190 20 Tornerebbe ancora a Medjugorje?
PILGRIMAGE RELIGIOUS TOURISM TOURISM
A
B
C
D
E
194
7.2. Profilo del pellegrino.
Il pellegrino è colui che viaggia alla ricerca di un’esperienza profondamente diversa dalla sua vita quotidiana, percorrendo itinerari da solo o in gruppo (Baiocchi, 2011) e, il suo viaggio diventa metafora della ricerca e della fatica per incontrare il sacro (Lavarini, 1997).
Durante il viaggio egli sperimenta la condivisione di sentimenti e sensazioni con coloro che vi partecipano, se è in gruppo; un momento di profonda meditazione e focus sugli obiettivi della ricerca, qualora viaggiasse da solo.
Inoltre, come dichiara Vukonić (1996)
The aim of such journeys, which we most often call pilgrimages, is for believers to follow their religious need or perform an act designed by their religion (…). (…) pilgrims expect certain tangible benefits on the journey mostly healing of a serious or even terminal illness.
(…) What makes such journeys religious is the obligation to observe certain religious customs and ceremonies during the day: prayer, attending mass and other religious rites (p. 57).
Ne emerge quindi un carattere fondamentale, ovvero la pratica da parte dei pellegrini di una serie di riti appartenenti alla religione cristiana, quindi il coinvolgimento nella vita religiosa, nella pratica, nel sacro. In sostanza, ciò che caratterizza i pellegrini in maniera evidente è la fede. Essi giungono nel luogo di culto, pregano, partecipano ai riti, si mortificano con il digiuno perché credono in tali atti di fede. Con tali azioni e pratiche, il pellegrino vive uno stato psicologico ed emozionale forte che gli fa assaporare un distacco, quasi ascetico, dalla realtà. Egli infatti cerca e trova in questa dimensione trascendente la soddisfazione dei suoi bisogni spirituali e materiali (Vukonić, 1996). Difatti, come dichiara Eliade (1976)
L’uomo religioso è assettato dell’essere. Il terrore di fronte al «caos» che circonda il suo mondo abitato, corrisponde al suo terrore di fronte al nulla (p. 46).
Eliade (1976) evidenzia anche il bisogno periodico dell’uomo religioso di “tuffarsi nel tempo sacro e indistruttibile”, modo attraverso cui egli è più forte nell’affrontare il “caos” del mondo ordinario.
Attraverso questa ricerca, il pellegrino arriva ad assumere comportamenti che si rifanno a regole e modelli, per avvicinarsi al sacro, che è la realtà assoluta, manifestata talvolta nel luogo di culto, quindi reale e per questo santificata.
195
La sete ontologica di cui parla Eliade è il mezzo attraverso cui il pellegrino trova giustificazione alla sua condizione o alla situazione che sta vivendo; a questo proposito Lavarini (1997) definisce
Il pellegrino [come colui che] è mosso, quindi, da motivazioni individuali, da esigenze intime e insieme da cause sociali che si sovrappongono, s’intrecciano fra loro, rendendo il pellegrinaggio un fenomeno estremamente complesso e difficile da definire (p. 16).
e in seguito, confermando la teoria di Eliade, afferma che il suo viaggio
(…) affonda le sue radici nella natura stessa dell’uomo. È la risposta alla sua sete di assoluto, al suo bisogno di sacro, al suo desiderio di felicità (p. 32).
Da tutto ciò si comprende il perché l’individuo che si considera pellegrino non può essere del tutto simile al turista. Durkheim (1996) ribadisce ancora il fatto che il sacro, “fonte di norme collettive”, diventa un modo per ripensare alla propria vita quotidiana, attraverso un altro tipo di socialità. In altre parole, le regole e i precetti in cui crede il pellegrino, in quanto fedele, vengono rafforzate nel viaggio, per poi essere adattate alle proprie esigenze e al proprio quotidiano e questo rappresenta anche parte della sua ricerca.
Infine, è importante ribadire il concetto espresso da Raj (2007), ovvero che “(…) simply travelling to a sacred site is not sufficient to identify the traveller as a pilgrim”. Con ciò si intende rafforzare quanto già detto, ovvero che il pellegrino non è solo la persona che viaggia verso una meta sacra, ma anche colui che ha fede, compie dei riti e ritrova nella dimensione spirituale gli elementi di lettura della sua condizione attuale, nonché della situazione del mondo odierno.
Niente di nuovo rispetto a quanto emerso nei precedenti sondaggi. Infatti, la fede, benché assopita o poco evidente, viene rinvigorita attraverso il viaggio di ricerca, che permette di recuperare la propria dimensione personale e il proprio contatto con il trascendente.
