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COME I MASS MEDIA ITALIANI SI INTERROGANO IL RUOLO DELLA STAMPA NELLA RAPPRESENTAZIONE DELLA GUERRA

LA CONCLUSIONE DELLA GUERRA: CHI HA VINTO E CHI HA PERSO SECONDO I MEDIA ITALIANI (E NON SOLO)

3.6 POLITICA E MEDIA

I media italiani arrivano alla conclusione della guerra distratti anche dalla recente elezione a Presidente della Repubblica di Azeglio Ciampi119, e soprattutto con il fiato sospeso per le Elezioni Europee del 13 giugno 1999. Queste vedono la “rivincita della destra”120e il sorpasso di Forza Italia ai danni dei DS, partito del Premier D’Alema. La sconfitta, pesante anche per Tony Blair e per il socialdemocratico Gerhard Schroeder, fotografa un’Europa nella quale l’elettorato è confuso e si rende conto di quanto ancora possa essere spinosa e tormentata la via per raggiungere la pace in Kosovo121. L’unica a trarre beneficio è Emma Bonino, “il braccio armato della Nato”122: la sua lista ottiene l’8,5%, quasi più di Rifondazione Comunista e della Lega Nord messi insieme, un record per i Radicali ma soprattutto un grande risultato che premia il suo attivismo per risolvere la delicata questione nei Balcani123.

Il neo eletto Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi approfitta del nuovo prestigioso ruolo istituzionale per un discorso alla nazione a reti unificate (l’ultimo è stato quello di D’Alema, il 30.03.1999, mirante a tranquillizzare i cittadini italiani che “sono al sicuro, protetti dalle nostre forze armate, dai nostri alleati: non c’è motivo di paura”124), in cui dimostra molta sobrietà nei toni, evitando qualsiasi forma di trionfalismo. Ciampi non parla neppure di fine della guerra, bensì afferma che "stiamo

117Vanna Vannuccini, Kosovo, serbi in fuga dalla città fantasma, in “la Repubblica” 11.06.1999, p. 4. 118Ibidem.

119 Azeglio Ciampi (Livorno, 09.01.1920), economista e politico italiano. Decimo Presidente della

Repubblica Italiana dal 18.05.1999 al 15.05.2006, ha ricoperto le cariche anche di Governatore della Banca d’Italia, Presidente del Consiglio e Ministro del Tesoro. www.carloazegliociampi.it (consultato in data 27.08.2013).

120Europee, rivincita della destra, in “La Stampa”, 14.06.1999, p. 1. 121Ibidem.

122Cristina Mariotti, Paura di Emma, in “L’Espresso”, 25 (1999), p. 47. 123Ibidem.

uscendo da un dramma"125, e non annuncia a gran voce la pace, ma sostiene che "ne sono state gettate le basi"126. Il Presidente sente il dovere di ricordare il motivo per cui tutto questo è iniziato ("non vi era altra via per far cessare violenze ancora più inaccettabili, quell'orrida violenza che va sotto il nome di pulizia etnica"127), ringrazia il Governo, sia la maggioranza che l’opposizione, per il comportamento tenuto e dichiarando che “La ricostruzione dovrà essere non solo materiale ma anche e soprattutto della società civile, della vita democratica e di tutti i popoli della regione. Anche del popolo serbo, che non abbiamo mai considerato nostro nemico”128, ribadisce che questo intervento ha permesso di porre fine alle violenze, alle violazioni dei diritti umani nel nome della vittoria della democrazia129. E annunciando che avrebbe passato la giornata del 11 giugno nei campi profughi in Albania, il Presidente saluta gli Italiani con un augurio di "qualche speranza in più per l'Europa di pace che dobbiamo ai nostri figli, ai nostri nipoti…"130.

Meno risalto viene dato a queste parole da “il manifesto”, il quale solo a pagina 9 le definisce come un “appello patriottico per i soldati e per giustificare l’intervento”131.

In ogni caso il 9 giugno, il giorno della firma dell'accordo di pace, i riferimenti all’evento storico e umano della fine del conflitto armato risultano da più parti con scarse evidenze: una prima pagina su tutte è quella de “La Stampa” dove il “Passo decisivo per la pace” è schiacciato dalla notizia sportiva di “Vieri all’Inter per 80 miliardi”, articolo nel quale il giornalista dichiara “bando ai moralismi” e che “al portafoglio non si comanda”132.

Anche la televisione, in particolare i telegiornali, non dedica il giusto peso al tema soprattutto se paragonato ai momenti iniziali del conflitto. Il tempo medio è ridotto della metà, si passa dagli oltre 20, a volte 30 minuti dedicati alla guerra durante i primi giorni, ai 5, massimo 10 minuti di questi giorni in cui si stanno compiendo i passi decisivi per la pace133. Bisogna senz'altro tener conto del fatto che siamo in periodo pre-elettorale, ma

125Sebastiano Messina, Ciampi, messaggio in tv. Ricostruzione per tutti, in "la Repubblica", 11.06.1999, p.

