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POPOLAZIONE DI RIFERIMENTO

Nel documento ACE. Alleanza Contro le Epatiti (pagine 4-9)

Il raggiungimento dell’eradicazione dell’infezione da HCV in Italia dipende dall’attuazione di program-mi di screening e di linkage-to-care nell’ambito della popolazione generale e delle popolazioni a rischio.

In Italia è possibile stimare che vi siano ancora circa 409.183 soggetti da trattare, di cui circa 300.171 con infezione già nota (F0-F3) e circa 109.012 con infezione non nota (F4).

Sulla base dei dati epidemiologici disponibili e come indicato nel documento dell’Associazione Italia-na Studio fegato (AISF) sulla gestione dell’infezione da HCV, possono essere considerati a rischio di infezione le seguenti popolazioni:

• soggetti sottoposti a trasfusioni di sangue o plasmaderivati;

• soggetti sottoposti a interventi di chirurgia maggiore;

• soggetti che abbiano effettuato iniezioni con siringhe di vetro non monouso;

• soggetti sottoposti a tatuaggi e/o piercing;

• soggetti con insufficienza renale cronica in terapia dialitica;

• soggetti con infezione da HIV;

• soggetti con storia pregressa o attiva di uso di sostanze stupefacenti per via ev, seguiti o meno nei SerD;

• detenuti in carcere o in strutture sociosanitarie (orfanotrofi; case di accoglienza; case- famiglia);

• conviventi o soggetti che possano aver avuto contatti a rischio con persone infette (si intende a tal riguardo anche la condivisione di strumentario per manicure, pedicure, rasoi o spazzolini da denti);

• omosessuali maschi (MSM);

• soggetti con alterazione delle transaminasi.

Alla luce dei dati epidemiologici disponibili, i picchi più elevati di prevalenza di infezione si osservano nella popolazione con più di 60 anni e da una indagine delle Rete HCV Sicilia, a fronte dello 0.96%

di pazienti con infezione da HCV nota e registrati presso i MMG, solo 1/3 sono stati riferiti per il trattamento. Tali dati sollevano la necessità di istituire un network con i MMG al fine che questi ultimi individuino le infezioni già esistenti nell’ambito dei loro assistiti e sottopongano a screening soggetti con i prima descritti fattori di rischio per infezione.

Altro capitolo estremamente rilevante riguarda altri bacini a elevata prevalenza di infezione quali coinfetti HIV, omosessuali in attività promiscua, migranti da aree ad alta prevalenza di HCV, soggetti in terapia dialitica, e in particolare, per la difficoltà di accesso, i soggetti con consumo attivo o pregresso di sostanze stupefacenti seguiti presso i SerD e i carcerati.

Relativamente alla popolazione seguita nei SerD, uno studio condotto in Italia nel 2010 su un cam-pione casuale di quasi 1.100 soggetti con consumo di sostanze per via orale o iniettiva endovenosa, seguiti presso 50 SerD, ha documentato come la prevalenza di infezione da HCV fosse del 71,2%. Lo stesso studio documentava inoltre come tale prevalenza fosse più elevata nei soggetti con consumo di sostanze per via iniettiva endovenosa (83,2%) rispetto a quelli con consumo di sostanze per os (22%), e come il rischio fosse maggiore nei soggetti con infezione da HIV e più lunga durata di consumo di sostanze. In linea con questi dati, l’European Monitoring Centre for Drugs and Drug Addicition nel 2016 ha riportato una prevalenza di infezione da HCV in Italia, relativa al periodo 2013-2014, di circa il 45% in soggetti con consumo di sostanze per via iniettiva, con un tasso di quasi il 30% nella sottopopolazione con meno di 25 anni. Infine, nella “Relazione Annuale al Parlamento 2017 Sullo Sta-to Delle Tossicodipendenze in Italia” è riportaSta-to come nel 2016 i SerD hanno avuSta-to in carico 143.271 assistiti (si stima che i consumatori non in carico siano il doppio); 28.197 (20,5%) sono stati testati per HCV di cui 12.380 (43,9%) soggetti risultati positivi. Altro dato rilevante è quello relativo all’incidenza di nuovi casi di infezione da HCV nei soggetti con consumo iniettivo endovena di sostanze, stimato essere di 2,4 casi (95% CI 0,9-6,1) per 100 soggetti/anno. Tali dati possono assumere dimensioni ancora più rilevanti se consideriamo anche i soggetti con consumo di sostanze per via endovenosa e non seguiti presso alcun centro.

