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Lo pneuma come “sostrato del calore”

4. Il calore vitale e il symphyton pneuma

4.2. Lo pneuma come “sostrato del calore”

Nell’anatomia aristotelica esiste un solo canale di trasporto, la rete dei vasi sanguigni, che consente al sangue di raggiungere ogni parte dell’organismo. Poiché il sangue è definito «materia di cui è costituita tutta la struttura corporea» e dal momento che esso «è l’unico fluido presente in tutto il corpo, finché questo è in vita»78,

sembrano non esserci dubbi su quale sia il suo ruolo: trasportare il calore vitale, da cui dipendono tutte le funzioni dell’anima nutritiva. La connessione appare tanto più stretta se si pensa che tanto il sangue quanto il calore vitale sono prodotti nel cuore, che è anche il centro da cui si dipanano i vasi sanguigni.

Tuttavia, se è vero che, secondo Aristotele, «la natura destina

ogni cosa a una sola funzione»79, non si può negare che l’

e1rgon

del

sangue sia anzitutto e principalmente non già la trasmissione del calore vitale a tutte le parti dell’organismo, bensì la nutrizione.

Aristotele scioglie l’aporia affermando che il calore è trasportato assieme al sangue ma non da questo, bensì dallo pneuma innato.

Quest’ultimo, nel De generatione animalium, è infatti

essenzialmente concepito come “aria calda mossa”, “soffio o vento caldo”, “respiro”80, e dunque in stretto rapporto con il

qermo/n

.

In quest’opera, in effetti, Aristotele afferma che

la facoltà di ogni anima sembra dunque aver parte di un corpo diverso e più divino (e(te/rou kai_ qeiote/rou) di quelli che chiamiamo elementi, e come le facoltà dell’anima si distinguono le une dalle altre per nobiltà o ignobiltà (timio/thti kai_ a)timi/a|), così differisce anche siffatta natura. Nel seme di tutti gli animali è presente ciò che rende i semi fecondi, cioè ciò che chiamiamo calore (qermo/n). Questo però non è né fuoco né una sostanza simile ad esso, ma il pneuma racchiuso nel seme e nella schiuma, e la natura inerente al pneuma è analoga all’elemento di cui sono costituiti gli astri81.

79Cfr. Pol. 1252 b 1, trad. it. mia.

80 Sul significato che lo pneuma assume nel De generatione animalium, in cui Aristotele si trova costretto a ipotizzare nel soma un corrispondente della funzione generativa, cfr. Lanza, Il calore e lo pneuma, in Lanza – Vegetti (a cura di), Opere biologiche di Aristotele, cit., pp. 788 – 796, e S. Salomone, Sangue e generazione, biologia e teologia nel De generatione animalium di Aristotele, in F. Vattioni (a cura di), Sangue e antropologia nel Medioevo, «Atti della VII settimana di studi», Roma 1993, pp. 155 – 171.

Jaeger riassume l’intera questione definendo lo pneuma

“sostrato del calore”82, e sottolineandone così la funzione primaria:

trovandosi sotto forma di bollicine nel sangue ed essendo da questo trasportato, lo pneuma assicura la distribuzione costante del calore vitale a ogni parte del corpo.

Il termine “sostrato” non è del resto usato metaforicamente: poiché il calore vitale non è una res dotata di esistenza autonoma,

bensì una qualità, esso richiede ontologicamente di

accompagnarsi a una sostanza, come suo accidente. In altri termini, la sostanza che, secondo Aristotele e in accordo con i principi della sua fisica, avvia i diversi processi formativi è lo pneuma innato, ma in esso la physis attiva è rappresentata dal calore vitale.

Il passo, inoltre, contiene una precisazione sulla natura dello pneuma, che, secondo Aristotele, «è analoga all’elemento di cui sono costituiti gli astri»83.

Tale affermazione trova riscontro nell’analisi del fenomeno della

generazione spontanea84. Questo tipo di generazione mostra,

infatti, che il calore di origine solare produce un effetto paragonabile a quello del calore trasportato dal seme.

Ci si potrebbe allora chiedere se il sole debba essere considerato come fonte di un calore identico al calore del seme. Nonostante questa conclusione possa sembrare plausibile, vista l’identità delle

funzioni svolte dai due tipi di

qermo/n

, tuttavia, nella cosmologia

82Jaeger, Das Pneuma im Lykeion, cit.

83 Cfr. Solmsen, The Vital Heat, the Inborn Pneuma and the Aether, cit., e L. Torraca, Ricerche sull’Aristotele minore, Padova 1959, pp. 29 sgg.

aristotelica, l’etere di cui sono composte le sostanze celesti, oltre a non essere affatto presente nel mondo sublunare, non è definito caldo, né tanto meno “calore”.

La sostanza celeste, dunque, non si identifica con il calore che trasforma le sostanze materiali sublunari in viventi animati. Tutto ciò che si può dire, allora, è che il calore vitale dei viventi sublunari e la fonte celeste di calore generativo costituiscono un esempio di nature analoghe, dotate cioè di medesime funzioni: entrambi trasmettono un movimento che ha lo scopo di attualizzare le potenzialità degli esseri, attraverso un processo di trasformazione. Ne consegue che la sostanza che trasmette l’anima non è la sostanza divina, e ciò è del resto provato dal fatto che nessun

essere vivente che appartiene al mondo sublunare è immortale85.

L’immortalità, d’altro canto, pare riscontrarsi al livello delle specie, perché se il mondo esiste da sempre è logico pensare che da sempre sia stato abitato dalle medesime forme di vita. Pertanto Aristotele asserisce che gli effimeri esseri viventi sublunari possono

partecipare del divino attraverso la trasmissione dell’

ei]dov

della

specie dai genitori alla prole, assicurando così quantomeno l’eternità della forma biologica.

Ciò è possibile perché il thermón presente nel seme è «diverso

dai cosiddetti elementi e più divino di essi»86: pur non essendo

pienamente divino, è comunque una sostanza “più eccellente” dei quattro elementi sublunari.

85 Lo pneuma, avendo con l’anima un rapporto analogo a quello che l’etere ha con gli astri, ne condivide il carattere divino nel senso di una comune appartenenza alla parte più nobile della natura. In tal modo, lo pneuma funge anche da elemento di connessione tra sfera sublunare e sfera astrale.

Inoltre, l’affermazione aristotelica secondo cui le facoltà psichiche sono in relazione con «ciò che è chiamato calore», ossia lo pneuma racchiuso nel seme, sicché, come le anime differiscono le une dalle altre, così differisce anche questo tipo di natura, introduce il discorso sulla differenziazione delle specie viventi.

Secondo Aristotele, infatti, tanto la specie di un individuo, cioè la posizione che esso occupa nella scala naturae, quanto il suo sesso, dipendono dalla qualità del calore vitale: se quest’ultima é inferiore rispetto allo standard richiesto dalla specie, ciò che sarà generato presenterà una deformitas più o meno marcata. In altre parole, se i movimenti impressi dal calore vitale del seme sul mestruo risultano manchevoli in qualche potenza (dynamis), il nuovo individuo avrà il difetto corrispondente e tralignerà, passando alla condizione

opposta: sarà femmina oppure diventerà un essere mostruoso87.