Inoltre, è evidente nei risultati dei questionari che molti scelgono di intraprendere questo viaggio perchè spinti dalla propria fede (terza domanda del questionario) e, tale tema è quello maggiormente richiamato in causa anche nelle loro considerazioni personali. Anche la domanda quindici rivela che il viaggio ha permesso per una buona maggioranza di ritrovare o approfondire la propria fede.
Infine, secondo l’indagine di Boiocchi (2011), è possibile oggi avere un’idea chiara del pellegrino moderno, il quale dopo il consumo del prodotto viaggio,
196
articolato in cinque fasi200, si può dire abbia avuto delle esperienze sensoriali, emotive, di apprendimento, di coinvolgimento fisico e di relazione con il gruppo, le quali nel loro insieme compongono il pellegrinaggio stesso.
Secondo i dati che porta in campo Boiocchi (2011), oggi i pellegrini per la maggior parte sarebbero donne, in prevalenza di età compresa tra i cinquanta e i sessantacinque anni; generalmente si tratta di individui sposati, ma una buona percentuale è anche celibe o nubile; il titolo di studio è per gran parte non superiore al diploma e pensionati (42%), casalinghe (16%) e impiegati (18%) sono i più assidui frequentatori dei luoghi di culto.
Lo studio dello stesso autore rivela anche che tali individui compiono viaggi simili una o due volte l’anno (55% e 27%), pochi affrontano tale viaggio per tre o più di tre volte (12% e 6%).
La scelta del pellegrinaggio o della meta avviene con decisa maggioranza per fede (68%), seguono motivi come la cultura, il contatto con il sacro, la curiosità e lo svago. I viaggiatori dichiarano, inoltre, di aver reperito informazioni sulla destinazione scelta -ordine di maggioranza- in cataloghi, parrocchie, agenzie di viaggio, pubblicità, sede dell’operatore turistico o su internet e di aver effettuato la prenotazione tramite la propria parrocchia, l’agenzia di viaggio di riferimento, la sede dell’operatore. Il tour operator viene contattato in seguito al passaparola (57%), eventi casuali (31%), -in netta minoranza- dopo averne ricevuto notizia per mezzo dei mass media o visitando siti web. Un altro dato interessante è che i viaggiatori scelgono il tour operator in prevalenza per la fiducia, -in misura paritaria- per la serietà e l’organizzazione.
Sulla valutazione del viaggio di gruppo, la maggioranza dichiara di preferirlo per la compagnia, perché più pratico e sicuro e un misero 4% perché più economico. A livello dei servizi resi, in termini di consumo di cibo e bevande, la maggioranza dà un giudizio più che sufficiente; a livello di trasporto, alloggio, comunicazioni, la maggioranza si dice soddisfatta.
Circa l’apporto emozionale delle esperienze, i pellegrini dichiarano che i luoghi santi hanno avuto una maggiore influenza sul loro stato, seguiti poi dai momenti di preghiera, dal cammino e in bassa percentuale dalla celebrazione eucaristica. In prevalenza numerica quelli che constatano uno stato d’animo di serenità. Il 94% dei viaggiatori si dice coinvolto nelle cerimonie religiose, con
200 Secondo Baiocchi anche nella scelta e nell’esperienza del pellegrinaggio sono
riconoscibili le fasi di pre-consumo, consumo e post-consumo, da lui denominate “percezione del desiderio”, “preparazione al viaggio o anticipazione”, “fruizione del viaggio e visita dei luoghi”, “ritorno a casa” e “ricordo”. V. BOIOCCHI M. [2011], Identikit del pellegrino di oggi, Convegno Nazionale CEI, Fano, 3 giugno 2011.
197
percentuali abbastanza equilibrate circa il momento di maggior coinvolgimento (penitenza, liturgia, vangelo, omelie, via crucis o fiaccolate).
I pellegrini affermano di aver percepito stanchezza soprattutto nei trasferimenti, in minoranza per i tempi di attesa o la Via Crucis.
Il 95% di coloro che hanno partecipato ad un viaggio religioso organizzato valutano in maniera positiva l’esperienza, sia a livello di relazioni di gruppo che con il proprio accompagnatore.
Da questo tipo di ricerca, benché si analizzasse principalmente la situazione italiana, si possono trovare molti riscontri rispetto ai dati emersi nella survey di Medjugorje, con qualche lieve differenza che potrebbe essere dovuta a diversi fattori, affrontati di seguito.
