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LA POLIZIA DI PROSSIMITA’

IV.1 Il Poliziotto di Quartiere

Una delle problematiche maggiormente percepite anche se allo stato attuale ancora timidamente riconosciuta da parte delle istituzioni, è sicuramente la perdita del territorio che maggiormente si evidenzia nei grandi agglomerati urbani e più ancora nelle periferie degradate delle grandi città del nostro Paese.

Bande criminali che agiscono pressoché indisturbate capaci di imporre il proprio sistema nel sistema, distruzione o appropriazione del bene e del suolo pubblico, abusivismo edilizio, attività illecite ormai inserite nel sistema di vita quotidiana della collettività che oggi nemmeno ne riconosce più l’illegalità, aumentano in maniera esponenziale il senso di insicurezza ma ancor più il senso di impotenza e di inefficienza dello stato stesso.

L’obiettivo primario a questo punto è porre a contrasto di tale problematica, non una mera attività di controllo del territorio ma una vera e propria azione di rivalsa volta alla riconquista del territorio stesso mediante la partecipazione di tutti, cittadini ed istituzioni proprio attraverso quella azione di prossimità.

Una svolta non di tipo strategico ma culturale che deve partire dal basso, e quindi dai nuclei famigliari fino ad arrivare alle istituzioni che devono dare risposte efficienti e soddisfacenti in tempi brevi , con tempestività ma soprattutto con continuità.

Il Poliziotto di quartiere rappresenta l'iniziativa di prossimità che meglio individua e definisce il nuovo modo di intendere l'attività di polizia al servizio della collettività.

Una nuova figura di operatore di polizia, capace di sviluppare lo stato della sicurezza proprio mediante quella azione di prossimità.

Si tratta di un'operatività diversa e più complessa, orientata verso il profilo della prevenzione, basata su un’azione penetrante e capillare di conoscenza del territorio ed idonea a rinnovare il rapporto di fiducia con la gente.

Questa nuova figura deve sapere sviluppare a sua volta iniziative operative in grado di stimolare il cittadino a considerarsi non più come semplice utente passivo di un servizio pubblico, bensì come protagonista attivo di un processo virtuoso che produce sicurezza.

La "missione" del Poliziotto di quartiere deve infatti consistere in un'azione finalizzata a cementare il rapporto cittadini-Istituzioni.

In Italia il Poliziotto di Quartiere contrariamente a quanto si possa pensare nasce nel 2002 dall’ispirazione di quanto è stato fatto in Olanda e precisamente nella città di Amsterdam e non a Londra o negli Stati Uniti.

Ad Amsterdam la locale Polizia di Stato è suddivisa sul territorio in distretti, come in Italia. La città è suddivisa in municipalità ed ognuna di esse fa capo giurisdizionalmente ad un distretto di Polizia.

Ideologicamente è stata stesa sull’intero territorio cittadino una rete composta da nove caselle ed ogni casella fa capo per competenza ad un distretto di polizia. In ogni casella sono state assegnate 9 pattuglie composte da due Poliziotti di Quartiere, per un totale di 18 poliziotti di quartiere per ogni casella che presidiano un area del territorio ben definita.

Le unità operative lavorano secondo la filosofia sopraccitata, fungendo da vere e proprie “antenne” di ricezione e di trasmissione per le istituzioni da e per il quartiere.

Ad essi è affidato il compito di raccogliere ogni utile informazione riguardante il territorio e più in particolare ascoltare ed analizzare le problematiche e le

esigenze, per le eventuali azioni da intraprendere per il ripristino delle legalità e della vivibilità di tutta la collettività.

La presenza del Poliziotto di quartiere altro non è che una “postazione” mobile di osservazione ed ascolto in grado di interagire con la vita del quartiere quotidianamente in tutti i sensi.

In questo modo la Polizia e nella fattispecie il locale distretto, sono al corrente di tutti i fenomeni criminali, sociali, organizzativi e logistici del quartiere e pone al servizio della collettività ogni utile iniziativa finalizzata al ripristino della legalità e della vivibilità all’interno delle aree presidiate.

