La questione della disoccupazione giovanile si innesta sull'annoso problema della disoccupazione generale che a sua volta è legato al peculiare sviluppo economico dell'Italia. Le differenze interne sono macroscopiche tra il Nord ed il Sud del Paese ma ulteriori suddivisioni sarebbero necessarie per un'analisi accurata. Fattore accomunante è la progressiva terziarizzazione dell'economia a discapito di agricoltura e industria. Una società di servizi quando non supportata da politiche di ampio respiro e un welfare state estensivo espone una parte dei lavoratori, e quelli giovani in particolare, ai rischi già individuati nel capitolo sul lavoro atipico. Per quanto riguarda le politiche industriali è ormai constatazione comune tra gli analisti che sono assenti da molto tempo dalle liste di priorità dei governi. Mancando una visione progettuale e condivisa tra (almeno) i ministeri interessati su quelli che dovranno essere i settori su cui fondare lo sviluppo economico dell'Italia in futuro, ne consegue un certo "incedere zoppicante" nella disposizione di interventi a sostegno dei lavoratori e di quelli più giovani in particolare.
Le politiche implementate dallo Stato italiano per fronteggiare il fenomeno della disoccupazione giovanile si inseriscono nell'ambito delle indicazioni che vengono formulate a livello di Unione europea e grazie a queste si è sviluppata una nuova sensibilità su questo tema.
Il piano europeo «Youth Guarantee», fatto proprio dall'Italia nell'ottobre 2013, prevede ad esempio che ai giovani venga fatta una proposta di lavoro, formazione o stage entro 4 mesi dalla conclusione degli studi o la perdita del posto di lavoro. Considerate le ambizioni e le risorse necessarie per la realizzazione di tale progetto, che in realtà almeno per una parte era già in vigore dal 2002 (d.lgs. 297/2002), si è pensato di coinvolgere e rafforzare i Centri per l'impiego provinciali che fino ad oggi hanno giocato un ruolo marginale rispetto alla disoccupazione giovanile.
L'aggravarsi della situazione dei giovani in ricerca di lavoro ha almeno determinato che a questo tema venissero dedicate risorse ed interventi specifici come il decreto legge 76 del giugno 2013 convertito con modifiche in legge il 9 agosto 2013, n. 99 (Primi interventi
urgenti per la promozione dell'occupazione, in particolare giovanile, della coesione sociale).
La linea che il Governo Letta sembra percorrere è quella di incrementare la flessibilità dei contratti di lavoro con la riduzione del tempo necessario tra il rinnovo di un contratto a tempo determinato ed un altro. Questa manovra evita l'estensione che aveva proposto la riforma
53 Fornero che da 10-20 giorni lo aveva alzato a 60-90. In merito ai contratti a tempo determinato oltre che a facilitarne il rinnovo si mira anche alla stabilizzazione degli stessi tramite incentivi fiscali alle aziende che incrementino il loro organico tra il 2013 e il 2015. Tale provvedimento riguarderà circa 100.000 giovani con un'attenzione particolare alla situazione del Sud Italia. Indirizzato ai giovani del sud Italia è stato anche il bando aperto nel 2012 e denominato «Giovani del non profit per lo sviluppo del Mezzogiorno» che si proponeva di migliorare servizi collettivi di natura sociale o di tutela del patrimonio attraverso la valorizzazione del lavoro dei giovani sotto i 35 anni.
La riforma del mercato del lavoro compiuta nel 2012 dall'allora Ministro per il Lavoro Elsa Fornero ha riorganizzato gli ammortizzatori sociali unificando quelle che erano le indennità di disoccupazione, di mobilità e di cassa integrazione sotto un unico nome di Assicurazione sociale per l'impiego (ASpI). La riforma è stata complessa e dispiegherà i suoi effetti negli anni a venire ma la mini ASpI, versione corrispondente alla vecchia indennità di disoccupazione con requisiti ridotti, sembra indirizzarsi ancora una volta verso le fasce protette di popolazione escludendo diverse forme di lavoro atipico.
