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La politica educativa fra governo ‘liberale’ e governo fascista (1922-1927)

la «riconquista» della colonia, devono essere inserite in un programma politico che era stato già intrapreso dal governo ‘liberale’116. È innegabile, comunque, che il governo fascista impresse alle operazioni militari un ritmo ed un’intensità che non si erano mai avute sino ad allora, eliminando rapidamente gli ultimi residui della politica degli statuti117.

114 Per un quadro generale sulla «riconquista» fascista della Libia si vedano: A.M. ASHIURAKIS, A concise

history of the Libyan struggle for freedom, Tripoli, General Publishing, Distributing and Advertising

Company, 1976; A. DEL BOCA, Guerriglia anti-italiana e controguerriglia in Libia e nel Corno d'Africa, “Studi piacentini”, 32, 2002, pp. 75-100; K. FOLAYAN, The Resistance Movement in Libya, in “Tarikh”, 4, 3, 1973, pp. 45-56; H.W. HESNAWI, The story of the Libyans’ Jihad (resistance) against Italian

Colonialism, 1911-1943, Tripoli, Libyans’ Jihad Studies Centre Publication, 1998.

115 I. BALBO, op. cit.

116 E. COLLOTTI (con N. LABANCA e T. SALA), Fascismo e politica di potenza. Politica estera 1922-1939, Firenze, La Nuova Italia, 2000, pp. 31-32.

117 A. DEL BOCA, Gli italiani in Libia, vol. II Dal fascismo a Gheddafi, Roma-Bari, Laterza, 1988, pp. 5- 48. Diversi autori dell’epoca fascista, alcuni dei quali furono anche protagonisti delle azioni militari, sottolineano la ‘svolta’ impressa dal regime nelle operazioni militari contro la resistenza libica; si vedano, fra gli altri, R.GRAZIANI, Cirenaica pacificata, Milano, A. Mondadori, 1932; ID.,Libia redenta. Storia di trent’anni di azione italiana in Africa, Napoli, 1948; B. PACE, La Libia nella politica fascista (1922-

1935). La riconquista, la definizione dei confini, l’ordinamento, Messina-Milano, Principato, 1935. In

particolare, per il periodo 1922-1925, O. PEDRAZZI, Le campagne dal 1922 al 1925, in AA.VV., “La Rinascita della Tripolitania, Memorie e studi sui quattro anni di governo del Conte Giuseppe Volpi di Misurata”, Milano, Mondadori, 1926, pp. 133-184.

Una certa continuità fra il periodo ‘liberale’ e quello fascista si evidenzia anche nella formulazione della politica araba: in particolare, in Tripolitania, il governatorato di Giuseppe Volpi, a cavallo fra governo ‘liberale’ e governo fascista (1921-1925), si caratterizzò per una politica nettamente liberista in campo economico, decisa ad affermare la supremazia italiana e a spezzare la resistenza, ma attenta anche ad instaurare una certa collaborazione con gli elementi fidati della notabilità del paese118. Il quinquennio di Volpi, celebrato nel volume, curato dallo stesso conte, intitolato La Rinascita della Tripolitania (Milano, 1926), registrò senz’altro cambiamenti di una certa portata che modificarono, a volte sostanzialmente, l’assetto economico, politico e sociale della colonia. Soprattutto il governatore diede forte impulso all’indemaniamento e alla successiva colonizzazione di vasti territori e si impegnò nello sviluppo di diverse attività industriali e agricole119.

Fra il 1925 e il 1926 Emilio De Bono e Attilio Teruzzi divennero i governatori rispettivamente di Tripolitania e Cirenaica. Sul piano militare la «riconquista» della Tripolitania aveva assicurato all’Italia il controllo su un’ampia porzione della colonia: approssimativamente era in mano italiana il territorio compreso fra il confine tunisino e Sirte a Nord, fino all’oasi di Ghadames a Sud-Est e fino a Socna a Sud-Ovest. Dopo altri cinque anni di scontri fu completata la conquista della Tripolitania e del Fezzan: nel 1927 le nostre truppe conquistarono la regione sirtica mentre il territorio del Fezzan fu occupato soltanto nel biennio 1929-1930120.

