con la retta ad essi perpendicolare.

2.2.2

Struttura elettronica

Gli elettroni di un atomo isolato occupano orbitali atomici, cui corrisponde un insieme discreto di livelli energetici. In approssimazione LCAO la formazione del legame molecolare `e spiegata attraverso un processo di combinazione lineare degli orbitali atomici di partenza [6], i quali formano un numero di orbitali molecolari pari in numero a quello degli orbitali atomici di partenza. Il caso di un solido pu`o essere approcciato qualitativamente in modo analogo1, con la differenza che il numero di atomi `e dell’ordine di 1023. Gli elettroni vanno dunque a formare un insieme molto fitto di livelli energetici, il quale risulta essere essenzialmente continuo. Dunque,

1Il caso semplice di un solido cristallino unidimensionale monoatomico pu`o essere trattato come limite per N → ∞ di una molecola ciclica con N atomi, i cui livelli energetici sono m= 0− 2t cos(2πmN ) [7]

(25)

al contrario di quanto avviene in atomi e molecole, in cui i livelli energetici elettronici sono caratterizzati da un insieme di numeri quantici che possono assumere solo valori discreti, nei solidi i livelli energetici elettronici nk sono generalmente caratterizzati, oltre che da un numero

quantico n discreto, anche da un parametro k, che ha le dimensioni di un vettore d’onda e pu`o assumere qualsiasi valore all’interno della prima zona di Brillouin. In analogia a quanto avviene per un elettrone libero, si definisce il quasi-momento dell’elettrone come p = ~k [5]. Bench´e il quasi-momento non rappresenti il tradizionale impulso dell’elettrone, esso soddisfa una analoga legge di conservazione.2 Per semplicit`a nel prosieguo della trattazione si far`a riferimento al momento di un elettrone o di un fonone, bench´e la quantit`a realmente coinvolta `

e il quasi-momento. A n fissato, gli elettroni possono assumere qualsiasi valore di k nella zona di Brillouin, ovvero possono variare la propria energia con continuit`a all’interno di una banda energetica. Il numero quantico n indica la banda nella quale ci si trova ed `e quindi chiamato numero di banda. In generale l’insieme delle bande elettroniche non copre tutto l’insieme delle energie possibili. Una zona di energie non permesse compresa tra due bande `e denominata gap di banda. La probabilit`a che un elettrone in equilibrio termodinamico alla temperatura T vada a occupare un livello compreso tra  e  + d `e data dalla quantit`a g()d, dove la g() `e distribuzione di Fermi-Dirac

g() = 1

e(−F)/kBT + 1 (2.6)

e F `e detta energia di Fermi. Per T → 0 la 2.6 tende a una funzione a gradino attorno

a F, cosicch´e lo stato fondamentale di un sistema si ricostruisce andando a riempire tutti i

livelli energetici possibili al di sotto dell’energia di Fermi. Buona parte delle propriet`a fisiche di un solido dipendono dalla posizione dell’energia di Fermi rispetto alla sua struttura a bande [5]. Se il livello di Fermi cade all’interno di una banda, la quale risulta essere quindi solo

Fig. 2.5: Schematizzazione delle diverse possibili bande energetiche

parzialmente riempita, si ha un metallo. Qualora invece il livello di Fermi cada tra due bande successive, una delle quali risulti totalmente riempita (detta di valenza) e l’altra vuota (detta di conduzione), si ha un isolante o un semiconduttore. La differenza principale tra i due `e legata

2L’impulso vero e proprio non rappresenta neanche un numero quantico del sistema, poich´e il cristallo non `

e invariante sotto traslazioni arbitrarie, ma solo di multipli dei vettori di base. Tale simmetria discreta `e alla base della legge di conservazione del quasi-momento.

