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poiché non si collocano «al posto» ma «accanto» rispetto alla prestazione 360 che con la risoluzione viene meno: il mancato

guadagno e la lesione dell’interesse negativo. I due danni ora citati pur avendo in

comune questo potersi racchiudere nel medesimo insieme si differenziano tra loro per la

funzione che essi svolgono, e se non si vuole accogliere la tesi sopra ventilata che

(anche) al mancato guadagno può attribuirsi una funzione di “pagamento”, e che perciò

solo il danno da interesse negativo è l’unico vero danno al quale è corretto abbinare il

concetto puro di risarcimento

361

(perché lo ripetiamo: «il risarcimento del danno occupa

nel panorama delle tutele uno spazio preciso e non manipolabile ad libitum: suo

specifico compito è quello di restaurare l’integrità del patrimonio […] del soggetto che

abbia subito un’interferenza indebita nella sua sfera giuridica, in tal modo svolgendo,

357

Cfr. Pacifico, Il danno nelle obbligazioni, cit., 198.

358

«se e fino a quando la prestazione sia possibile, la pretesa di adempimento in natura non può essere sostituita con la pretesa di risarcimento dei danni», così Mengoni, Intervento, cit., 170, nota 6.

359

Di Majo, Le tutele contrattuali, cit., 220.

360

«Il danno che si colloca “al posto” della prestazione presuppone, come si dice, “la liquidazione del rapporto obbligatorio” per quanto riguarda l’obbligo di adempimento e/o meglio la sua sostituzione con il risarcimento, il danno che si colloca “accanto alla prestazione” presuppone che esso conviva con il mantenimento di essa» così di Majo, Le tutele contrattuali, cit., 169 e sulla medesima linea si era posto Mengoni, Responsabilità contrattuale, cit., 1072 secondo il quale «la responsabilità contrattuale nasce all’interno di un rapporto obbligatorio già costituito, nel quale inerisce un obbligo di risarcimento del danno in luogo, o accanto al, dovere primario di prestazione».

361

Aderendo alla tesi da ultimo prospettata, negando che il conseguimento dell’utilità contrattuale per equivalente passi per il medio del danno e dunque del risarcimento, saremo portati a dare solo alla lesione dell’interesse negativo la classificazione di danno e pertanto l’unico danno emergente conseguenziale sarebbe questo, che non trovando più il suo omologo in funzione di tutela dell’interesse positivo, ben potrebbe essere danno emergente tout court.

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come pure si è detto, una funzione tipicamente conservativa»

362

), resta l’evidenza che,

in un certo senso, il danno/mancato guadagno nasce dall’inadempimento mentre il

danno/interesse negativo nasce dal contratto, o meglio, come da altri sostenuto: «il

principio fondamentale è che il risarcimento deve porre il contraente leso in una

situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se il contratto fosse

stato esattamente adempiuto […e] a questo concetto si contrappone quello del

risarcimento rivolto a porre il contraente leso in una situazione equivalente a quella in

cui si sarebbe trovato se non avesse stipulato il contratto»

363

, laddove è evidente che se

se il contratto non fosse stato stipulato, nessun diritto al guadagno (poi mancato per

l’inadempimento) sarebbe sorto. Riferiamo che quanto detto non è altro che il

fondamento teorico di chi rileva una condivisibile uniformità di struttura tra l’illecito

aquiliano e i danni all’interesse negativo “vestito” da cc.dd. obblighi di protezione «i

quali hanno reso risarcibile come contrattuale un danno che ha la medesima

configurazione del danno da fatto illecito»

364

e a questo possiamo aggiungere l’opinione

– già riferita poco sopra – di chi ritiene che, tale tipologia di danno, «non guarda al

contratto come fonte negoziale di obblighi ma ad esso come fatto storico»

365

poiché

«l’oggetto dell’interesse che qui viene tutelato: non è quello al conseguimento del

profitto o utilità derivante dall’esecuzione del contratto ma quello a non subire il (peso

del) danno derivante dal fatto che il contratto, come fatto storico, è comunque venuto in

essere»

366

e il tutto ci permette di affermare con discreta sicurezza che – per quanto non

è molto diffusa la riconduzione del mancato guadagno risarcito ad una funzione

differente rispetto al danno emergente consequenziale – è di certo diffusa la

consapevolezza

della

diversità

strutturale

tra

il

risarcimento

del

danno

conseguenza/mancato guadagno e del danno conseguenza/danno emergente

367

.

362

Nivarra, Alcune precisazioni in tema di responsabilità contrattuale, cit., 50, ed in nota, a conclusione del frammento riportato, si trova Barcellona, Struttura della responsabilità e «ingiustizia» del danno, cit., 442 ss.; cfr. sul punto anche di Majo, Tutela risarcitoria: alla ricerca di una tipologia, cit., 245.

363

Trimarchi, Il contratto, inadempimento e rimedi, cit., 111.

364

Castronovo, Il risarcimento del danno, cit., 85,

365

Di Majo, Le tutele contrattuali, cit., 235, il quale successivamente (237) afferma che il danno da interesse negativo ha carattere statico e non dinamico, laddove il danno “prettamente” contrattuale ha – al contrario del danno extracontrattuale – per sua natura carattere dinamico. Sulla dicotomia danno dinamico/danno statico cfr. anche Castronovo, La nuova responsabilità civile, cit., 595-596; S. Mazzamuto, Il danno da perdita di una ragionevole aspettativa patrimoniale, Eur. dir. priv., 2010., 76; Grisi, Sub. art. 1223, cit., 169.

366

Di Majo, Le tutele contrattuali, cit., 172.

367

Segnaliamo il punto di vista di Ambrosoli, Inadempimento del contratto e risarcimento del danno, cit., 223 ss, secondo il quale (riproponendo un ragionamento e un esempio già presente in Trimarchi, Interesse

positivo e interesse negativo nella risoluzione del contratto per inadempimento, cit., 645) il danno

contrattuale deve commisurarsi all’interesse positivo, ma a questo si può pervenire «ricavandolo induttivamente dalla considerazione di quello negativo, sulla base dell’assunto logico per cui ogni

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2.3. Il ruolo del valore di mercato nella valutazione della prestazione e le

modificazioni del valore dell’interesse del creditore. Ancora sull’art. 1518.

Abbiamo scritto poco sopra che ogni prestazione «ha come minimo due valori: il valore