Insieme all’offensiva militare, le relazioni italo-arabe in colonia furono influenzate anche da altri fattori. In particolare, l’arrivo in Libia dei giovani squadristi determinò l’instaurazione di un clima di violenza a danno della

118 Un quadro del governatorato di Volpi in R. RAPEX, L’affermazione della sovranità italiana in

Tripolitania: governatorato del conte Giuseppe Volpi (1921-1925), Tientsin, Chili Press, 1937; S.

ROMANO, Giuseppe Volpi, Venezia, Marsilio, 1997, pp. 113-120; AA.VV., La Rinascita della

Tripolitania, op. cit.

119 «Un’accelerazione della politica di indemaniamento dei terreni si ebbe a partire dal 1922, quando il governo della colonia stabilì che tutte le terre incolte dovevano essere considerate demaniali»; durante il governatorato di Volpi «furono acquisiti al demanio più di 58000 ettari di terre. Di questi circa 31000 furono affidati in concessione ad imprese italiane»: F. CRESTI, Oasi di italianità. La Libia della

colonizzazione agraria tra fascismo, guerra e indipendenza, 1935-1956, Torino, Società Editrice

Internazionale, 1996, pp. XXI-XXII. Per uno studio dell’epoca fascista si veda, fra gli altri, F. CAVAZZA,

La politica della colonizzazione, in AA.VV., “La Rinascita della Tripolitania”, op. cit., pp. 187-237.

120 R. CIASCA, Storia coloniale dell’Italia, Milano, Hoepli, 1940, pp. 489-497; A. TERUZZI, Cirenaica

Verde; due anni di governo, Milano, A. Mondadori, 1931.

popolazione locale. Telegrammi e rapporti della Pubblica Sicurezza dalle principali città della Tripolitania e della Cirenaica testimoniano dei numerosi abusi, sopraffazioni e illegalità perpetrate dagli attivisti delle locali sezioni del Partito e dirette perlopiù contro le componenti musulmane ed ebree della popolazione121. Nonostante il tentativo da parte delle forze di polizia di contenere e reprimere queste tipiche manifestazioni di squadrismo, il contesto sociale iniziava ad essere influenzato dall’azione del partito fascista. Negli anni a venire il PNF avrebbe condizionato in maniera sempre più marcata diversi settori della vita in colonia, non ultimo quello educativo.

Dal punto di vista normativo l’ordinamento politico-amministrativo del 1928 costituì per la Libia il primo intervento di rilievo del governo fascista. L’abolizione del parlamento tripolitano e la sostituzione della cittadinanza libica con una più ristretta «cittadinanza italiana libica» furono gli elementi portanti della riforma. In particolare, la nuova cittadinanza prevista per i musulmani della Libia, a differenza del corrispettivo istituto disciplinato dagli statuti, escludeva i diritti alla petizione al Parlamento nazionale e all’esercizio professionale in Italia e non trattava dei diritti di stampa e di riunione122. Questi ultimi, in realtà, erano gia stati disciplinati dall’ordinamento di polizia, che previde particolari restrizioni per il loro esercizio123. Nei riguardi della religione l’ordinamento stabilì specifiche garanzie; per quanto riguarda l’istruzione l’articolo 38 vietò l’insegnamento di principi contrari alla religione musulmana e israelita.

In pratica, come sottolineò Mondaini, la legge «restringeva la collaborazione della popolazione libica – indigena e italiana – al governo delle rispettive colonie nella forma esclusivamente consultiva»124. Elogiato dai commentatori del tempo come «documento della riaffermazione del prestigio nazionale sulle terre d’oltremare», dal punto di vista dei rapporti fra italiani e arabi la legge poneva le basi per una chiara discriminazione fra dominati e

121 Si veda la corrispondenza contenuta in ACS, PCM, 1923, fasc. 17.1.309 e 17.4. La Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) fu istituita in Libia con D.R. del 25 marzo 1923, n. 770. Sull’argomento si vedano: G. BARBOSI, I quindici anni della milizia in Libia, “Azione coloniale”, 1940, 21 marzo, p. 2, T. DORIA, Fasci e milizia in colonia, “L’Illustrazione coloniale”, XIII, n. 3, marzo 1931, pp. 31-33; A. LAMBRUSCHINI, Pagine di eroismo della Milizia in Libia, “Etiopia”, aprile 1940, pp. 24-27.