È vero che la fascia di età più rappresentata è quella tra i cinquanta e i sessanta anni, ma non si trascuri il fatto che anche le altre fasce d’età minori non hanno percentuali così basse, quindi significa, probabilmente, che il caso Medjugorje riesce ad attirare un target più giovane rispetto alla media. Ciò potrebbe essere dovuto alle varie iniziative e attività promosse a favore dei giovani e delle famiglie o perché, l’effetto media, che crea attorno il villaggio bosniaco un alone di mistero, scatena soprattutto la curiosità dei più giovani.
Si nota inoltre una probabile evoluzione in termini impiegatizi; tale meta infatti, non sembra solo accogliere in prevalenza anziani e casalinghe, superati invece, nel caso italiano, da impiegati e lavoratori in proprio. Questo è spiegabile se si considera che nella questione precedente sull’età si era già registrata una decrescita dell’età media partecipante. Quindi, è chiaro che fasce di minore età rispetto alla media registrata da Boiocchi (2011), corrispondono ad un lavoro differente -impiegatizio o in proprio- rispetto ad una percentuale che va oltre i cinquanta anni, in cui ci si aspetta una prevalenza di pensionati.
Mentre per il numero di volte l’anno che si compie un pellegrinaggio non si può dire molto, ma si può solo affermare che la maggioranza dei pellegrini di Medjugorje avevano già compiuto questo tipo di viaggio, per quel che riguarda la motivazione principale dei pellegrini, si è concordi nel dare il primato alla fede.
Concorde è anche la registrazione di una preferenza per i viaggi di gruppo; infatti a Medjugorje, è più facile condurre una indagine cercando i pullman che i pellegrini singolarmente.
Si trova anche riscontro nella generale soddisfazione per i servizi resi e nel forte stato emotivo che accompagna tutto il pellegrinaggio.
In sostanza, i fattori che differenziano la ricerca di Boiocchi (2011) rispetto alla survey condotta a Medjugorje sarebbero spiegabili col fatto che, essendo la
198
prima molto generale e riferita al contesto italiano, essa non registra le diverse valutazioni di stampo internazionale. Inoltre, essendo il mercato del turismo religioso in continua evoluzione, è evidente che i dati raccolti nell’una e nell’altra possono differire in termini di risultato. Interessanti sono comunque le analogie con i risultati italiani, per i quali si registrano evidenti similitudini.
7.3. Profilo del turista medio.
Secondo quanto sostiene Vukonić (1996) riguardo i turisti attratti dalle mete di culto, egli afferma che
The reason of their interest is increasingly to be found in the cultural content of historical value of the sacred building, rather than its original religious purpose (p.61).
Ciò per evidenziare che la prima caratteristica che distingue i turisti dai pellegrini è sicuramente la motivazione; mentre questi ultimi viaggiano principalmente spinti dalla fede, i primi sono attratti da luoghi legati alla storia e alla cultura della destinazione.
Lo stesso autore, infatti, parlando dell’opinione comune diffusa tra i teologi in merito, afferma che “the fact that tourists may have religious needs does not mean that such tourist should be seen primarly as believers”. Non a caso, spesso i turisti arrivano su un luogo di culto, perchè esso fa parte del tour che stanno svolgendo.
Non è detto che, come dichiara Eliade (1973), “l’uomo non-religioso”, quindi il turista secolare, sia colui che rifiuta la sacralità, piuttosto egli la considera un fatto culturale o sociale, o addirittura è indifferente ad essa e ne fa una relativa esperienza solo perché parte di un tour. Esistono comunque casi in cui, invece, effettivamente si riscontra un rifiuto del sacro.
Tuttavia, come si osserva anche nella realtà, il turista secolare, non è mai completamente estraneo al mondo sacro, per cui si possono riconoscere due atteggiamenti: il turista che rifiuta e il turista che partecipa pur considerando il luogo sacro parte del patrimonio culturale del luogo.
Il turista secolare è colui che Eliade definisce l’uomo non-religioso, quello per cui
(…) il tempo non rappresenta né rottura, né «mistero»: esso è la dimensione esistenziale più profonda dell’uomo, è legato alla propria esistenza, quindi ha un principio e una fine, la morte, l’annientamento dell’anima (p. 48).
199
Costui ha quindi una concezione della vita che non ha alcun legame con la religione, è vita biologica e ogni atto vitale, di conseguenza, viene desacralizzato e spogliato di ogni significato spirituale. Lo stesso autore definisce tale tipo di uomo come l’artefice della storia e, per questo, in lui si possono verificare due tipi di atteggiamento. Da una parte chi non ha bisogno di riconoscere nel luogo sacro l’atmosfera spirituale, ma arriva in tali destinazioni solamente per interesse culturale, storico o artistico; dall’altra chi rifiuta ogni tipo di approccio perché interpreta l’influenza della dottrina religiosa come “ostacolo alla sua libertà” (Eliade 1976).