8.

126 Ibidem. 127Ibidem.

128Aldo Cazzullo, Ciampi: la pace europea alla prova, in “La Stampa”, 11.06.1999, p. 2. 129Ibidem.

130Sebastiano Messina, art. cit.

131Cosimo Rossi, Ciampi benedice la pace a reti unificate, in “il manifesto”, 11.06.1999, p. 9. 132Roberto Boccalini, Al portafoglio non si comanda, in “La Stampa”, 09.06.1999, p.1. 133Maria Pia Pozzato (a cura di), op. cit., p. 78.

nell’attenta analisi fatta dalla Prof.ssa Maria Pia Pozzato134per conto della Rai (Verifica Qualitativa Programmi Trasmessi –VQPT 177), e qui più volte citata, emerge che:

Se noi, che abbiamo visto tutti i tg di seguito, con attenzione e con le scalette scritte di tutte le testate sotto gli occhi, abbiamo avuto questa sensazione di confusione sulle fasi finali dell’accordo di pace, figuriamoci che cosa può aver capito uno spettatore comune che si sia basato solo sull’informazione fornita dai telegiornali135.

Inoltre nell’analisi vengono riportate conclusioni ancora più sorprendenti:

In questo ultimo periodo della guerra c’è quasi, nei tg italiani, una certa ansia di liquidare la faccenda Kosovo. Solo il Tg1 usa toni enfatici sulla falsariga delle dichiarazioni dalemiane: “L’Italia esce da questo conflitto con un aumentato prestigio nazionale”. Anche Ciampi appare molto soddisfatto: “L’Italia sarà in prima linea nella ricostruzione dei Balcani […], e durante il conflitto è riuscita ad esprimere in modo organizzato il sentimento di umanità”. A livello di immagini, è una parata festosa di mezzi corazzati e di esaltazione delle prodezze nazionali. Si sente persino la voce registrata di un pilota italiano che dice: “Colpito!”. Il ministro Scognamiglio è tutto contento: evidentemente ormai si può dire che anche noi abbiamo attaccato.

Ma alla fine del servizio, Lilli Gruber136non batte ciglio, non partecipa al tripudio nazional-buonista, sul suo volto non c’è nemmeno l’ombra di un sorriso. Uniformandosi al clima mediaticamente de-passionalizzato di questi giorni di guerra, la conduttrice del Tg1 sembra dire al suo spettatore: giriamo in fretta questa brutta pagina137.

134Maria Pia Pozzato, Professore associato confermato presso il Dipartimento di Filosofia e Discipline

della Comunicazione dell’Università di Bologna. Laureata in Filosofia, ha conseguito il dottorato in Semiotica sotto la direzione di Umberto Eco. Presidente nel triennio 2006-2009 del corso di laurea specialistica in Discipline Semiotiche.

http://www.unibo.it/SitoWebDocente/default.htm?upn=mariapia.pozzato%40unibo.it&TabControl1=TabC V(consultato in data 28.08.2013).

135Ivi, p. 82. 136

Lilli Gruber (Bolzano, 19.03.1957), giornalista, scrittrice ed ex politica italiana, è stata annunciatrice del principale notiziario televisivo del primo canale RAI, il TG1. https://www.facebook.com/pages/Lilli- Gruber/141816933707?id=141816933707&sk=info(consultato in data 28.08.2013).

A questo proposito è molto interessante la riflessione di Ryszard Kapuscinski138sulla supremazia della carta stampata rispetto alla televisione. La sua teoria è che durante la guerra del Kosovo l'informazione scritta, più critica e interessante, sia stata nettamente superiore alla televisione.

"Schiacciante, direi, quanto a supremazia intellettuale. Le priorità sono diverse. Noi corrispondenti ci concentriamo sulla sostanza, sul merito dei problemi, le Tv sugli aspetti tecnici. Noi discutiamo, formuliamo ipotesi, scenari. Loro si preoccupano delle luci, del suono, se ci sono prese elettriche per i cavi, di come far arrivare sul posto le telecamere, spedire le pellicole. Noi firmiamo il nostro pezzo e siamo responsabili di quanto scriviamo, ma le immagini che appaiono alla CNN sono passate attraverso sessanta filtri e cosa è rimasto del materiale inviato dall'operatore?"139.

Il famoso giornalista sostiene che il problema principale delle televisioni sia la concorrenza, che impone di arrivare sempre primi e di rincorrersi a vicenda, con la conseguenza che "come greggi impazzite le troupes televisive si catapultano tutte sullo stesso posto" e, cosa ancor peggiore, che "non è la notizia che conta, ma dove va il concorrente"140. Ciò costituisce un pericolo molto grave, in quanto " a guardare la tv sono soprattutto persone che hanno scarsa familiarità con gli avvenimenti internazionali e non riescono a valutare quanto viene loro propinato"141.