Per quel che riguarda le carceri, nel 2005 Babudieri riportava una prevalenza di anti-HCV positività del 38% in una coorte di 973 detenuti, in cui il maggior fattore di rischio per infezione era rappre-sentato da una storia di consumo di sostanze per via iniettiva endovenosa. In linea con questi dati, altri due lavori indipendenti pubblicati nel 2012 e nel 2013 riportavano una prevalenza di anti-HCV positività rispettivamente del 22,8% e del 22,4%. Quest’ultimo studio riportava anche una prevalenza di infezione attiva del 86% nei soggetti con anti-HCV positività. L’ultimo studio disponibile in Italia e condotto in strutture penitenziarie Milanesi, riporta una prevalenza di anti-HCV positività del 10%, di cui il 60% con una infezione attiva. In base ai dati finora riportati, considerando che nel 2016 in Italia

erano detenuti quasi 102.000 individui, è stimabile come da 10.000 a 30.000 di questi presentino una infezione da HCV, di cui solo il 20% sia già nota. Altro dato rilevante è quello relativo all’inciden-za di nuovi casi di infezione da HCV nei soggetti detenuti, stimato essere di 1,4 casi per 100 persone/

anno, con un picco di 16,4 casi per 100 persone/anno nel gruppo di coloro con storia di consumo di sostanze per via iniettiva endovenosa.

Tali dati confermano come le popolazioni di soggetti con consumo di sostanze che afferisce presso i SerD e le popolazioni dei carcerati rappresentino gruppi ad alta prevalenza di infezione da HCV, nonché serbatoi attivi per la continua diffusione di tale infezione e per cui è necessario un intervento sistematico e generalizzato di case finding e linkage-to-care da attuare all’interno delle strutture senza far “migrare” i pazienti fra differenti centri e quindi riducendo al minimo i rischi di ridotta aderenza e di perdita dei pazienti stessi, con inoltre iniziative atte a prevenire nuove infezioni e reinfezioni.

Ostacoli a tali processi sono tuttavia rappresentati dall’assenza spesso di personale specializzato e/o autorizzato allo screening e ai trattamenti dentro a SerD e carceri, dal frequente e rapido cambio di sede nei pazienti delle carceri e da alcune barriere che possono rallentare o meglio ostacolare il flusso dei pazienti verso il trattamento.

Le raccomandazioni di ACE sull’organizzazione ed attuazione di un programma di screening e di presa in carico dei pazienti a livello regionale

Passaggi indispensabili per implementare strategie di screening e piani di eliminazione efficaci a livel-lo regionale sono:

1. La precisa conoscenza dell’epidemiologia dell’infezione da HCV, sia per la popolazione generale che nei gruppi a rischio a maggior circolazione virale e il monitoraggio tramite opportuni program-mi di screening attraverso l’implementazione di un archivio regionale sugli esiti che alimenti rego-larmente l’archivio nazionale

2. La definizione di strategie di intervento efficaci nei tempi e nei costi, che favoriscano la diagnosi dei casi sommersi e l’accesso al trattamento dei casi eleggibili, che ottimizzino le fasi di screening-dia-gnosi-referral-terapia-follow up e che stabiliscano altresì il “chi-fa-cosa” tra le diverse figure sanitarie coinvolte nella gestione del paziente

3. L’istituzione di una “Cabina di regia” presieduta dal Direttore Generale dell’Area Sanità e Sociale, o suo delegato, che potrebbe essere costituita come segue:

- Direttore Direzione Programmazione sanitaria - LEA

- Direttore Direzione Farmaceutico, Protesica, Dispositivi medici - Direttore Direzione Prevenzione

