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Questi avevano pieni poteri di rappresentanza ed avevano facoltà di farsi sostituire a loro volta; ogni delegato non poteva disporre di più di 3

procu-re, ma capitava spesso che una ristretta cerchia di persone, fra le più influenti e potenti, accumulasse un gran numero di deleghe e poi le distri-buisse in modo da condizionare le votazioni. Ricorrevano a questi mezzi sia

citò l'avvocatura e, dopo alcune esperienze di assessore nelle curie inferiori di Saragozza, fu per un triennio luogotenente straordinario della Corte di Giustizia d'Aragona, quattro volte assesso-re e avvocato ordinario del Regno e due nel Tribunale dell'Inquisizione di Cuenca (ACA, Consejo de Aragón, legajo 1052); fu nominato giudice della sala criminale della Reale Udienza nell'agosto 1674 (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 42, cc. 50 v.-54); fu anche uditore generale delle galere del Regno dal 1679 (ACA, Consejo de Aragón, Registros, 339, cc. 199 v.-201v.1; nel 1702 fu nominato giudice della sala civile (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 52, cc. 4 v.-7).

93 Le nomine venivano comunicate dal viceré agli Stamenti e viceversa per mezzo di amba-sciate le quali seguivano un rituale preciso: i delegati venivano accolti e fatti accomodare rispet-tando le precedenze; nel corso dell'ambasciata dello Stamento ecclesiastico, don Francesco Maggio protestò perché fu ricevuto dopo il governatore del Capo di Cagliari e Gallura; il viceré replicò che sulla questione ci si era già espressi nelle Corti del conte di Monteleone.

94 Le lamentele, secondo quanto precisava il segretario Diego Lilliu in una lettera trasmessa al Consejo, riguardavano le deleghe a favore de] conte di Montellano che erano state però rego-larmente sostituite con procure a favore di altri cavalieri; per quanto riguardava le città, Lilliu spiegava che per Oristano l'inammissibilità della delega a favore di don Giuseppe della Matta era da imputarsi al fatto di «non ser ciutadano insaculado», mentre nel caso di Bosa il procura-tore non era stato nominato dal Consiglio generale. Per quanto riguardava infine il sospetto che fossero state abilitate persone con meno di 20 anni, l'età minima richiesta per votare, il segreta-rio precisava che gli abilitatori avevano protestato la loro assoluta buona fede e lealtà nei con-fronti del sovrano (ACA, Conscyb de Aragón, legajo 1363, 14/1-3).

i sostenitori del viceré, sia i suoi avversari negli Stamenti: aveva la meglio chi riusciva a portare più voti dalla propria parte95. Il grafico che segue rap-presenta in percentuale la distribuzione delle procure fra i membri degli Stamenti. Dall'analisi dei dati emerge che il maggior numero dei voti, 70, si trovava nelle mani del marchese di Villasor, antagonista del viceré, e di Francesco Rogger, procuratore reale e uomo di corte, che disponeva di 64 deleghe96. Tra i nobili che si erano accaparrati un discreto numero dí voti da barattare poi con il viceré, in cambio di favori e riconoscimenti, figura-vano il conte di Bonorva con 35 voti 97

;

il dottor Gavino Nurra con 27 98

;

Sebastiano Garrucho con 26 99

;

Felice De Liperi Zonza, sindaco di Sassari, con 22; Antonio Genovés, barone di Portoscuso, con 19100; Francesco Pilo Boyl, barone di Putifigari, con 12101; il dottor Gian Battista Bologna con

95 In appendice al saggio sono riportate le tabelle riassuntive dei convocati al Parlamento, suddivisi per Stamento con i rispettivi procuratori e sostituti.