Potrà invece godere delle tutele della mini ASpI chi partecipa ad un apprendistato. Sempre legata alla «riforma Fornero» è infatti collegata la grande scommessa che lo stato italiano avanza da ormai oltre cinquanta anni quando si parla di disoccupazione giovanile la riforma dell'apprendistato appunto. Nelle intenzioni del Ministro Fornero questo dovrà diventare la modalità preferenziale di ingresso nel mondo del lavoro per le nuove generazioni e a tal fine sono state elaborate tre diverse tipologie di apprendistato che si rivolgono ai giovani tra i 15 e i 29 anni. La valenza formativa dell'apprendistato, generalmente passata in secondo piano, viene valorizzata offrendo la possibilità non solo di assolvere l'obbligo scolastico ma anche di conseguire titoli di studio superiori integrando all'esperienza lavorativa dei periodi formativi.
A tale proposito si segnala come a seguito della legge 30/2003, l'Alto Adige abbia per prima introdotto in Italia la possibilità di svolgere l'apprendistato di terzo livello riproposto poi dal ministro Fornero.20 Dall'anno accademico 2003/2004 è infatti possibile nell'ambito del progetto «Studenti in attività», frutto di un accordo tra Assoimprenditori Alto Adige, Università di Bolzano, Politecnico di Torino e le sigle sindacali, coniugare formazione universitaria e lavoro professionalizzante in azienda. I giovani universitari di alcuni corsi di
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54 ingegneria ed informatica a partire dal secondo anno accademico possono quindi svolgere il 50% dei corsi in azienda attraverso un contratto di lavoro che garantisce, oltre alla formazione, anche un reddito su 13 mensilità (600 euro il secondo anno, 700 il terzo e 800 il quarto).
Tra i provvedimenti più discussi della «riforma Fornero» si devono invece annoverare quelli legati alle modifiche del sistema pensionistico. La connessione con il fenomeno qui in esame è abbastanza diretta perché il prolungarsi della permanenza all'interno del mondo del lavoro fino a 66 anni, esito del posticiparsi dell'età pensionabile, determina una penalizzazione diretta per i giovani che cercano di entrare nel mondo del lavoro.
Un interessante esperimento per cercare di ridurre le difficoltà di ingresso si è sviluppato nell'ambito dell' Azione di sistema Welfare to Work per le politiche di reimpiego. Si tratta della cosiddetta «Staffetta generazionale» tra lavoratori prossimi al pensionamento (al massimo tre anni prima) che accettano di vedere ridotto l'orario di lavoro e permettere quindi di utilizzare le ore di lavoro in disavanzo per permettere l'inserimento in azienda di un giovane cui il lavoratore anziano avrebbe anche il compito di trasmettere conoscenze e competenze. Questo modello ha trovato come apripista la regione Lombardia ma negli ultimi mesi progetti analoghi sono stati sviluppati in Trentino e, per il solo settore pubblico, in Alto Adige.
In altra direzione, ma sempre con un'incidenza sui risvolti occupazionali e sociali dei giovani, potrebbe rivelarsi la delega delle competenze in materia di ammortizzatori sociali che il Governo ha stipulato, per ora unico caso in Italia con il Trentino (trattative in corso per l'Alto Adige). Le prime dichiarazioni lasciano presumere una maggior contestualizzazione delle prestazioni al tessuto socio-economico che quindi si tradurrebbero in un incremento delle erogazioni e una maggiore copertura del rischio di disoccupazione. Questo tipo di riforma coniugata con i sistemi di «Reddito minimo di inserimento» presenti in Trentino e Alto Adige potrebbe essere un tentativo di coniugare le esperienze dei paese del nord con il sistema italiano.
55 PARTE II:
LA RICERCA: L'ANALISI DELLA CONDIZIONE OCCUPAZIONALE DEI GIOVANI CON MENO DI 25 ANNI NELLA PROVINCIA DI BOLZANO
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Premessa
La disoccupazione giovanile in Alto Adige risulta essere un fenomeno circoscritto rispetto ad altre zone d'Italia e anche rispetto alla media europea ma non di meno nel corso degli ultimi anni ha visto un suo rapido incremento che deve interrogare istituzioni e ricercatori.