- un Direttore Sanitario di Azienda sanitaria

- un Direttore di U.O. Sanità Penitenziaria di Azienda sanitaria

- un Medico Specialista operante all’interno di Servizi Ambulatoriali Dipendenze (Ser.D.) di Azien-da sanitaria

- quattro Medici specialisti Rappresentanti dei Centri Hub per il trattamento dell’epatite C - un Farmacista ospedaliero

- Presidente della Federazione Regionale degli Ordini dei medici (o suo delegato) - Presidente della Consulta degli Ordini dei Farmacisti (o suo delegato)

- un Direttore di U.O. Laboratorio Analisi Cliniche e Microbiologia di Azienda sanitaria - due Medici di Medicina generale

- un rappresentante delle Associazioni di pazienti

- Per approfondimenti o realizzazione di programmi di lavoro specifici, potranno essere invitati alle riunioni, altri soggetti interessati all’attuazione del programma di eliminazione.

• La Cabina di regia ha il compito di coordinare e monitorizzare il lavoro degli specialisti dei centri prescrittori nonché di uniformarne i comportamenti e organizzare incontri periodici di aggiornamen-to e discussione di linee guida e buone pratiche operative.

• La Cabina di regia, dovrà elaborare il Programma di eliminazione attraverso la definizione di stra-tegie efficaci e sostenibili articolate in fasi successive che coinvolgano progressivamente e in modo organico operatori e soggetti rilevanti per la presa in carico del paziente con epatite C.

• La definizione di strategie di intervento efficaci nell’ottica del programma di eliminazione di HCV dovrà prevedere le seguenti fasi:

Fase 1: revisione analitica e sistematica dei dati epidemiologici disponibili nella popolazione genera-le, nei principali gruppi a rischio - in particolare nei Servizi Ambulatoriali Dipendenze (Ser.D.) e nelle Carceri - e infine nei pazienti con patologie ritenute a maggior prevalenza virale e/o nelle quali HCV è potenzialmente coinvolto come cofattore patogenetico. Si prevede anche il coinvolgimento dei La-boratori di analisi e delle Microbiologie nella identificazione dei pazienti HCV-RNA positivi al fine di intercettare pazienti non ancora censiti/trattati.

Fase 2: intensificazione della ricerca dei pazienti non noti attuando azioni di screening con test emati-co emati-convenzionale o rapido nei reparti ospedalieri emati-considerati a maggior prevalenza, nei Ser.D. e nelle Carceri. Definita l’attuale dimensione del problema HCV per ciascuna Regione ed identificati gli ambiti epidemiologici più significativi in termini di prevalenza, incidenza e circolazione del virus, sarà possi-bile definire una gerarchia di priorità di intervento per raggiungere in un determinato periodo di tempo l’eliminazione dell’infezione da HCV attraverso programmi di “microeliminazione” integrati tra loro.

Fase 3: definizione di percorsi di presa in carico del paziente con HCV nei diversi contesti, con crea-zione o potenziamento di piattaforme online per la messa in rete degli Specialisti Ospedalieri dei centri prescrittori e non prescrittori, degli MMG, dei Ser.D. e delle Carceri al fine di tracciare, nel rispetto di quanto previsto dalla vigente normativa in materia di trattamento dei dati, i pazienti identificati, diagnosticati e trattati.

Lo screening sarà è effettuato previa idonea informativa fornita agli interessati dagli operatori sani-tari, per lo stesso infatti deve essere acquisito il consenso informato scritto all’esecuzione del test e al trattamento dei dati personali e per la coorte a rischio, come i consumatori di sostanze, deve essere associato a misure di riduzione del danno come previste dal DPCM del 12.01.17

Creazione di database regionali per monitoraggio piano di implementazione (gestione dei flussi infor-mativi verso la popolazione e degli operatori registrazione dei dati e valutazione)

Questa strutturazione faciliterà l’accesso alla terapia da parte dei pazienti HCV positivi identificati nei diversi ambiti epidemiologici, permettendo al tempo stesso un monitoraggio dei flussi e dei volumi.

