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2. L’opera

2.7 Poetica tassoniana e critica dell’oscurità

All’impostazione razionalistica del commento di Tassoni non può che conseguire una preferenza per la chiarezza poetica, e un corrispondente rigetto per qualsiasi forma di oscurità. In qualche caso, l’autore formula nelle Considerazioni vere e proprie dichiarazioni di poetica, delle quali si serve anche negli anni successivi per parlare della Secchia.

Nel commento a RVF 25 (B, p. 55), Tassoni cita una significativa sentenza dall’Adversus mathematicos di Sesto Empirico: «Sesto filosofo non sognò, quando ei disse che la poesia allora era bella quando era chiara».174 Questo precetto poetico era caro a Tassoni. Ancora nel 1618, egli lo ribadì nella prefazione per la mai realizzata edizione lionese della Secchia rapita, scritta sotto lo pseudonimo di Alessio Balbani da Lucca:

Non vuole il dotto sempre filosofare e ricorre alle poesie per trattenimento e per gusto, e l’idiota ha l’istesso fine, e per questo aborrisce le cose filosofiche e oscure, verificandosi il detto di Sesto Empirico che le poesie allora piacciono quando son chiare. E l’esempio si

172 SOLINO, Polyhistor, p. 124: «Esse illic et Phanesiorum gentem, quorum aures adeo in effusam magnitudinem

dilatentur: ut viscerum illis reliqua contegant, nec amiculum aliud si, quam ut membra membranis aurium vestiant».

173 BOCCACCIO, Decameron, VI, 10, p. 770 «E in brieve tanto andai adentro, che io pervenni mei infino in India

Pastinaca, là dove io vi giuro per l’abito che io porto addosso che io vidi volare i pennati» (e la nota di commento di Branca: «Pastinaca è, come è noto, una radice dolciastra: forse è usata qui, come apposizione di India […] quasi a dire sciocchezza, fandonia, proprio come si usa in tale senso “carota”»).

174 Adv. mat., 1.319.1: «ἀρετὴ γὰρ ποιήµατος ἡ σαφήνεια, και µοχθηρὸν τὸ ἀσαφὲς» (il passo è tratto dal Thesaurus

Linguae Grecae). Tassoni conosceva probabilmente il testo nella traduzione latina prodotta da Gentien Hervet; cfr. SESTO EMPRICO, Adversos mathematicos, p. 55: «Poëmatis enim virtus est claritas, et apud grammaticam malum est quod est obscurum».

può vedere nelle pitture, che non dilettano punto quando i lineamenti e le parti loro sono affatto oscurate dall’ombre.175

Il passo di Sesto Empirico è qui posto a fianco della tesi aristotelico-castelvetrina sull’universalità della poesia, il cui principale fine è il delectare: la poesia deve essere piacevole tanto per il «dotto» quanto per l’«idiota».176

Un altro precetto poetico caro a Tassoni è quello evocato nel commento a RVF 68, B, p. 124: L’aspetto sacro de la terra vostra

È sonetto (per quanto si tiene) scritto in Guascogna a Giacopo Colonna Vescovo di Lombardia. E (se non m’inganno) male osserva il poeta in esso quelle due massime della poesia, communia noviter et nova communiter.

L’adagio, coniato da Filostrato nelle Epistole, è presente – seppur in forma lievemente variata – anche nel manoscritto delle Considerazioni: l’opera filostratea aveva edizioni greche sin dalla fine del Quattrocento, ma la prima traduzione latina, cui Tassoni parrebbe guardare nella redazione a stampa, fu impressa solo nel 1608.177 A conferma dell’importanza che questo principio di poetica aveva per Tassoni, è da notare come esso ricompaia nella lettera con la quale l’autore della Secchia inviava ad Albertino Barisoni la prefazione scritta a nome del Balbani, laddove rispondeva ad alcune osservazioni sul testo del poema mossegli dal corrispondente: «Le cose chiare vogliono dette con modi pellegrini: Nova communiter et communia noviter».178

Tassoni fa anche riferimento all’elenco di regole proposte nel Prologus (vv. 74-80) del De litteris di Terenziano Mauro. Vedi il commento a RVF 210, B, p. 289:

E s’infinge, o non cura, o non s’accorge del fiorir queste inanzi tempo tempie

Cioè del mio incanutir per tempo […] e chi più ne sa più ne mette, che quanto a me qui il Poeta parla a grotteschi, e vanno a soquasso tutti i precetti di Terenziano poeta antico:

Ne sermo ambiguum sonet, ne priscum nimis, aut leve vocum ne series hiet neu compago fragosa sit vel sit quando male luceat dum certo gradimur pede, ipsi neu trepident pedes, etc.179

Così come poi avrebbe fatto, nei panni del Balbani, paragonando l’oscurità poetica a una pittura coperta da ombre, anche in questo caso i difetti del componimento di Petrarca trovano un parallelo figurativo: i «grotteschi».180

175 La lettera A chi legge è allegata a un’epistola tassoniana del 22 dicembre 1618 al Canonico Albertino Barisoni

(TASSONI, Lettere, I, p. 373-385: 373-374; il passo citato è alla p. 374). La prefazione è riedita in TASSONI, Secchia rapita, II, p. 434.

176 Per Castelvetro la preminenza andava addirittura accordata agli «idioti»: «e meno piacente agli uomini idioti, per li

quali principalmente si fanno i poemi» (CASTELVETRO, Poetica, II, p. 234).

177 A, c. 89v: «È sonetto per quanto si tiene scritto a Giacopo Colonna Vescovo di Lombar[d]ia in Guascogna, ed in

esso il Poeta fa di tutto il contrario del precetto del ben dire, che è Nova ut communia et communia ut nova, percioché si piglia gusto d’esprimere communia ut communiss[im]a et nova ut novissima». FILOSTRATO, Opera, p. 885 (Epistola Aspasie): «Τὰ µὲν κοινὰ καινῶς, τὰ δὲ καινὰ κοινῶς»; «communia noviter, nova vero communiter» (la traduzione latina è di Fédéric Morel).

178 TASSONI, Lettere, I, p. 379.

179 Il testo corrisponde a quello proposto in edizioni cinquecentesche quali TERENZIANO, De litteris, p. 8 (1584). 180 Per un altro riferimento ai grotteschi come correlativo dell’oscurità poetica, cfr. RVF 105, B, p. 165 (passo già citato

al §2.4). Tassoni non elogia spesso la chiarezza di Petrarca, ma tende piuttosto a rilevare nella sua opera i punti più oscuri. Cfr. RVF 28, B, p. 65: «Pon mente al temerario ardir di Serse | Maraviglie del Petrarca sono queste, che non si

L’amore per la chiarezza rende Tassoni restio ad accettare la riuscita di un gran numero di composizioni;181 si prenda ad esempio la sestina RVF 214, B, p. 293:

Anzi tre dì creata era alma in parte

Tocca il Poeta il tempo del suo innamoramento, e l’età sua e l’età di Laura, e la cagione e ’l progresso dell’amore e ’l pericoloso stato in che si trova; e rivolgendosi a Dio lo prega che gliene liberi. È composizione intralciata di groppi filosofici, che per disgrumarla bisogna mettervisici con l’arco dell’osso.

I «groppi filosofici» sono in questo caso i molti passi in cui Petrarca ricerca uno stile oscuro, non facilmente interpretabile senza un’operazione di chiosa e commento al testo.