(26)

alle dimensioni del gap di banda. Se questo `e minore di 2eV alcuni elettroni a temperatura ambiente vengono termicamente eccitati dalla banda di valenza a quella di conduzione, si ha dunque un semiconduttore. In caso contrario questa probabilit`a di transizione `e trascurabile e si ha un isolante. In generale, la maggior parte delle propriet`a fisiche del grafene dipende dal comportamento degli elettroni |2pzi degli atomi di partenza, in particolare dal modo in cui

essi vanno a formare le bande elettroniche. Il grafene, che `e un semiconduttore, rappresenta un caso particolare, in quanto presenta un gap di banda nullo, come mostrato in figura 2.6. La

Fig. 2.6: Dispersione elettronica del grafene

banda di valenza, chiamata π, `e completamente occupata mentre la banda di conduzione, π∗, `

e vuota. L’energia di Fermi `e dunque collocata in corrispondenza dei punti in cui le bande π e π∗ si incontrano, noti anche come punti di Dirac. Si nota dalla figura come i punti di Dirac vadano a coincidere con i vertici K e K0 della zona di Brillouin. Un elemento essenziale nella curva di dispersione elettronica `e l’andamento lineare dell’energia  in funzione di k nei pressi dei punti di Dirac. In particolare in questa regione l’energia soddisfa la formula

 = ~vFk (2.7)

dove vF `e detta velocit`a di Fermi, e rappresenta la velocit`a cui viaggia un elettrone libero con

energia pari all’energia di Fermi. Risulta quindi dalla 2.7 che, per quanto riguarda la relazione di dispersione, un elettrone attorno ai punti di Dirac si comporta come se fosse un fotone massivo, che invece di viaggiare alla velocit`a della luce si muove a velocit`a vF.

(27)

Capitolo 3

Lo spettro Raman del Grafene

Il grafene, come gi`a evidenziato in introduzione al capitolo 2, ha focalizzato fin dalla sua scoperta un vasto interesse e studio da parte della comunit`a scientifica. La necessit`a di trovare un modo veloce e non distruttivo per caratterizzare un campione di grafene `e stata soddisfatta attraverso l’utilizzo della spettroscopia Raman, la quale consente di indagare la struttura elettronica e le propriet`a del reticolo. Attraverso lo spettro Raman si riesce a ottenere una sorta di impronta digitale del campione studiato, attraverso la quale `e possibile risalire alle propriet`a del reticolo, come ad esempio l’eventuale presenza di difetti [2]. Nel caso del grafene le informazioni che si riescono a ottenere non si limitano per`o al solo ambito reticolare. Nel caso di molecole la distanza energetica tra livelli elettronici `e maggiore di almeno un ordine di grandezza rispetto alla scala dei livelli energetici vibrazionali. Ci`o rende valida l’approssimazione di Born-Oppenheimer [7], in base alla quale la dinamica elettronica e quella nucleare sono disaccoppiate. Nel caso del grafene questo non `e pi`u vero, in quanto non `e presente gap tra banda di valenza e di conduzione. La rottura dell’approssimazione di Born-Oppenheimer implica che sia presente un accoppiamento tra i livelli energetici elettronici e quelli vibrazionali, cosicch´e attraverso la spettroscopia Raman si riesce in questo caso anche a studiare alcune propriet`a elettroniche del sistema, come l’energia di Fermi. L’interpretazione dello spettro Raman del grafene `e tuttavia piuttosto complessa e ha richiesto diversi anni per poter essere inquadrata all’interno di uno schema teorico soddisfacente. In questo capitolo ci si sofferma sullo studio degli elementi principali dello spettro Raman del grafene, in particolare sui picchi G e 2D.

3.1

Curva di Dispersione Fononica

Per poter interpretare lo spettro Raman del grafene `e necessario prima comprendere le curve di dispersione per i modi normali di vibrazione [2]. Poich`e il grafene ha 2 atomi di carbonio nella cella elementare del reticolo, si hanno in generale 6 branche nella curva di dispersione fononica, 3 delle quali saranno relative a fononi acustici e 3 a fononi ottici . Ciascuna curva `e classificata anche in base alla tipologia di vibrazione cui essa `e collegata: curve relative a vibra-zioni perpendicolari al piano del grafene sono denominate di tipo oT (out of plane transverse),

(28)

mentre quelle nel piano (i - in plane) sono a loro volta classificate diversamente a seconda che la vibrazione sia longitudinale (L) o trasversa (T) rispetto al legame C-C coinvolto nella vibrazione. In definitiva si hanno quindi le curve di dispersione oTA,iLA,iTA,oTO,iLO,iTO, le quali sono riportate in figura 3.1 . I modi di vibrazione del reticolo attorno al punto Γ,