I modelli di presa in carico potrebbero prevedere la creazione di:

1. network tra Ospedale e Territorio in cui si assicuri il referral ed il linkage to care attraverso una stretta collaborazione tra Specialisti Ospedalieri e Referenti Territoriali con la definizione di slot ambulatoriali dedicati,

2. oppure, in determinati contesti come SerD e Carceri, potrebbero prevedere l’implementazione di

“Point of Care” che permette di offrire lo screening a tutti i soggetti in carico ai Servizi. Il point of care si basa sul concetto di test & treat ed è capace di offrire, per il consumatore con HCV, in un stesso luogo (il Ser.D.) e in tempi predefiniti lo screening, il trattamento, il management e il follow-up.

La presa in carico del consumatore di sostanze deve avvenire nei Ser.D. attraverso il concetto dell’o-ne-stop-shop. In questo senso il point of care all’interno del Ser.D. avrebbe i vantaggi di:

- strutturare in maniera sistematica e ordinata il processo di screening e di diagnosi

- offrire il trattamento ed il management clinico all’interno dello stesso servizio di riferimento del consumatore di sostanze

- potenziare la presa in carico in una ottica di integrazione dei trattamenti

- gestire il paziente in maniera integrata e olistica attraverso un lavoro di case manager (basato sulla figura professionale dell’infermiere).

Fase 4: informazione e formazione a tutti gli operatori e soggetti coinvolti nella presa in carico del paziente HCV positivo, attraverso:

1. l’aggiornamento per i Medici di Medicina Generale, il personale dei Laboratori e le Farmacie di comunità sui dati epidemiologici nella popolazione generale e nelle popolazioni a rischio, sui prin-cipali fattori di rischio di infezione da HCV, sugli strumenti di diagnosi, stadiazione e follow-up, sulla rete dei centri e sulle nuove terapie per HCV

2. l’aggiornamento per gli Operatori Sanitari dei Ser.D. e delle Carceri sui dati epidemiologici nei gruppi a rischio, sugli strumenti di diagnosi e di stadiazione e di follow-up e sulle nuove terapie per HCV

3. l’aggiornamento per il personale sanitario di branche specialistiche nelle quali l’infezione da HCV ha maggior prevalenza e/o svolge un ruolo patogenetico sui dati epidemiologici nei pazienti con significative comorbilità, sui criteri di valutazione del ruolo di HCV come cofattore di malattia e sulle nuove terapie per HCV.

4. Nonché campagne ed iniziative di informazione rivolte alla cittadinanza sull’importanza dello scre-ening e della diagnosi precoce dell’epatite C, rimarcando come una terapia precoce possa, grazie ai farmaci di ultima generazione, portare alla guarigione ed evitare l’insorgere di nuovi casi.

L’informativa deve precisare, con un linguaggio semplice e facilmente comprensibile, lo scopo dello screening ed il percorso diagnostico e terapeutico che seguirà al test in caso di esito positivo

Fase 5: monitoraggio dei risultati raggiunti:

1. coordinare e monitorare tutte le attività inerenti allo sviluppo del Programma di eliminazione di HCV in ciascuna Regione

2. definire tempi, risorse e indicatori di processo per ogni specifica fase del programma 3. proporre eventuali interventi o azioni correttive

4. supportare le strutture dell’Area Sanità e Sociale in merito a programmazione, monitoraggio e ve-rifica periodica del numero di pazienti trattati in ogni centro e del numero dei pazienti in attesa di trattamento

5. implementare un archivio regionale sugli esiti dello screening che alimenti regolarmente l’archivio nazionale

6. predisporre annualmente una relazione riassuntiva da presentare alla Giunta regionale delle attività svolte e dei risultati ottenuti

7. predisporre un report semestrale sulla base di eventuali indicazioni del Ministero della Salute, di concerto con l’istituto Superiore di Sanita e le Regioni, che indichi i dati da raccogliere, il formato e le modalità di invio in modo che gli stessi risultino uniformi per tutte le regioni.

Nel documento ACE. Alleanza Contro le Epatiti (pagine 4-9)

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