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La pittura di paesaggio negli affreschi delle ville venete

Al pari della letteratura, la pittura funge da sostegno ideologico. L’influenza che la Società d’Arcadia ebbe sulla pittura fu quella di orientare in senso classico e letterario, su un piano forse consapevolmente illusorio, l’idea belloriana di Natura, rafforzando il nodale assioma dell’ut pictura poësis, valido anche per la pittura di paesaggio.135

Il significato dell’ideologia di villa è radicato al contrasto tra città e campagna. Identici appaiono, attraverso i secoli, i piaceri e i vantaggi della vita in villa, tra cui la contemplazione e la piacevolezza del paesaggio.136

Bisogna infatti tenere in considerazione il luogo e il paesaggio che sta attorno ad esse. La scelta del panorama è soggetta ai miti e alle regole del gusto quasi quanto la scelta del progetto.137Questo modo di concepire la villa ebbe il suo apice nel settecento Inglese, quando la voga del giardino informale si estese all’intero paesaggio agricolo: vaste distese di campi, animate da armenti e pastori, potevano diventare accessori ornamentali di un’elegia pastorale.

135 Nel 1672 Giovan Pietro Bellori pubblicava l’Idea del pittore, dello scultore, e dell’architetto scelta

dalle bellezze naturali superiore alla Natura. Pur considerando la pittura di paesaggio un genere minore, la sua teoria dell’Idea si rapporta con la natura e la sua rappresentazione. La definizione di una nuova estetica del Bello “che conferisce alle opere d’arte una posizione a sé stante, come creazioni non completamente divine, né completamente naturali, porta Bellori a rivendicare la preminenza della creazione dell’artista, che supera la bellezza della natura, perché migliora i modelli che “gli altri artisti e la natura gli forniscono”. Le citazioni sono tratte da E. CROPPER, in L’Idea del

Bello. Viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori, catalogo della mostra, Roma, 2000, p. 82.

136 Ce lo tramanda Plinio il Giovane nelle Epistole, descrivendo la sua lussuosa villa in Toscana, e lo

rifà sedici secoli dopo Palladio, descrivendone i benefici dal punto di vista dell’architetto.

70 Inevitabilmente la villa è espressione, da sempre, dell’attrazione verso la natura: “la villa attira la nostra attenzione perché attraverso i secoli essa ha articolato concetti […] rispetto al rapporto città campagna, artificio e natura”.138

Le immagini naturalistiche rinascimentali, generalmente a tutta parete, restituiscono talvolta il giardino chiuso, più spesso propongono paesaggi dove la natura appare controllata e pacificata con l’umanità: la natura “culta”, che ebbe in Petrarca uno dei principali ispiratori. Il poeta infatti, attraverso la lettura dei testi classici, scoprì il modello di una vita semplice, basato sulla serenità campestre lontano dai rumori cittadini. Nel De vita solitaria, egli vede nel mondo agreste l’unico luogo ideale. Il suo sogno lo realizzò ad Arquà, fra le dolci colline venete, dove si impegnò assiduamente allo studio e all’agricoltura. Questo ideale rapporto uomo natura influenzò il pensiero umanista, che pensò all’individuo come ordinatore della realtà. Un pensiero che deve aver per questo influenzato la diffusione dei giardini e paesaggi dipinti all’interno delle ville o dei palazzi pubblici.

In area veneta la decorazione di interni con temi paesaggistici ha il massimo splendore nel corso del Cinquecento, nelle ville dei ricchi patrizi. Queste ville si presentavano come una manifestazione complessa del rapporto uomo natura e del controllo esercitato dall’uomo sull’ambiente, sfruttato in modo capitalistico.

È proprio tale concezione che favorì il diffondersi di una pittura di paesaggio la quale, mettendo in scena la natura ben ordinata, dichiarava il proprio legame culturale con l’antichità classica. Come nelle opere antiche, in queste raffigurazioni vengono espresse valenze augurali (alberi sempreverdi emblemi di eternità)

celebrative e dilettevoli (il piacere che nasce dalla bellezza degli alberi e dei fiori). Conoscitore del testo di Vitruvio era Daniele Barbaro, che nel 1570 diede alle stampe

il suo Commento ai Dieci Libri d’Architettura di Vitruvio. Nel celebre trattato, Vitruvio rendeva nota l’usanza degli antichi di decorare le proprie ville con scene che evocavano la natura e il paesaggio.