96 Francesco Rogger Gallo Serra de Litala Borquet, cagliaritano ma di origine catalana, era stato sergente maggiore nella Compagnia di Infanteria della milizia cittadina, aveva partecipato alle Corti del conte di Lemos e del marchese di Camarassa, si era impegnato nel reclutamento di volontari per il tercio, era stato veghiere nel 1672 e nel 1678. Si era adoperato per riappacifi-care gli animi dopo l'assassinio Camarassa e fu più volte inviato in Spagna in qualità di amba- sciatore (ACA, Consejo de Aragón, legajo 1059). Aveva ricevuto l'ufficio della Procurazione per incommenda nel 1669 con un salario di 1510 reali all'anno, in sostituzione di Giacomo Artale di Castelvì, marchese di Cea, implicato nell'omicidio del viceré (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 27, c. 128; vol. H 41, cc. 12-13); uomo fedelissimo al sovrano — lo aveva servito per oltre un trentennio — nel corso dei lavori parlamentari, data la sua avanzata età (aveva 69 anni), chie-se come ricompensa per i chie-servigi prestati una merce a favore della moglie, donna Clementa Sanna (ACA, Camara de Aragón, legajo 1116/1; legajo 1363, 22 sett. 1698).

97 L'Aymerich chiese per sé l'onorificenza di «gentilhombre de la Real Camara» (ACA, Consejo c'e Aragón, legajo 1364.9/13, 30 sett. 1699).

98 Originario di Thicsi, dottore in leggi, era stato eletto dallo Stamento militare per giudicare sul ricorso presentato dal marchesato di Villasor e venne ricusato da quel procuratore con l'ac- cusa di aver commesso delitti nel territorio di sua giurisdizione; cavaliere da svariati anni, chiese la nobiltà che ottenne grazie ai suoi meriti parlamentari (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 51, cc. 104-106, 23 seti. 1700). Fu attivo sostenitore della casa dei Borboni e forse, proprio per questo, fu osteggiato dai Villasor (F. FLORIS, S. SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 283).

99 Originario del villaggio di Tempio, aveva ottenuto il privilegio di nobiltà nel 1690 (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 50, cc. 77-80).

Mercante cagliaritano, aveva ricevuto il cavalierato e il privilegio di nobiltà nel 1677 (ibi-dem, vol. H 44, cc. 32-37), era diventato barone di Portoscuso acquistando i territori e la ton- nara da don Giovanni Maria Vivaldi; il 30 aprile 1700 Carlo II lo aveva insignito del titolo di marchese della Guardia per i meriti acquisiti nelle Corti di Santo Stefano, Monteleone e Montellano (ibidem, vol. H 51, cc. 60-63v.). Nella guerra di successione spagnola sostenne il partito asburgico in accordo con i Villasor; nel 1708 fu nominato dagli austriaci governatore del Capo di Cagliari e di Gallura e successivamente riparò a Vienna, dove rimase sino alla morte (P. ToLA, Dizionario biografico cit., vol. 2, pp. 148-149).

101 Sassarese, era figlio di Matteo che aveva ereditato il feudo nel 1663; nelle Corti fu nomi-nato trattatore del Militare e commissario per la numerazione dei fuochi (ACA, Conscio de Aragón, legajo 1364, 10); capeggiò il partito filoasburgico della città e per questa attività fu insi-gnito nel 1715 del titolo marchionale (F. FLORIS, S. SERRA, Storia della nobiltà cit., pp. 293-294).

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11102; Giuseppe Olivesi°3 e Salvatore Rodriguez con 9104 e, infine, il mar-chese di Soleminis, don Giovanni Gavino Atzori di Oristano e Gaspare Berruesso Carnier, maestro razionale, con 7 voti ciascuno 105. In totale, sommando i voti dell'una e dell'altra parte, si realizzò una situazione di quasi equilibrio di forze che sembrò pendere leggermente a favore degli Stamenti. Emerge inoltre dalla distribuzione delle procure che anche nell'i-sola avevano ormai preso corpo due fazioni contrapposte: una filoasburgica o carlista, in aperta polemica con il viceré cui avrebbe creato seri problemi nel corso del Parlamento, l'altra filoborbonica o filippista, che invece appoggiava pienamente la sua politica 106. La prima, costituita per la mag-