Questo ultimo tipo di approccio potrebbe essere considerato erroneamente come rappresentativo di un target impossibile da raggiungere tramite i pellegrinaggi; in realtà, sono proprio queste persone spesso a mettere da parte il loro rifiuto e ad assumere l’atteggiamento di critici, di coloro che intendono fare esperienza concreta della destinazione per rendersi conto e, rendere conto agli altri, della non verità della trascendenza. Questi accettano il loro compito come una sfida.
Anche il turista secolare è soggetto ad un processo di scelta e consumo in fasi201, di tipo classico, proprio perché la sua figura è associata al turismo generico. Anche lui sarà chiamato, dopo la percezione di un bisogno specifico, a valutare alternative e prendere una scelta, nonché valutarla una volta terminato il processo di consumo.
Nel caso di Medjugorje, attraverso i risultati della survey, è possibile dichiarare che si riscontrano entrambi gli atteggiamenti dei turisti secolari, in coloro che raggiungono la meta perché spinti da semplice curiosità e in coloro i quali, spinti da familiari e conoscenti vengono coinvolti pur non avendo una forte motivazione.
Anche se in minoranza, questi hanno la possibilità non solo di osservare riti ed esperienze cui partecipano i credenti, ma orientare il proprio soggiorno verso altre attrazioni, come i servizi di intrattenimento, gite naturalistiche, visite di città legate alla guerra e molto altro ancora.
Non di rado però capita che a Medjugorje qualcuno di questi turisti secolari, rimane particolarmente colpito da qualche momento della riflessione cristiana o da qualche coraggiosa testimonianza, tanto da voler approfondire le sue conoscenze. Infatti, come si nota dalle parole maggiormente ricorrenti nell’ultima parte del questionario sottoposto a turisti e pellegrini, ovvero nella sezione considerazioni personali dell’indagine effettuata vi sono: coinvolgimento, emozione e provare per credere.
201
ADDIS M. [2007], Ad uso e consumo. Il marketing esperienziale per il manager, Pearson Paravia, Bruno Mondatori S.p.a.,Milano, pp. 46- 74.
200
Queste parole erano spesso accorpate a commenti, in cui si spiega il proprio passato, assolutamente lontano dalla realtà religiosa, vissuto con un atteggiamento definito miscredente o addirittura indifferente, e si dice inoltre che, attraverso l’esperienza del viaggio a Medjugorje, si è ritrovato qualcosa che non si provava da molto tempo o che non si è mai provato. Talvolta, si fa riferimento alla cosiddetta communitas (Lavarini, 1997), cioè quella socialità che si crea e di cui ci si sente parte nel pellegrinaggio, la quale viene percepita come un’atmosfera familiare. Altre volte ancora si fa riferimento, con commozione, al sentirsi cambiato, rispetto ad una vita passata nell’oscurità e nello spazio “omogeneo e neutro [in cui] non vi è nessuna rottura che stabilisca differenziazioni qualitative” e, perciò si invita al provare l’esperienza per rendersi conto degli effetti.
Infatti, sempre Eliade (1976), spiega questo progressivo avvicinamento, dicendo che
Forse miscredenza e ateismo del nostro tempo non sono così autentici come sembrerebbe; forse possono essere pensati come pose infantili di chi vuol stragodere la scoperta della propria libertà di dissentire a costo di riconquistare i valori supremi più tardi (…) (p. 26).
7.4. I luoghi di interesse.
In questo paragrafo verranno brevemente descritti i tre luoghi maggiormente frequentati da pellegrini e turisti, nell’ambito dei pellegrinaggi a Medjugorje. Non si tratta di particolari attrazioni di illustre pregio, bensì dei semplici elementi architettonici e naturalistici, che accolgono i pellegrini di tutto il mondo.
La Chiesa di San Giacomo e gli spazi circostanti – Si tratta di un complesso, oggi divenuto l’emblema di Medjugorje, non tanto per la sua ricchezza artistica o architettonica, ma per la sua semplicità che rispecchia molto la vita locale (Padre Fanzaga, 2001). Già dal 1981, quando le autorità del regime comunista bloccano l’accesso al monte delle apparizioni, la Chiesa diventa il luogo di raccolta dei pellegrini e ancora oggi, con l’enorme spazio dell’area circostante, da cui si possono ascoltare a tutte le ore e in tutte le lingue, attraverso un’ottima amplificazione, la celebrazione eucaristica, il rosario e le benedizioni rivolte ai malati e agli oggetti, essa è in grado di ospitare decine di migliaia di pellegrini. Prima dell’odierna costruzione, la Chiesa parrocchiale che ha sempre fatto capo alla diocesi di Mostar, eretta nel 1897 e affidata alla gestione dei francescani