E’ come pensare ad un puzzle in cui tassello per tassello si lavora per creare un modello ideale di vita sociale.

Scompare la figura ormai solo cinematografica del poliziotto posizionato ad angolo di strada, in borghese, munito di impermeabile e di giornale che osserva, pedina, che al limite del lecito ha a che fare con la malavita persino raggiungendo accordi e compromessi con essa, per conseguire risultati investigativi brillanti in danno di grandi organizzazioni criminali ma che nulla hanno a che vedere con le quotidiane problematiche ed esigenze di vita della collettività.

Questo modello ormai obsoleto, improduttivo, che deve fare i conti con un sistema di investigazione garantista, lento, burocratizzato, affidato ad una magistratura che ne deve autorizzare le attività, ingolfata e talvolta goffa nel districarsi tra i termini temporali e nelle interpretazioni delle norme giuridiche, cede il posto ad un nuovo modello maggiormente efficiente sotto il profilo della produzione di sicurezza, in grado di assicurare certamente meno delinquenti alla giustizia ma altrettanto certamente in grado di prevenire e di scoraggiare le azioni illecite degli stessi.

Si lavora per creare un ambiente asettico capace di sfavorire l’attecchimento di forme di illegalità e di inciviltà.

Si tratta di un modello operativo capace di penetrare nel territorio e di predisporre una rete di contatti composta da cittadini leali, desiderosi di benessere collettivo, capaci di fornire informazioni a trecentosessanta gradi di qualunque genere, con l’unico scopo di aumentare il senso di sicurezza generale ed innalzare il livello di qualità della vita del quartiere e della città stessa.

Questo nuovo sistema adottato dalla capitale olandese, ha consentito di censire giurisidizionalmente l’intero quartiere e di conseguenza l’intera città, in termini di stato dei luoghi, fenomeni commerciali, fenomeni criminali, conoscenza dei cittadini, delle problematiche, immigrazioni ed emigrazioni dal quartiere stesso di persone ed attività.

Oseremo dire che i distretti di polizia allo stato attuale conoscono tutto e tutti del quartiere ed anche se col tempo vi sono modificazioni morfologiche, etnologiche, sociologiche il distretto è in grado di percepire e di prevenire eventuali problematiche di illegalità e di vivibilità.

E’ un sistema che solo se lo si pensa genera quel senso di matematica certezza di successo, nella sua semplicità di attuazione è possibile mettere su un impianto di sicurezza globale composto da tutti, cittadini ed istituzioni.

E’ come pensare che il comparto sicurezza non sia più composto dallo schema sopra illustrato ma dall’intera collettività che demanda alle istituzioni il compito d’azione.

Ci piacerebbe che a quello schema un giorno venga inserita stabilmente una voce

“comitato di ordine e sicurezza composto da cittadini e commercianti dei quartieri” che insieme alle istituzioni lavorano per la sicurezza collettiva.

La figura del poliziotto di quartiere come detto, non vuol dire militarizzazione del territorio ma inserimento nello stesso di una figura che funge da presidio istituzionale presente, attivo, conoscitore, efficace, risolutivo, in grado di interagire sul territorio con la caratteristica della immediatezza abbattendo i limiti burocratici, temporali o tardivi, legati soprattutto all’imbarazzo della non conoscenza della realtà, dei luoghi e dei fenomeni che peraltro si modificano ogni giorno.

Il Poliziotto di quartiere è istituzione ma cittadino al tempo stesso in grado di percepire le problematiche e le esigenze direttamente come parte attiva, tastando il polso della collettività ed analizzando la vita del quartiere quotidianamente, stabilendo con il cittadino un rapporto fiduciario e confidenziale ascoltando qualunque tipo di problematica o esigenza con la capacità di analisi e di intervento immediato.

Il poliziotto di quartiere al fine di smorzare quel senso di “severità” che viene percepito generalmente alla vista di una divisa, viene dotato di una vestizione che definiremo meno “severa” addolcita da materiale meno appariscente. L’arma ad esempio viene custodita in una fondina che discretamente la nasconde, le manette non sono visibili, i poliziotti non vengono dotati di materiale solitamente utile in situazioni di ordine pubblico quale il “famigerato” manganello ed il vestiario al contrario di quello delle pattuglie operative è più elegante.