122 R.D. del 31 agosto 1928, n. 2302, che dava attuazione alla legge organica del 26 giugno 1927, n. 1013. 123 R.D. 8 maggio 1928, n. 884.

124

G. MONDAINI, La legislazione coloniale italiana nel suo sviluppo storico e nel suo stato attuale

(1881-1940), Milano, Istituto per gli studi di politica internazionale, 1941, vol. 1, p. 644.

dominatori125. In proposito Federzoni sostenne che la riforma fu ispirata ad «una virile visione dei bisogni coloniali e della natura di quelle popolazioni», mentre la direzione del periodico coloniale “L’Oltremare” lodò il nuovo ordinamento per aver soppresso «l’elezionismo» e per aver portato «i nostri rapporti con gli indigeni in un’atmosfera di realismo e di sincerità giovevole alla definitiva formazione della loro mentalità di soggetti»126.

Come già durante la prima guerra mondiale, negli anni della «riconquista» il Governo, impegnato anzitutto nelle operazioni militari, dedicò minore attenzione all’educazione. Questa circostanza, in parte, andò a vantaggio dell’istruzione ‘indigena’, poiché per un certo periodo di tempo continuò a funzionare la stessa struttura scolastica del periodo «statutario». Soprattutto gli importanti progressi raggiunti in Cirenaica, grazie al decreto legge del 1922, si conservarono di fatto sino all’anno scolastico 1927-1928: rimase, cioè, invariato il sistema educativo basato sui katatib, quali scuole preparatorie, le scuole elementari arabe, le scuole femminili di educazione e lavoro, le scuole professionali e le scuole medie127. Queste ultime, in particolare, furono frequentate, rispettivamente, da 50 alunni nel 1925-1926 – l’anno in cui il numero di frequentanti fu il più alto di tutto il loro periodo di attività – 30 l’anno successivo e 21 l’ultimo anno128.

Non mancarono, tuttavia, le spinte al cambiamento secondo i principi del nuovo governo. Già dal 1923 le autorità coloniali mostrarono l’intenzione di apportare modifiche al sistema di istruzione ‘indigeno’: il governo della Cirenaica, nel marzo di quell’anno, richiamò l’attenzione del Ministero delle colonie per la riduzione delle scuole arabe esistenti, in particolare dei katatib, si esprimeva inoltre contro l’istituzione della scuola superiore prevista dalla riforma scolastica del 1922 e contro la concessione di borse di studio per i giovani

125 La citazione da N.d.D., Le leggi organiche fasciste per la Tripolitania e la Cirenaica, “L’Oltremare”, II, n. 1, gennaio 1928, p. 29.

126 Ibidem, p. 28. Sul dibattito in epoca fascista su questo argomento si vedano anche S. I LARDI,

L’evoluzione degli ordinamenti politico-amministrativi della Libia, “Africa Italiana”, novembre-dicembre

1941, pp. 57-58, C. MANFRONI, La fine dell’utopia parlamentare in Libia, “Educazione fascista”, V, n. 5, maggio 1927, pp. 283-291, B. PACE, Il fascismo, la riconquista, op. cit., M. TUCCI, Gli ordinamenti civili

della Libia nella legislazione fascista, Vallo della Lucania, Tipografia Spera, 1930.

127 Art. 5 del R. D. 5 febbraio 1922, n. 368.

128 Si vedano le tabelle sull’incremento della popolazione scolastica in Cirenaica in A. PICCIOLI, La

scuola e le istituzioni educative, in ID.(a cura di), “La Nuova Italia d’Oltremare”, Milano, 1933, vol II, p. 1144.

musulmani che intendessero recarsi alla Scuola superiore islamica del Cairo, l’istituto di al-Azhar129. Dei finanziamenti italiani agli studenti arabi ad al-Azhar parleremo nell’ultimo capitolo, nell’ambito della politica islamica fascista e in relazione alla nascita della Scuola superiore di studi islamici. Per quanto riguarda i katatib, il sovrintendente Angelo Piccioli operò per una consistente diminuzione delle scuole coraniche fin dal 1922-1923, sostenendo le scuole governative a scapito dell’ insegnamento tradizionale musulmano, per considerazioni di ordine politico e mostrandosi così in perfetta sintonia con il governo della Cirenaica130.