Gli affreschi che Daniele Barbaro commissionò a Paolo Veronese per la sua villa a Maser, dimostrano quanto egli conoscesse e stimasse la lezione degli antichi, nella serie di paesaggi e vedute che il pittore affrescò nelle varie sale.

71 L’architettura reale viene popolata di divinità, animali e servitori e gli stessi componenti della famiglia vengono celebrati. I luminosi paesaggi aprono illusoriamente le pareti a un mondo ideale dove natura e rovine classiche accolgono un’umanità felice. In questo luogo, i proprietari sono gli artefici stessi del paradiso ritrovato. Ma soprattutto in villa Barbaro è sentita la necessità di ancorare i temi astratti che vengono celebrati, con la realtà quotidiana.

Tuttavia, già a Lambert Sustris nel 1542, spettò il compito di trapiantare in villa la decorazione all’antica, secondo la visione e la reinterpretazione che ne avevano dato nell’Urbe i pittori del nord.139 In villa dei Vescovi a Luvignano, nell’ambito della riqualificazione della proprietà terriera della curia padovana, amministrata da Alvise Cornaro, affresca le stanze con trionfi, trofei e paesaggi. L’artista olandese del resto aveva già partecipato alla decorazione delle pareti dell’Odeo Cornaro, con i paesaggi sulle pareti della sala centrale ottagona. Il genere del paesaggio dipinto, avviato dall’impresa di Sustris era destinato a confermarsi come motivo ricorrente nel secolo, anche tramite la diffusione di specifici repertori a stampa come quelli di Hieronymus Cock del 1551 e di Battista Pittoni del 1561.

Nel corso del Seicento, tuttavia, le grandi raffigurazioni di paesaggio si diradano nelle ville, verosimilmente a causa della crisi economica e sociale, ma anche culturale che coinvolge il Veneto e non solo, durante il periodo seguito alla grande peste del 1630. Ai paesaggi vengono lasciati spazi molto limitati, come nei fregi che corrono lungo le pareti o nelle sovrapporte e soprafinestre.140 Nella già citata villa

Carlotti a Caprino, ad esempio, compaiono paesaggi a monocromo nelle lunette alla base del soffitto nella Sala dei Sogni, opere databili agli inizi del Seicento, secolo in cui la villa venne sistemata e ampliata. In villa di Rovero, a Treviso, tra il 1675 e il 1700 viene affrescato un finto loggiato a colonne ioniche, che inquadra tre grandi paesaggi sui lati lunghi. In uno di questi paesaggi è descritta la villa stessa. Gli

139 P. MARINI, in Andrea Palladio e la villa veneta, op. cit., p. 109.

140 Per citare alcuni esempi secenteschi in villa Minelli a Treviso nel porticato e in tre stanze della

foresteria, le pareti sono percorse da fregi con paesaggi, come pure nelle soprapporte e negli spazi sopra le finestre. La decorazione risale al 1660 ca. Cfr. Gli affreschi nelle ville Venete, dal Seicento

all’Ottocento, op. cit., scheda n. 148. Ma si vedano anche le schede n. 128 per villa Machiavello a Vicenza e n. 166 per villa Poli a Cadore, quest’ultima con decorazione risalente al 1680, presenta una stanza con paesaggi e paesi.

72 elementi tipici dell’iconografia paesistica veneta tardo secentesca sono trattati qui con sapienza scenografica, cosicché lo spazio è ampliato illusionisticamente. Lo stesso avviene in villa Checcozzi, a Vicenza, dove una finta loggia con sfondo paesaggistico risente ancora dell’influenza della scuola scenografica bolognese. La vera ripresa di immagini a grande formato di paesaggi avviene nel Settecento e interessò tutto il Veneto, in coerenza con il gusto per la pittura di paesaggio che interessava le quadrerie dei palazzi di città. Già in villa Widmann a Bagnoli una stanza venne affrescata con una serie di vedute, mentre negli stessi anni in villa Calvi nel Vicentino una stanza al primo piano è affrescata con una serie di paesaggi. Villa Pesaro ad Este tra il 1730 e il 1740 presenta una notevole decorazione paesaggistica sia nella Stanza “delle vedute” che nella Stanza “dei paesaggi”, in cui le scene paesaggistiche sono comprese in larghe cornici di stucco.

A Verona in particolare i più noti pittori di paesaggio che si adoperarono in interni delle ville furono i Porta. Tomaso e il figlio Andrea Porta decorarono numerose ville del territorio veronese, traducendo in pittura le concezioni arcadiche che andavano diffondendosi in quegli anni.