Fig. 3.1: Curve di dispersione per i fononi nel grafene

riportati nella figura 3.2, sono quelli che, in base alla (1.43), soddisfano la conservazione del momento per processi di singolo fonone. I modi A2u e E1u rappresentano moti antisimmetrici

Fig. 3.2: (a): I 4 modi normali del reticolo nel punto Γ. (b): Il modo di stretching A1g, corrispondente

alla curva iTO nel punto K.

di traslazione degli atomi di carbonio rispettivamente in direzione perpendicolare e parallela al piano del grafene [1]. Corrispondono nella figura 3.1 rispettivamente alla curva oTO e alle

(29)

curve degeneri iLA,iTA. Il modo B2g rappresenta il fonone acustico oTA. Resta infine il fonone

ottico E2g, che corrisponde alle curve degeneri iLO e iTO. Poich`e il fonone E2g `e l’unico di tipo

ottico a possedere la giusta parit`a ci si potrebbe aspettare di vedere soltanto un picco intorno a 1580cm−1. Molto interessante `e anche il cosiddetto modo A1g, il quale corrisponde al fonone

oTO attorno al vertici K (o K’) della zona di Brilluoin, in quanto responsabile, come si vedr`a, dei picchi D e 2D.

3.2

Spettro

In base alle considerazioni fatte nel paragrafo precedente ci si potrebbe aspettare che lo spettro Raman del grafene consista in un unico picco in corrisondenza di uno shift ∆ν ' 1580cm−1. La situazione `e invece decisamente pi`u complessa, come si pu`o vedere dalla figura 3.3. Innanzitutto

Fig. 3.3: (a): Spettro Raman di grafene puro (b): Spettro Raman del grafene in presenza di difetti nel reticolo

occorre distinguere tra lo spettro Raman di un campione di grafene con o senza difetti nel reticolo cristallino. Il picco previsto attraverso una analisi qualitativa dei modi di vibrazione attorno al punto Γ `e presente in entrambi i casi e prende il nome di picco G. Nel caso in cui il campione sia privo di difetti lo spettro presenta soltanto un altro picco, detto picco 2D, con shift approssimativamente pari a ∆ν ' 2700cm−1. Nel caso in cui il reticolo presenta dei difetti i picchi G e 2D rimangono presenti, ma lo spettro si popola anche di altri picchi, come mostrato nel pannello in basso della 3.3. Lo studio dello spettro in questo secondo caso pu`o

(30)

essere approcciato immaginando di trattare i difetti come fononi con energia nulla. Un tale studio va tuttavia al di l`a degli scopi di questo lavoro, cosicch´e d’ora in avanti ci si soffermer`a solamente sui picchi G e 2D. Si vede in figura 3.3 come lo shift associato al picco 2D, pari a ∆ν ' 2700cm−1, sia circa il doppio rispetto a quello associato al picco D. Risulta quindi ragionevole pensare che il picco 2D sia dovuto a un processo nel quale sono coinvolti 2 fononi con frequenza ν ' 1350cm−1 e con vettori d’onda uguali e opposti, cos`ı da soddisfare la 1.43. Sperimentalmente si osserva come la posizione del picco G non dipenda dall’energia del laser incidente, mentre il picco 2D presenta un andamento dispersivo lineare.

