12. Venezia da dentro, Venezia da fuori.
12.4 Politica turistica e mito di Venezia:
cerimonie, selezione degli itinerari e politica della notte
Nel novero dei luoghi di Venezia visitati dai viaggiatori stranieri se ne riscontra una nutrita lista che non mancano mai: San Marco, palazzo ducale, Rialto, i mercati e l’arsenale su tutti. Tuttavia, nonostante l’attrattiva che questi luoghi rivestivano e che rivestono tuttora, questa selezione di mete non è solo dovuta a questo loro aspetto: si tratta infatti anche di topoi frutto di una precisa politica di selezione degli spazi mirante a offrire una precisa immagine di Venezia, città potente, maestosa e popolosa.
Questi sono i luoghi delle feste e delle cerimonie e, nel caso delle visite ufficiali, a questi si aggiungeva in genere la visita di un paio di isole, Murano e San Giorgio le più gettonate, la visita del Canal Grande e spesso di Ca’Foscari. Non è un caso dunque che questi stessi luoghi siano quelli maggiormente trattati dal Sansovino e quelli a cui è riservato anche più ampio spazio nell’Itinerary.
La politica di selezione dei luoghi e degli itinerari per raggiungerli è tale da indurre Moryson a commentare:
And if a stranger know not the way, hee shall not need to aske it, for if hee will follow the presse of people, hee shall be sure to bee brought to the market place of Saint Marke, or that of Rialto, the streets being very narrow (which they pavewith bricke)396.
Allora come oggi dunque vi erano delle vie più praticate della città, nelle quali vi si poteva riscontrare visibilmente dei flussi turistici.
Come si è visto, laddove la storiografia ufficiale maggiormente marca di singolarità dei tratti di Venezia, è lì che vanno ricercarti gli intenti politici di mascheramento o la mitigazione di timori o di tratti strutturalmente deboli della città.
Le prime due considerazioni che scaturiscono da questa selezione sono volontà di offrire immagine di potenza e quella di mascherare la ristrettezza vincolante dal punto di vista architettonico degli spazi urbani.
La visita di palazzo ducale, che comprendeva sempre le sale dell’armeria, e la 396 “E se uno straniero non conosce la strada, non serve che la chieda, basta che segua la ressa di persone
e sarà sicuro d'esser condotto al mercato di San Marco, o a quello di Rialto, poiché le strade sono molto strette (strade che pavimentano con mattoni)”.
contestuale visita della basilica di San Marco era indubbiamente volta a dimostrare un potere militare e politico, tale che la stessa Chiesa apparisse sotto il diretto controllo del potere della Serenissima. Non a caso dunque questi due monumenti risultano quelli descritti più ampiamente sia dal Sansovino che da Moryson, il quale non significativamente accenna all’armeria di palazzo ducale, ma nel descrivere la chiesa di San Marco annota:
Here the Duke Marino Morosini first of all the hung his Armes uppon the wals, whom the other Dukes after him in number forty three have followed, and there hung up their Armes. In the middest of the Church hangs a banner, given by the Citizens of Verona, in token of subjection, and two others for the same purpose given by the Citizens of Crema and Cremona397.
Quest’apposizione di insegne si unisce alla magnificenza del trono del Doge:
At the entry of the Chancell, is the throne of the Dukes, made of walnut-treea, all carved aboveth the head, and when the Dukes sit there, it was wont to be covered with carnation satten, but now it is covered with cloth of gold, given by the King of Persia.398
E’ già considerevole di per sé l’intento politico di queste scelte, ma il fatto che Moryson ne possa prendere nota con così grande precisione, è indice ancor più interessante dell’impatto che dovevano avere sui visitatori.
Con ogni evidenza però l’elemento che doveva offrire il maggior impatto della potenza militare della Serenissima era senza dubbio l’arsenale. Anche da questo elemento troviamo puntale conferma dell’efficacia propagandistica nell’Itinerary, che a quest’area riserva un intero paragrafo.
Tuttavia è analizzando i toni di questa descrizione che ne si comprende a pieno l’impatto:
vulgarly called 1'Arsenale, as it were the Tower of the Senate, is compassed with walles being in circuit more then two miles, where some foure hundred Artificers are daily set on worke about naval provisions and they receive weekely for wages about one thousand two hundred duckets399.
397 “Qui Marino Morosini, primo fra i Dogi, appese alla parete le sue Insegne, che gli altri Dogi, in
numero di quarantatré, hanno seguito, appendendo lì le loro insegne. Al centro della Chiesa è appesa una targa donata dai Cittadini di Verona, a simbolo della loro sottomissione, e altri due donati dai Cittadini di Crema e Cremona per lo stesso scopo”.
398 “All'entrata del Coro si trova il trono del Doge, fatto in noce, tutto scolpito sulla sommità; si dice che
un tempo veniva ricoperto di garofano raso quando il Doge sedeva lì, ma ora viene ricoperto di un tessuto d'oro, donato dal Re di Persia”.