Nel 1924, come si è anticipato, fu emanata la prima riforma fascista per l’istruzione in Libia131. Se si considera la situazione generale in colonia di quel periodo, l’intervento legislativo fu abbastanza tempestivo, ma se guardiamo alla sostanza dei provvedimenti riscontriamo che non vi fu nessun cambiamento effettivo. Sostanzialmente la regolamentazione per l’educazione degli ‘indigeni’ era rimandata a successive disposizioni: sia per ragioni di carattere pratico che «per altre ragioni di carattere politico», come disse Piccioli, «sembrò […] opportuno astenersi per il momento dall’adottare disposizioni definitive al riguardo»132. Le poche innovazioni riguardarono la normativa per il personale insegnante e direttivo delle scuole.

L’articolo 1, in particolare, stabilì che in Cirenaica e in Tripolitania, potevano essere istituite «con decreto del Ministro per le colonie, su parere del Governo locale» scuole di tipo italiano per la generalità dei cittadini e scuole arabe per «i cittadini libici di religione musulmana». Ma l’articolo 3 del decreto rimandava a successivi regolamenti scolastici l’effettiva disciplina delle scuole arabe. Si potrebbe pensare, come sostenne Piccioli, che le riforme del 1922 erano in vigore da troppo poco tempo per intervenire con cognizione di causa con una nuova regolamentazione in materia. Di certo in questa fase il Ministero non aveva ancora una chiara visione del problema scolastico per prendere decisioni definitive e, allo stesso tempo, la situazione in colonia non permise innovazioni sostanziali. Lo spirito del nuovo ordinamento fu, insomma, quello di porre le basi

129 Ibidem, p. 1112. Si veda anche Governo della Cirenaica – SS, Relazione finale 1922-1923, inviata al governatore della Cirenaica il 9 agosto 1923, in ASMAE, ASMAI, b. 36, fasc. 3 Fondo Volpi.

130 Ibidem.

131 R.D.L. 31 gennaio 1924 n. 472, convertito nella L. 17 aprile 1925 n. 473. 132 A. PICCIOLI, La scuola e le istituzioni educative, op. cit., p. 1110.

per successive riforme, indicando che il governo, quando la situazione in colonia l’avrebbe permesso, intendeva modificare radicalmente l’intero impianto educativo.

Gli unici cambiamenti, come già detto, si ebbero nella normativa per il personale insegnante e direttivo della scuola. In particolare fu istituito l’ispettore per le scuole primarie arabe addetto all’ufficio della Sopraintendenza, nominato «con decreto del Governo locale, tra i cittadini libici di religione musulmana, che, per sapere e moralità, vengano ritenuti idonei all’ufficio»133. All’ispettore, che sostituiva la figura del direttore centrale istituita con il regio decreto del 1920, spettava la diretta sorveglianza delle scuole primarie arabe, ad eccezione degli insegnamenti impartiti in italiano134. Completamente riformata anche la normativa per la nomina dei docenti, sulla quale ci soffermeremo nel IV capitolo, dedicato agli insegnanti in colonia.

In conclusione negli anni 1922-1927, se da un lato si manifestarono spinte al cambiamento secondo la linea politica inaugurata dal regime, dall’altro lato le difficoltà militari ed economiche impedirono al governo di dedicare le risorse e le attenzioni necessarie per operare trasformazioni effettive. Solo nel 1928, con l’approvazione della prima importante riforma scolastica fascista per gli arabo- libici, il governo fissò in maniera chiara i principi alla base dell’educazione ‘indigena’135.

133 Articoli 8 e 17 del decreto. 134 Articolo 10.

135 R.D. 21 giugno 1928, n. 1698.