3.3

Descrizione diagrammatica dei picchi Raman del

gra-fene

Per capire il diverso comportamento dei picchi G e 2D `e utile introdurre, seppur brevemente e in modo qualitativo, una interpretazione microscopica dello scattering Raman nel caso particolare di un semiconduttore [8]. Nel caso pi`u semplice di molecole, affrontato nel capito 1, un fotone viene assorbito da un elettrone, il quale viene eccitato in un cosiddetto stato virtuale. Poich`e questo non `e in generale un suo autostato, il sistema tende a riportarsi in uno stato stabile riemettendo un fotone (vedere figura 1.2). Lo scambio di energia tra il fotone e la molecola `e reso possibile dal moto di vibrazione della molecola. Nel caso di un solido le vibrazioni molecolari vanno sostituite con il concetto di fonone, il che implica che nell’interazione si possano scambiare sia energia che impulso, purch´e non ne venga violata la conservazione. In approssimazione semiclassica, il caso in esame di scattering Raman su semiconduttore pu`o essere descritto come un processo di scattering nel quale vengono coinvolte pi`u particelle, come fotoni, fononi, elettroni e eventualmente difetti. In particolare sono possibili processi in cui pi`u di un fonone `e coinvolto, come spiegato di seguito. In generale un processo di scattering Raman a n fononi richiede n+2 stati intermedi. Qualsiasi processo inizia sempre con l’assorbimento di un fotone con energia ~ωi da parte di un elettrone nella banda di valenza, il quale viene eccitato nella banda di

conduzione andando a creare una coppia elettrone-lacuna. Seguono quindi i generici (n+2) stati intermedi, in ciascuno dei quali l’elettrone o la lacuna vengono scatterati da un fonone, con il quale scambiano energia. Infine, la coppia elettrone-lacuna si ricombina radiativamente, emettendo un fotone con energia ~ωf = ~ωi± ∆E, dove ∆E `e l’energia scambiata dalla coppia

elettrone-lacuna con il reticolo e i segni pi`u e meno sono relativi rispettivamente a processi di tipo Anti-Stokes e Stokes.

3.3.1

Il picco G

Il picco G ha uno shift ∆ν ' 1580cm−1 e sperimentalmente non presenta comportamento dispersivo al variare della frequenza del laser utilizzato [1]. In figura 3.1 si vede che i modi normali iLO e iTO nel punto Γ sono degeneri e hanno frequenza ν ' 1580cm−1. Risulta quindi

(31)

ragionevole associare il picco G a un processo di scattering in cui `e coinvolto un solo fonone E2g. Poich`e il fonone considerato ha vettore d’onda nullo la condizione 1.43 `e soddisfatta.

Il processo di scattering in questione pu`o essere trattato in modo diagrammatico, come mostrato in figura 3.4. In questo grafico l’asse orizzontale rappresenta il valore dell’impulso k, l’asse

Fig. 3.4: Processi che causano la formazione del picco G. Il limite superiore della regione ombreggiata in rosa rappresenta il livello di Fermi del sistema, che pu`o essere manipolato esternamente. Il processo barrato, che contribuirebbe al picco G in assenza di intervento esterno, in questo caso `e vietato in quanto l’energia di Fermi `e stata abbassata e il suo livello di partenza risulta vuoto.

verticale l’energia E. Il punto K `e uno dei vertici della zona di Brilluoin del reticolo del grafene. Il doppio cono rappresenta la curva di dispersione degli elettroni del grafene nei pressi di K, la quale `e in particolare descritta dalla 2.7. Il cono inferiore corrisponde alla banda di valenza, detta π, mentre il cono superiore rappresenta la banda di conduzione, detta π∗. L’energia di Fermi del sistema in assenza di intervento esterno va a cadere in corrispondenza del punto K, cosicch´e la banda di valenza risulta essere totalmente riempita, ma il suo valore pu`o essere modificato attraverso l’applicazione di un voltaggio, come ad esempio avviene in figura 3.4. Il primo stadio del processo di scattering consiste nell’assorbimento di un fotone incidente con energia i = hνida parte di un elettrone con momento k e energia (k) data dalla 2.7. L’elettrone

viene quindi eccitato al di fuori della banda di valenza, in uno stato intermedio che per la conservazione dell’energia deve soddisfare 0 = (k) + ~ωi. Il vettore d’onda di un fotone visibile

`

e molto minore rispetto a quello di un elettrone intorno al punto K, cosicch`e la transizione viene rappresentata sul piano (E,k) come una freccia blu verticale, cos`ı da garantire la conservazione dell’impulso. Lo stato intermedio in cui l’elettrone si trova in seguito all’interazione con il fotone non cade generalmente sul cono, `e dunque uno stato virtuale. Il secondo stadio prevede il processo di scattering tra l’elettrone e il fonone E2g e `e rappresentato nella 3.4 della linea

tratteggiata. Poich´e si stanno prendendo in considerazione soltanto processi di tipo Stokes, l’elettrone cede al sistema una energia pari a hν(E2g). Poich´e il vettore d’onda del fonone

