4. Discussione
4.1 Il possibile ruolo di LjMATE1 nelle prime fasi della simbiosi AM
LjMATE1 fa parte della classe dei Multidrug And Toxic compound Extrusion ed è noto il suo impiego nella risposta a stress abiotici, studiati per lo più in riso (Maron et al., 2013). Il suo spettro d’azione non si limita però a questo: il suo trascritto è infatti iper-espresso anche in presenza di attacchi patogeni, in presenza di salicilato, e durante lo svolgimento della simbiosi nodulare, nella quale sembra svolgere funzioni di trasportatore di citrato, localizzandosi in corrispondenza del nodulo formato. (Nawrath et al., 2002; Takanashi et al., 2013). Tali ruoli sembrano essere ancora più difficilmente inquadrabili all’interno della simbiosi AM se consideriamo che nella prima parte di questo lavoro, i mutanti KO hanno restituito un fenotipo in tutto e per tutto uguale al wild type, sia in termini di colonizzazione della radice che in termini di presenza degli arbuscoli. Sarebbe interessante a questo scopo verificare il comportamento del mutante KO in risposta alla presenza fisica di un patogeno, in aggiunta agli esperimenti condotti con la GSE. Nell’esperimento GUS è stato notato chiaramente come LjMATE1 sia espresso selettivamente in aree epidermiche, senza esclusione del tricoblasto, nello specifico in trattamento con CO8, anche se non è stato confrontato un trattamento con GSE di simbionte.
60
In uno studio condotto su TT12, appartenente alla medesima famiglia di LjMATE1, in semi di Arabidopsis (Marinova et al., 2007), si evidenzia da parte dello stesso, una spiccata attività di trasporto di antocianidine, e altre classi di flavonoidi nei tessuti interni del seme stesso. Dal medesimo lavoro risulta come TT12 abbia affinità più per la catena carboniosa C6 delle antocianine che per il loro complesso ciclico, aspetto tanto più interessante quanto più consideriamo che l’unico trattamento a sortire una risposta inequivocabilmente specifica di localizzazione nel saggio GUS è stato il trattamento con CO8. I CO8 potrebbero dunque legarsi a LjMATE1 allo stesso modo dei C6 delle antocianine.
Potremmo ipotizzare che tale attività di legame possa manifestarsi non solo nel seme, ma anche nella radice. In effetti è noto come in situazione di scarsità di fosfato a livello del suolo, condizione essenziale per la buona riuscita dell’instaurarsi della simbiosi AM, si abbia un accumulo di antocianine a livello dei tessuti radicali (Jiang et al., 2007), per altro regolate dalle proteine DELLA. Osservando i dati Real time, la GSE di patogeno (par 3.2) mostra una sovraespressione apprezzabile solo alle 48 ore. Il trend di espressione evidenziato nell’array (GSE di simbionte) decorre in maniera diversa, cioè mostrando una sovra-espressione preferenzialmente alle 24 ore (par 3.2).
Se consideriamo il ruolo di LjMATE1 come gene di difesa (Nawrath et al., 2002), questo fatto porta ad ipotizzare una iniziale reazione difensiva in presenza di qualunque tipo di GSE, reazione destinata a protrarsi nel caso di trattamento con GSE patogena, e a decrescere nel caso di GSE di simbionte.
Nel caso della risposta alla GSE patogena, i risultati convergono su un effettivo ruolo da parte di LjMATE1 nella risposta allo stimolo patogeno sia in termini di produzione del trascritto, sia in termini di localizzazione dello stesso nelle aree corticali. I dati di letteratura sotto questo profilo convergono con tali risultati, aggiungendo un possibile ruolo di LjMATE1 nel signaling del salicilato in un possibile circuito di feed-back positivo (Nawrath et al., 2002).
Nel caso della risposta al fungo simbionte, il quadro sembra farsi più complesso. Se consideriamo l’ipotesi di cui sopra, cioè quella di un tentativo di risposta difensiva poi abortito entro le 48 ore, l’azione di LjMATE1 quale gene correlato alla difesa potrebbe allora essere connotata in due modi, o trasportando composti fenolici per la biosintesi di salicilato (Nawrath et al., 2002), o specificatamente
61
mediante l’eventuale trasporto delle antocianine (a nota attività antimicrobica) (Marinova et al., 2007).