Le specificità dei singoli territori in Italia rendono concetti come le medie nazionali di relativa importanza e in questo senso la situazione altoatesina non si discosta. Le anomalie sudtirolesi sono riconducibili a caratteristiche di tipo storico, linguistico, culturale e questo retaggio ha degli influssi notevoli su quelle che sono le scelte di carattere politico, economico e sociale attuali.
La possibilità di studiare l'evoluzione storica di questo fenomeno permetterà delle riflessioni sul peculiare intreccio tra contesto socio-economico ed esempi di buone prassi che hanno reso possibile il contenimento della disoccupazione giovanile anche in un periodo di recessione economica.
Per quanto possibile si cercherà di analizzare quali sono state le linee guida che hanno ispirato l'azione politica ed economica fino ad oggi e, assumendo la crisi economico- finanziaria del 2009 come un punto di cesura, quali sono le prospettive per gli anni a venire. Una ulteriore parte si concentrerà sul vissuto di alcuni giovani e l'analisi delle loro biografie lavorative permettendoci di raccogliere informazioni qualitative e di individuare ulteriori ambiti di studio.
Data la parzialità di questo studio, che si è sviluppato a latere di una più ampia ricerca sul dialogo sociale e sulla partecipazione di lavoratori giovani e anziani ad esso, in conclusione si cercherà di fissare alcune specificità territoriali alla luce delle conoscenze teoriche apprese e analizzate nella prima parte.
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Note metodologiche
La seguente analisi si propone di approfondire la comprensione del fenomeno della disoccupazione giovanile nella provincia di Bolzano. Questo fine è stato perseguito attraverso la partecipazione alla ricerca LinkAge: Labour Market Integration of Vulnerable Age Groups
through Social Dialogue promossa dalla Commissione Europea, direzione per l'occupazione,
affari sociali e l'inclusione.
Tale ricerca, coordinata dalla European Social Reserch Unit (ESRU) e da Universitat de Barcelona nella persona della dr.ssa Olga Jubany, è stata svolta in sei stati europei con il coinvolgimento di: Universitat de Barcelona (Spagna), Solidarnosc (Polonia), Université Libre de Bruxelles (Belgio), Aston University (Regno Unito), Università Ca’Foscari Venezia (Italia), Institute of Economic and Social Research - Italian General Confederation of Labour (Ires Cgil Italia) e Zentrum für Soziale Innovation (Austria).
Sotto il coordinamento del Professor Fabio Perocco e della dr.ssa Tania Toffanin ho somministrato i questionari a diversi soggetti che a diverso titolo partecipano al mercato del lavoro altoatesino e alla sua composizione.
Una prima serie di interviste è stata dedicata ai rappresentati del mondo sindacale, del mondo imprenditoriale e ai policy makers al fine di comprendere il loro punto di vista in merito alla discriminazione per età dei lavoratori over 55 e under 25, alla loro eventuale inclusione all'interno del dialogo sociale ed in generale di come, nel contesto oggetto d'analisi, i cambiamenti del mercato del lavoro interessassero questi soggetti.
Una seconda parte del lavoro si è indirizzato invece a raccogliere l'esperienza biografica e lavorativa di giovani lavoratori atipici e disoccupati under 25, i loro rapporti con le istituzioni e la loro percezione dei cambiamenti nel mercato del lavoro.
La somministrazione di questionari strutturati uniformi a livello europeo lasciava spazio ad approfondimenti territoriali che permettessero di raccogliere informazione specifiche. Nonostante questo l'esito di questo lavoro conoscitivo è stato solo parzialmente soddisfacente in particolare per il basso numero di giovani che si sono dimostrati disponibili all'intervista. Questi parziali risultati, che vengono considerati stimolo per ulteriori successivi approfondimenti, verranno illustrati nei capitoli 8 e 9 mentre nei capitoli 6 e 7 si delineeranno
58 tratti socio-economici fondamentali del territorio analizzato. In appendice infine si troverà l'elencazione dei soggetti coinvolti nella ricerca ed intervistati.21
6 Morfologia sociale del territorio indagato