(32)

E2g `e nullo il vettore d’onda dell’elettrone rimane invariato. Nell’ultimo stadio si torna alla

configurazione elettronica iniziale, attraverso la ricombinazione della coppia elettrone-lacuna e l’emissione di un fotone con energia pari a f = hνf = hνi − hν(E2g). Lo shift Raman

risulta quindi pari a ν(E2g) ' 1580cm−1. Vista la natura non risonante del picco, infiniti

stati elettronici possono essere coinvolti nella transizione. In particolare il numero di stati elettronici coinvolti pu`o essere manipolato esternamente andando ad agire sul livello di Fermi F, ad esempio tramite l’applicazione di un potenziale esterno. Se ad esempio si va ad abbassare

il livello di Fermi si va a diminuire il numero di processi coinvolti nella formazione del picco G, poich´e tutti gli stati della banda di valenza con energia superiore a quella di Fermi sono ora vuoti. Ci si potrebbe aspettare che, essendo diminuito il numero di elettroni coinvolti, l’intensit`a I(G) del picco G vada a diminuire all’abbassarsi del livello di Fermi. Andando a studiare sperimentalmente l’intensit`a del picco G in funzione di F si `e trovato invece un

comportamento opposto. Ci`o `e dovuto al fatto che i vari processi che danno luogo al picco G interferiscono quantisticamente tra di loro e, andando a diminuire EF, si vanno a bloccare

dei contributi che interferiscono distruttivamente. Una spiegazione rigorosa di questo processo richiede una trattazione quantistica dello scattering Raman e va al di l`a degli scopi di questo lavoro.

Il diagramma mostrato in figura 3.5 spiega anche l’assenza di comportamento dispersivo da parte del picco G. Si supponga infatti di andare a aumentare la frequenza del laser da νi

Fig. 3.5: Se si varia l’energia del laser incidente, ovvero si varia la lunghezza della freccia blu, lo shift Raman non cambia. I due diagrammi A e B infatti vengono chiusi coinvolgendo nel processo sempre lo stesso fonone E2g

a νi + ∆ν, operazione che nel diagramma si traduce in un allungamento della freccia blu.

L’elettrone coinvolto nel processo viene dunque eccitato a un’energia 00 = 0 + h∆ν. Questo non va a influire minimamente sul processo di scattering, che prevede sempre il trasferimento di un’energia hν(E2g) e di un impulso nullo dall’elettrone al sistema. Il diagramma si chiude

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dunque con una freccia rossa pi`u lunga di h∆ν rispetto a quella in figura 3.4, cos`ı da garantire la conservazione dell’energia nel ritorno allo stato iniziale. Il fotone emesso dunque differisce in energia di h∆ν rispetto a quello emesso precedentemente, ma lo shift Raman non cambia.

3.3.2

Il picco 2D

Il picco 2D `e associato a uno shift Raman ν(2D) ' 2700cm−1 e non pu`o essere spiegato facendo ricorso a processi di singolo fonone, in quanto nel grafene non sono presenti modi di vibrazione con una tale frequenza in corrispondenza del centro della zona di Brillouin. Come gi`a accennato la formazione del picco 2D pu`o essere interpretata prendendo in considerazione processi a due fononi con vettori d’onda uguali e opposti [1], cos`ı da soddisfare la 1.43. Guardando il pannello in basso in figura 3.3 si vede inoltre come il picco D abbia frequenza pari alla met`a del picco 2D, il che rafforza l’ipotesi che il picco 2D sia dovuto a un processo nel quale sono coinvolti due fononi, ciascuno con frequenza ν ' 1350cm−1. Bench´e, guardando la 3.1, una tale frequenza possa essere associata sia al modo iTO attorno al punto K, corrispondente al fonone A1g, che

al modo iLO attorno al punto M, si `e giunti alla conclusione che soltanto la prima branca `

e coinvolta nel processo [1]. Questa assegnazione consente di spiegare la dispersione lineare sperimentalmente osservata nel picco 2D. Anche il processo di formazione del picco 2D pu`o essere illustrato grazie ad un approccio di tipo diagrammatico, come mostrato in figura 3.6 Anche in questo caso un elettrone con vettore d’onda k attorno al punto K e energia (k)