Con la solita precisione che lo contraddistingue Moryson rileva l’elemento simbolico di questa costruzione commentando “as it were the tower of the senate”, una torre baluardo della potenza della Serenissima. I toni che seguono sono di grande ammirazione: la dimensione impressionante, il numero elevatissimo di artificieri e la cifra spropositata dell’ammontare di spese per mantenerli. Non sono solo gli artificieri ma anche le galee a stupirlo:
within the circuit hereof and no where else in the City, they build Ships and Gallies, and there bee alwayes in the same about two hundred gallies ready for service400.
e così l’immagine della potenza di Venezia, nonostante le difficoltà della reale contingenza storica, al visitatore giunge chiara e inequivocabile:
the State of Venice, being not growne to full strength, did in a hundred daies space, arme one hundred gallies against Emanuel Emperour of the East, and no doubt their strength hath every day growne greater to this time401.
In quel “no doubt”, espresso in un contesto storico di flessione del potere marittimo di Venezia, vi è tutta l’efficacia di questa politica dell’immagine.
Nel riferimento direttamente successivo a questo commento, non a caso, si riscontra un esempio di come questa dialettica fosse messa in atto tramite le cerimonie. Non a caso infatti Moryson parla del bucintoro, della festa dell’Ascensione e della cerimonia del matrimonio col mare:
In the said compasse of the Armory, lies a great boat called II Bucentoro, because it carries about the number of two hundred; which boat hath upon it a kinde of chamber which useth to be richly hung, and covered over, when in the same the Duke and Senators be carried by water at some times of solemnity, especially at the feast of the Ascention, when of an old custome, they goe forth to espouse the sea, by the ceremony of flinging a ring into the same and to challenge the command thereof, given them by Pope Alexander the third402.
sono di servizio per le forniture navali circa quattrocento Artificieri, che ricevono settimanalmente stipendi per un’ammontare di milleduecento ducati”.
400 “Tra queste mura e in nessun altro luogo della Città costruiscono Galee e Navi, e ancora in questo
posto ci sono sempre circa duecento galee pronte al servizio”.
401 “Lo Stato di Venezia, quando non era ancora al massimo della forza, nell’arco di cento giorni, armò
contro l’Imperatore Emanuele dell’Est cento galee e non c’è alcun dubbio che la loro potenza si sia poi accresciuta di giorno in giorno fino ad oggi”.
402 “Nella fortificazione di cui si è detto è ormeggiata una enorme nave detta Il Bucentoro, perché ha una
capienza di duecento persone: in questa nave c’è una sorta di stanza che sono soliti allestire sfarzosamente e coprire quando vi vengono trasportati il Doge e i Senatori in alcune circostanze solleni, e in particolare durante la festa dell’Ascensione, quando, secondo un antico costume, escono dalla laguna per sposare il mare, mediante la cerimonia di gettarvi dentro un anello, e sfidano il dominio del mare, dato loro da Papa Alessandro III”.
E’ dunque chiara l’immagine che la Serenissima vuol dare del suo potere militare, un enorme potere di carattere prettamente marittimo, giustificato addirittura in termini divini, ed è altrettanto evidente l’efficacia di queste iniziative ufficiali in termine di politica dell’immagine, tant’è che Moryson, oltre a questi passi della description, riserva un intero capitolo dell’ultima sezione alla potenza marittima di Venezia.
La strategia delle coreografie cerimoniali della Serenissima conduce però anche al secondo aspetto, cioè a quello della ristrettezza degli spazi urbani. Che questo aspetto costituisse inevitabilmente un ostacolo all’imponenza cerimoniale e quanto questo fosse percepito dalla classe dirigente veneziana, risulta evidente dalla strategia di annessione della città e delle isole operata nelle più importanti feste: l’impiego di un grandissimo numero di barche, la loro gestione coreografica e la costruzione di ponti di barche che uniscono diverse isole divengono tratti costitutivi delle maggiori festività.
Così, ad esempio nell’Itinerary si trova menzione per ben tre volte delle cerimonie per l’arrivo di Enrico III, le cui strategie cerimoniali resero, seguendo delle logiche d’annessione delle isole al tessuto urbano, “quello spatio di mare non mare, ma più tosto prato di vaghi fiori di varii colori ornato”, tramite un’accurata coreografia “con bandiere di diversi colori guarniti, da galee et infinite barche”403.
Un altro elemento nevralgico connesso alla ristrettezza del sito di Venezia era quello della difficoltà rispetto agli altri stati preunitari di operare cambiamenti architettonici e urbanistici secondo le moderne teorie umanistiche e rinascimentali.
Anche in questo frangente la Serenissima adoperò una precisa dialettica e un’elaborata politica turistica, giocata sulla compresenza della preservazione e tutela dell’antico, inteso come tradizione, e della proposizione di un’immagine di moderno progresso strutturale e architettonico. Furono presi numerosi e molto differenti provvedimenti secondo queste logiche.
In primo luogo, come si è visto, operarono una strategia dell’annessione del mare, che attraverso la retorica del matrimonio tra la Serenissima (e dei suoi territori) e l’elemento che più la contraddistingueva nell’immaginario collettivo, perseguiva al contempo argomenti di tradizione e di innovazione, ottenendo risultati evidenti anche nell’Itinerary.