CENNI DI STORIA E TIPOLOGIE DI PROTES
INVASATURA ISNY
4.2.4 I piedi protesic
I piedi più comunemente usati, sia nelle protesi modulari che nelle tradizionali, sono
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I piedi non articolati solitamente vengono utilizzati in combinazione con ginocchi
liberi, quelli articolati sono usati con protesi bloccate a livello del ginocchio. Inoltre,
con i piedi articolati, la pianta del piede viene a contatto col terreno in anticipo rispetto
ai piedi rigidi (o non articolati) e dà pertanto più sicurezza rispetto a questi, per cui
sono più indicati per percorsi in salita e discesa.
Piede non articolato:
- il piede S.A.C.H. (Solid Ankle Cushion Hell): è un piede con una caviglia rigida e
tallone a cuscinetto; è composto da un tarso rigido in legno, da un avampiede di
poliuretano duro e un tallone a cuneo costituito da un cuscinetto elastico che si
comprime durante il contatto del tallone, simulando la flessione plantare.È un piede
molto leggero, durevole ed economico, indicato per pazienti sia giovani che anziani.
Restituisce solo il 31% dell’energia assorbita (Czerniecki 1992) sia per il materiale
usato che per la forma, l’energia è dissipata prima della fase di spinta.
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- il piede dinamico: è molto simile al precedente con l‟unica differenza di un
avampiede flessibile. Offre un assorbimento degli urti in fase tardiva d’appoggio; ha
una limitata escursione nei ROM di eversione, inversione e torsione ed è adatto per
persone poco attive o obese.
Piede articolato
- Piede monoassiale: costituito da un singolo asse meccanico di movimento a livello
della tibio-tarsica che permette solo la flessione dorsale e plantare; esse sono limitate
rispettivamente da un arresto rigido anteriore e un ammortizzatore cilindrico in gomma
posteriormente; l’articolazione monoassiale connette il piede al blocco della caviglia;
l’anima in legno è rivestita di poliuretano duro o morbido. Questo piede offre un
appoggio più rapido al suolo con una maggiore stabilità al ginocchio, ma è più pesante
e meno robusto del SACH e trova uso principalmente nelle protesi transfemorali
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- Piede poliassiale: possiede un‟articolazione di congiunzione piede-caviglia ma la
caratteristica fondamentale è la presenza di un’articolazione a U che contiene al suo
interno più assi meccanici i quali permettono di effettuare anche i movimenti
complessi di inversione/eversione. Anche qui si hanno due arresti, anteriore e
posteriore, entrambi in gomma. Il piede poliassiale offre ottime prestazioni grazie ad
un miglior assorbimento delle sollecitazioni su terreni accidentali e per monconi molto
sensibili. È più pesante, meno robusto e più costoso del SACH.
Fig. 29-30 Piede poliassiale
Piede ad accumulo e restituzione di energia: costituto da lamine in carbonio, una per
l’avampiede e l’altra per il calcagno. Tali lamine hanno la forma di molle a balestra le
quali, deformandosi sotto l’azione del peso corporeo durante le fasi di appoggio,
accumulano energia che viene poi restituita sotto forma di spinta propulsiva in avanti e
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fisiologica l’energia generata è superiore a quella assorbita; la caviglia protesica in
carbonio restituisce il 90% di quanto assorbe.
Fig. 31-32 Piede ad accumulo e restituzione di energia
Piede Elation (Fig.33-34)
Piede leggero in fibra di carbonio, con appoggio articolato e tacco regolabile (0-5 cm),
assistito da comando pneumatico. Moderato rilascio di energia, utile per chi utilizza
differenti paia di scarpe. Consigliato per le donne e per livelli di impatto medio-bassi.
Peso max 120 kg.
Fig. 33 Fig. 34
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4.5 Sviluppi tecnologici
Gli straordinari progressi compiuti dalla scienza e dalla tecnologia negli ultimi anni
stanno consentendo a migliaia e migliaia di persone di condurre una vita “normale”
malgrado le menomazioni fisiche. Il nuovo sviluppo della bionica è stato reso
possibile da componenti più piccoli e più progrediti che hanno permesso di
comprimere più elementi hardware negli arti artificiali. La tecnologia protesica
emergente promette non solo grande potenza e flessibilità, ma anche pelle artificiale
sensibile alla pressione o perfino arti legati al corpo controllati mentalmente. La
ricostruzione di arti amputati ancora più forti e veloci di prima sta divenendo
rapidamente una possibilità realistica. Aumentando la capacità di integrarsi con la
carne le ossa e il sistema nervoso, la protesica sperimentale rischia di far diventare
obsoleta la prospettiva di “perdere un arto”.
La tecnica di reinnervazione muscolare consiste nell’utilizzare i nervi rimasti intatti
dopo un’amputazione per controllare i movimenti della protesi tentando di
comprendere gli stimoli provenienti dal cervello. Dunque attraverso l’elettromiografia
si inviano i segnali elettrici prodotti dai muscoli ad un software in grado di riconoscerli
e di manovrare di conseguenza la gamba bionica. La sperimentazione in corso vede
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tanto positivi quanto inaspettati: tutti i volontari sono capaci di controllare il ginocchio
e la caviglia di un avatar utilizzato al computer per le simulazioni partendo dalle
informazioni neurali della coscia. Gli amputati hanno raggiunto il 91% di
precisione dei movimenti e i non amputati l’89%.
I ricercatori della SMU (Southern Methodist University) hanno ricevuto dalla DARPA
un finanziamento di 5,6 milioni di dollari per lo sviluppo di connessioni a fibra ottica
tra protesi robotiche e il tessuto nervoso umano, in modo da potenziare le capacità di
chi ha ricevuto un trapianto di protesi tecnologiche.
Lo scopo è quello di ottenere arti che non solo percepiscono il mondo come un tessuto
organico, in grado quindi di percepire sensazioni come caldo e pressione, ma di
rendere la comunicazione tra il cervello umano ed un arto robotico quasi simultanea.
Ad oggi, la comunicazione tra tessuti nervosi periferici e oggetti artificiali è agli
albori. Uno dei problemi da affrontare è la velocità di comunicazione tra il biologico e
il robotico, che rende complesso l'utilizzo di una protesi e fornisce un limitato grado di
mobilità a chi ha subito amputazioni.
Le protesi attualmente disponibili richiedono la connessione ad altre parti del corpo
per poter essere azionate. Ad esempio, si può connettere un braccio robotico ad un
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sistema, come tutti i metodi elaborati per aumentare la mobilità di un arto robotico, è
ben lontano dal modo in cui muoviamo istintivamente i nostri muscoli.
L’Interfaccia Neurofotonica Completa, che tramite la fibra ottica si connette
direttamente ai tessuti nervosi, e che mette in comunicazione sistema nervoso e protesi
in tempo reale.
Migliorare la comunicazione tra il tessuto nervoso e protesi artificiali non ha il solo
scopo di rendere sempre più performanti gli arti robotici, ma ha risvolti in altri ambiti
della medicina: si potranno, ad esempio, creare impianti cerebrali per controllare i
tremori, o modulatori neurali in grado di gestire il dolore, o addirittura impianti per
pazienti con lesioni spinali
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