Fig. 3.6: Formazione del picco 2D

assorbe un fotone incidente con energia hνi, effettuando una transizione verticale. Tuttavia

in questo caso non tutti gli stati elettronici contribuiscono, ma soltanto quelli per cui vale la condizione di risonanza

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La 3.1 equivale a imporre che lo stato intermedio 0 = (k) + hνi sia un autostato del sistema,

ovvero appartenga alla curva di dispersione. Nel secondo stadio l’elettrone viene scatterato da un fonone con vettore d’onda Q = K + q, con q << K, e frequenze νQ nel punto K0+ k0

attorno al vertice K0. Questo processo `e mostrato in figura 3.6 con una linea tratteggiata. Conservazione di energia e impulso impongono

~vFk0 =

hνi

2 − hνQ (3.2)

k0 = k + q (3.3)

Al contrario di quanto avveniva nel picco G, l’elettrone scambia anche impulso con il reticolo. Affinch`e l’elettrone possa chiudere il diagramma, ricombinandosi radiativamente con la lacuna, `

e necessario che esso subisca uno scattering analogo al precedente da un fonone con vettore d’onda Q0 = −Q e ritorni al valore iniziale dell’impulso, avendo in totale ceduto energia pari a 2hνQ. Questo non `e uno stato stabile del sistema, cosicch`e l’elettrone compie una transizione

verticale verso lo stato energetico iniziale, emettendo un fotone con energia hνf = hνi−2hνQ. In

assenza di direzioni privilegiate per lo scattering il valore di q pu`o dunque variare con continuit`a da q = 0, scattering in avanti, a q = 2k, scattering all’indietro, il che implicherebbe la presenza di una banda allargata al posto del picco 2D. L’assenza di questo allargamento `e dovuta al fatto che la condizione di backscattering risulta essere privilegiata. Per capire il motivo di questo fenomeno `e conveniente passare dallo spazio degli impulsi a quello delle coordinate spaziali e studiare il processo di scattering in termini di traiettorie semi-classiche. In questa cornice il processo di scattering pu`o essere raffigurato come in figura 3.7

Fig. 3.7: Scattering Raman a 2 fononi nello spazio reale. (a1 − a2): processi in cui non `e possibile

la ricombinazione radiativa poich`e la coppia non si rincontra nello stesso punto dopo aver viaggiato per tempi uguali. (a3): processo di backscattering, per il quale `e avviene ricombinazione radiativa. Il

fulmine rappresenta il processo di creazione di una coppia elettrone-lacuna da parte di un fotone. Le frecce verdi ondulate rappresentano l’emissione di un fonone. La scintilla rappresenta la ricombinazione radiativa di elettrone e lacuna

Il fotone incidente sul sistema crea una coppia elettrone-lacuna con momento pari rispet-tivamente a p e −p. Affinch`e la coppia possa ricombinarsi radiativamente `e necessario che elettrone e lacuna si ritrovino nello stesso punto dopo aver viaggiato per un intervallo di tempo uguale. Questa condizione richiede una inversione del moto delle particelle e pu`o dunque essere

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soddisfatta solo attraverso l’emissione di fononi con vettore d’onda parallelo alla direzione ini-ziale del moto. Questa condizione di backscattering, escludendo la possibilit`a di avere q = 0, spiega anche il perch`e dell’assenza del picco 2G, overtone del picco G. Andando ora a combinare le equazioni 3.1 - 3.2 - 3.3 con la condizione di backscattering, che fissa il verso relativo di k e k0, si ottiene

q = k + k0 = 2π vF

(νi+ νQ) (3.4)