In entrambi i casi, le due risposte difensive sarebbero in qualche modo frenate in un tempo compreso tra 24 e 48 ore. Buoni candidati in grado di determinare una tale controtendenza in termini trascrizionali potrebbero essere gli effectors, che, come descritto nel lavoro di Kloppholz e colleghi (2011), si sono dimostrati in grado di promuovere l’azione biotrofa del simbionte andando a “spegnere” ERF19, gene correlato alla risposta a patogeni. A sostegno di questa ipotesi, l’ortologo di MtERF19, LjERF19, testato con GSE patogena e simbionte mediante q-RT PCR a 24 e 48 ore, presenta un profilo di espressione opposto, a seconda che si trovi in presenza di una o dell’altra GSE. Abbiamo una rapida sottoespressione a 48 ore dopo trattamento con GSE di simbionte, e al contrario una rapida sovra espressione, sempre a 48 ore in presenza di GSE di C. trifolii (M. Giovannetti, PhD thesis, 2014). Una situazione paragonabile, nel quadro della simbiosi AM potrebbe aversi anche nei confronti di LjMATE1.
Infine, dai dati collezionati sulle piante GUS micorrizate, è ben visibile come la localizzazione di LjMATE1 non appaia essere contestuale a strutture quali gli arbuscoli, sedi dei processi tipici della simbiosi come lo scambio di nutrienti (par 3.3.2). Nel campo della simbiosi nodulare invece, come osserva Takanashi et al., (2013), oltre ad uno specifica localizzazione tissutale al’interno del nodulo, si evidenzia una attività di LjMATE1 quale trasportatore del citrato, un suo ruolo chiave nell’uptake di ferro.
Poiché non è stato effettuato nessun esperimento per dimostrare le attività di trasporto da parte delle proteine codificate dai geni selezionati, è possibile soltanto affermare che LjMATE1 non sembra essere coinvolto nelle fasi tardive della simbiosi AM, al contrario di come invece appare nella simbiosi nodulare.
Una ulteriore proposta sulle possibili funzioni di LjMATE1 ci deriva dalla sua localizzazione all’interno della radice. Sebbene sia stata presa in considerazione soltanto la zona pilifera della stessa, si nota chiaramente come gli apici radicali non siano affatto colorati (fig 3.9), un fatto che difficilmente è ascrivibile a fenomeni di aspecificità.
In effetti la colorazione a partire dall’area di elongazione, con esclusione dell’apice, è stata spesso rintracciata nella classe di trasportatori/recettori
62
THESEUS (THE), i quali svolgono un ruolo di primo piano nella regolazione della sintesi della parete cellulare, soprattutto a seguito di esposizione a patogeni (Hematy et al., 2007). Il dato risulta molto interessante dal momento che tali recettori sono della medesima classe dei Lys-M RLK a cui appartengono anche i già citati NFP (Cheung et al., 2011). Il fatto che LjMATE1 presenti una localizzazione nelle medesime aree, desta nuovo interesse su un possibile ruolo di LjMATE1 anche come effettore o trasportatore (dalla funzione ancora ignota), coinvolto nel mantenimento e nella strutturazione della parete cellulare a seguito di stress biotici, sia patogeni, che simbionti in fase precoce. Di fatti i dati che indicano la natura di elemento responsive ad interazioni biotrofe di LjMATE1 non mancano in letteratura (Nawrath et al., 2002; Takanashi et al., 2013) né in questo studio (par 3.2).
In conclusione, proponiamo che LjMATE1 possa agire sul signaling precoce della simbiosi AM con un profilo differente rispetto a quanto osservato per il patogeno, in qualità di gene correlato alla difesa mediante intervento sul pathway del salicilato, o su quello delle antocianine, o eventualmente su entrambi. Processi questi, che nell’interazione AM potrebbero essere regolati con l’intervento di effectors, anche se poco è ancora noto sulle tempistiche e sulle modalità di rilascio di tali effettori (Kloppholz et al., 2011). Nessun dato collezionato supporta una attività di LjMATE1 nelle fasi tardive della simbiosi AM.