Questo garantisce dal punto di vista psicologico un approccio diverso tra cittadino e forze dell’ordine, il poliziotto di quartiere è amico, è confidente e non è prima di tutto colui che segnala, multa, ammonisce, penalizza, proibisce o inibisce.

La nuova figura operativa, come detto, non si limita a far rispettare le leggi sul territorio ma deve essere in grado di attivare ulteriori modelli operativi in grado di rafforzare quel senso di prossimità.

Il poliziotto di quartiere deve organizzare incontri ed attività congiunte con le altre forze di polizia (Vigili Urbani, Vigili del Fuoco, Carabinieri, Corpo Forestale ecc.), con gli enti, con i cittadini all’interno di spazi pubblici, con le scuole, con le associazioni di categoria, di volontariato, con le Chiese e con i movimenti cattolici mediante i quali consolidare sempre più quell’utile ed auspicato rapporto fiduciario.

Non solo legalità e quindi ricezione di denunce per fatti illeciti da parte di cittadini, è auspicata infatti tutta una serie di azioni volte a garantire vivibilità all’interno del quartiere. La figura operativa, grazie soprattutto all’ autorità che lo riveste, deve farsi portavoce dei cittadini anche per tutte quelle problematiche legate al buon andamento della vita quotidiana della collettività e che riguardano i servizi pubblici come illuminazione, dissesti stradali, occupazioni di suolo pubblico, spazzatura, sosta selvaggia, abusivismo. Ma non solo, la figura operativa deve essere in grado di risalire anche ai problemi di natura sociale che nascono all’interno dei nuclei famigliari, come sfruttamento del lavoro minorile, lavoro nero, maltrattamenti, assenza di minori dalle scuole dell’obbligo ecc.

Proprio per questo il Poliziotto di quartiere deve creare con le altre istituzioni un rapporto quotidiano, con i dirigenti scolastici, con gli assistenti sociali, con le Aziende Sanitarie Locali ecc.

Il Poliziotto di quartiere oltre alla presenza sul territorio secondo la filosofia di prossimità, deve divenire nel tempo vero e proprio fenomeno sociale all’interno del quartiere stesso ed essere capace di creare attività e momenti utili alla scopo ed essere così in grado di garantire un servizio ma anche di ricevere un feedback preziosissimo da parte dell’utente, grazie al quale poter analizzare e porre rimedio a tutte quelle forme di illegalità e di problematiche riguardanti la vivibilità nel quartiere.

Sul profilo della legalità i contatti saranno istituiti con tutti gli addetti alla sicurezza sul territorio, vigilantes, custodi di fabbricati, addetti alla sicurezza dei grandi magazzini, con i quali la nuova figura operativa istituisce un sistema di contatto telefonico immediato.

Durante l’attività nel corso del tempo il Poliziotto di quartiere deve essere in grado di registrare una proprio database formato da contatti, obiettivi sensibili, nuclei famigliari a rischio, soggetti a rischio.

Per questo il Poliziotto di quartiere avvalendosi anche delle ultime tecnologie viene dotato di un computer tascabile nel quale viene istallato un software in grado di semplificare il lavoro di censimento della zona operativa ed in cui vengono inserite tutte le informazioni sopraccitate. Il software oltre che registrare il database delle informazioni e dei contatti è in grado di organizzare l’attività e quindi generare le priorità, di segnalare appuntamenti, di creare avvisi per qualunque tipologia di problematica.

Il software grazie anche alla libera fruibilità possibile in rete informatica può diventare nel tempo risorsa preziosissima per tutti gli altri apparati di sicurezza, quali squadre investigative, divisioni antiterrorismo ecc.

Il poliziotto di quartiere può divenire nel tempo anche un ottima risorsa investigativa al quale demandare l’attività di raccolta di informazioni su soggetti, realtà commerciali, presenza sul territorio di esponenti di spicco della criminalità organizzata, facendo leva sulla rete di contatti da esso sviluppata.

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