Poich`e, come si `e visto, la frequenza del fonone emesso `e molto minore di quella del laser usato per eccitare il sistema, si pu`o trascurare il termine νQ e ottenere l’andamento atteso per la

dispersione del picco 2D

Disp(2D) = 2dνQ dq dq dνi ' 2vg vF (3.5) dove si `e introdotta la velocit`a di gruppo vg = 2π

dνQ

dq . Dal grafico 3.1 si vede come la velocit`a

di gruppo del fonone A1g sia costante attorno al punto K, il che spiega il comportamento

dispersivo lineare del picco 2D. Al contrario di quanto avveniva per il picco G, nel quale cambiare energia del laser non cambiava la risposta del sistema, nel caso del picco 2D questo non `e pi`u vero. Come mostrato in figura 3.8, se si cambia la lunghezza della freccia blu non `e pi`u possibile chiudere il diagramma attraverso processi di scattering con gli stessi fononi considerati in precedenza. Risulta infatti necessario aggiustare la freccia tratteggiata per fare in modo che lo stato di arrivo dell’elettrone giaccia sul cono di dispersione. Aggiustare la freccia significa far interagire l’elettrone con un fonone diverso rispetto al precedente, in modo da poter soddisfare la conservazione di energia e impulso. Poich`e, come mostrato in figura 3.1, la relazione di dispersione per i fononi attorno a K non `e piatta, una variazione di q comporta anche una variazione dello shift Raman, ovvero della posizione del picco 2D.

Fig. 3.8: Al variare dell’energia del laser incidente fononi diversi prendono parte al processo. Il processo A `e lo stesso mostrato in figura 3.6. Nel processo B si vede come l’elettrone non pu`o interagire con lo stesso fonone del processo A, in quanto non si riesce a chiudere il diagramma (croce rossa). Il problema si risolve andando a far interagire l’elettrone con un fonone opportuno (v verde), cos`ı da chiudere il diagramma e soddisfare conservazione di energia e impulso.

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Conclusioni

In questa dissertazione si introdotto il fenomeno della diffusione anelastica della luce, partendo dal caso di una molecola biatomica e successivamente andando a trattare i casi di molecole pi`u complesse e di solidi. Si `e messo in evidenza come l’utilizzo di tecniche spettroscopiche sia fondamentale ai fini della caratterizzazione di un campione e si `e mostrata la complementarit`a di spettroscopia Raman e IR. Si `e successivamente introdotto lo studio del grafene, del quale sono state mostrate le propriet`a principali. Si `e sottolineata quindi la necessit`a di una adeguata caratterizzazione del grafene, resa possibile dalla spettroscopia Raman. Ci si `e in particolare posti il problema di una corretta interpretazione dello spettro Raman di un campione di grafene privo di difetti e si `e visto come sia possibile ricostruire il processo di formazione dei picchi G e 2D attraverso l’utilizzo di diagrammi. Come gi`a accennato la complessit`a dello spettro aumenta considerevolmente qualora si abbandoni l’ipotesi di non idealit`a. Lo studio dello spettro comple-to risulta chiaramente di grande interesse teorico e pratico, in quancomple-to attraverso l’intensit`a del picco D `e ad esempio possibile risalire al grado di impurit`a del sistema. Si `e inoltre accennato al fatto che le propriet`a dello spettro possono essere manipolate esternamente, come avviene ad esempio per l’intensit`a del picco G al variare del livello di Fermi. Alla luce di queste considera-zioni risulta chiaro come uno studio completo dello spettro del grafene richieda una trattazione pi`u ampia, cosicch´e diversi punti sono rimasti inesplorati. Il lavoro svolto rappresenta quindi un possibile modo di approcciare per la prima volta lo studio di un sistema complesso come il grafene e pu`o essere utilizzato come punto di partenza in vista di approfondimenti futuri.

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Bibliografia

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[10] Jean-No¨el Fuchs, Mark Oliver Goerbig, Introduction to the Physical Properties of Graphene, Lecture Notes.

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Figura

Fig. 1.1: Semplice modello di molecola biatomica, in cui l’interazione tra i due atomi, di massa m 1
Fig. 1.2: Schematizzazione dei diversi modi in cui la radiazione pu` o interagire con una molecola
Fig. 1.3: Andamento in funzione di R delle componenti a k = a XX e a ⊥ = A Y Y = a ZZ del tensore
Fig. 1.5: Modi di vibrazione per la molecola CO 2 . Il moto di bending ` e degenere, in quanto pu` o
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Riferimenti

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