102 Di origine sassarese, trasferitosi poi a Cagliari, era stato armato cavaliere nel 1690 e aveva ottenuto il privilegio di nobiltà nel '91 (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 48, cc. 25-28v., 103-105v.); in un memoriale indirizzato al re chiese ed ottenne per il figlio, a ricompensa dei voti messi a disposizione nelle Corti, l'ufficio di capitano della baronia di Quartu e le rendite civili della stessa, offrendo in cambio la somma di 10.200 reali (ACA, Consejo de Aragón, legajo 1363, 25 nov. 1698). Fu decisamente filoborbonico: alla fine del XVIII secolo i discendenti si trasferi-rono nel Regno di Napoli (E. Roxis, S. SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 195).

103 Di probabile origine algherese, era stato assessore del Regio Patrimonio nel 1677 su nomina del procuratore reale e dal 1679 aveva ricoperto l'incarico di avvocato fiscale durante l'assenza del dottor Giovanni Palmas (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 44, cc. 21-22, 130v.-133); nel 1698 acquistò la Planargia di Bosa. Suo figlio Antonio Michele, sebbene l'arciduca d'Austria gli avesse conferito il titolo di marchese del Montenegro, parteggiò attivamente per Filippo V, distinguendosi in modo particolare nel tentativo di riconquista spagnola (F. LODDO CANEPA, Origen del cavallerato cit., p. 76; F. FLORIS, S. SERRA, Storia della nobiltà cit., p. 285).

"m Cagliaritano, notaio pubblico, aveva ricoperto l'incarico di quinto consigliere della città nel 1680; nello stesso anno era stato procuratore fiscale (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 46, cc. 91-92); nel 1693 aveva ottenuto il cavalierato; a fine Seicento prestava la sua opera quale segretario del Real Patrimonio e della Giunta (ACA, Consejo de Aragén, legajo 1363, 1698 sett.

26; F. LODDO CANEPA, Origen del cavallerato cit., p. 87 ).

105 Figlio di G. Battista che aveva ugualmente, come tanti altri membri della famiglia, rico-perto l'ufficio di maestro razionale nel 1670 (ASC, Antico Archivio Regio, vol. H 41, cc. 23, 28), aveva ottenuto il privilegio di nobiltà nel 1676. Gaspare Camicer, sebbene ricoprisse una delle piazze più rilevanti dell'amministrazione regia, fu un() dei partigiani più accesi dell'arciduca d'Austria; fu allontanato dal Regno insieme ad altri quando vennero alla luce i suoi disegni politici. In seguito alla vittoria austriaca fu nominato consigliere del Supremo Consiglio d'Aragona (P. TOLA, Dizionario biografico cit., vol.1, p. 184).

105 L'animo filoborbonico del conte di Montellano„ secondo il suo biografo Bacallar, ebbe modo di manifestarsi appieno presso la corte di Madrid durante la guerra di successione; egli infatti, pur «hombre ja de crescida edad» e ritenuto «maturo, sabio, cristiano», riuscì a entrare nelle grazie della regina, finendo col diventare uno dei suoi più fidati consiglieri. Ricoprì diversi incarichi importanti ed ottenne il titolo di duca e grande di II classe. Entrò a far parte del Consiglio di gabinetto del re nel momento di maggiore crisi di Filippo V; le sue posizioni intransigenti — gli spagnoli lo consideravano uomo dispotico — gli attirarono l'odio degli altri magnati, nonostante la forza che gli derivava dalla proiezione della regina che gli restò sempre fedele. Il Bacallar che ne racconta le vicende sottolinea però che fu soprattutto «hombre versa-to en versa-todas letras y de llanissimo iraversa-to» e che alla sua casa «acudian muchos à una conversacion mas literaria, que politica» (V. BACALLAR, Comentarios cit., pp. 57, 74, 83-84 e passim, le cita-zioni sono rispettivamente alle pp. 57 e 352).

gior parte da titolati di vecchia data e da potenti feudatari, non permetteva